Preludio nr 4 in si minore, ff ispirata al Fantasma dell'Opera(11517 visite)

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Evilsisters
view post Posted on 6/4/2008, 11:52 by: Evilsisters




Quella mattina Ilia Semonov era seduto di buon ora davanti al tavolino di un bistrot:aveva davanti un bicchierino di pernod e lo buttò giù d’un sorso,con aria pensierosa.
Una voce lo richiamò:
-Non è un po’ presto per gli alcolici,monsieur?-
Alzando lo sguardo si avvide che all’angolo dell’edificio un uomo lo osservava,come in attesa.
-Oh…signor delegato di giustizia…- il giovanotto accennò ad alzarsi e nel contempo allargò le braccia come ad invitare il nuovo venuto.
-State pur seduto e non chiamatemi delegato…in questo momento sono solo monsieur Montague..-
Ilia lo guardò incuriosito,quindi gli indicò la sedia accanto alla sua.
-Perché non vi accomodate,monsieur Montague? posso offrire qualcosa?-
-Prenderò un caffè…-rispose quegli,senza farsi pregare- E’ un orario insolito questo per bere Pernod…-
-E’ una vecchia cara brutta abitudine che ho appreso nella mia terra,monsieur Montague…- ribattè infine Ilia.
-Siete …russo,non è vero?-
-Si signore…Andrè,servi un caffè al mio ospite!...Di San Pietroburgo…-
-Ah…ed è a San Pietroburgo che avete conosciuto monsieur Sindial…?-domandò col consueto tono indagatorio il giudice.
Ilia sospirò guardandolo.Montague abbassò lo sguardo:
-Perdonatemi…deformazione professionale…-
-Ecco servito il caffè…!- si intromise il cameriere.
Quando l’intruso si fu allontanato,Montague girando lentamente il cucchiaino nella tazza,senza guardare Ilia,soggiunse:
-L’ultima volta che ci siamo parlati,monsieur Semonov…voi mi avete raccomandato qualcosa,a proposito del piccolo Germaine…-
Ilia ascoltava senza interrompere.
Montague si schiarì la voce,senza smettere di girare la posata nella tazzina:
-…sottolineando che egli aveva già tanto sofferto…-
-Infatti…e vi confesso che mi ha conquistato il modo con cui avete condotto il confronto…-
Montague interruppe improvvisamente la sua meticolosa operazione,sollevò lo sguardo dritto verso Ilia e domandò:
-Ma che cosa,esattamente,ha sofferto quel bambino,monsieur Semonov?voi ne siete al corrente?-
Ilia si sentì un po’ sorpreso,incredulo.La risposta che stava per dare gli sembrava ovvia.
-Ha vissuto gli anni della guerra civile…è rimasto orfano della madre,del padre…-
Montague fece cenno di no,con la testa.Quella risposta non gli bastava.
-No,caro Semonov…c’è di più…e voi lo sapete bene…-
-Ma…monsieur delegato…io davvero non capisco dove volete arrivare?-
-Montague…sono solo monsieur Montague,in questo momento…non fatemelo ripetere…- disse un po’ indispettito il giudice.
Ilia lo osservò meglio.
Era sicuro che quel colloquio esulasse dalle recenti indagini;nasceva da una ricerca personale,un’ansiosa ricerca personale.
-Perché tanto interesse a una vicenda chiusa,monsieur Montague?-
-Perché se davanti al giudice quella vicenda è chiusa…non posso dire lo stesso per quanto riguarda l’uomo…-
-Cosa intendete?-
-Davanti alla legge monsieur Sindial risulta essere il redivivo De La Revenge,padre adottivo del piccolo Germaine,che lo ha pubblicamente riconosciuto …-
Ilia sospirò sollevato.
-Per quel che mi riguarda,però…a parte il segreto affetto che lega Sindial a Germaine,permane un mistero sull’identità e dell’uno e soprattutto dell’altro…-
-L’identità di Sindial?- domandò leggermente aggressivo Ilia.
-L’identità di Germaine,monsieur….Chi è veramente? Chi erano i suoi veri genitori…sua madre?dove ha vissuto negli ultimi anni? Come ha perso la parola?-
Ilia annuì,piano col capo.Poi guardò negli occhi Montague:
-Cosa cambierebbe per quel bambino se voi conosceste tutto ciò?-
Il giudice scosse la testa,ammettendo con dolore:
-Non lo so…forse nulla…ma forse per me..sarebbe una scoperta importante…-
Negli occhi di Ilia si accese il lampo di una qualche rivelazione.
Capì che al romanzo De La Revenge mancava ancora qualche capitolo importante e che forse-con il suo aiuto- sarebbe stato scritto dalla mano di Montague.
Di slancio avrebbe colto e stretto quella mano.
Ma poi si rese conto che in realtà attraverso lui Montague cercava un contatto con Sindial…


Erik era già sveglio e,appoggiato alla testiera del letto,guardava il giorno illuminarsi prepotentemente.
Dopo poco anche Aurora si destò.Si sollevò al suo fianco,carezzandogli amorevole il bel torace nudo e, appoggiandosi alla sua spalla,la baciò delicatamente…
Lui abbassò il capo verso di lei,sorridendole appena e ricambiandole il bacio sulla fronte.
-Sei riuscito a riposare?-
-Si…accanto a te...- la rassicurò.
-E ora…cosa pensavi?-
-Pensavo a Germaine…-
-Ora che riesce a parlare…potrà raccontarci qualcosa di sé…-
-Si…-assentì lui,piano.
-…ma qualcosa ti turba,vero?-
-Tu sai cosa…io non sono suo padre…-
Aurora riflettè:
-Nemmeno De La Revenge lo era…-
-Io non sono De La Revenge…-
-Erik…tu hai scelto di esserlo…Come De La Revenge,involontariamente,ha finito per essere…- la donna rabbrividì.
-Per essere me? È questo che intendi?- la interruppe lui,avvertendo il suo turbamento.
Aurora inspirò profondamente,poi gli rispose:
-In tutta questa storia esiste uno strano filo del destino che si dipana,si intreccia,tesse una sorta di trama,inattesa anche per noi…-
L’uomo annuì,senza replicare.
-Tu che intendi fare con Germaine?-
Sindial riflettè un po’,in silenzio,poi rispose:
-Se quel bambino mi ha scelto come padre …cercherò di esserlo…-
Aurora sorrise,abbracciandolo soddisfatta.


Dopo colazione,Aurora come di consueto versò il latte nella ciotolina di Leporello e chiamò il micino.
Sapeva che non sarebbe arrivato:da quando si erano trasferiti nella villa,amava trascorrere il suo tempo all’aria aperta,confondendo il trillo del suo campanellino col frinire dei grilli e il cinguettio dei passeri.
La giovane donna prese la ciotolina e la andò a collocare fuori, sul porticato.
Qui si imbattè in Germaine che cercava di familiarizzare col gattino,seduto sui gradini dell’ingresso;
il trillo leggero della sua risatina si univa per la prima volta al delicato coro delle voci mattutine del giardino.
Quando il bambino si accorse di lei smise di giocare e la guardò;poi piano sillabò il suo nome:
-Au-ro-ra…-
Lei gli sorrise
Il bambino si sollevò improvvisamente in piedi,imbarazzato,cercando di mostrarsi educato verso la nuova venuta:
-Buongiorno,…madame…- formulò,un po’ impacciato,con una voce ancora fragile.
-Buon giorno,Germaine…si,mi chiamo proprio Aurora…e questo birboncello qui –così dicendo sollevò il micino scherzosamente per la collottola,per deporlo tra le braccia del piccolo ospite- si chiama Leporello…-
Il bimbo esclamò di meraviglia e contentezza,stringendo tra le braccia il cucciolo.
-Leporello?...-ripetè,incuriosito e divertito.
La bestiola approfittò del suo stupore per sgattaiolare via nel prato:Germaine si pose all’inseguimento,chiamandolo.
-Leporello…vieni qui…-
Quel giorno trascorse così,serenamente.Con Germaine che,giocando nel parco, chiedeva i nomi delle cose e Aurora che,pazientemente,lo seguiva rispondendo alle sue piccole curiosità,ai suoi dubbi innocenti,alla sua meraviglia.
Sindial,chiuso nella sala della musica a riordinare le sue carte,di tanto in tanto li osservava dai vetri,rispondendo col cenno del viso al saluto che i due gli muovevano da lontano.
Al tramonto,stanchi,si ritrovarono,seduti all’ombra di un tiglio;allora,guardando verso lo studio,Germaine le confidò:
-Sai…lui non è proprio mio padre…-
Aurora non sapeva se approfittare di quel contesto per saperne di più o no.
-Lui?-
-Erik…il tuo marito…-
-Non è tuo padre?-
Germaine sollevò le spalle:
-Quello vero…è morto quando avevo pochi mesi.E anche lui,era morto…ma poi è tornato…!-
La donna lo ascoltava,incerta se interromperlo o meno.
Seguendo il filo dei suoi pensieri,il bimbo si domandò:
-Chissà…forse tornerà anche la mamma….-esclamò,poi guardò tra l’imbarazzato e il dispiaciuto Aurora,rannuvolandosi - E tu? Dovrai andare via?-
La giovane donna lo guardò con dolcezza,senza trovare risposta;gli carezzò i capelli,intenerita.
-Germaine!-
Harun era comparso improvvisamente sul portico e richiamava il ragazzo.Era l’ora del bagno e della cena.
Aurora lo congedò,con un sorriso,rimanendo pensosa a guardare il sole specchiarsi nel ruscello.


Prima di andare a dormire Germaine,come d’abitudine,fu accompagnato da Harun a salutare i suoi nuovi ‘genitori’.
Erik stava riordinando le carte sul piano,quando i passetti leggeri del bambino attrassero la sua attenzione.
Inspirò,prima di voltarsi a guardarlo.
- E’ ora di andare a letto?- gli domandò poi,un po’ rigido.
- Si…-
Sospirando,si chinò allora verso di lui;prima che potesse fermarlo il bambino gli aveva messo le braccia al collo,per dargli il bacio del congedo quotidiano.
-Non ti ho ancora ringraziato,Germaine…- disse allora l’uomo,trattenendo lo slancio inatteso del piccolo.
-Di cosa?-
-Dell’affetto che mi hai dimostrato,della tua devozione…filiale…-
Il bambino non riusciva a seguire quel discorso.
A un tratto lo interruppe,domandandogli sempre con quella sua vocina a tratti stentata:
-Posso… chiederti una cosa?-
Sindial tacque,guardandolo incuriosito,ma acconsentendo tacitamente.
-Quando eri morto…hai incontrato anche la mamma?-
L’uomo scosse il capo,incapace di rispondere.
Poi prese il bambino per mano e andò a sedere con lui sul seggiolino del piano:
-Ascolta…forse io non sono mai morto…-
-Ma io ho visto la tua tomba…ci ho vissuto accanto,aspettando che ti decidessi a tornare…-
Erik cercò di misurare le parole:
-Hai creduto fosse la mia…Germaine tu hai voluto credere tante cose…- gli disse fissandolo negli occhi,cercando di cogliere quel filo di reciproca consapevolezza che li tenesse uniti nel comune segreto.
Lo trovò.
Germaine arrossì,abbassando la testina,mordendosi le labbra.
-Come debbo chiamarti,allora?-
-Il mio nome è Erik,lo sai…-
-Va bene…- annuì il piccolo. –…Papà Erik…-
Sindial non seppe frenarsi,lo strinse incredulo tra le braccia,depose un bacio delicato su quei serici capelli biondi ,avvertendo per la prima volta un sentimento che gli era del tutto estraneo,ma che lo pervadeva per la sua naturale,coinvolgente dolcezza.
-Io…vorrei tornare là,qualche volta…- gli chiese allora Germaine – Puoi accompagnarmi tu?-
Ricomponendosi,Sindial acconsentì:
-Va bene…ci andremo senz’altro…-


Ilia aveva lasciato trascorrere circa una settimana,prima di tornare a Villa De La Revenge.
Inizialmente aveva creduto opportuno rispettare il desiderio di appartarsi che Sindial aveva dimostrato; del resto se i padroni di casa avessero avuto bisogno di lui,lo avrebbero fatto avvertire per tempo;ma i giorni erano trascorsi senza novità.
Si era dedicato allora al suo lavoro,sempre zelante e attento;e nel frattempo aveva metabolizzato quel suo strano incontro con Montague.
Finalmente,quando aveva ritenuto che fosse trascorso del tempo conveniente,prese l’iniziativa di riavvicinarsi al suo impresario,bussando una domenica mattina al cancello del parco.
Gli aprì Harun:ma i suoi occhi avevano già scorto di lontano la bella figura di Aurora adagiata sull’erba ai piedi di un tiglio,mentre sembrava intenta a spiegare qualcosa al piccolo Germaine.
-Monsieur Sindial è in casa,Harun?-
-Si,signore…-
Gettando un ultimo sguardo verso il bel quadretto idilliaco che il parco nel lussureggiare del maggio incorniciava con la sua bellezza,Semonov seguì il servitore all’interno.
Harun lo annunciò a bassa voce,bussando discretamente alla porta dello studio del padrone di casa:
Sindial andò incontro affabilmente al nuovo venuto.
-Come state Ilia?...sono contento di vedervi…-
-Buongiorno,Sindial…Vi trovo bene…- rispose questi,sorridendo ma con un ‘impercettibile sfumatura di formalità nella voce.
Non abbastanza impercettibile da essere trascurata dal padrone di casa,che intanto cercò di trarre dall’imbarazzo l’ospite.
-Meglio dell’ultima volta…Sedetevi…e aggiornatemi sulle novità…- gli disse invitandolo col gesto,ma rimanendo in piedi davanti a lui,appoggiato alla scrivania.
Ilia si accomodò e cercò di essere disinvolto come sempre:
-Grosse novità non ce ne sono…molta routine a Teatro…voi quando pensate di rientrarvi,monsieur?-
Erik si volse di spalle,celandogli l’espressione contratta del viso,quindi rispose:
-Non ancora…siamo in pausa estiva…non credo che la mia presenza sia indispensabile – quindi volgendosi di nuovo al segretario – E’ bene che voi vi facciate un po’ le ossa anche a dirigere,Ilia…-soggiunse.
Il giovanotto rimase incerto:a cosa alludeva Sindial? Non volle indagare,non in quel momento.
Aveva per la testa diversi pensieri…
-In ogni caso certe decisioni…lo spettacolo di inaugurazione della nuova stagione…i provini …la messa in scena…spettano a voi,monsieur…-
-In fine…tornerò in autunno,in tempo per tutto questo!- tagliò corto,col tono usuale Sindial.
Semonov ne fu quasi contento e sorrise tra sé,sentendosi finalmente meno a disagio.
I due uomini si scambiarono uno sguardo d’intesa,eloquente.
La voce di Harun che richiamava Germaine per il pranzo,fornì a entrambi l’occasione di cambiare argomento.
-Come sta Germaine?...-
-Continua a fare progressi…ormai controlla quasi perfettamente la voce…-
-Siete riuscito a…a sapere altro,da lui?-
-Altro?...-
-Qualcosa di più sulla sua vicenda?-
Erik squadrò inquisitorio Ilia:
-Credete che sia necessario affondare il coltello nella piaga?-
Ilia abbassò la testa.
-Non intendevo questo…ma…sapete…-
Erik lo zittì:
-Ho inteso…e i vostri dubbi non mi sono nuovi…ma se Germaine vorrà dirmi qualcosa…succederà senza che io gliela chieda…-
-Capisco…-
-Sembrate deluso…- allo sguardo attento di Sindial non sfuggiva nulla.
-In parte…-
-Vi dirò allora che Germaine mi ha chiesto di tornare sulla tomba dove lo abbiamo trovato…-
Semonov si illuminò:
- E voi avete acconsentito?...quando andrete?-
-Credo domattina …Forse domani…Semonov,c’è qualcosa che volete dirmi?-
-Ecco monsieur…ho fatto uno strano incontro e…-
I due uomini parlottarono brevemente tra loro,fin quando:
-Buon giorno Ilia…- Aurora fece il suo ingresso nella stanza.-Che piacere rivedervi…-
Il giovanotto le andò incontro,sorridente:
-E’ un piacere anche per me…vi trovo benissimo,Aurora…-
La giovane donna si era affiancata al marito,che le aveva cinto la vita,baciandole delicatamente la fronte.
-Grazie…Restate a pranzo da noi?-
-Mi piacerebbe,ma…-
-Avete già un impegno?...-
Il giovanotto tirò fuori l’orologio dal panciotto.
-Ehm si…e sono anche leggermente in ritardo…-
La padrona di casa si scambiò uno sguardo complice con Erik:
-Non vi tratteniamo,ma solo se promettete di tornare domani stesso!- scherzò,affabile.
-Bè,di fronte a un ricatto così gentile…-ribattè altrettanto prontamente il giovane russo.
Erik li osservava divertito,mentre continuavano a scambiarsi battute di cortesia.
-Se permetti caro…accompagno io Ilia…-
-Certo,andate…Semonov,noi…siamo d’accordo…-
Ilia annuì improvvisamente serio,quindi avviandosi verso l’uscita riprese a sorridere alla sua interlocutrice.
-Sono contento di vedervi di nuovo serena,anche la vostra salute ne gioverà,Aurora…-
-Grazie si…ma si trattò di un malore di routine..non state a preoccuparvi oltre…Se penso a quello che ha dovuto subire invece Erik…-
Ilia le toccò solidale la spalla:
-Non fu solo…siatene certa!...-la rassicurò.
Dopo una pausa,Aurora domandò:
-Il vostro impegno è…con Alphonsine?-
-Si…-
-Domani conducete anche lei…Mi farebbe piacere vedervi felici insieme…-
L’uomo sospirò,guardando lontano,poi soggiunse:
-Qualcosa ci lega…ma ci sono anche tante piccole cose che ci separano…Sono convinto che la nostra storia procederà sempre così…è il suo limite ma anche la sua sfida…-
Erano fermi ora davanti al cancello,Aurora lo guardò con tenerezza e gratitudine:
-Buona fortuna,Ilia…sappiate che siete il mio amico più caro…-
L’uomo si chinò sulla sua mano e sfiorandola appena si congedò.


Il cimitero era silenzioso e tranquillo in quel mattino di maggio;le aiuole erano punteggiate di primule e finalmente sugli alberi erano tornate le foglie.
Erik e Germaine si inoltrarono piano attraverso il vialetto,verso la spianata delle fosse comuni.
La piccola mano si stringeva a quella possente dell’uomo,cercando coraggio.
A passi lenti i due raggiunsero il piccolo tumulo senza nome e vi si fermarono davanti.
Germaine si strinse di più al suo accompagnatore e osservò l’altare di pietre rimasto intatto.Quindi si guardò intorno,come alla ricerca:
-Va’…ti aspetto..- lo incoraggiò Erik.
Il bambino si allontanò,alle spalle della spianata.Sindial rimase solo.
Dopo poco un passo lento interruppe il silenzio del luogo;un’ombra procedette verso Sindial,gli passò vicina:
-Buon giorno,monsieur De La Revenge…-salutò una voce asciutta,mentre una mano toccò appena il cappello.
-Monsieur Montague…- rispose Erik,per nulla stupito.
Il delegato osservò la tomba:annuì piano col capo,ma –sentendo avvicinarsi di nuovo Germaine- ebbe come un ripensamento e si affrettò a proseguire via.
Erik lo osservò interrogativo,per una frazione di secondo,poi concentrò la sua attenzione sul piccolo,che arrivava trafelato portando due nuovi sassi,che deposero insieme in omaggio a chi riposava per sempre.


Jacques Montague proseguì conservando a stento il passo sicuro che lo caratterizzava;ma non aveva potuto fermarsi…no,doveva prima mettere ordine nel suo cuore,capire…accettare che una verità inattesa divenisse realtà;e non morirne per l’emozione che gli procurava,un’emozione che gli toglieva il fiato,gli spezzava il passo.
Procedette fino al cancello del cimitero,salì sulla sua carrozza,sedette in silenzio.
Il vetturino domandò:
-Dove,monsieur ?-
Lui inizialmente faticò anche a capire la domanda;poi formulò un indirizzo e ripiombò nei suoi pensieri…
Quel bambino…quel bambino dunque era lo stesso di cui aveva ascoltato distratto la storia al cimitero…ed era quello dell’altare di sassi…
Quel bambino che gli adulti cui era stato affidato non avevano saputo tutelare,che per anni aveva vissuto di stenti tra i tumuli spogli delle fosse comuni…orfano di madre…e di padre…quel bambino con gli stessi occhi di sua sorella Fantine…
Montague si prese la testa tra le mani e cercò di montare i pezzi del puzzle,i frantumi che il passato sembrava restituirgli,come ossi di seppia rigettati dalla risacca…
Quando nel 1865 aveva ricevuto l’incarico di giudice nelle Indie Olandesi,Fantine non era voluta partire con lui;attendeva il ritorno di un giovane cui si era legata.
-Va’…noi ci sposeremo e ti raggiungeremo,Jacques…- gli aveva detto.
-Come te la caverai da sola,in questa Parigi così poco ospitale per noi…-
-Come se l’è cavata nostra madre…non preoccuparti,va’!- lo aveva rassicurato con un sorriso.
Era partito,dunque;ogni mese puntualmente aveva ricevuto sue notizie,e le aveva scritto ripetendole di raggiungerlo.
Poi la vita aveva avuto il suo corso.
Nel 1869,quando la Francia minacciava di entrare in guerra con la Prussia,Jacques era tornato a Parigi,a cercarla.
Aveva avuto difficoltà ad abboccarsi con lei;Fantine era diversa…non era più la stessa…
-Perché sei venuto,Jacques?-
-Per portarti via,Fantine…è là la nostra vera terra,te ne accorgerai tu stessa…-
-Questa è la mia terra,la mia città:qui resterò per sempre!- gli aveva risposto con una fierezza battagliera.
Allora lui aveva cominciato a capire.
-Che ne è di Eugene…?-
Fantine aveva velato appena lo sguardo:
-E’ morto…-
-Fantine,sei di nuovo sola?-
La donna aveva rialzato il capo,di nuovo con mossa orgogliosa,combattiva:
-No…non sono sola! Jacques io ho fatto una scelta…capisci?-
In quel momento non aveva capito granchè;ma poi prima di partire alcune notizie lo misero in guardia;e là,ad Haiti ebbe la conferma dei suoi sospetti.
Fantine aveva aderito alla Comune…
All’indomani dell’amnistia e della pacificazione,rientrato in patria,aveva potuto solo constatare che sua sorella era stata una delle tante martiri della libertà…
Ma nessuno,mai…nemmeno lei…mai…gli aveva parlato di quel bambino!
La carrozza ebbe uno scarto;erano arrivati.
Montague scese,inspirando forte.Il Quartiere Latino si risvegliava tra mille aromi…



Ila era seduto allo scrittoio dell’angolo che aveva adibito a studio.
La penna tra le mani,non sapeva cosa scrivere.
Qualcuno bussò alla porta,inatteso.
Sollevò lo sguardo:dalle finestre aperte scorgeva la torre campanaria,col suo orologio.Erano le otto del mattino:chi mai poteva cercarlo a quell’ora?
Qualcuno mugolò tra le lenzuola.Si avvicinò al letto e sussurrò piano:
-Sinette…-
La bella ballerina sporse la testa fuori dalle coltri.
-Ho sonno Ilia…-
-Va bene…io sono in anticamera:ha bussato qualcuno..-soggiunse a bassa voce;quindi carezzò la bella ballerina e in punta di piedi chiuse l’uscio alle sue spalle.
La mano sconosciuta bussò di nuovo.Finalmente la porta si aprì…
-Monsieur Montague…-
Montague era fermo sull’uscio;un po’ pallido,diverso dall’uomo fermo e sicuro che Ilia aveva conosciuto nell’esercizio del dovere.
-Posso entrare,monsieur Semonov?-
-Accomodatevi…Che è successo? Credevo che..-
Intanto Ilia chiudeva la porta alle loro spalle.
-Sedetevi…e raccontatemi con calma…Non avete incontrato Sindial al cimitero?-
-Si…si …- Montague riprese il contegno che gli era usuale –Ed egli mi aspettava…-
-E allora?-
-Quando ho capito che i miei sospetti si stavano concretizzando…mi è mancato il coraggio…-
-Scusate,monsieur…ma non mi è chiaro…-
Il delegato scosse la testa,sospirando:
-Avete ragione…io stesso non riesco a capacitarmi di…di quello che vedo,di quello che percepisco…delle mie reazioni…Vedete,io sono un uomo metodico;la professione che ho scelto non è stata un caso…mi piace procedere passo dopo passo,razionalmente,attraverso ogni inchiesta…Ricostruire il vaso rotto,frammento per frammento:vado avanti con calma,perché so che il segreto della comprensione del tutto è proprio in quello:mantenere la calma,il distacco…-
-Si…capisco…- Ilia fece per alzarsi,invitandolo a bere un caffè.
-No…non voglio niente…ho solo bisogno che mi ascoltiate…- lo trattenne quegli.
-Ebbene…vi ascolto…-
-Quando vidi per la prima volta quel bambino,Germaine,ebbi una sensazione strana:come se quel suo volto,i suoi occhi mi fossero familiari…E quando egli si abbracciò a Sindial e…lo riconobbe…fui certo che non mentisse…Non fraintendetemi:ho svolto anch’io delle indagini…Sindial non può essere De La Revenge…era già a San Pietroburgo quando qui avvennero i fatti della Comune…-
Ilia si schiarì la voce,mordendosi impercettibilmente le labbra.
-Ma se eravate al corrente…?-
-Vedete,l’accusa mossa contro di lui era innanzitutto di aver fatto del male a quel bambino…ed io dovevo appurare questa verità…-
-Si…-
-E quando il piccolo orfano si è rivolto la prima volta verso di lui,lessi in quegli occhi una fiducia impressionante,che mi convinceva a credere alla buona fede di monsieur Sindial-
-…Poi però avvenne l’increscioso episodio della maschera…La paura dipinta sul volto del piccolo,il rifiuto…mi trassero in inganno:ebbene si,anch’io giudicai male…mio malgrado…-
-Per fortuna i bambini sanno vedere oltre i nostri ottusi limiti…- commentò Ilia.
-Già…non solo ha dimostrato di provare profonda pietà per lui…ma addirittura l’ha riconosciuto davanti a testimoni…- proseguì Montague,concludendo:-…ed io ho applicato la legge,senza volerne sapere di più!-
-E avete fatto benissimo…avete applicato la giustizia,monsieur…contro quell’arpia!- sbottò Semonov,incapace di trattenersi.
Uno sguardo di complice solidarietà passò tra loro,poi Montague riprese il racconto che lo angosciava:
-Però,una volta archiviata la denuncia,ho chiesto un periodo di congedo…perché rimaneva da svelare il mistero di quegli occhi…-
Una porta si schiuse e un profumo di caffè anticipò l’arrivo di Alphonsine,con un vassoio e due tazzine.
-Oh scusatemi…vi credevo da solo…- disse Montague,imbarazzato.
Ilia guardò leggermente contrariato la nuova venuta:era il momento meno adatto per presentarsi,quello!
-Perdonatemi…- disse allora la ballerina,intuendo tempestivamente qualcosa – Credevo che avreste gradito una tazza di caffè…-
-Grazie mia cara…tu ehm…ricordi monsieur Montague?-Ilia le fece un’occhiata eloquente.
Montague si alzò e abbozzò un baciamano:
-Madamoiselle Segnier…-
-Se permettete…vi lascio soli…- disse congedandosi con un sorriso –Ilia,ti ricordo solo l’impegno a pranzo…-
Ilia sorrise,annuendo.
Quindi la vide sparire dietro la porta e non potè impedirsi di pensare,per una frazione di secondo,che a volte gli sembrava proprio che gli appartenesse…
Montague aveva sorbito il caffè,inseguendo i pensieri.Ilia ne bevve un sorso,quindi gli domandò:
-Ora…volete dirmi l’oggetto della vostra ‘personale’ inchiesta?-


Sindial prese Germaine per mano e piano lo andava sospingendo verso il vialetto che conduceva all’uscita del cimitero.
-Aspetta…- gli disse il bimbo e con la manina lo attirò verso la spianata delle fosse,quelle vere,in cui non c’era nessuna distinzione tra i poveri resti senza nome,tutti sepolti sotto un’unica distesa d’erba.
Qui il bambino si fermò,osservò a lungo il prato.E forse ricordò…
Erik avvertì la presa della piccola mano farsi più intensa.
-Che cosa c’è Germaine?-
-Tu…non lo puoi sapere…-
-Cerchi qualcun altro?-
Il bambino non rispose,nascose il viso nel mantello di Erik e pianse.
Una pietà sconosciuta,una condivisione incontrollabile toccarono il cuore di Sindial.
Per un attimo rivide un bambino innocente,maltrattato,irriso,esibito come una bestia in gabbia in un circo itinerante.
Cosa avrebbe pagato per riprendersi quell’innocenza perduta…
-Cerchi tua…madre,vero?-
Germaine annuì.
-Torniamo a casa,ora…e,durante il cammino…parlami di lei - sillabò piano,quasi incredulo Sindial.



Il caffè nella tazzina di Ilia era finito.
-Dunque…voi ritenete possibile che Germaine sia…vostro nipote?- domandò il russo al suo ospite.
-Non ritengo…Oggi ne sono stato assolutamente convinto…-
-Ma…perché allora non vi siete fermato?...-Ilia non terminò la frase,scambiò uno sguardo sofferto con il suo interlocutore,tacque.
-E ‘ una storia così…struggente,monsieur…-soggiunse.
-Già…vedete i pezzi del puzzle combaciano tutti…ma quando vado a incastrarli tra loro…mi accorgo che il puzzle stesso,in fondo è una mia creazione mentale:non ho prove di quello che vedo coi miei occhi! …e questo mi blocca,mi impedisce di…Io non voglio scavare nel passato di quel bambino rimuovendo macerie e dolori…io vorrei solo…-
Tacque un attimo;nei suoi occhi passarono le immagini di una tragedia vissuta a distanza,il dolore aggravato dall’impotenza di evitare il male che si scatenava violento sui suoi affetti più cari.
-Io…. vorrei solo poterlo abbracciare…-
Ilia abbassò lo sguardo;provava un’istintiva simpatia per quell’uomo.
-Perché siete tornato da me,a parlarne?...-
-Perché con voi sono riuscito a trovare le parole…per chiarire anche a me stesso,quello che vorrei davvero…-
-Il mio principale…-
-Il vostro principale è diverso da voi…ho imparato a soppesare bene l’animo umano,sapete? Sindial è molto più vicino a quel bambino,di quanto possiamo esserlo voi o io…Ma è altrettanto distante dagli altri uomini…e forse ha le sue ragioni…-
-Credete che non avreste potuto parlare con lui,come ora parlate a me?-
-Non lo so…- rispose Montague. –Vedete,ci siamo fronteggiati da due lati di una barricata;tra di noi c’è reciproco rispetto,forse…ma…-
-…Volete che sia io,a parlargli,ancora?-
-…No…io…ho scritto una lettera,per lui:avrei potuto dargliela,stamane,ma..…Vorrei solo che gliela consegnaste,personalmente…-
Così dicendo trasse dal giustacuore una lettera sigillata e la consegnò al giovane interlocutore.
-La riceverà oggi stesso…- lo rassicurò prontamente Ilia.
-Grazie,monsieur Semonov…non voglio disturbarvi oltre…- disse ancora,congedandosi il giudice,dopo una stretta di mano intensa e schietta.
Ilia rimase qualche minuto con la missiva tra le mani,pensoso.
Poi si alzò e rientrò nella stanza da letto.Depose la lettera nella tasca interna della sua giacca,che era appoggiata alla sedia,sedette di nuovo allo scrittoio,intinse la penna nel calamaio e questa volta le parole ne sgorgarono come un fiume…


Come promesso,accettando l’invito del giorno prima,Alphonsine e Ilia restarono a pranzo a villa De La Revenge.
Dopo mangiato i due uomini si ritirarono,col permesso delle dame,a discutere nello studio.
Sinette ed Aurora passeggiarono insieme nel parco.
-Il tuo stato comincia appena a indovinarsi,Aurora…- disse Alphonsine – Ma nel complesso hai una forma invidiabile…-
-Grazie…finalmente stiamo passando un periodo sereno…- confermò l’altra.
-In ogni caso,l’altro giorno in modisteria ho sentito che esistono busti capaci di nascondere la gravidanza anche avanzata…destinati proprio a chi lavora nel mondo dello spettacolo,capisci?-
Ora erano sedute sull’erba,a osservare il placido silenzio del meriggio estivo.
-Non credo che potrei sopportarli…- commentò Aurora-Ma,come mai tanto interesse?- insinuò con una punta di malizia scherzosa.
-Oh..curiosità!- finse distrattamente la ballerina.
-Curiosità o…previdenza?-
Alphonsine si inalberò un po’:
-Previdenza?...l’unica previdenza possibile è non rimanerci affatto!...Certo,sono previdente-soggiunse poi,calmandosi -ma a modo mio!-
-Ma…non mi avevi detto che,con Ilia…-
Alphonsine sospirò:
-Si…è bello stare con lui…ma…Ecco,io non potrei mai isolarmi come te,autoescludermi dalla vita,rinunciare al successo,agli omaggi degli ammiratori…-
-Ma…-
-Non interrompermi…so quello che vuoi dirmi…Ma io sarò sempre così,sarò Sinette,che ha bisogno di amore,tenerezza,amicizia…e sarò Alphonsine Segnier,la prima donna…che cerca gratificazioni,applausi..-
-E …Ilia? Non merita di più,secondo te?-
Alphonsine scosse la testa,sorridendo:
-Non credere che lui sia tanto diverso da me…Anche Ilia ha due amori,anzi:ha un solo grande amore,per la vita,per il mondo,per quello che vive ogni giorno e vede vivere agli altri,per tutto ciò che può diventare racconto,nei suoi appunti…Tutti i suoi slanci,la sua generosità ,il suo entusiasmo vanno in quella direzione…Se avesse voluto una casa e una famiglia,sarebbe rimasto dov’era,dove sono le radici del suo cuore…-
Aurora abbassò la testa,pensosa:
-Forse hai ragione…-
Alphonsine ne guardò il bel profilo sognante,sorrise appena.
-Anche l’amore,per lui,è l’illustrazione di un romanzo…una donna irraggiungibile,da sognare,da rimpiangere…-
La pianista arrossì.Alphonsine soggiunse,con compiacimento:
-E poi invece ci sono le nostre schermaglie irripetibili,le risate,i battibecchi…e le notti appassionate…Io vorrei solo… che fosse sempre così…- concluse abbassando la testa,con un sospiro.
Aurora la guardò negli occhi:
-Credo che lo sarà…hai ragione tu,Alphonsine…in realtà vi somigliate troppo per non restare sempre vicini….e sono convinta che continuerete a fare grandi cose,insieme…-
Anche Alphonsine sollevò lo sguardo e sorrise,guardando lontano.
-Si…ci sosterremo a vicenda…e magari,invecchieremo insieme…- si lasciò sfuggire,anche lei per un momento sognando ad occhi aperti.


I due ospiti andarono via ed Erik si ritirò nello studio,per leggere la lettera che Ilia gli aveva consegnato.
Con un tagli netto,ne tranciò la busta con la lama affilata del suo tagliacarte,quindi l’aprì:
“Non è facile,monsieur Sindial,esternarvi quanto segue,ma proverò…
Le circostanze che ci hanno fatto incontrare.naturalmente non facilitano il mio racconto;eppure,quelle circostanze svelano che il gioco del destino finisce per essere sempre vincente,nei rapporti che si intrecciano tra gli uomini.
Vi sembrerà strano,ma la storia mia e della mia famiglia ha parzialmente qualcosa in comune con la vostra;in parte io so cosa significa essere discriminato,guardato dall’alto in basso,valutato per l’etichetta che vi hanno appiccicato e non per quello che valete.
Ho scelto di esser giudice proprio per avere la possibilità di valutare le persone al di là delle apparenze:e mi sono ritrovato a dover valutare proprio voi,che vi siete ritrovato ad essere il ‘padre adottivo’ di un bambino;e a sostenere in suo nome un’accusa infamante.
Come il vostro segretario vi riferirà,so bene che le cose tra voi e Germaine non stanno come,apparentemente,ho voluto credere che fossero.
Come giudice mi è bastata la testimonianza di un innocente,per chiudere l’inchiesta..
Ora però quello che mi interessa è conoscere meglio la storia di quel bambino,di Germaine.
Dalla fiducia che ha dichiarato davanti a tutti di nutrire nei vostri confronti,sono sicuro che voi potreste ricavare ..
Che cosa vi sto chiedendo,monsieur Sindial?io stesso non lo so.
Vorrei poter conoscere il nome della madre di quel bambino,sapere qualcosa di lei ;in realtà vorrei sapere tutto,ma non vorrei mai che il piccolo Germaine dovesse ancora soffrire …
Perché questo?...per un sospetto,che ad ogni passo sembra diventarmi certezza:io credo che Germaine sia figlio a mia sorella Fantine…ch’egli sia mio nipote,l’unico parente che mi rimanga…
So che da poco voi avete iniziato a costruirvi una famiglia,quindi conoscete quanto essa sia importante nella vita di un uomo.Di quello che rimaneva della mia,avevo perso finanche le tracce…persino la possibilità di piangere su una tomba:ora invece mi si schiude la possibilità di riabbracciare una parte viva e cara di essa.
Vi chiedo di aiutarmi,monsieur
In fede.
Jacques Montague”

-Ti disturbo?-
Erik sollevò gli occhi dalla lettera:sulla soglia era ferma Aurora.
-Entra…tu non disturbi mai…- le rispose galante prendendole la mano.
-Eri così assorto …-
-Si…ho ricevuto una lettera che vorrei leggessi…-
Così dicendo le passò il foglio:Aurora lo lesse,reggendolo tra due mani.
Intanto Erik si avvicinò alla cartella di cuoio rosso in cui conservava i documenti,sulla sua scrivania e ne trasse quello che sembrava la bozza di un ritratto.
Quando Aurora ebbe finito di leggere,si volse a guardarlo;lui allora le porse l’altro foglio.
-Che cosa è,questo?-
Era un volto di donna.
-E’ forse…?-
-E’ la madre di Germaine…lui me l’ha descritta e insieme abbiamo disegnato questo ritratto…-
Aurora osservò quel volto,in silenzio.
-Si chiamava Fantine…-aggiunse Erik.
-Oh…ma allora…-
-Si…forse quello che Montague pensa è vero…-
Aurora provò un brivido di commozione e si abbracciò a lui,intenerendolo:
-Amor mio…-
-E’ tutto così..così triste e bello assieme,Erik…-
-Cosa mi consigli di fare,mia piccola saggia sposa…-le chiese sollevandole il viso e baciandole una lacrima che scorreva lungo la gota.
-Intanto…rispondere a Montague,inviandogli le informazioni che hai e…il ritratto.Poi…-
-…poi Montague e Germaine debbono incontrarsi…-
-Non…non lo perderemo,vero?- chiese Aurora,anticipando forse un dubbio che aveva attraversato anche la mente di Erik.
L’uomo scosse la testa e la strinse forte,come a rassicurarla.



Ilia era intento a controllare una serie di documenti,nella piccola stanza che aveva adibito a studiolo avventizio in teatro,quando un’ ombra si disegnò davanti a lui;sollevò lo sguardo:
-Sindial!?!...-
-Ben trovato Ilia…-
-Non vi aspettavo…- disse il giovanotto,alzandosi.
Era passato poco più di un giorno o due,dal loro ultimo incontro e gli era sembrato che il suo principale avesse ben poco interesse a rientrare in città:era assetato di solitudine,pago del ritiro dorato della sua casa,con la sua sposa…
-Infatti…diciamo che non era mia intenzione rientrare così presto…- confermò l’uomo,guardandolo – anche perché sapevo che il teatro era in ottime mani…- concluse,ammiccando appena.
Ilia chinò il capo,contento di quell’inatteso riconoscimento,inatteso perché così esplicito.
-Accomodatevi,prego…- disse,imbarazzato.
Erik sedette,poggiando il bastone di lato allo scrittoio e scrutando ironico il suo segretario.
-Che sciocco…- soggiunse quello – voi siete a casa vostra…-
Il proprietario dell’Opera sogghignò,scuotendo la testa.
-La mia casa,ora,è un’altra…anzi…solo ora posso dire di possederne una!..Ma perché siete rintanato in questa specie di sgabuzzino,quando avete a disposizione lo studio,di sopra..?-
Ilia non rispose.Si schiarì eloquentemente la voce,sorridendogli.
-Bene…ora che ci siamo scambiati i convenevoli – tagliò allora corto Erik,tornando serio – Ho un incarico da affidarvi…-
Il Russo pensò che finalmente si tornava alle vecchie care abitudini…
-Di cosa si tratta?-
-Credo possiate intuirlo:ho qui una lettera che dovrete personalmente consegnare al giudice Montague…-
La busta non era sigillata;col gesto Erik fece intendere al suo collaboratore che avrebbe dovuto leggerla.
-Si…-
-Resterete con lui, …e in base alla reazione che ne avrà,Ilia,agirete di conseguenza…-
Il giovane russo aggrottò un po’ la fronte,pensoso:era un incarico di responsabilità,anche più del solito.
-Capisco…ne avete già parlato con Germain?-
-Cenni.Una volta che avrete preso la vostra decisione,verrete a prendere il bambino –se lo riterrete opportuno- e con la diplomazia e la sensibilità di cui siete dotato,provvederete…-
Ilia avvertì una leggera sfumatura di rimpianto nella voce di Sindial;sollevò il viso verso di lui e lo rassicurò:
-In ogni caso,è da voi che tornerà…Siete suo padre!-
Erik abbassò la testa;una ruga gli solcò la fronte,ed egli soggiunse semplicemente:
-Ho piena fiducia che tutto sia fatto bene e al più presto…-
Poi inspirò,alzandosi con uno slancio nervosamente energico e si guardò intorno:
-Intanto…io darò un’occhiata a quelle carte che stavate esaminando e provvederò al teatro!-
Ilia stava per indossare il soprabito e uscire,quando sulla porta si fermò a domandare:
-E…anche madame Aurora è al corrente della vostra decisione?-
Erik aveva raccolto le carte e lo precedeva nel corridoio:
-Naturalmente…E’ una decisione che abbiamo preso insieme…-rispose,seccamente.
Il giovane sospirò,si ravviò i capelli frettolosamente e uscì.

Aurora e Alphonsine camminavano insieme lungo il boulevard d’Auteuil,osservando le vetrine;a un tratto la ballerina riconobbe la sagoma familiare di Ilia,incrociare la sua strada con la loro.
-Hey….signor segretario?- lo apostrofò –dove corri così compito e serio?-
Il giovanotto sollevò lo sguardo,sorrise del fortuito incontro,quindi scambiò un’occhiata furtiva con Aurora.
-Ho qualcosa da fare…-
Sinette commentò:
-Quando assume questo fare circospetto,Aurora cara,vuol dire che sta lavorando per il tuo illustre marito…-ma la risata le si attenuò,mentre guardava ora l’uno ora l’altra,che intanto aveva abbassato la testa,sfuggente.
-…E tu certamente ne sarai informata più di me…- soggiunse,con una punta di dispetto nella voce;quindi finse di interessarsi a una esposizione di quadretti floreali e volse loro le spalle.
-Se siete al corrente della mia ‘ commissione’.Aurora…approfitterei per.ehm - Ilia si schiarì la voce – per rassicurarvi,come già ho fatto con Sindial…-
-Grazie Ilia…siete sensibile ,premuroso…Ma fate la cosa che riterrete più giusta…-
-Si…Sinette?-
Alphonsine lo guardò con aria distratta.
-Ci si vede,Ilia …- lo congedò,rammaricandosi di lì a poco di essere stata troppo dura.
Il giovane si limitò a scuotere il capo,deluso e spazientito insieme,quindi proseguì verso place Vendome,senza voltarsi indietro.


Le due giovani donne rientrarono nel pomeriggio in teatro,coi loro acquisti.
Consegnata ai commessi la pila di pacchi e pacchettini,salirono insieme le scale verso l’ala abitabile e pensarono di trattenersi nel gymnasium,dal momento che dallo studio di Erik,in fondo,si levava un sommesso discutere.
Entrando,si accorsero che probabilmente Sindial era stato lì,a lavorare.
Sul piano alcuni spartiti sparsi senza un preciso ordine.
Alphonsine ne sollevò uno e lesse l’intestazione: ‘Amour e Psiche’
-Di cosa si tratta?- domandò ad Aurora. –naturalmente se mi è lecito saperlo…-soggiunse con una punta di facile ironia.
La pianista finse di non accorgersene;era chiaro che ad Alphonsine pesava quella palpabile esclusione dai segreti che legavano invece Sindial,lei ed Ilia Semonov;in parte le dava ragione.
Ma non spettava a lei decidere di metterla al corrente di tutto…
- E’ un balletto…- rispose invece,con entusiasmo.
E sedendosi al piano ne accennò l’overtoure.
-Conosci il mito?-
Alphonsine si fece attenta alla musica.
-Mi pare….-
Aurora,continuando a suonare,glielo riassunse brevemente.
-La musica è splendida…- commentò la ballerina,poi sospirò.
-Che cos’hai?- le chiese l’amica.
-Sindial deve aver pensato a te…nel comporla…-
-Bè…quando ha cominciato io ero ..-
Sinette la interruppe:
-Tu saresti perfetta per quella parte!-
-Io?...- Aurora rise.
Poi si rese conto che l’amica non stava scherzando e ribattè:
-Se vuoi conoscere la mia opinione,invece TU saresti perfetta…tu saresti perfetta per qualsiasi parte,Alphonsine…-
-Non dire sciocchezze…al massimo potrei fare il ruolo di Venere…Psiche è una bellezza eterea,quasi ehm..- la ballerina si fermò a cercare la parola giusta.
-Metafisica?- disse una voce maschile alle loro spalle.
-Erik!- esclamò Aurora.
Il nuovo venuto carezzò delicatamente il viso della moglie,poi riprese a interloquire:
-Avete ragione,madamoiselle Segnier…Psiche è una bellezza incorporea…-
Alphonsine abbassò il capo,con malcelato disappunto.
Nel dir così l’uomo iniziò a raccogliere i suoi spartiti,ma qualcuno ne richiamò l’attenzione fuori:
-Permettete…- disse allontanandosi.
-Intende metterlo in scena presto?- domandò ancora la ballerina,con un’espressione imbronciata sul viso.
-Credo ad apertura della prossima stagione…ma se volessi ascoltarmi… .-tentò di insistere Aurora.
-Un ruolo del genere è per te…o per una come Dolphine,al massimo,con quel suo corpo filiforme… -
-Alphonsine! Ma perché non vuoi accettare che è la danza che ti incarna nel personaggio?io so come sai trasformarti…-
-Il personaggio di Anitra mi calzava a pennello,Aurora…- proseguì ostinata Sinette. –Mi toccherà stare a guardare,mentre qualche giovane promessa della scuola ai provini si dimostrerà perfetta…-
-Una giovane promessa non s’improvvisa etoile da un momento all’altro!- contestò la pianista. –Tu sei la migliore ballerina di Francia,Alphonsine…tu devi dimostrare a Sindial che quella parte è tua!-
- Mia moglie non ha torto,madamoiselle Segnier…- Erik era nuovamente rientrato,facendole sussultare. –Accettate la sfida…mostratemi che potete essere voi,Psiche!-
Ripresasi dallo spavento,Alphonsine stava per rispondere,tirandosi indietro.
Poi però la parola sfida la eccitò:guardò alternativamente l’amica e l’enigmatico volto dell’impresario,che la fissava provocatorio.
-Ebbene…ne riparleremo ai provini,monsieur Sindial!- rispose fiera.
Erik non commentò,ma –considerato chiuso l’argomento- si rivolse ad Aurora:
-Vogliamo rientrare a casa?-
Lei si schiarì la voce,domandò:
-Con Ilia?...tutto risolto?-
-Si…-fu la laconica risposta dell’uomo.
-Ritorniamo,allora…tu,Alphonsine? Resti in teatro?-
La ballerina stava ancora pensando allo scambio di battute precedenti;avrebbe voluto parlarne con un amico,con il suo amico…Rielaborò allora quello che si erano detti tra loro Sindial ed Aurora e pensò che Ilia doveva essere a casa sua…
-Andate pure…si,io debbo riordinare un po’ gli acquisti fatti…- mentì.
Attese infatti che la coppia si allontanasse,per cambiarsi d’abito e precipitarsi al Quartiere Latino.


Quando Alphonsine bussò alla sua porta,Ilia stava guardando un volto sbiadito ritratto in una piccola cornice che aveva a muro:era sua madre.
Sospirò,alzandosi lentamente dalla poltrona,riponendo il quadretto al suo posto e,finalmente,andando ad aprire.
-Oh…la nostra primadonna… -disse accogliendo la nuova venuta,senza particolare entusiasmo. –Entra,accomodati…-
-Mi tieni il broncio,Ilia?- gli domandò lei,civettuola.
-Diciamo che ho rinunciato anche a questo…- rispose lui,con una punta di amarezza.
Lei finse di non coglierla:aveva troppa premura di parlargli del colloquio avuto con Sindial ed Aurora;voleva conoscere il suo parere,voleva conferme da lui.
Parlò quindi a ruota libera,raccontando quello che era successo ed esponendo quello che intendeva fare:
-Ad ottobre se riuscirò,sarò anche dimagrita…e ho pensato già a delle coreografie possibili…Ma,Ilia,tu non mi ascolti affatto!- concluse,rimproverandolo.
Effettivamente il giovanotto era rimasto ad ascoltarla un po’ distratto.
-…Che cosa ti aspetti che ti dica? Brava?-
Lei lo guardò,con una espressione di rimprovero nello sguardo,sospirando:
-Ti metto a parte dei miei pensieri,delle cose a cui tengo…cosa che tu non sempre fai…-
Questa volta lui ammise,lasciandosi sfuggire un sorriso imbarazzato,che anche Alphonsine aveva ragione:le aprì le braccia,la strinse:
-Lo sai bene che ai miei occhi,fin dal primo momento,tu sei stata la sola ‘primadonna’:sono contento che tu abbia accettato la sfida di Sindial…e so per certo che la vincerai,Sinette….-
Le diede quindi un bacio leggero sulle labbra,le chiese:
-Resta accanto a me,mentre scrivo ancora un capitolo del mio romanzo…Non ci metterò molto!-
Lei lo guardò negli occhi,annuì con un sorriso.
-A patto che questa volta tu mi legga quello che hai scritto…-
Il giovane fece lentamente di sì,col capo,accettando.

“Revenge – Il riscatto.

Ogni volta che concludo un capitolo,penso sia l’ultimo di questa storia;invece la mano del destino sembra divertirsi a precedermi,a versare sempre nuovo inchiostro sulle pagine bianche della vita.
Non può non chiamarsi Destino quello che ha intrecciato così abilmente i fili dell’esistenza di Sindial con quelli di Germain De La Revenge,il figlio del silenzio che viveva ai margini dell’umano,nel cimitero di *****.
Quel bambino,attraverso il protagonista di questo mio romanzo,ha ritrovato se stesso,la voce che aveva perso,la casa;ha incontrato un padre…
Ma a quanto pare sempre il Destino aveva in serbo ancora una sorpresa.
Germaine non ritroverà più sua madre,ma almeno ci sarà qualcuno che potrà aiutarlo a coltivarne la memoria.
E tutto è accaduto in maniera fortuita,casuale.
Per una coincidenza straordinaria l’uomo che avrebbe potuto distruggere il sogno di Sindial di rifarsi una vita attraverso un nome e una identità legale,il delegato Montague,svestiti i panni di giudice ha rivelato essere invece il protagonista di un passato sofferto,anch’egli uno sradicato a cui la vita aveva strappato tutti gli affetti,ma non la fame d’amore,non la sete di tenerezza:e sono state questa fame e questa sete che gli hanno permesso di riconoscere da un’espressione del volto,da uno sguardo amorevole,in Germaine,il figlio della sorella Fantine,trucidata durante la settimana di sangue del maggio 1871…Un nipote di cui ignorava persino l’esistenza.
Egli,dopo l’increscioso faccia a faccia con madame Jardin,si rivolse a me perché in qualche modo intercedessi presso Sindial,affinchè gli permettesse di avvicinarsi al piccolo orfano.
Temetti invero che il mio principale,spesso ostile verso il mondo esterno,credendo di proteggerne Germaine ,lo avrebbe escluso da ulteriori contatti con esso.
Sindial invece mi meravigliò,come spesso,come sempre.
Ebbe gran rispetto verso la legittima aspirazione del bambino a recuperare i veri legami familiari che la vita sembrava avergli negato;egli stesso fornì la prova che le supposizioni di Montague circa l’origine di Germaine erano giuste,realizzando un ritratto di Fantine,sua madre.
Quindi affidò a me un biglietto e quel ritratto:avrei dovuto consegnarlo a Montague e studiarne la reazione…quindi decidere.
Avvertivo chiaramente nel forzato distacco di Sindial la segreta paura di perdere quel bambino che aveva saputo insegnargli a essere padre;e immaginai che anche Aurora intimamente provasse pena all’idea di staccarsi dall’orfano che tanto le evocava l’infanzia calpestata dell’uomo che amava.
Ma entrambi furono stoici,attesero che tutto si compisse.
Mi recai dunque da Montague e gli consegnai la lettera.
L’uomo la scorse in fretta:poche righe essenziali,vergate da Sindial.
Quindi aprì il foglio che conteneva il ritratto:lo osservò intensamente solo un attimo,poi iniziò a piangere,un pianto dirotto,irrefrenabile;un pianto senza parole.
Non fu necessario altro.
Come d’accordo,mi prodigai perché a questo punto Montague e Germaine si incontrassero.
Ciò accadde proprio a Villa De La Revenge.
Li vidi scambiare poche parole,poi,quasi timidamente,li vidi cercare il reciproco abbraccio…In quell’abbraccio,in quel calore,per un momento mi sembrò di vedere materializzato un sorriso muliebre:da qualche parte una madre riposava finalmente serena,perché le persone che amava si erano finalmente ritrovate…”
Ilia interruppe la sua lettura ad alta voce:Sinette era commossa e turbata.
Stesa accanto a lui,sul letto,si abbracciò alla sua schiena,posò il capo sulla sua spalla e gli sfiorò piano la guancia con un bacio riconoscente.Allora il giovane chiuse il taccuino dei suoi appunti e le ricambiò l’abbraccio,tralasciando di leggerle gli ultimi righi.

“Sindial e Aurora preferirono non assistere a questo incontro.
Ma Montague mi fece promettere che li avrei rassicurati:Germaine li considerava la sua nuova famiglia,e sempre sarebbe stato parte di loro.
Così il cerchio si era chiuso.
Quell’oscuro presagio inscritto nel nome Revenge mi apparve finalmente chiaro:la parabola di Sindial,da reietto a fantasma a uomo si compiva.
La ‘rivincita’ altro non era che il suo definitivo ‘riscatto’…”


Erik ed Aurora erano rientrati alla villa;benché confortati dalle rassicurazioni di Ilia,ciascuno nutriva una punta di malinconia all’idea che per qualche tempo Germaine non avrebbe animato la casa con quella esuberanza infantile a cui si erano abituati.
Non ne parlarono,ma quella assenza per entrambi fu difficile da superare.
Aurora spalancò gli occhi nel cuore della notte.
Un buio opprimente la circondava,un buio che conosceva bene:una prigione di tenebre che le ottundeva il contatto col mondo…
Allungò la mano accanto a sé,ma Erik non era al suo fianco.
Rabbrividì,tentò di scuotersi,tentò di scendere dal letto e raggiungerlo:forse era intento a comporre…forse..
Si agitò;la terribile sensazione di cadere nel vuoto aumentò quel senso di umore freddo sulla schiena;tremò,si mosse convulsamente…
-Erik…-
Finalmente si svegliò.
Aprì gli occhi:era buio,ma non si trattava della cappa opprimente della sua cecità.
Era il buio della notte,entro il quale poco a poco cominciò a riconoscere le ombre delle cose.
-Erik!-
La giovane donna si rese conto che davvero lo sposo non era al suo fianco.
Si alzò dal letto e andò a cercarlo.
Nella luce irreale e impalpabile del lume a gas appoggiato sul piano,Erik aveva appena finito di annotare sul pentagramma un breve movimento musicale :riassumeva la vicenda di un bambino condannato dal destino a una dannazione e a un riscatto più grandi di lui,sulle barricate di una Parigi insanguinata dalla guerra civile,la Parigi protagonista della sua nuova opera.
In quella creatura musicale aveva proiettato una piccola parte di sé,ma anche molto di Germaine.
Si era ora fermato a riflettere,a mettere a confronto la sua infanzia negata e quella del piccolo orfano.
E si domandò che cosa il destino avesse voluto fare,incrociando le loro esistenze.
Forse la strana parabola della vita,dopo l’amicizia,dopo avergli insegnato ad amare una donna,ora gli aveva indicato un altro tipo d’amore,preparandolo al futuro,alla paternità.
Dimostrandogli che adesso si,era un uomo in grado di affrontare tutte le sfaccettature dei sentimenti umani…
Gli risultava difficile crederlo.
Il destino aveva sempre giocato con lui come il gatto col topo;il destino o Dio…
Gli era sembrato di poter toccare la felicità,raggiungerla,afferrarla…ma si era trattato di un inganno,pensò deluso ricordando il passato.
In quel momento una sagoma bianca si materializzò nell’oscurità.
-Erik?...-
Aurora gli andò incontro,chiamandolo per nome.
Sindial sospirò,scuotendo la testa,rimproverandosi.
Come poteva credere a un inganno? La felicità era vera,palpabile:era davanti a lui…
Era la sua sposa,la sua bambina adorata…la madre del suo bambino…
-Anima mia…non dormi?- le domandò,aprendole le braccia.
-Ho…ho avuto un incubo…- gli rispose,rintanandosi nel suo abbraccio.
E mentre lui la stringeva consolandola,gli raccontò la terribile sensazione provata nel buio.
-Non …non lasciarmi mai più da sola al buio,Erik…ti prego…-
-Perdonami…in genere c’è la luce della brace nel camino…o la luna…Stanotte non ci ho fatto caso:ho preso il lume sapendoti addormentata…-
-Ricordati di lasciare sempre una luce…-gli raccomandò,ma già tra le sue braccia quella strana paura era passata.
Lui richiuse il piano,impugnò il lume e presala per mano,rientrò con lei a letto.
Si stese al suo fianco,stringendosela sul petto,entrambi appoggiati alla testiera:il buio diradava,le stelle sbiadivano piano…
-Va meglio,ora?- le domandò,carezzandole piano il piccolo grembo pregno.
Aurora sorrise,rasserenata.
Poi propose:
-Forse…dovremmo parlare un po’…di lui-
Erik inspirò profondamente,senza ribattere,ma stringendola rassicurante.
-O… di lei…- proseguì Aurora.-Tu cosa …preferiresti? – gli domandò,un po’ imbarazzata.
Le rispose con un riso sommesso,a labbra socchiuse,dolce,intrigante,eloquente.
Non aveva preferenze…tutto era già perfetto,così perfetto da sembrare incredibile.
Le carezzò il viso,baciandole piano le labbra.
Ma di nuovo un brivido gli attraversò il cuore:forse era lì,l’inganno del destino? Sarebbe ricaduto sul piccolo innocente che Aurora cresceva dentro di sé?
Scacciò via questa insana paura…
Aurora non meritava una pena simile,nemmeno il destino più crudele avrebbe potuto infliggergliela!
-A cosa pensi?- gli domandò lei,avvertendo il suo turbamento.
Lui respinse ogni pensiero cattivo,mostrandosi di nuovo sereno:
-A nulla…-
-Forse stai pensando a un nome?Se fosse maschio io…lo chiamerei …- la giovane donna si interruppe,mordendosi le labbra,in un gesto aggraziato e infantile di cui Erik subì la seduzione,dimenticando definitivamente ogni altra cosa.
-Perché ti sei interrotta?- la incoraggiò con un sorriso adorante.- Va avanti…-
-Mi piacerebbe chiamarlo…Donatien…-e sorrise,arrossendo.
Per lei quel bambino era un dono,un dono inatteso del Cielo.
Lui si ripetè il nome a mente e sorrise:
-E’ un bel nome…- ammise.
-E se fosse femmina?...come la chiameresti?- gli domandò lei,un po’ trepida.
Temeva che Erik facesse qualche nome legato al passato…
Egli appoggiò la testa alla spalliera,socchiuse gli occhi riflettendoci un attimo,poi rispose:
-Aimeè…-
Aurora non disse nulla,non commentò:si limitò ad abbracciarsi più stretta al suo torace forte,grata e innamorata.

L’estate trascorse dolce e serena a villa De La Revenge;poi,in autunno l’Opera avrebbe riaperto i battenti e sarebbero iniziate le prove di “Amore e Psiche”,il balletto che ne avrebbe inaugurato la nuova stagione artistica.
Il grembo di Aurora ora era sensibilmente più cresciuto,benché gli abiti cuciti apposta con assennato buon gusto non evidenziassero più di tanto la sua condizione di attesa:conservava la grazia innata del passo e dei gesti e nel complesso il suo aspetto –a parte un’ indefinibile sensazione di composta bellezza che emanava da tutto il suo essere –non era cambiato molto.
Col passare dei giorni Erik era riuscito a sottrarsi ai pensieri cattivi che covavano istintivamente nel suo cuore:la vita accanto alla donna che amava scorreva perfetta,nella condivisione delle comuni passioni.
Aurora gli era vicina sempre;spesso,spazientito dalle piccole noie legate alla gestione amministrativa del teatro,sollevava lo sguardo e lei era là,pronta a schiudergli il suo sorriso.Ed era quella la misura della felicità.
Nelle ultime settimane di settembre iniziarono i provini,a partire dalla protagonista Psiche.
C’era molta attesa e tensione nell’aria.
Nel suo camerino Alphonsine camminava ansiosa avanti e indietro,ripetendo i passi e contando i minuti.
Non aveva voluto parlare con nessuno,nemmeno con Aurora,della coreografia che aveva pensato di eseguire;anzi aveva formalmente chiesto all’amica di non presenziare al suo provino;e aveva respinto persino Ilia,quando timidamente aveva bussato alla sua porta per darle l’’in bocca al lupo’ di rito.
-Non mi fai entrare,Sinette?-
-No…- gli aveva risposto,con poca voce.
Sapeva che anche Ilia segretamente dubitava delle sue reali possibilità di acquisire il ruolo di protagonista:ebbene,avrebbe dimostrato anche a lui di cosa poteva essere capace…
Ecco…era venuto il suo turno.
Respirò profondamente,guardò sulla toeletta un ritratto sorridente di Philippe che sembrava ammiccarle incoraggiandola;ricambiò il sorriso e finalmente uscì verso il palco.
La scena era quella drammatica dell’agnizione:Psiche –aizzata dalle sorelle invidiose- non rispetta la proibizione di vedere il volto dell’uomo che giace con lei tutte le notti;si arma di una freccia dello strale dello sposo ignoto,scopre piano una lucerna che teneva nascosta sotto una coperta,avanza per scoprire l’inganno e colpire il ‘mostro seduttore’….
…ma?Che accade? Egli non è un mostro…è una creatura splendida,è il volto dell’Amore stesso…
Incantata la fanciulla resta a guardarlo,la mano si poggia inavvedutamente sulla punta della freccia:Psiche s’innamora di Amore…e non si accorge che dalla lucerna reclinata una goccia d’olio bollente sta scivolando sulla carne dell’ignaro dormiente.
Egli si desta irritato e- scoperta la colpa della sposa –la respinge,sdegnato.
La sua spinta violenta sorprende la giovane …
Alphonsine comparve sulla scena:indossava una veste leggera,che le scivolava sul corpo senza evidenziarne le forme prorompenti.
I capelli erano raccolti con disinvolta trascuratezza in una coda che le scivolava dalla spalla destra sul seno.
Non impugnava nessun oggetto;solo il gesto ne lasciava intuire la presenza.
E l’espressione del volto…
Muovendosi leggera nella penombra del talamo,Alphonsine –Psiche aveva negli occhi e nel viso la medesima insana curiosità che aveva a suo tempo animato la ballerina,in quei primi giorni all’Opera,quando aveva cercato di conoscere il misterioso Sindial…
Eppure quella creatura che si muoveva leggera sul palco,non era Alphonsine;nei suoi passi c’era insieme alla curiosità,il dubbio,l’esitazione.
Il buio la rendeva trepida,fragile…incerta.E poi di nuovo l’urgenza di sapere la animava…
Ilia dalla platea sollevò lo sguardo verso Erik,che osservava i provini dal suo palco:si scambiarono una occhiata breve e intensa,entrambi toccati dalla medesima suggestione…Alphonsine aveva saputo evocare la vera ispiratrice di quel balletto,incarnandola e trasfigurandosi:Psiche si era rivelata come Aurora…
Eccola:ha scoperto l’amore …e rimane estasiata ,estraniata da ogni altra cosa…
Ilia si alzò in piedi e battè le mani,d’istinto.
Poi guardò di nuovo verso Erik,imbarazzato.
L’impresario col gesto invitò la ballerina a concludere la sua performance,fino all’ultimo passo,fino al momento in cui –respinta- Psiche incredula sente Amore fuggire via…Per un attimo Erik rivisse la scena del campo…
A conclusione della sua esibizione,Alphonsine si inchinò sbirciando verso l’alto.
Che cosa avrebbe detto Sindial?
Anche il proprietario del teatro e la ballerina si scambiarono un lungo sguardo silenzioso,
Poi finalmente egli parlò:
-Mille grazie,madamoiselle Segnier,ci avete gratificato con una prova impeccabile…è chiaro che l’assegnazione del ruolo di Psiche è un problema risolto… -la sua voce aveva tradito impercettibilmente,ma quanto basta,la gratitudine per quella grandiosa prova di Alphonsine.
Poi tornò al suo solito tono imperativo:
-Ora passiamo agli altri ruoli…!-

Aurora –rispettando la volontà di Alphonsine e per non cedere alla curiosità – era sopraggiunta in carrozza più tardi.
Ora si apprestava a salire le scale del teatro,quando una presenza virile le si affiancò,apostrofandola:
-Permettete madame Sindial?-
Si volse:era il giudice Montague,che le offriva il suo braccio.
-Oh…monsieur delegato…- lo salutò con un sorriso vagamente interrogativo e accettò il suo sostegno. -Siete già rientrato da Haiti?- gli domandò poi,non osando tuttavia chiedere notizie dirette di Germaine.
-Siamo sbarcati l’altro ieri…-rispose lui,con un sorriso.
-…Tutto bene?-
L’uomo annuì,serio,ma rassicurante.
-Credete che monsieur Sindial potrà ricevermi per qualche minuto?- domandò poi a sua volta.
Aurora respirò,leggermente in sopraffiato;non era la salita,ad agitarla,ma l’ansia di sapere quale motivo portava Montague là…
-Siete stanca? Andiamo a sedere nel foyer…?-
-No…va tutto bene:troveremo mio marito nel suo palco,credo…-

Alphonsine poteva avvertire i battiti del suo cuore: le sembrava impazzito al punto che se non lo avesse trattenuto sarebbe sbalzato fuori.Riuscì ad uscire di scena mantenendo il dignitoso contegno della professionista,ma appena dietro le quinte un sospiro simile a un singhiozzo carico d’emozione e gioia,le sfuggì dalle labbra,finalmente.
Ora non vedeva l’ora di godersi,nel segreto della sua intimità,quel momento di trionfo:era riuscita con le sue sole forze ad ottenere il ruolo di protagonista…Ce l’aveva fatta:era davvero l’etoile dell’Opera,la migliore ballerina di Parigi…nessuno avrebbe potuto più negarlo…
Le apparve per un attimo la sagoma sprezzante del padre,le tornò alla mente il sorriso orgoglioso di suo fratello:quell’uomo arido non avrebbe potuto scalfire la sua felicità,mai più…
Mentre pensava queste cose,sopravvenne Ilia.
-Alphonsine!-
Prima che lei potesse dire nulla,l’aveva afferrata tra le braccia e baciata con un trasporto irrefrenabile.Un bacio lungo,intenso,uno scambio di anime come non era mai accaduto tra loro…
Finalmente si staccarono,lui prese fiato:
-Sei…sei stata bravissima…- le disse.
Lei lo guardò negli occhi,accennando un sorriso.
-Grazie…-
Ma la magia tra loro era già finita:era durata l’attimo che entrambi -gettandosi ogni altra cosa alle spalle- erano riusciti a congiungere lo spirito più profondo che albergava nel loro cuore.
Poi il sospetto che Ilia la baciasse così per la somiglianza con Aurora,il dubbio che lei avesse ballato così solo per ottenere il riconoscimento di Sindial,insinuandosi nella mente reciproca,li separò di nuovo,ricollocandoli su questa terra.

Erik e Montague si strinsero la mano seri,quindi si appartarono lasciando Aurora nel palco a domandarsi che cosa mai stessero decidendo.
I provini intanto procedevano:la pianista annotava su un taccuino le prestazioni che riteneva migliori,non osando decidere per lui,benché questi le avesse dato carta bianca.
Finalmente la porta del palco si riaprì e Sindial la chiamò:
-Aurora,monsieur Montague si congeda…-
Con l’accenno di un baciamano,il delegato si inchinò a salutare la donna:
-A presto,madame…-
Quindi si allontanò di buon passo verso le scale.
Aurora cercò lo sguardo di Erik:l’ansia di sapere era ormai insopprimibile.
L’uomo le carezzò il viso,rassicurandola:
- Torna nel pomeriggio…-

Cigolando sulle ruote pesanti la carrozza di Montague attraversò il viale di villa De La Revenge,fermandosi con un leggero stridore.
La portiera si aprì,con uno scatto.Ne smontò Germaine,seguito dallo zio.
Era un Germaine diverso:cresciuto,consapevole,sicuro.
Sindial e Montague avevano discusso del suo futuro,a lungo;formalmente quel bambino era figlio adottivo di Erik,ma naturalmente suo zio,che lo aveva tenuto con sé in quei mesi e –anche visitando i luoghi natii- gli aveva restituito la consapevolezza di sé e delle proprie radici,aveva diritto a condividere le decisioni che lo riguardavano.Sarebbe entrato in una scuola prestigiosa,in autunno;e avrebbe gettato le basi per un avvenire solido e soddisfacente.
Ma…quale sarebbe stata la sua famiglia?dove la sua casa?
Questa decisione poteva spettare solo al bambino.
Ecco perché Aurora seguiva trepidante il suo sguardo,ora che lo volgeva intorno osservando e riconoscendo ogni piccolo angolo del parco.
Quindi quello sguardo incontrò gli occhi di Aurora e,un momento dopo,quelli di Erik.
Germaine sorrise.
Guardò lo zio,che chinò il capo,approvando;quindi corse verso i genitori che lui stesso aveva adottato.
Era cambiato,ma i suoi sentimenti erano rimasti gli stessi.
Aprì le braccia e corse loro incontro;i tre si strinsero tra loro,amorevolmente.


Il tempo scorreva veloce:la sera della prima rappresentazione di ‘Amore e Psiche’ era prossima,ormai;nelle ultime settimane Erik era stato completamente preso dai lavori di allestimento dello spettacolo,mentre Aurora rimaneva più spesso nella villa,a riposo.
La giovane donna aveva però promesso a Germaine -in licenza dalla scuola- che lo avrebbe accompagnato a Notre Dame,per la celebrazione di Ognissanti:in quei giorni la città era in festa e le campane di tutte le chiese sembravano rincorrersi di rintocco in rintocco.
-…e lui? Non verrà con noi?- le domandò il bambino quella mattina,alludendo ad Erik la cui immagine si rifletteva nello specchio mentre finiva di appuntarsi la cravatta.
Aurora guardò Sindial con una inespressa speranza,poi chinò lo sguardo:
-No…Erik ha…ha molte cose da fare,a teatro…- rispose,sbrigativamente.
La giovane donna,aiutata poi da Beatrice,montò in carrozza;Germaine le si affiancò.
Sebbenel’aria di novembre cominciasse ad essere pungente,il cielo era terso e per questo avevano preferito un landò scoperto,da cui poter guardare le vie decorate a festa e la gente che si recava alla messa solenne.
La carrozza procedeva piano,evitando sbalzi eccessivi;tuttavia,improvvisamente,Aurora ebbe un sussulto;anche Germaine se ne accorse e le domandò:
-Che succede?-
-Il bambino…- gli rispose lei,sorridendo –Ogni tanto si muove,scalcia…-
-Posso…posso sentire?- le domandò lui e senza sapersi trattenere,appoggiò delicatamente la mano sul grembo della donna.
Di nuovo la piccola vita si manifestò.
Germaine arretrò,sorpreso e meravigliato.
-Oh!...- guardò Aurora un po’ divertito,un po’ incerto –Mi ha dato un calcio?!?-
Anche la donna sorrise.
- Maman Aurora…-la richiamò lui,facendosi serio- Ma,lui per me… cosa sarà?-
La donna lo guardò serena negli occhi:
-Tuo fratello…o..tua sorella…-
Germaine arricciò un po’ il nasino.Era incredulo.
-Ma..io…- tentò di protestare .
-…e siccome tu sarai più grande,spero proprio che vorrai prendertene cura…-
Il bambino rimase un attimo a riflettere;si sentì orgoglioso di quell’incarico inatteso e rizzò fiero il busto accanto ad Aurora.
La carrozza intanto stridendo sulle ruote si era fermata:erano davanti alla cattedrale.
Germaine aiutò e sostenne a modo suo Aurora,insieme al vetturino.
Quindi i due entrarono nel tempio dedicato alla Vergine protettrice di Parigi,dove la statua argentea sembrò accoglierli con un sorriso…
Dopo la funzione,Germaine insistè perché andassero anche a teatro.
-Ti prego maman Aurora…Solo pochi minuti…-
Così Aurora lo condusse dall’entrata degli artisti dietro le quinte mentre l’orchestra provava e le ballerine si muovevano leggere sul palcoscenico;col cenno del dito gli raccomandò di fare silenzio e insieme sbirciarono le prove,di nascosto..
Poi come due monelli,un attimo prima che potessero essere scoperti,scapparono in punta di piedi verso l’uscita,dove li attendeva la carrozza;e dove scoppiarono in una risata complice,credendo di essere in salvo.
Ma avevano fatto male i loro calcoli.
-Aurora!-
Il richiamo imperioso della voce inconfondibile di Sindial li bloccò.
-Erik…- rispose lei con un filo di voce,sapendo di essere stata colta in castagna.
Aveva un leggero sopraffiato e si appoggiava alla maniglia dello sportello.
Sul volto di Sindial una espressione eloquente di rimprovero.
-Germaine voleva tanto vedere il teatro…- si giustificò lei.
-E’ vero:sono stato io!- la difese il bimbo.
L’uomo guardò tutti e due,senza parlare,ma con evidente disappunto;quindi col gesto del capo li invitò a tornare sui propri passi.
Il foyer era vuoto.Aurora sedette a un tavolino,riprendendo fiato piano piano.
-Germaine…va’ a chiamare il commesso,che porti qualcosa da bere…-
-Si ,subito…- il bambino scattò agli ordini,anche per farsi perdonare al più presto la marachella.
Rimasto solo con la giovane moglie,Erik scosse la testa e sedette accanto a lei,prendendole le mani:
-Come va?...ti senti meglio?-
-Si…non preoccuparti…-
-Non commettere imprudenze,Aurora…il tuo medico se ne è raccomandato specificamente…-
-Ma non è stata un’imprudenza entrare qui di nascosto e sbirciare le prove,Erik…magari sono solo un po’ stanca per la corsa…-
Lui le carezzò il viso e lei appoggiò la guancia al suo palmo,teneramente.
-Ti riaccompagnerò io alla villa…-
-Non voglio distoglierti…-
-Shhh…-le intimò con dolce determinazione.
E si chinò a sfiorarle le labbra con un bacio,che presto si prolungò nel reciproco abbandono.
Germaine ritornava con un vassoio e dell’acqua,ma si arrestò sorprendendoli in quella posa da innamorati e arretrò,defilandosi,per non disturbarli.


Finalmente venne la sera della prima.
Aurora si osservava allo specchio,non del tutto convinta.
Indossava un abito color seppia,con una modesta scollatura che le scopriva solo il collo e le spalle;benché il vestito celasse,ammorbidendole sotto il delicato panneggio,le sue forme trasformate,si sentiva ormai piuttosto pesante,e goffa.
Aveva pregato,intensamente e segretamente,che il momento del parto non coincidesse con quello della prima rappresentazione di ‘Amore e Psiche’.
Per fortuna sembrava che le sue preghiere fossero state ascoltate:il dottor Parmentier aveva indicato approssimativamente la data ‘fatale’ tra qualche settimana.Ma le aveva anche raccomandato di restare a riposo,non andarsene in giro in carrozza per le strade sconnesse della capitale,e questo,e quell’altro…
Così,a parte qualche sbirciatina corsara alle prove,non sapeva quasi nulla dell’allestimento;e avvertiva la sensazione che le si stesse preparando una qualche sorpresa…
Erik comparve alle sue spalle,cingendola e baciandole lievemente la spalla nuda.
Lei si volse verso di lui,sorridendogli:
-Sono pronta…Stasera sarà la grande serata di Alphonsine…?-
L’uomo annuì.
-Già…-
Aurora sospirò.L’uomo le carezzò il viso,domandandole:
-Tutto bene?-
La pianista nicchiò,con un mezzo sorriso.
-Sai…c’è stato un momento in cui..sono stata gelosa di lei?-
La guardò quasi senza capire,interrogativo:
-Gelosa?della Segnier?-
La donna annuì,a testa bassa:
-Ti ricordi? Quando successe tutto quel bailamme,per l’abito da zingara?-
Una riga solcò la fronte di Erik,che cercava di ricordare.
-Ah si…quando trovasti da ridire sul piano…mi avevi indispettito,e mi ritrovai a suonare …dopo tanto tempo!- e scosse la testa.
Poi soggiunse:
-E perché gelosa?-
-Perché le dicesti…’Voi siete bella e siete brava’…Sapevo bene che era vero,mentre io mi sentivo terribilmente…-
Erik la scrutò negli occhi,profondamente:
-Non avevi motivo di essere gelosa,non ne avrai mai…Io amo te Aurora- le sollevò il viso tra le mani – Io vivo di te…-

Lo spettacolo fu -come di consueto,ormai- splendido:il mondo del mito,tra realtà e immaginazione,aveva trovato spazio negli scenari grandiosi creati da Sindial.
E dove la cartapesta non bastava,ecco i giochi di luci ed ombra,gli effetti,gli inganni,gli illusionismi che lo avevano reso già ‘grande’ all’epoca del Malinskiy.
A conquistare definitivamente il pubblico,poi –oltre alle musiche ,che nella loro originalità lasciavano sempre confusi e ipnotizzati insieme- fu la performance di Alphonsine…
La ballerina trascinò con la grazia e l’intensità della sua interpretazione tutta la rappresentazione verso l’esito trionfale della conclusione.
Tra scrosci di applausi infiniti,che la costrinsero a uscire più e più volte a ringraziare il pubblico,finalmente ella potè sollevare significativamente lo sguardo verso il palco da cui Sindial e Aurora avevano assistito alla prima.
L’uomo era in piedi,alle spalle della giovane sposa,che rimaneva invece seduta:entrambi risposero all’inchino di Alphonsine,replicando a loro volta,con un breve cenno della testa lui e un applauso commosso lei:aveva capito l’omaggio irripetibile che l’antica rivale era stata capace di offrirle interpretando Psiche con le stesse movenze,lo stesso spirito con cui Aurora aveva saputo ispirare Erik…

 
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