Preludio nr 4 in si minore, ff ispirata al Fantasma dell'Opera(11517 visite)

« Older   Newer »
  Share  
Evilsisters
view post Posted on 6/4/2008, 11:51 by: Evilsisters




Rientrato a Parigi,Ilia fu felice di rituffarsi nella sua attività di factotum,all’Opera.
Voleva mettere da parte,almeno momentaneamente,la parentesi legata al fantomatico Henry De La Revenge e respirare la polvere e le emozioni dell’ambiente del teatro.
Seduti in platea,nella penombra.lui e Philippe Segnier seguivano intenti le prove: Alphonsine volteggiava sul palcoscenico,attorniata dalle dodici ballerine del corpo di ballo dell’Opera.
Il russo aveva uno sguardo estasiato:Alphonsine era splendida,quando danzava…una creatura nuova,che lo conquistava ogni volta.
-A quanto pare Ilia vi siete innamorato….- lo prese in giro il giovane Segnier,ma poi sospirò.
Semonov si volse a guardarlo.
-Capiterà anche a voi,prima o poi…-
-E’ un augurio o una minaccia?-domandò con spirito Philippe,ma una violenta tosse gli spezzò la battuta sulle labbra.
Fu costretto ad alzarsi,allontanarsi.
-Perdonatemi…-
-Avete bisogno di me?- domandò preoccupato il russo.
Sempre tossendo,Philippe scosse la testa,rispondendo brusco di no,e uscì dalla platea.
Alphonsine lo seguì apprensiva con lo sguardo,ma non potè fare di più.
Dopo poco,Ilia era fuori,accanto a lui.
Philippe sembrava essersi ripreso,ora:il factotum di Sindial lo invitò comunque a uscire,passeggiare un po’ sul lungo Senna.
-Bella cosa la primavera,vero?...- disse dopo poco il ragazzo,guardandosi intorno. –La stagione degli amori…-
Ilia sorrise,poi domandò:
-Davvero non vi siete mai infatuato di qualcuna,Philippe?-
Quegli sollevò le spalle:
-Non sono insensibile alla bellezza,se è questo che intendete…ma..no,non posso concedermi di innamorarmi,Ilia..-
L’amico lo scrutò,dispiaciuto,incredulo:
-Ma…perché?-
-Perché?...mi ci vedete a giurare eterna fedeltà,a una donna?Eternità..non so nemmeno se domani vedrò sorgere il sole…-
-Non dovete dire così…è l’intensità con cui lo si vive,che rende l’amore eterno:qualcosa che il tempo non può cancellare..-
Philippe sorrise,amaro e rassegnato.
-Cosa posso offrire a una donna?..una breve stagione,Ilia…non sarebbe giusto,verso di lei,non credete?-
-Oggi siete di un umore impossibile,Philippe…Lasciatevi andare,vivete la vita…credete già di sapere quanto durerà?-
-Si…- fu la risposta laconica del ragazzo,che poi sollevò lo sguardo sull’amico,che glielo ricambiò addolorato e sgomento.
-Io non vedrò la prossima estate,Ilia…- gli confermò.
Camminarono ancora,in silenzio,affiancati:una nube aveva coperto il sole,una folata di vento inattesa aveva fatto rabbrividire entrambi.
-Philippe…è un presentimento o…?- domandò ancora il giovane segretario dell’Opera.
-Ho avuto un paio di crisi,ultimamente e…ho consultato un medico…Ma non …non addoloratevi per me,più del necessario:sapevo bene che la mia vita sarebbe stata breve,Ilia.Temevo che sarebbe stata anche una lunga ,sterile,malinconica attesa della fine,invece…anche grazie a voi…ho vissuto qualche emozione…-
Ilia aveva stretto tra le braccia le fragili spalle dell’amico,lo guardava,contrito:
-Alphonsine…-
-Soffrirà,lo so….ma almeno avrà vicino qualcuno che saprà consolarla…Sono contento che alla fine voi due vi siate intesi, …-
-Già…-ammise Ilia,abbassando lo sguardo.
–Voglio molto bene a vostra sorella,Philippe…- dichiarò poi,rialzando gli occhi.
Philippe annuì.
-Si…lo so:le volete bene,Ilia…quanto un fratello e un amante insieme…Non vi rammaricate se vi sembra poco…non lo è,non lo è affatto…-
Ilia guardò grato Philippe:
-Siete così giovane e apparentemente inesperto,Philippe…ma quanto sapete essere saggio…Se è vero quello che avete detto,sappiate che…mi mancherete,mi mancherete molto,amico mio…-
Così detto si abbracciarono,senza aggiungere altro.


-Che bello potervi rivedere Aurora…E rivedervi così,tornata sana,felice,padrona e consapevole di quello che valete…-
Aurora e Blanche erano insieme sulla terrazza del Grand Hotel Des Termes;si ritrovavano dopo tanto…
-Oh Blanche... In gran parte io…devo a voi la mia felicità,alla vostra pazienza,alla forza che avete avuto…sostenermi quando disperavo,incoraggiarmi quando non osavo …-
Madame Levigny aprì le braccia,accogliendo nel suo abbraccio l’adorata nipote.
-Avrei dato anche la vita,per sapervi felice,Aurora …- le confidò,quasi in un sussurro.
L’aria della primavera le avvolgeva con i suoi preziosi effluvi.
L’anziana donna volle poi ricomporsi,desiderò che Aurora le raccontasse i particolari della sua vista ritrovata ,delle sue nozze,della sua nuova vita di sposa.
La giovane sedette accanto a lei e soddisfece alle sue mille piccole domande.
Alla fine Blanche si lasciò sfuggire:
- Ho un unico rammarico:non avervi ammirato vestita da sposa…-
Aurora arrossì.
-Sapete zia…tra qualche tempo quell’abito comincerà ad andarmi stretto…-
Blanche aggrottò un po’ le sopracciglia,poi le rughe si spianarono sul suo viso,un sorriso lo illuminò:
-Che volete dire?Significa…significa quello che credo,Aurora?-
La giovane sposa si limitò ad annuire.
Blanche scosse il capo,sorridendo entusiasta.
-La settimana prossima rientro a Parigi…- disse con ritrovata energia.
-Ma…zia..non è necessario…pensate alla vostra salute…-
-Appunto:ora che arriva l’estate,l’aria qui diventa troppo umida e calda,per me…Rientro alla maison,Aurora…-
Le due donne si guardarono negli occhi:Aurora non protestò,capì che sarebbe stato inutile.
Dalla terrazza dell’hotel si volsero a osservare la spiaggia,al tramonto.
Lungo la riva sabbiosa,il piccolo Germain correva,libero e contento,sfidando la risacca che gli lambiva le scarpette.
Dietro di lui,i capelli al vento,il mantello lasciato cadere con accurata trascuratezza dietro le spalle,a passo lento,incedeva Erik,seguendolo con lo sguardo. I suoi occhi poi si alzarono verso il maestoso edificio e l’uomo sollevò un braccio in segno di saluto,proseguendo poi il suo cammino.
Blanche domandò,con una sfumatura di diffidenza:
-Chi è quel bambino…?-
-….è un povero trovatello…-rispose dopo un impercettibile indugio la nipote.-Sindial lo ha accolto in casa…-
-E voi,ne siete contenta?-
-Certo…gliel’ho chiesto io stessa…- ribattè convinta Aurora.
Blanche annuì,senza fare commenti.



La sera calava sulla baia e la marea montava:Erik richiamò Germain e rientrò con lui verso l’albergo.
Sulla spiaggia incrociarono un vecchio signore canuto,con cappello e giacca chiari,le lenti che conferivano al viso un’aria professionale.
Sindial pensò potesse essere quel Lagrange,di cui gli avevano parlato Semonov e Aurora,a suo tempo;lo scrutò impercettibilmente,quindi si scambiarono l’accenno di saluto usuale tra due occasionali ospiti dello stesso hotel.
Rientrati nella loro suite,Erik ne domandò notizia alla giovane moglie:
-Credi che quel professor Lagrange sia ancora qui in albergo?-
Aurora si stupì,sorrise:
-Te ne ricordi ancora?...te ne parlai solo una volta…-si meravigliò.
Lui non fece commenti.
-Che io sappia,si…- rispose poi la donna. –Ma se ti interessa,possiamo chiedere a Blanche…-
-Era solo una curiosità…Del resto,se è qui,lo incontreremo …- concluse aggiustandosi la cravatta e indossando la giacca,per scendere a cena.
Come previsto,l’incontro avvenne di lì a poco:nella hall li attendevano proprio Blanche in compagnia di Lagrange,intenti come ogni sera a giocare accanitamente la loro partita di canasta.
-Vi vedo insolitamente eccitata,madame,stasera..come mai?-
-Ho ricevuto una visita…e non vedo l’ora di potervene partecipare…professore!- così dicendo madame Levigny aprì l’ultima serie di carte davanti all’uomo,chiudendo la partita e il discorso.
-Eccola,infatti…- disse poi,alzando lo sguardo,raggiante.
Lagrange si volse e vide sopraggiungere Aurora al braccio di un gentiluomo sconosciuto:Aurora con lo sguardo vivido di chi è uscita dall’ombra e con una bellezza nuova sul viso e nel corpo…
-Vi ricorderete certo di mia nipote Aurora…- disse a quel punto Blanche.
Ma il professore si era levato in piedi e aveva stretto di slancio tra le sue mani ossute quella offertagli dalla nuova arrivata,con un sorriso:
-Madamoiselle….sono così,così felice…Ne ero sicuro,ma voi…mi avete dato una certezza….- esclamò commosso.
-Grazie,professore…- gli rispose,visibilmente emozionata anche lei,poi soggiunse – Posso presentarvi mio marito,il signor…-
Prima che lei completasse la presentazione,Lagrange la interruppe.
-Ma forse noi ci conosciamo già…signor Semo…- si rivolse con slancio a Erik,equivocando.
-Ci siamo visti in spiaggia…- troncò brusco Sindial -
-…il signor Sindial!- concluse finalmente Aurora.
Lagrange sembrò stupito,rimase a bocca semi aperta e ripetè:
-Sindial?...si…molto,molto lieto,si…-
I due si strinsero finalmente la mano.
-Vi lascio alla vostra cena…permettete…madame Levigny…madamoiselle…cioè Madame Sindial…- disse quindi Lagrange,ancora un po’ confuso,ritirandosi.
Blanche lo seguì con uno sguardo trionfante e ironico:era convinta che l’agitazione di Lagrange fosse naturale frutto del suo disagio.La diagnosi del professore infatti si era rivelata infondata:Aurora era sana e non aveva niente di cui punirisi…tzè,fanfarone!
Gongolante,fece quindi strada ai suoi ospiti.
Erik seguì invece il vecchio ricercatore con sguardo serio e pensoso.


Joseph aveva caricato i bagagli in ordine sullo scompartimento:il treno sbuffava fumo e la stazione sembrava più triste del solito.
Philippe e Alphonsine passeggiavano lungo i binari,mogi.
-Hai deciso così all’improvviso,di rientrare…perché?- domandò ancora una volta la ballerina.
-Te l’ho detto…Parigi è splendida,ma è…talmente tanta per me…questi due mesi sono stati più intensi di tutta la mia vita…-
-Magari ti ho trascurato…- si disse lei,mordendosi le labbra.
Il ragazzo l’abbracciò:
-Tu mi hai fatto sentire il più amato dei fratelli…e il più orgoglioso…e il più felice…- le dichiarò,guardandola in viso.
Alphonsine lo abbracciò:
-Dimmi che non mi nascondi nulla…dimmi che non mi lascerai…-
-…Sinette…ho sentito che mamma era sola:papà resterà sei mesi in India…Vado da lei:lo sai che è…giusto così…- La guardò negli occhi,sperando non ci fosse bisogno di aggiungere altro.
Un brivido attraversò la schiena di lei;una certezza dolorosissima,inaccettabile.
Una paura simile a quelle ancestrali che la svegliavano di notte,da bambina,senza nessun logico motivo.
Lo strinse ancora più forte:
-Non andare Philippe…non te ne andare,fratellino mio….- avrebbe voluto gridargli.
Ma come negli incubi di bambina il grido le rimaneva strozzato in gola;un’impotenza e un terrore panico la bloccavano,indicibilmente.
Gli disse semplicemente arrivederci.
Rimase a salutarlo con la mano,seguì quella sua mano agitarsi lenta di là dal vetro del finestrino,fino a sbiadire nel vapore della locomotiva,allontanandosi.
Stancamente,rientrò poi verso la sua vita. Un passo dopo l’altro,fino ai cancelli.
Ma qui,sollevando lo sguardo,c’era un amico che l’attendeva.Che le aprì silenzioso le braccia e la tenne stretta a sé.
-Prometti di non lasciarmi mai,Ilia Semonov…promettimelo…-gli sussurrò,tra le lacrime.
Ilia le baciò teneramente la fronte e gli occhi umidi,rassicurandola:
-Te lo prometto,Sinette…Non ti lascerò mai!-


La luce lattea della luna si rifrangeva sulle onde lunghe dell’Oceano e lambiva la lunga striscia di sabbia della baia.
Erik si era alzato per accostare la porta finestra,che il vento dal mare aveva spalancato:la tenda si agitava ancora.
Il magnifico spettacolo della natura lo trattenne però dal rientrare:restò pochi attimi a osservare il mare,ad ascoltarne il muggito sordo,enigmatico,incessante.
-Sai…questa voce del mare,mi faceva pensare a te,quando eravamo lontani…-
Erik trasalì:sollevata un po’ su un fianco,Aurora lo guardava.Le si avvicinò,sedette sul letto:
-Non sapevo fossi sveglia…- le disse,carezzandole una guancia.
Lei ricambiò il suo sorriso:
-C’è qualcosa che ti rende pensieroso…-
-E’ vero…- ammise lui,chinando il capo - qualcosa che riguarda Germain..-
Lei gli carezzò il bel profilo,incoraggiandolo.
-A un certo punto del suo racconto,il notaio mi ha detto che Germain aveva gridato,rincorrendo De La Revenge…-
-Gridato?...-
-Si…-
-Dunque …lui sa parlare?-
Erik sollevò le spalle:
-Non so risponderti…-
Aurora scosse la testa:
-Ci sono molte cose che non mi sono chiare…Germain sa scrivere-nonostante l’età-e usa la scrittura per comunicare,come se qualcuno glielo avesse insegnato…-
-Questo non vuol dire…la necessità aguzza l’ingegno,spesso…la cieca volontà ti mette le ali…- ribattè Erik,pensando alla propria esperienza.
Aurora non rispose,rimase pensosa,mordicchiandosi il labbro.
Poi rialzò la testa e fissò Sindial:
-Le tue domande,a proposito di Lagrange…non erano occasionali,vero?-
Lui sospirò,annuendo.Poi la guardò:
-Inutile nasconderlo…- e,con un accenno di sorriso,le carezzò i capelli adagiandosi poco a poco su di lei.
-Gliene vuoi parlare?-
-Ci ho pensato…-le rispose,parlandole sulle labbra.
Si guardarono un lungo istante negli occhi,poi Aurora socchiuse i suoi,abbandonandosi.



Il professor Lagrange andava a prendere posizione nel suo solito angoletto sul terrazzo del Grand Hotel:Alphonse gli aveva sistemato una comoda poltrona a sdraio e su un tavolinetto basso aveva predisposto una tazza di tisana e i giornali del mattino.
Prima di distendersi sulla poltrona,l’uomo allungò lo sguardo alla spiaggia:la spuma bianca delle onde si infrangeva tra mille schizzi sulla riva e il contrasto tra il verde cupo dell’acqua e il caldo azzurro del cielo faceva quasi male per la sua bellezza implacabile.
Lagrange sospirò e fece per tornare al suo ‘vecchio scranno’,quando si accorse della presenza di Aurora al suo fianco.
-Madamoiselle…volevo dire,Madame Sindial…- esclamò confuso,a metà tra la sorpresa dell’apparizione e il piacere che ne provava.
-Vi prego,professore….chiamatemi Aurora,come sempre…abbiamo condiviso tante cose,insieme!- esclamò la giovane,cercando di trarlo dall’imbarazzo.
Lui sorrise ,un po’ indeciso,ma più tranquillo;quindi la donna attese che sedesse al suo posto,ma egli pretese che si accomodassero insieme.
-Sono vecchio,è vero,ma non potrei restare seduto davanti a una donna,una bella donna ,poi…-scherzò,galante.
Aurora chinò il capo,ringraziandolo e prese posto accanto a lui,su una graziosa,balneare seggiola di vimini.
-Sono contenta di trovarvi meglio…non ci eravamo lasciati benissimo…-
Il professore non commentò;ma la guardò con sollecita tenerezza.
Non si era sbagliato,quando non aveva voluto sottoporre Aurora ad altri temerari esperimenti.
Ora era lì,davanti a lui,sana e serena:il suo sorriso spontaneo era sintomo lampante della sua completa guarigione.
Anche lei preferì non aggiungere altro e volse lo sguardo a due figure care che rientravano da lontano,lungo la striscia di sabbia.
-Vostro marito era vedovo?- domandò,osservando anche lui il bambino e l’uomo avvicinarsi,sulla via dell’albergo.
Aurora sorrise,sognante.
-No…Germain è…un trovatello:lo abbiamo accolto insieme,in casa…-
-E’ un bambino molto bello…-
-Già…ma…- Aurora era un po’ titubante,nella scelta delle parole giuste. –…sfortunato…-
Lagrange scosse il capo,nicchiando:
-Mi spiace…ma da come gli sembrate entrambi affezionati…-
-Certo,ha trovato il calore familiare,ma…- Aurora si schiarì la voce,ora lei in leggero imbarazzo.
Il vecchio professore la fissò con più attenzione:
-Sembra che vogliate parlarmi di qualcosa…Suvvia,madame…- la incoraggiò.
-Lui..è muto!-
-Oh…-Lagrange si irrigidì,ma provò a non darlo a vedere-infatti mi domandavo come mai non riuscissi a percepire un grido,una risata,qui nella risacca…-
-…si,ma..non è stato sempre così,almeno a dire di qualcuno..-
Ora il professore cominciò a scuotere la testa ripetutamente,piano:cominciava a capire tante cose,anche il motivo di quel gradevole incontro mattutino.
-Vostro marito è al corrente di…della natura di questo nostro colloquio?- domandò,improvvisamente sulla difensiva.
-E’ stato lui in qualche modo a suggerirmelo…Sapete,io gli ho parlato dei nostri precedenti incontri..-
L’anziano uomo sospirò.
-Aurora…esattamente cosa vi aspettate che io possa fare,per voi e per quel bambino?-
-Ecco….- la giovane sposa stava per rispondere,ma la grande porta a vetri del terrazzo si aprì,lasciando entrare Erik e Germain,che ,corso da Aurora,le riversò in grembo a mò di omaggio una decina di conchiglie madreperlacee,raccolte sulla riva.
Sindial salutò il professore,con un leggero cenno del capo,poi carezzò la spalla di Aurora.
-Stavo parlando al professor Lagrange di…quel nostro problema…- lo informò lei.
Lui scrutò negli occhi il vecchio,interrogativo.
-…perché non prosegui tu,mentre io accompagno Germain a tavola?- così dicendo la donna si alzò e,senza aspettarne l’approvazione,si congedò con naturalezza da entrambi,portando con sé il piccolo.


Tra i due uomini regnò per qualche lungo attimo il silenzio.
Fu Erik a interromperlo:
-Immagino che la mia presenza a fianco di Aurora vi abbia sorpreso,professor Lagrange…-
- …ehm…ho difficoltà a negarlo…-
-O forse più che la mia presenza,il cognome con cui ci hanno presentato,non è così?- insistè Erik.
-Già…mi dovete perdonare,monsieur…vedo che la mia gaffe non vi è sfuggita,ma…-
Sindial lo interruppe col gesto della mano:
-Non avete nulla da farvi perdonare…Vedete,io conosco la persona che vi ha contattato…so perché lo ha fatto:non ho approvato la sua iniziativa né il vostro coinvolgimento,ma ho grande riconoscenza per la schiettezza con cui ogni cosa mi fu rivelata a suo tempo…
-Monsieur Semonov sembrava tenerci così tanto che io…-
-Il suggerimento che avete dato a monsieur Semonov non è caduto nel silenzio…- lo interruppe di nuovo Sindial.
-Già- ammise Lagrange,–Sono sicuro che Aurora sia guarita grazie all’amore e alla sollecitudine di chi le è stato vicino…- e accennò a un sorriso.
Erik si staccò dalla balaustra e si avvicinò:la tensione si era allentata ormai.
-Vostra moglie mi parlava del piccolo Germain…-
-Si…Mi domandavo se la vostra scienza potrebbe…-
Questa volta fu Lagrange a interromperlo.
-Io…dopo i tentativi con Aurora sono stato molto male,il male mi ha debilitato sotto tanti aspetti…-
Erik sospirò,impercettibilmente deluso.
-Non mi aspetto una guarigione miracolosa…vorrei solo poter capire…-
-Capire,monsieur?- Lagrange,nonostante tutto,cominciava ad essere incuriosito,affascinato,irretito dal mistero che sembrava circondare il piccolo orfano;un mistero enfatizzato dal fascino altrettanto enigmatico di quel gentiluomo mascherato,che –all’apparenza superbo e arrogante –sembrava invece celare un cuore generoso,capace di restituire ad Aurora la felicità e la voglia di vivere.


Una campana sonava malinconicamente il vespro che terminava e l’avanzare della notte;la piccola chiesa era avvolta in una opprimente oscurità,nella quale le candele smozzicate e languenti dell’altare creavano ombre inquietanti,come se le sacre forze del bene si preparassero ancora una volta ad affrontare l’incessante lotta con la tentazione del male,la prova a cui solo i più forti,gli innocenti,i puri di cuore riescono a sottrarsi,a non soccombere;
In quell’atmosfera carica di sensi arcani,una donna si alzò dal suo banco e si inginocchiò nel confessionale:la grata si aprì e la voce del parroco la accolse,distorta dal filtro di legno forato,stranamente poco familiare.
-Sia lodato Gesù Cristo…da quanto tempo non ti confessi,sorella?-
-Troppo tempo padre…e sento che sia giunto il momento …-
-Di quali colpe vuoi chiedere perdono al Signore…-
-Omissioni,padre…Ho consentito un’ingiustizia,senza muovere un solo dito,ma ora…sento il peso di tutto ciò…-
-Un ‘ingiustizia sorella?...raccontami,apri il tuo cuore…-
-Ho assistito senza muovere un dito alla deprivazione di una eredità,dal suo legittimo erede…è cominciato tutto quattro anni fa…sapete,durante la guerra civile…-
La voce della vecchia era solo un filo impercettibile,nel silenzio buio della chiesa;ma al sacerdote ogni sua parola pervenne in tutta la sua pregnanza.
-Sorella…io posso darti l’assoluzione,…la misericordia divina accoglie anche l’ultimo dei peccatori,ma tu devi andare fino in fondo…- esclamò infine il parroco,atterrito e addolorato insieme dal segreto riferitogli.
-Cosa debbo fare padre…ditemi voi?-
L’uomo di Dio,al di là della grata,non percepì la doppiezza subdola sul volto della vecchia donna;non stava chiedendo l’assoluzione a Dio,ma solo l’avallo al suo perfido piano di vendetta.
-Dovete denunciare il colpevole…La giustizia umana può ancora impedire il suo bieco proposito…Solo denunciandolo,dimostrando il vostro coraggio civile,meriterete anche agli occhi di Dio la pietà che vi manifesta ora,con il sacramento che state per ricevere…-
-Farò come dite Padre…-
Sul viso della vecchia,un ghigno:la sua diabolica malvagità sembrava pervadere il sacro ambiente,rendendolo asfittico;una candela morì,quasi strozzandosi,l’altra agonizzava.
-Brava sorella…- esclamò a voce più alta l’uomo,poi abbassò il tono,recitando la formula dell’assoluzione: -Ego te absolvo peccatis tuis…..-
La candela sopravvissuta,sembrò spegnersi:la tenebra aveva vinto.
Madame Jardin si avviò verso l’uscita;aprì piano l’uscio e una folata di vento gelido la investì;si raggomitolò nel suo scialle liso,allontanandosi;la porta si chiuse alle sue spalle.
La candela rianimata dall’aria pura irradiò un bagliore,illuminando le ali e la spada del divino custode dell’Eden…



Aurora era impegnata con i preparativi della partenza;forse cercava di concentrarvisi più del necessario,per distogliere il pensiero dall’assillo che sembrava invece rodere in quel momento Erik:l’uomo a passi lenti,continuava a misurare l’ingresso della loro suite,avanti e indietro.
Ogni tanto i due si scambiavano un’occhiata:la giovane donna interrogava il marito e al tempo stesso,con l’accenno di un sorriso,sembrava volesse rassicurarlo.
Ma Sindial era serio,preoccupato.Ansioso.
Finalmente lei non si trattenne,gli andò vicino:
-Ancora niente?-
-Lo sai bene…- rispose lui,con una sfumatura di impazienza risentita nel tono.
-Da quanto tempo sono lì dentro…?-
-E’ quasi un’ora,ormai…-
Erik era evidentemente in conflitto con se stesso;aveva fatto bene ad affidare Germain al professor Lagrange?
-Stai certo che il dottore non gli farà del male..- lo rincuoròAurora,benché non del tutto sicura neppure lei.
A un tratto,un leggero bussare alla porta,seguito dallo scatto della serratura sotto la maniglia,introdusse il piccolo trovatello…
Aveva il viso sereno e con estrema familiarità corse attraverso la stanza fino al balcone.
I due non ebbero il tempo di scambiarsi uno sguardo,che,poco dopo,sopraggiunse anche il professor Lagrange.
Aurora avrebbe voluto attardarsi coi due uomini,per sentire direttamente il resoconto dello scienziato,ma si rese conto che invece Germain sarebbe rimasto inspiegabilmente da solo e si impose di raggiungerlo.
Il piccolo stava raccogliendo i tesori rinvenuti lungo la riva in quei due giorni;la giovane donna gli si accostò:lui la guardò,con un sorriso e le permise di sbirciare nel suo scrigno,prima di chiuderlo.
-Porti con te tante cose belle…-
Germain annuì.
Una cosa allora fu subito chiara:Lagrange non aveva fatto il miracolo…
Sindial intanto si era appartato in un separè,sul pianerottolo,insieme al vecchio professore:
-Ebbene?-
L’uomo anziano scosse il capo,con un sospiro.
-Non ho molte notizie da riferirvi…quasi nulla che già non conoscete…-
Erik lo guardò,con disappunto;come disorientato poi cercò nella mente e domandò almeno una conferma:
-Sapeva parlare?-
-Si…ma non mi è chiaro quando e in che occasione abbia subito la perdita della voce…-
-Chi gli ha insegnato a scrivere? E perché?-
-Questo posso dirvelo….Sua madre,che da quanto ho capito era coinvolta coi movimenti rivoluzionari…Spesso hanno comunicato per iscritto,brevemente:Germain crede che parlare sia pericoloso…-
Erik inspirò,poi chiese:
-C’è qualche possibilità che torni normale?-
Lagrange aprì le braccia,un po’ interdetto.
-Dovrei riprovarci,con calma…passo dopo passo…Ma vedo che siete in partenza…-
-Lasciatemi riflettere…-rispose Erik,congedandolo un po’ bruscamente. -Aurora!-
Trovò la giovane donna affacciata al terrazzo della suite,che guardava lontano,verso la piccola abbazia sull’oceano.
La informò brevemente del colloquio con Lagrange,poi le propose:
-Potresti restare qui…mentre io rientro…-
Lei lo guardò,con leggero rammarico,una sensazione indecifrabile nell’animo:
-Non vorrei separarmi da te,Erik…però,se lo ritieni necessario…-
Lui le accarezzò il viso e i capelli,spettinati dal vento.
-Ma zia Blanche si trattiene un’altra settimana…potremmo affidare a lei,Germain?-
Sindial sorrise.
-Telegraferò ad Harun…!- la rassicurò.-Intanto tu prepara il nostro piccolo amico all’idea…-
-Non sarà difficile…gli piace così tanto il mare…-
Non appena il domestico indiano li raggiunse e Sindial gli ebbe comunicato le disposizioni per i prossimi giorni,congedandosi affettuosamente da Blanche e dal piccolo Germain,la coppia ripartì per Parigi.
-Stasera c’è l’ultima recita del Peer Gynt…abbiamo giusto il tempo di cambiarci e andare a teatro…- disse,pensieroso Erik.
Poi guardò Aurora:sembrava leggermente disturbata dall’acciottolio della carrozza.
Sindial le si affiancò:
-Amor mio,sei stanca…Forse dovresti riguardarti..- le disse accarezzandole piano la testa con le grandi mani e sfiorandole la fronte e le guance con delicati baci.
-Puoi aspettarmi a casa…io non tarderò…- le suggerì ancora ,cercando,tenendola tra le braccia,di attutire gli scossoni della vettura.
Stretta nel suo abbraccio rassicurante,la giovane donna si assopì.
E riaprendo gli occhi riconobbe il viale di tigli che li introduceva nella loro villa.
-Siamo arrivati…- osservò,entusiasta.
-Si…come ti senti?-
-Meglio…- lo rassicurò. -Magari stasera potrei raggiungerti…-
-Va bene…manderò qualcuno a prenderti,alle otto…Ma promettimi che verrai solo se te la sentirai…-
Lei gli cinse il collo,e lo baciò,rassicurandolo.


-Ben tornato,monsieur Sindial…-
Alzandosi dal tavolino del foyer,sul quale erano appoggiati i suoi proverbiali appunti e un bicchierino semi vuoto di Porto,Ilia andò incontro al principale con un sorriso venato di malinconia che a Erik non sfuggì.
-Ben trovato,Ilia…Seguitemi nello studio,vorrei cambiarmi…Mi aggiornerete lì…-
Il giovanotto raccolse in fretta le sue carte e svuotò d’un fiato il bicchiere,sotto gli occhi velatamente divertiti del suo capo,che lo precedette poi sulle scale.
-Va tutto bene,Ilia?- gli domandò dalla sua stanza,mentre infilava una camicia pulita e si appuntava la cravatta.
-A teatro?...certo…-
Erik rientrò nello studio in gilet,incalzandolo:
-Via…cosa vi rende mogio? Affari di cuore?-
Ilia scosse la testa:
-Non esattamente…alti e bassi della vita…Sapete,Philippe Segnier…-
-Oh…cercavo appunto di lui! Stasera dovrebbe andare a prendere Aurora…-
A un tratto Erik sentì istintivamente che c’era qualcosa di improprio nel suo tono naturalmente autoritario.
Guardò negli occhi Semonov,che abbassò i suoi,celando una leggera commozione.
-Gli è successo qualcosa?-
-…Non ancora…Ma è rientrato a Brest e…- Ilia scosse la testa,senza più nascondere il suo dolore per l’amico.
Erik sospirò,strinse con forza il braccio del suo giovane segretario,che finalmente ingoiò la sua angoscia e reagì.
-Se non avrete bisogno di me,andrò io a prendere madame…-
-No..non è necessario:provvederò altrimenti…Credo che il vostro posto,ora come ora,sia questo…-
Concluse Sindial,guardandolo eloquentemente.
Ilia capì bene a cosa alludesse quell’affermazione e gli sorrise,grato.
-E voi,monsieur…Tutto bene il viaggio? Il piccolo Germain…?-
-Tutto bene…- lo frenò Erik,poi si schiarì la voce e soggiunse- Aurora ed io abbiamo deciso di affidarlo al professor Lagrange…-
Ilia era piacevolmente stupito:
-Davvero?...credevo che…-
Erik lo interruppe col gesto.
-A suo tempo ho temuto che potesse nuocere ad Aurora…ma ho avuto modo di ricredermi…-
-E cosa dice? C’è speranza che..?-
-Non è così semplice…però proverà!-
Ilia non riuscì a trattenersi:
-Sindial,siete un uomo così generoso…!-
Gli occhi di Erik brillarono,ma il suo volto rimase impassibile,e la sua voce rimproverò come sempre Ilia:
-Vi dissi già,Ilia Semonov…Non fate mai il ruffiano,con me!-
Ma il giovanotto sorrise,nient’affatto pentito.


Le otto erano passate da più di dieci minuti e Aurora cominciava a domandarsi il motivo di quel ritardo.
Una strana agitazione l’aveva pervasa già dalla partenza;un’ansia inspiegabile,che lei finì per attribuire al suo stato e cercò di tenere sotto controllo ragionando.
Intanto però i minuti –interminabili- trascorrevano uno dopo l’altro senza che accadesse nulla.
Finalmente il familiare rumore di una vettura lungo il viale la tranquillizzò.
-Beatrice…andate incontro a monsieur Segnier…arrivo subito!- disse allora la padrona di casa,dandosi un ultimo sguardo allo specchio.
-Madame?...- chiamò invece la giovane cameriera,perplessa.
-Si,che succede?-
-Non era monsieur Segnier…è un fattorino,con un biglietto…-
Aurora sopraggiunse in fretta,aprì ansiosa la missiva e,iniziando a leggerla,ordinò:
-Beatrice…ditegli di attendere…-

‘Mia cara,
come ti spiegherò di persona,purtroppo mi è impossibile mandare qualcuno a prenderti.Forse meglio così:tu avrai modo di riposare ancora ed io ti raggiungerò subito dopo la fine del primo atto…’
Aurora pensò:che bisogno c’era di un accompagnatore?Sarebbe potuta andare anche da sola…Anzi:gli avrebbe fatto una sorpresa…
-Beatrice,chiedete al vetturino se può portarmi a teatro…-
-Solo se mi permettete di venire con voi,madame….- disse, piuttosto sollecita la giovane.
La pianista,intenerita da quella attenzione,acconsentì;le due donne presero posto sulla vettura pubblica e presto si intravidero i viali illuminati della città.
Raggiunsero il teatro proprio poco prima della fine del secondo atto;Aurora congedò la domestica e smontò dalla carrozza:
-Rientrate pure a casa,Beatrice…-
Quindi salì i gradini dell’Opera a passetti agili e svelti;aveva indossato un leggero abito rosa con tocchi di tulle bianco e un delicato soprabito di seta madreperlaceo.Quando comparve davanti a Erik che usciva in fretta dalla porta principale,l’uomo ne fu piacevolmente ammirato:
-Aurora!-
Lei gli sorrise,raggiante.
Lui fece in tempo a cingerle la vita e,incurante di tutto,a baciarla.
-Aspetta…licenzio il cocchiere e ti raggiungo… -disse poi,lasciandola in cima alle scale e scendendo veloce verso la sua carrozza.
In quella un’altra vettura scura,con le finestre sbarrate,accostò al teatro:Aurora riconobbe le insegne della ‘gendarmerie’ e aggrottò di nuovo ansiosa le sopracciglia.
Erik invece non vi aveva fatto caso:aveva lo sguardo fisso su di lei che gli appariva splendida,in cima alla scalinata.
Stava per risalire,infatti,quando una voce lo richiamò:
-Un momento,monsieur…-
-Si…?-
Aurora lentamente scese verso di lui e i nuovi venuti:
-Cerchiamo il signor S.Indial,direttore dell’Opera…-
-Sono io!- rispose con un leggero tono di sfida nella voce.
Intanto Aurora lo aveva raggiunto e si teneva un po’ arretrata di fianco a lui.
-Mi spiace,monsieur…ma abbiamo l’ordine di condurvi alla ‘suretè’…-
-Erik!- gridò la donna,stringendosi al suo braccio.Lui si volse piano a tranquillizzarla,ma era perplesso,stupito.
-Sta’ tranquilla…-le sussurrò.
-Vengo con te!- supplicò lei.
-Mi spiace madame…ma monsieur Sindial è in arresto…Se volete seguirci…- così dicendo il gendarme aprì la lugubre carrozza e invitò Erik a prendervi posto.L’uomo vi salì lentamente,come impietrito.
La pesante porta si chiuse.Aurora rimase spaventata a guardare,poi con uno slancio vano si gettò verso le grate e cercò la mano di lui dall’altra parte:
-Erik!-
Ma la carrozza si mosse e lei lo vide allontanarsi,muto,cupo,impassibile…

Il delegato di polizia Jacques Montague era un uomo serio,quasi accigliato.
Sui quarant’anni,alto e piuttosto massiccio,aveva capelli biondi,lineamenti forti e occhi azzurri acciaio.Un acciaio affilato come la lama di una spada che molti di quanti avevano avuto problemi con la legge in quegli ultimi anni avevano provato sulla propria pelle:il suo nome faceva rabbrividire i colpevoli…
Eppure molti innocenti avevano trovato in quell’acciaio un’inattesa arma di giustizia.
L’uomo era seduto alla sua scrivania e leggeva con attenzione una denuncia.
Un agente bussò con sicurezza alla porta,distogliendolo da quella lettura:
-Si,Lagarde?-
-Lo abbiamo arrestato…è qui…-
-Si,bene…procedete come di consueto…-
-Signorsì!- rispose prontamente il sottoposto,battendo i tacchi.
Montague riprese a leggere,aggrottando le sopracciglia:aveva dovuto assumersi la responsabilità di fare arrestare un personaggio pubblico,ma –di fronte alle dichiarazioni di chi lo accusava- non avrebbe potuto fare altrimenti.
La procedura consueta cui aveva alluso parlando col suo sottufficiale era sempre la medesima:trattenere in cella il fermato,per ventiquattro ore,senza dargli nessuna spiegazione relativa al motivo dell’arresto.
Trattarlo con distaccato rispetto,ma lasciare che si interrogasse per tutta una notte sulle proprie colpe:una lunga notte in cui esaminare la propria coscienza per affrontare quindi il primo interrogatorio già ‘ammorbidito’ dalla veglia…
Montague avvertì confusamente che questa volta non sarebbe stata come le altre.
Si alzò,lentamente.Si addentrò nei corridoi e da uno spioncino che gli consentiva di osservare non visto i fermati,scrutò il nuovo venuto:era fermo,in piedi davanti alla finestrella,illuminato dalla luce ialina di un raggio di luna franto dalle grate. Il suo volto era per metà celato da una maschera argentea,che baluginava in quell’ombra:ombra nell’ombra…
Montague irrigidì la mascella,inspirò profondamente:ci sarebbe voluta molta forza di volontà nell’affrontare con distacco il confronto con quell’uomo…
Chiuse l’occhio magico con uno scatto metallico.
Erik volse bruscamente il viso:qualcuno lo spiava…
Si guardò intorno,con un bagliore rabbioso nello sguardo:in gabbia! Era di nuovo in gabbia!
Un fuoco divampò nel suo animo:l’istinto di abbattere le sbarre,di eliminare ogni ostacolo,di riprendersi la libertà…
Ma era solo…Nessuno di guardia:solo cancelli di ferro e sbarre alla finestra!Le afferrò quelle grate e con forza si accanì contro di esse…fino a segnarsi le mani a sangue.
Alla fine respingendo un’ultima volta quella invalicabile barriera,emise una sorta di ringhio di belva ferita,poi si appoggiò contro il muro,la fronte sul pugno chiuso.
Non era una belva,non lo era…
Doveva riprendere il controllo su di sé e cercare di capire chi o cosa si celasse dietro quell’arresto.
Ma altri pensieri insorsero nel suo cuore,uno su tutti:Aurora…
La sua bambina adorata,la sua Psiche…Non avrebbe mai voluto che potesse essere coinvolta nella rete perversa della sua esistenza sempre al limite del lecito…Non poteva,non voleva intaccare la sua innocenza:credeva di esserci riuscito,invece…
Sospirò:ebbe di nuovo l’immagine di lei,la sua manina delicata che si stringeva inutilmente alle sbarre della vettura che lo portava via… Si sentì sconfitto,impotente.
Lentamente si lasciò cadere sul tavolaccio,come un fantoccio senza fili,la testa tra le mani.


-Come state madame?...vi sentite meglio?-
Aurora aveva avuto un capogiro;il mondo le era ruotato intorno vorticosamente e sarebbe caduta a terra priva di sensi,se un vetturino in attesa di clienti davanti al teatro non avesse fatto caso alla scena e fosse intervenuto a tempo,per sostenerla.
-Oh mio Dio…-
-Calmatevi,su…-l’uomo le fece sentire l’aroma di cognac,da una borraccia,invitandola a berne un po’-Perdonatemi se non ho nulla di meglio…-
-Vi prego…aiutatemi a rientrare in teatro…-
Il vecchio cocchiere guardò la carrozza e il ronzino che attendeva indolente.
-Vi pagherò…non voglio nuocervi economicamente…- lo rassicurò ancora,mostrando comunque una innegabile agitazione.
L’uomo si grattò la testa:come dire di no?
Le porse il braccio e camminando un po’ sgangherato si arrampicò lungo la scalinata.
Stupito guardò quella hall che non aveva mai osato neppure sognare di attraversare,togliendosi il berretto come fosse entrato in chiesa;salì la grande scalinata e attraversò il corridoio su cui si aprivano le porte dei palchi delle migliori famiglie di Parigi.La giovane signora lo trascinava quasi,mentre lui osservava incantato tanta meravigliosa bellezza:era entrato in quel teatro solo una volta,dopo l’incendio e l’ultima resistenza dei rivoluzionari:aveva aiutato a portare via i cadaveri…Non avrebbe mai creduto che quella sorta di cimitero si sarebbe potuta trasformare in un paradiso dorato…
-Ecco,è qui…Attendete solo un momento…-
Aurora bussò alla porta del palco,dove sapeva di trovare Ilia.
Questi si volse,leggermente infastidito da una inattesa intrusione:
- Aurora…- esclamò,intuendo dal suo viso sconvolto che qualcosa doveva essere successo.
Si alzò di scatto,uscì nel corridoio:
-Ma cosa succede?-
-Sindial…-ma ella non concluse,consapevole che quella notizia andava tenuta segreta,quanto più a lungo possibile.
Ilia le offrì il suo braccio,poi mantenendo una calma ammirevole,con la affabilità che lo contraddistingueva si volse al gentile intruso:
-Buon uomo,vi sono grato della vostra sollecitudine…-poi,traendo dalla tasca interna una banconota gliela porse con garbo- Ecco,questo è per il disturbo…e fermatevi pure a bere qualcosa,se lo desiderate..-
-Grazie monsieur…ma so bene che non è il mio posto questo…- rispose umile il cocchiere;poi,dando un ultimo sguardo partecipe alla bella signora che ancora sembrava in preda all’ansia,si allontanò,rinculando,verso l’uscita.
-Allora? Ditemi?- domandò di nuovo,ora che erano soli.
-Lo hanno…arrestato…- riuscì finalmente a riferire la pianista,ancora incredula di quello che aveva appena vissuto.
-Arrestato? Ma..perchè?-
-Non lo so,non lo so….-questa volta Aurora scosse la testa e irrefrenabile proruppe in un pianto di sconforto.
Ilia la accolse sul suo petto e attutì i singhiozzi nel proprio abbraccio.
-Calmatevi,Aurora…Lo tireremo fuori…Ora venite via,prima che finisca il secondo atto…-
Così dicendo la sospinse piano verso la zona abitabile ed insieme si ritirarono nello studio di Erik.


Il sipario si chiuse tra una pioggia scrosciante di applausi entusiastici:anche quell’ultima replica era stata un trionfo e più e più volte gli artisti erano stati chiamati a ricevere l’omaggio del pubblico.
A gran voce,però cominciò a invocarsi anche il nome dell’artefice di quella spettacolare messinscena:
-Sin Dial Sin Dial!!!-
Alphonsine stava per uscire l’ennesima volta;avrebbe assecondato la folla rivolgendo il suo applauso di ringraziamento verso il palco di Sindial,come era già successo la sera della prima;ma fu improvvisamente trattenuta per il braccio da Ilia.
-Che succede?-
-Alphonsine…devi riuscire a concentrare le attenzioni su di te…ringrazia il pubblico da parte di Sindial,ma fa’ in modo da essere estremamente convincente…-
La ballerina aggrottò un attimo le sopracciglia,ma-con eccezionale prontezza- ad apertura di sipario aveva di nuovo il suo bel sorriso accattivante:col gesto della mano chiese al pubblico di sospendere gli applausi,quindi prese la parola:
-Signore,signori….è stato un onore per me e per tutti noi aver portato avanti con successo questa straordinaria,rivoluzionaria messa in scena…essere riusciti a coinvolgere voi,un pubblico generoso,ma dal palato assai fine…- nel dirlo la bella artista gestì con le mani verso i presenti,come ad invitarli tutti a sé- Noi tutti,la compagnia,il corpo di ballo,il direttore d’orchestra,i musicisti e non ultimo il nostro impresario monsieur Sindial vi siamo grati del successo…-
Dalla folla si levò ancora un gruppetto a reclamare: Sin Dial! Sin Dial!-
-Vi prego…sapete come egli sia restio,ma vi assicuro che gli applausi che avete tributato a ciascuno di noi sono stati per lui il più grande riconoscimento…e allora,se volete rendergli omaggio,fategli sentire il vostro calore ancora una volta,salutando con me tutta la compagnia…che è in partenza…-
Così dicendo,si volse a Herr Frederick affiancato dalla soprano e dal coro e indirizzò loro l’ultimo calorosissimo applauso del pubblico.
Il tenore,galantemente,non fu da meno ma,ricevuto quell’omaggio chiamò il pubblico a restituirlo alla bella ‘padrona di casa’:un’ovazione,una pioggia di fiori,un tripudio gli rispose e ogni attenzione si concentrò sulla ballerina che mai come quella sera fu generosa verso il suo adorato pubblico…
Raccogliendo i fiori sul suo cuore,finalmente Alphonsine riuscì a sottrarsi all’adorazione dei fans più accaniti e si precipitò nel camerino.
Si cambiò più in fretta che potè,schivò abilmente tra un sorriso e una stretta di mano i colleghi che si preparavano per la cena e corse a cercare Ilia.
Finalmente,salita nella zona abitabile,intravide una luce nello studio di Sindial,insolitamente aperto.
-Ilia?...-
Il giovanotto le andò incontro,la abbracciò con intenso,sincero affetto:
-Sei stata grande…-
-Ma…vuoi spiegarmi?..-
-Entra…-
Così dicendo si richiuse la porta alle spalle.Solo allora Alphonsine si accorse della presenza di Aurora,muta e prostrata dal dolore,alla scrivania di Erik:e lui?


-Che cosa sta succedendo,Ilia?-domandò Alphonsine
-Qualcosa di assurdo:hanno arrestato monsieur Sindial…-
-Arrestato?...e con quale accusa?- Alphonsine si rivolse ad Aurora,ma questa rimaneva a capo chino,addolorata e incredula,come annichilita.
Rispose lui,invece:
-Non lo sappiamo ancora…ma intanto vorremmo tenere la notizia segreta quanto più a lungo possibile…-
La ballerina gli fece segno di abbassare la voce;qualcuno si avvicinava alla porta.
-Permesso?...monsieur Sindial?-
Era il tenore!
Ilia e Alphonsine si scambiarono uno sguardo di intesa,poi l’uomo sollecitò Aurora ad alzarsi e la sospinse all’interno dell’appartamento.
-Herr Frederick…- esclamava intanto Alphonsine aprendogli la porta con un sorriso.
-Cercavo il Direttore…volevo congedarmi,ringraziarlo…-
-Sono desolata…qui ci siamo solo io e monsieur Semonov…Voi sapete,Sindial è fresco sposo…-
-Era qui stasera…-
-Certo,ma poi…appena ha potuto è andato via,a raggiungere la sua sposina:in Germania non c’è l’abitudine di celebrare la luna di miele?- chiese la donna,ammiccante.
-C’è,naturalmente…-rispose l’uomo,un po’ deluso- Dunque è già ripartito?-
-Esatto,herr Frederick…mi ha chiesto di fare gli onori di casa per lui,comein altre occasioni...-ribadì Ilia.
-Allora porgerò a voi e alla mia adorata partner Alphonsine l’invito che la compagnia voleva fargli…-
Ilia era teso,ma cercò di non darlo a vedere:
-Di cosa si tratta?-
-Venite giù…abbiamo allestito una tavolata..per brindare l’ultima volta insieme!-
Ancora un rapido scambio di occhiate tra i due.Poi il giovanotto propose:
-Precedetemi,Alphonsine…chiudo il mio lavoro e vi raggiungo…Purchè si tratti solo di un brindisi,Herr Frederick!-
L’altro lo rassicurò,con un caldo sorriso;quindi diede il braccio alla ballerina e uscì con lei.


Aurora si era ritrovata sola proprio in quella stanza in cui il suo amore per Sindial era diventato passione,dolore,piacere…Su una sedia era appoggiata la camicia che l’uomo si era tolto cambiandosi per la serata teatrale.L’odore inconfondibile di lui sembrava palpabile:la giovane donna prese l’indumento e se lo strinse tra le braccia,quindi si raggomitolò sul letto,in lacrime.
-Aurora…- la richiamò dolcemente Ilia – Non potete abbattervi così…-
-Ilia,ditemi cos’altro posso fare?..-
-Reagire…Ascoltate,ora debbo scendere giù…la compagnia mi ha invitato…-
-E quando andrete da lui?Lui ha bisogno di voi!-
-Calmatevi….ora come ora dove credete che io possa andare?...domattina …-
-..domattina?-
-Si..intanto voi aspettatemi:vi riaccompagnerò a casa…-
-Io non torno a casa!...io resto qui e domani vengo con voi!- disse con forza la giovane donna.
Ilia voleva replicare,considerando anche la delicatezza del suo stato.
Poi però pensò che vederla reagire era senz’altro meglio e tacque.
-Ne riparliamo non appena mi sarò liberato…- la guardò ancora,un’ultima volta,preoccupato;poi uscì dalla stanza,accostando piano la porta alle spalle..
Aurora si strinse ancora a quella camicia che sapeva di Erik,pianse,poi –vinta dalla stanchezza e dal dolore –cadde in uno strano sonno.
Sentiva il suo odore,avvertiva il calore del suo corpo;le mani di lui l’accarezzavano,le sue labbra la baciavano,ardenti.Ma lei non lo vedeva…
-Dimmi il tuo nome,Sindial….-
-Chiamami buio,chiamami notte…-
Ecco:era la loro prima notte d’amore…La notte del dolore e del piacere…
-Tu sei un bocciolo di rosa che si apre tra le dita…-
-ERIK!-
Un bocciolo di rosa…Erik aveva scalfito il muro con una scheggia di legno divelta dal tavolaccio e aveva disegnato un bocciolo di rosa.Ora lo accarezzava,fissandolo.
Un chiarore incerto cominciò diffondersi nella cella:albeggiava.
L’uomo si alzò,ravviò i capelli con le mani,trattenne la mano sulla maschera.
Intuì che presto avrebbe dovuto sostenere un confonto…

Con un rumore metallico una delle porte di sicurezza si aprì e la guardia che lo aveva arrestato la sera prima si avvicinò alle sbarre,armeggiando con le chiavi:
-Monsieur Sindial! Il delegato vi aspetta…- così dicendo attese che il prigioniero uscisse,gli ammanettò i polsi alle spalle e lasciò che lo precedesse.
Camminarono in silenzio attraverso il corridoio su cui si affacciavano altrettante porte chiuse,finchè non raggiunsero un uscio di legno.
Il gendarme bussò e rimase in attesa.
-Avanti,Lagarde!-
L’uomo aprì la porta davanti a Sindial e gli fece segno di entrare.
In piedi dietro uno scrittoio c’era un uomo alto,biondo,dai lineamenti forti e lo sguardo vivido.
Erik avanzò verso di lui e i due si misurarono con lo sguardo.
-Liberatelo Lagarde…e voi,sedete!- disse Montague sedendo anch’egli.
La guardia eseguì l’ordine,poi rimase in attesa.
-Voi potete andare,Lagarde…attendete fuori…-
Rimasti finalmente soli,il delegato cominciò a scrivere su un foglio,in silenzio:
-Il vostro nome?-
-Sindial…-
-Che corrisponderebbe a…Serghiei Indial,come leggo nel vostro passaporto?- aveva davanti il documento che Erik portava con sé la sera prima e mostrava di ricopiarne i dati su una pratica.
-Si…-
Montague sollevò la testa e lo guardò negli occhi:
-Eppure,a quel che so,il vostro è un nome de plume…-
-Succede spesso nel mondo in cui lavoro…-
-Già…ma io vorrei sapere qual è il vero nome? Forse Henry De La Revenge?- Montague sembrava incalzare l’interrogato.
-Esiste un documento che mi attribuisce questa identità,di fatto…- rispose senza batter ciglio Erik.
-Se si tratta della vostra identità,perché tenerla nascosta?-
-Non l’ho mai nascosta:tutta Parigi ne è al corrente…-
Montague prese fiato,si schiarì la voce:l’impassibilità dell’interrogato andava aggirata,non affrontata troppo di petto.
-Vedete…quando vi ho chiesto il vostro nome avete risposto istintivamente ‘Sindial’…-
-Infatti…C’è forse una colpa,in questo?-
-No…c’è però qualcosa di strano…Come se aveste rimosso il vostro vero nome…-
-Niente di strano…L’uomo che sono stato,signor delegato,è morto…La sua vita non mi appartiene più…-
Erik era sincero;Montague non poteva sapere che si riferiva a un altro uomo,ma avvertiva l’assoluta sincerità di quella affermazione…
Infatti assentì,poi però ribattè:
-La sua vita no,ma a quanto pare la sua eredità…-
-La sua eredità…Immagino sappiate che le sostanze della famiglia De La Revenge erano ridotte a tanti debiti e una villa abbandonata…-
Montague sfogliò le sue carte:era proprio così,e lo sapeva bene.
Fu Erik a incalzarlo,a questo punto:
-Se le cose stanno come stanno,è lecito sapere di cosa sono accusato?-
-Calmatevi,monsieur Sindial…L’accusa c’è,ed è piuttosto grave:a quanto pare oltre che il nome,avete dimenticato anche l’esistenza di qualcuno che –se voi non foste ricomparso così improvvisamente- sarebbe il legittimo erede della vostra casata…-
Erik aggrottò le sopracciglia.
-Chi dice questo?-
-Mi spiace,monsieur…ma per ora il nostro colloquio finisce qui!-
Era Montague a condurre il gioco,ora;come il gatto col topo…


Aurora si svegliò che era l’alba.
Si alzò dal letto;si sentiva diversa dalla sera prima.Aveva in sé una strana energia,la voglia di combattere,di affrontare qualsiasi pericolo per restituire giustizia al suo uomo.
Si lavò,ravviò i capelli,si guardò allo specchio.L’aroma inebriante di Erik impreziosiva l’aria e sembrava trasmetterle coraggio.
Scese nel teatro,deserto.
Sul palcoscenico tracce della festa della sera prima.
Di Ilia,invece nessun segno.
Questo la irritò. Sarebbe andata da sola,allora…
Scese la scalinata esterna del teatro,cercando una vettura.
Ne trovò una libera e stava per montarvi,quando qualcuno la trattenne:
-Aurora!...Aspettate!-
-Oh Ilia…-
.-Venite…rientriamo in teatro…-
-Voglio andare da lui,Ilia!- disse resistendogli la giovane donna.
-Andremo insieme!- insistè,altrettanto energico lui- Adesso rientrate con me a teatro…-
Il giovanotto l’aiutò a scendere e allungò una mancia al vetturino,piuttosto deluso.
La pianista ubbidì,ma varcata la soglia si ostinò a non fare un passo di più.
-Che cosa aspettiamo…?-
-Non volete sapere che cosa sta succedendo?-
-Perché?...voi lo sapete?-
-Si…e vi prego…entriamo,sediamoci e calmatevi-
Andarono a sedersi a uno dei tavolini del foyer.
-Vi ascolto …Intanto perché ieri non siete tornato a cercarmi?-
Ilia scosse la testa.
-Madame…riposavate,finalmente…Voi dovete avere riguardo per voi stessa..-la rimproverò con severa dolcezza lui.
Aurora sospirò,ma non replicò.
-Ditemi cosa avete scoperto…-chiese.
-Tramite alcune … ‘amicizie’ di Alphonsine, sappiamo che qualcuno lo ha denunciato:il delegato di giustizia lo trattiene alla Suretè,per interrogarlo…e decidere o meno il rinvio a giudizio…-
-Ma di cosa è accusato?-
-Questo non è chiaro…-mentì Ilia,non essendo al corrente di quanto Aurora fosse a conoscenza dei segreti di Sindial.
-Ilia:debbo vederlo…Voglio vederlo!-
-Vi prego…cercherò prima di incontrarlo io…poi…poi …-
Aurora scuoteva la testa,scontenta di quelle decisioni.
-Allora se non posso vedere lui…andrò a parlare con questo delegato…-
Semonov tirò un lungo sospiro.
-Sentite Aurora…se fosse Sindial a chiedervi di rientrare a casa e aspettarlo,lo fareste?dareste ascolto alle sue parole?-
-Ma non me lo ha chiesto! Non ha avuto nemmeno il tempo di …di..- l’emozione le strinse la gola;gli occhi le luccicavano.
Ilia si morse le labbra.
-Cercherò di avere un colloquio…e vi riferirò…Per adesso,restate tranquilla,vi prego…-
La giovane donna promise,ma senza convinzione.


Il delegato Montague uscì dal severo palazzo di giustizia e montò su un landò scuro;il vetturino lanciò il cavallo al galoppo come se fosse già informato da tempo della destinazione.
L’uomo a bordo sembrava indifferente al paesaggio che lo circondava;consultava delle carte in una cartella di cuoio scuro e meditava…
‘Madame Berenice Jardin dichiara in fede quanto segue…’
Ripensò all’incontro con quella donna;era avvenuto di sera,in quel momento della giornata in cui la luce sembra cedere poco a poco alle tenebre…tutto perde i suoi contorni.
-Signor delegato…una signora chiede di parlarvi…-
Era stanco;quella giornata sembrava non avere mai fine.
-Di che si tratta Lagarde?-
-Una denuncia..-
Aveva sospirato,guardando lontano,oltre i vetri della finestra alle sue spalle:
-Fate passare…-
All’inizio non aveva quasi distinto la sagoma grigia e rinsecchita dell’anziana donna,sul fondo grigio della parete spoglia;la nuova venuta si era poi avvicinata,entrando nell’alone di luce della lampada sullo scrittoio.Aveva l’aria dimessa;era curva,umile. Le mani le tremavano leggermente,ma la voce era ferma;cupa e ferma.
-Buona sera,delegato…io ho necessità di parlare con voi,denunciare un fatto…-
-Sedete…e ditemi innanzitutto chi siete…-
-Mi chiamo Berenice Jardin,per oltre trentacinque anni sono stata segretaria del notaio Roquebrune,nel XVmo arrondissement…Probabilmente ne avrete sentito parlare…-
No,non conosceva quel nome…Era a Parigi da soli tre anni…Non disse nulla,ma le fece cenno di continuare.
-Il mio principale non aveva una vasta clientela;per anni è stato amministratore di una sola famiglia,i De La Revenge…Egli era un uomo fragile,monsieur…-
-Fragile?-
-Debole…facile a subire …-
-Non capisco:forse ha subito minacce,ritorsioni?-
-No..ha subito il richiamo dei vizi…lui era scontento e cercava nell’alcool,nel gioco e…in altre cose quello che il lavoro non gli dava…-
-Capisco…- in realtà non era ancora chiaro dove volesse andare a parare quella premessa.
-I De La Revenge avevano un unico figlio,Henry…Un passionale,sventato…negli anni della guerra civile aderì alla Commune…- c’era disprezzo nel tono della vecchia.
Un disprezzo che a Montague non era piaciuto,istintivamente.Ma preferì ignorarlo.
-I suoi genitori erano morti…lui veniva spesso a cercare denaro,dal notaio…aveva accumulato molti debiti e-poco alla volta- svuotò l’unica sua proprietà…una villa fuori città…di tutto quello che c’era all’interno…Non per pagare i debiti,no…-
-No?-
-…sosteneva la causa di quei ribelli:aveva perso la testa per una di loro!-
Montague si schiarì la voce;tamburellò sul ripiano dello scrittoio:cominciava a spazientirsi.
-Per qualche mese sparì…sapete c’era stata la settimana di sangue…Pensammo vi fosse rimasto coinvolto…Invece una sera,improvvisamente bussò alla porta dello studio:aveva con sé un bambino…-
-Continuate…-
-Entrò dal notaio e si chiusero dentro,confabulando a lungo…Poi Roquebrune mi chiamò e mi fece stendere un atto,in cui De La Revenge riconosceva quel bambino come suo e lo indicava come erede di tutto ciò che possedeva…Quindi ce lo affidò e sparì,come era venuto…-
-Il notaio ed io ci confrontammo su cosa fare di quella creatura ed io proposi di portarlo da una mia sorella,in campagna…A un tratto,ci rendemmo conto che il bambino,approfittando della nostra distrazione…era scappato,era corso dietro a…-
-Ebbene?- Montague aveva cominciato a sentirsi coinvolto da quella storia. –Lo avete rincorso,cercato? Che ne è stato di lui?-
Quella donna aveva abbassato lo sguardo:
-Abbiamo fatto quanto era nelle nostre possibilità…naturalmente…-
La sua risposta non era stata sincera;lo avvertì confusamente,ma preferì ignorare anche questo.
Dopo una pausa,poi madame Jardin aveva soggiunto.
-Il notaio non si riprese da quella vicenda…volle rimuoverla dalla sua memoria…Mi disse di far sparire quel documento…non voleva trovarselo più davanti…Io,monsieur delegato,l’ho conservato…-così dicendo aveva aperto piano la borsetta di pelle lisa e ne aveva tirato fuori una busta ingiallita,porgendogliela- Eccolo…-
-Madame…è molto grave quello che mi state raccontando:volete denunciare Roquebrune?-
-Oh no! Non lui…lui…-
La donna aveva reagito,come spaventata dall’effetto inatteso delle sue parole;poi aveva ripreso fiato:
-La mia storia non è finita:qualche mese fa venne da noi un uomo…-
Madame Jardin aveva abbassato la sua voce,biascicandogli la storia della contrattazione tra il notaio e quello sconosciuto,come le bigotte biascicano senza capirle le litanie in chiesa.
-Quell’uomo era un demonio,signor delegato…- aveva concluso,astiosa– col suo denaro ha illuso il povero Roquebrune di potersi rifare una vita lontano…Infine il mio notaio ha ceduto…-
-Aveva dimenticato l’esistenza di quel bambino?- intervenne severo Montague.
La vecchia aveva sollevato le spalle.
Poi rizzandosi con una strana rigida energia,aveva esclamato:
-Ma io no…e quando il segretario di quel maledetto venne a chiedermi del bambino…allora intuii che qualcosa era trapelato!-
Di nuovo aveva abbassato la voce e aveva riferito la conclusione della storia.
-Dov’è adesso Roquebrune?-
-…io credo…in Sudamerica…-
-Formulate la vostra denuncia e sottoscrivetela…- le aveva detto alzandosi. –Lagarde! Diramate questo mandato di cattura internazionale,poi passate da me:ho un ordine d’arresto!-
Il landò della Suretè costeggiava intanto il cimitero;Montague guardò tra le tombe e formulò una breve preghiera.
La denuncia della Jardin era sotto le sue mani:accusava il signor S.Indial di aver sottratto l’eredità De La Revenge all’unico vero erede,facendolo definitivamente scomparire…


Ilia Semonov respirò intensamente,quindi entrò negli uffici della gendarmerie.
-Buon giorno…-
-Prego?- chiese dopo qualche momento il graduato di servizio.
-Sono Ilia Semonov,il segretario di monsieur Sindial…-
L’altro lo guardò accigliato,diffidente.
-Vorrei notizie del mio principale..Quando potrò vederlo?-
-Un attimo solo..attendete…- rispose quello,allontanandosi.
Ilia sedette su una panca:sperava che la sicurezza di cui si era armato per affrontare il colloquio con le forze dell’ordine gli avrebbe giovato.Ma non era tranquillo.
Dopo poco infatti sulla soglia della sala dove attendeva comparve Lagarde,il collaboratore di Montague.
-Ilia Semonov?-
-Si?-
-Ho piacere che siate venuto spontaneamente…- Così dicendo gli fece cenno di entrare nel suo ufficio.
Il giovanotto deglutì. Ma,fattosi coraggio,lo precedette nella stanza.



Era mezzogiorno:la pesante campana del Sacre Coeur lentamente scivolò in avanti,iniziando a ondeggiare;il batacchio all’intero battè il primo di 12 rintocchi lenti,solenni.
Sotto il sole di maggio una piccola folla di donne era adunata nella piazza dell’Hotel de la Ville,in attesa che –come ogni giorno- si aprisse il portone della Suretè e fosse possibile accedere ai colloqui coi detenuti.
Erano donne del popolo,già avanti negli anni;o giovani femmine di malaffare che si preoccupavano dei loro protettori…
A pochi sarebbe sfuggita la presenza,in mezzo a loro,di una creatura diversa;nonostante l’abbigliamento apparentemente volgare,l’assenza di trucco,la giovane età e il garbo stesso del gesto denunciavano un’educazione e un rango molto differente da quello delle altre presenti.
Tuttavia la giovane donna si tenne vicina a quelle che sembravano più combattive e,ad apertura dei cancelli,ottenne di riuscire a entrare con un gruppetto di privilegiate.
Una volta dentro,però,apparve spaesata;non era il tipo da imporsi a strattonate…
-Madame…ma,cosa fate qui?- una voce,una mano sul braccio;si volse,temendo di essere stata riconosciuta.
Era un sacerdote;forse il cappellano del carcere.Ai suoi occhi esperti,non era sfuggita la sua distinzione.
-Quello che fanno tutte queste signore,padre…Vorrei poter parlare con mio marito…-
-Vostro marito?...è in prigione?- il sacerdote era meravigliato,ma mentre parlavano aveva sospinto l’ospite in un angolo dell’antiparlatorio più appartato,dove si ergeva un altarino.
-Si…-
-Posso conoscere il suo nome…magari posso esservi d’aiuto…-
Aurora non sapeva se fidarsi o meno;sollevò lo sguardo e le parve che la vergine le sorridesse,incoraggiandola.
-E’…monsieur Sindial…-
L’uomo di chiesa aggrottò appena le sopracciglia.
-Ma non è qui…- le disse,poi la rassicurò. –E’ in attesa di rinvio a giudizio…dall’altra parte:nelle celle di sicurezza…-
Aurora sospirò.
-Debbo parlare con lui,padre!- osò quindi chiedere,con forza.
L’uomo sorrise con bonaria compassione.
-Vi prego…- insistè,supplicando.
-Seguitemi…-cedette quello,con un sospiro.


Ilia Semonov usciva piuttosto mogio dall’ufficio di Lagarde.
Gli erano state poste alcune domande su Sindial,domande generiche,che non lo aiutavano a capire di cosa fosse stato accusato.
Gli era stato infine raccomandato di tenersi a disposizione e quando lui aveva chiesto di nuovo se era possibile parlare con il suo principale,Lagarde aveva sorriso in maniera strana:
-Mi sembra una domanda superflua,per ora…-
Il giovanotto sbuffò,si tirò i capelli indietro in un gesto di sconforto.
Tornare a teatro senza notizie per Aurora…tornare senza sapere nulla…Gli risultava davvero un ingrato compito.
Rientrò a piedi,costeggiando il fiume a testa bassa;a un tratto si fermò a guardare quelle acque specchiate:perché gli tornava in mente il molo di SanPietroburgo?La valigetta di Maria nell’acqua,la folla assetata di sangue che incolpò ferocemente Sindial….
A un tratto nell’acqua si compose la figura ossuta e familiare di una vecchia signora,appoggiata al parapetto in alto;istintivamente Ilia si volse a cercarla cogli occhi,ma era già sparita.
-Madame Jardin…è stata quella vecchia!...- esclamò,tutto sommato sollevato…
Aumentato il passo,fu presto a teatro.Ma qui lo attendeva un’altra sorpresa.
Aurora non era rimasta ad aspettarlo;era sparita…L’ultima che l’aveva vista era stata la sarta di scena,cui aveva chiesto di poter accedere al guardaroba…
Finalmente gli venne incontro Alphonsine,che lo abbracciò e lo tenne stretto a sé,senza fare commenti.
-Non angustiarti…ne usciremo…- lo consolò
-Aurora è sparita…-
-Lo so…Ho tentato di trattenerla…Credo sia andata dal suo avvocato di fiducia…-
-Vestita da Carmen?- domandò significativamente lui.-Chissà cosa si è messa in testa…-


-Chi è?-
La voce brusca della guardia di picchetto si levò verso padre Marcel.
-Ah padre..- soggiunse poi riconoscendolo e segnandosi l’uomo.
-Augustine…è possibile che questa signora si accerti che suo marito stia bene…?-
La guardia osservò Aurora:non era vestita da signora…
-Vi prego…- domandò la nuova venuta.
Aveva un tono e un gesto che incantavano.
-Non è regolare,padre…-titubò,senza risolversi.
-Non starà molto…Vedi,Augustine…la signora è …(e abbassò la voce,ragguagliandolo)…e finchè non sarà sicura che suo marito sta bene non si rasserenerà…Ne va della salute di due persone,figliolo…-
-E sia…Chi è il marito della signora?-
Aurora rispose,con slancio:
-Monsieu Sindial…-
La guardia armeggiò con le chiavi,aprì un cancello di accesso a un corridoio,si fermò davanti a una seconda inferriata e chiamò:
-Monsieur!...una visita per voi…-
Erik era in piedi,di spalle;si volse e guadagnò piano le sbarre;immaginò si trattasse del suo segretario.
-Alla buon’ora,Semonov…AURORA?-
-Erik!-
Lei gli sorrise,debolmente.Attraverso le sbarre gli cercò le mani intrecciandole alle sue…
-Aurora?...ma come sei vestita?- esclamò lui carico di meraviglia e ammirazione a un tempo.
-Amore…- sussurrò lei,appoggiando il viso tra le grate- Dimmi cosa posso fare per te…Ho contattato il mio avvocato e…-
Ma lui la guardava incredulo,innamorato.
Stringeva tra le sue quelle mani che adorava,sentiva il profumo dei suoi capelli,guardava le sue labbra di miele…
Si irrigidì.Si rese conto che comunque quello non era posto per lei.
-Non dovevi venire qui…torna alla villa…-
-Tu devi contare su di me…- insistè lei.
-Io sarò sereno se saprò che sei a casa…ad aspettarmi…-
Intervenne la voce della guardia.
-Madame!...bisogna rientrare!-
Lei sospirò,cercò di sorridergli,di rassicurarlo:
-Si…ti aspetto amor mio…Vedrai che ogni cosa si chiarirà…Vedrai,Erik…!-
Ma tanto il sacerdote,quanto la guardia la sospinsero fuori,allontanandola.
 
Top
25 replies since 6/4/2008, 10:41   1041 views
  Share