Preludio nr 4 in si minore, ff ispirata al Fantasma dell'Opera(11517 visite)

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arielcips
view post Posted on 6/4/2008, 11:53 by: arielcips
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He's a lion that I am proud to hunt

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Fu una delle ultime sere di novembre.
Da alcuni giorni Aurora non andava più a teatro;la scadenza era prossima,ormai.
Tuttavia aveva sempre insistito con Erik perché fosse presente invece alle rappresentazioni di ‘Amore e Psiche’,a raccogliere i frutti del suo trionfo.
Così quando egli rientrò,quella sera,trovò la casa in trambusto:madame Levigny,la levatrice,il dottor Parmentier…
Il suo bambino veniva alla luce…
Fu difficile restare in attesa,col capo appoggiato alle lastre della finestra del suo studio,la bocca premuta sul pugno serrato,mentre in casa si svolgeva un andirivieni incomprensibile;mentre dalle stanze più interne gli arrivavano –appena soffocate- le grida di sforzo misto a dolore della sua sposa.
A un tratto,uno strano silenzio;tese tutti i suoi sensi,per tentare di percepire che cosa ancora capitasse;gli era sembrato di avvertire un debolissimo vagito…Poi ancora il grido prolungato di Aurora lacerò la sera.E il silenzio…
Qualcuno bussò piano alla porta.
-Entrate,Beatrice…-
La giovane domestica entrò,seguita dalla levatrice:ciascuna reggeva tra le braccia un piccolo involto animato.
-Sono nati,monsieur…Sono due!- annunciarono quasi all’unisono le due donne.
A Erik sembrò di essere tornato a respirare dopo un lungo sprofondarenel vuoto senz’aria;senza dir niente si avvicinò ai neonati,poi lo slancio istintivo fu frenato ancora una volta dalla paura,una paura che…
-Stanno bene! E’ andato tutto bene!- lo rassicurò la levatrice –Congratulazioni,monsieur…un maschietto e una femminuccia!-
Finalmente Erik scostò appena il lino che copriva il volto di uno dei due neonati;gli comparve un visetto tondo,dai lineamenti perfetti,straordinariamente bello nell’abbandono del sonno:
-Donatien…- allora formulò il padre,piano,come riconoscendolo.
Un tenue vagito si levò dall’altro involto;Sindial si volse a quel richiamo e piano sollevò il lino che copriva la piccola nata,tra le braccia di Beatrice.
La neonata sembrò guardarlo,come aspettandosi una carezza:Erik le sfiorò la guancia con un dito,sorridendo commosso:
-Aimeè…-
…Dunque nessun inganno,stavolta:era davvero la felicità…?
Poi riprese il suo contegno riservato e domandò:
- Posso vedere la madre?-
-Vi aspetta,monsieur…-
Ma Sindial non aveva nemmeno aspettato la risposta e col suo passo sicuro era già sulla soglia della camera da letto.
-Solo pochi minuti,monsieur…- gli raccomandò Parmentier.
Aurora aveva i capelli sciolti,abbandonati disordinatamente tra i cuscini;indossava una candida camicia da notte,il cui candore sembrava riflettersi sulle sue guance pallide.
Era spossata,sembrava assopita.Ma avvertì la presenza di Erik,aprì piano gli occhi e sorridendo gli porse la mano.Lui si inginocchiò di slancio ai piedi del suo letto e,afferratale la mano,seppe solo baciargliela con disperata tenerezza,con incredula gratitudine.


-Mi spiace monsieur…ma il dottore vorrebbe …-
La levatrice aveva toccato piano la spalla di Erik,invitandolo ad uscire nuovamente dalla stanza.
Era mattino,ormai.
Dopo poco,il cigolio familiare della carrozza di Ilia avvertì dell’arrivo del fidato segretario.
Questi trovò il padrone di casa un po’ spossato,seduto in maniche di camicia e gilet in una poltrona del salotto;gli andò incontro con un sorriso,tendendogli la mano,e –nello stringergliela –gli fece le sue congratulazioni.
-Sono felice per voi,monsieur…- esclamò,con sincerità. Poi soggiunse: -Io..ehm…ho portato madamoiselle Segnier con me…è di là,dai piccoli…-
Sindial assentì,con un’espressione che significava ‘Avete fatto bene…’
Ma non aveva energia per parlare ancora,per costringere l’immenso,assoluto,ineguagliabile senso di appagamento che aveva dentro di sè entro le limitate,ridicole,inadeguate formule della buona educazione.
-Permettete che mi versi un po’ di Porto?...-domandò dopo un eloquente scambio di sguardi il giovane russo.
Non aspettò di ricevere l’assenso:riempì due bicchierini e ne porse uno al suo amico-principale.
Lo sollevarono appena,bevvero all’unisono quasi,e non aggiunsero altro.
Poco dopo Sindial fu costretto a rientrare nei ranghi della normalità;accogliere Alphonsine,scambiare con lei ed Ilia una serie di convenevoli;quindi si cominciò a parlare dello spettacolo della sera precedente,dei commenti,degli allestimenti futuri.
L’attenzione del padrone di casa fu distolta da uno strano andirivieni che si andava verificando nella stanza di Aurora.
Un presentimento lo mise in guardia.Cosa stava succedendo?
Era già sulla difensiva,quando il dottor Parmentier gli chiese un breve abboccamento.
-Che succede,dottore?- domandò Erik,con gli occhi che fiammeggiavano.
-Monsieur…c’è qualcosa che…-
-Qualcosa?...cosa?-
-Era andato tutto bene…ma…madame..- il vecchio medico era evidentemente spaventato dall’espressione torva,minacciosa del padrone di casa.
-Volete parlare,per Dio?- lo ‘incoraggiò’ questi.
-Un’ emorragia,monsieur…non riesco a fermarla:la vita della signora è in pericolo…Mi sono permesso di chiedere un consulto e volevo per l’appunto…-
Ma Sindial lo aveva già respinto di lato,sbattendolo contro la parete come un fantoccio senza forze,per entrare nella stanza di Aurora.
Sulla soglia,madame Levigny in lacrime tentò di calmarlo,di contenerne la furia:
-Aspettate…non la turbate…-
Erik guardò l’anziana donna come si guarda un’estranea mai vista prima d’ora,un’importuna,ma pure con lo sguardo ne supplicò le risposte.
-Che cosa sta succedendo?-
-Una complicazione…forse sarà necessario l’intervento di un chirurgo…-tentò di rassicurarlo lei.
Lui guardò verso la sposa apparentemente assopita e si lasciò sfuggire:
-Il mio seme maledetto le ha fatto questo…-
Aurora aprì piano gli occhi:
-Erik!..-
Sindial si slanciò verso di lei.
Ma Aurora lo rimproverò.con un filo di voce:
- Non maledire i tuoi bambini…-
L’uomo era chino accanto a lei,le stringeva le mani:
-Tu…sei tu la mia bambina adorata…-
Le mani della giovane donna erano fredde;Erik si chinò a baciarle le labbra:il sapore di miele sembrava scomparso.
O no..no! Eccolo dunque l’inganno del destino,eccola di nuovo la sua sadica perfidia…Togliergli Aurora,derubarlo della felicità dopo avergliene fatta assaporare tutta l’ebrezza…
-Io non posso vivere senza di te,Aurora…- confessò,con voce rotta;quindi soggiunse,quasi furente:
-Verrò con te,ovunque andrai,non ti permetterò di lasciarmi!-
Un po’ fuori di sé,lei ripetè,quasi cantilenandoquel fraseggio che conosceva bene:
-Ovunque andrai…lasciami venire con te…-poi sembrò tornare lucida e gli domandò,preoccupata:
-e li lasceremmo soli?...senza conoscere la tua musica,la tua arte…l’Opera?-
Lui la strinse impotente,la baciò di nuovo,insistendo a cercare quel sapore perduto.
-Alla malora l’Opera,la musica…alla malora anche ..-stava bestemmiando quel dio in cui non credeva,che lo beffava ancora con compiaciuta crudeltà.
Ma lei gli mise una mano sulle labbra,prima che pronunziasse altre empietà.
Poi sembrò perdere di nuovo lucidità:
-…E’ buio…fa’ accendere il lume,amor mio…-
Meccanicamente Erik allungò la mano per accendere il lume sul comodino.Aurora sembrò attraversata da una insperata energia;gli trattenne la mano,lo strinse contro di sé e gli mormorò un’ultima richiesta all’orecchio….
Nel sentire quelle parole Erik arretrò,come se avesse subito una scossa,la guardò;la giovane donna ebbe un ultimo sguardo supplice,poi sembrò perdere i sensi.


Bussarono alla porta.
Il consulto aveva avuto luogo e il chirurgo aveva sollecitato un intervento immediato:il tempo a disposizione era poco…
Ilia trovò Erik seduto sul letto,come imbambolato;dopo aver gettato una rapida occhiata ad Aurora,il giovanotto si prese cura del suo principale,lo sospinse fuori della stanza,mentre intorno fervevano i preparativi dell’operazione.
Rimasti da soli,il Russo cercò di scuotere Sindial,di renderlo presente a se stesso.
Finalmente l’uomo sembrò come uscire dallo stato di ipnotica prostrazione in cui versava,ma solo per sillabare:
-Non…non posso perderla,Ilia…-
-Non accadrà,monsieur…- cercò di fargli forza il giovanotto,con gli occhi pieni di lacrime.
Erik guardò anche lui come riconoscendolo poco alla volta,quindi sembrò quasi aggrapparglisi e supplicarlo:
-Pregate,Ilia…pregate chi volete,pregate quel vostro Dio…ma…-
Ilia inaspettatamente ebbe un gesto di orgoglio,respinse quella supplica e disse,significativamente:
-Io pregherò senz’altro,monsieur Sindial…ma certe cose non potete demandarle a me…-
Erik lo fissò,ferito;poi lo allontanò da sé,con brutale sconforto e scomparve all’interno della casa.
Intanto il trambusto dei preparativi che precedevano l’operazione chirurgica sembrava essere cessato.
L’attenzione dei presenti,Ilia,Alphonsine,madame Levigny,Beatrice, era tutta verso quella porta chiusa dietro la quale si giocava l’esistenza di Aurora.
Il dottor Parmentier uscì con aria derelitta.Erik lo bloccò,spalle al muro contro la parete.
-Che cosa sta succedendo?- gli ruggì sul viso.
-Monsieur…l’emorragia…-
-Che cosa sta succedendo a mia moglie?...vivrà,vero?- così dicendo gli aveva stretto il collo,minaccioso,brutale,folle.
-Faremo il possibile…- tentò di dire ancora il vecchio medico.
Con gli occhi iniettati di sangue,Erik lo tenne ancora così,bloccato contro la parete;avrebbe potuto ucciderlo all’istante;poi lo lasciò andare,arretrò un poco,infine uscì.
Poco dopo il nitrito di Melas e il suo galoppo impazzito attraversarono il silenzio.
Ilia guardò disorientato Alphonsine,poi –pentito del suo precedente,incauto rifiuto - si avventò all’inseguimento tardivo di Erik:
-Aspettate! Sindial!-


-Ilia…basta scrivere,adesso…hai gli occhi cerchiati,povero amore mio!-
Alphonsine tolse la penna dalle mani del giovane scrittore,con un gesto dolce e determinato.
Lui d’apprima la guardò con un accenno di rancore,poi invece –di fronte alla dolcezza della sua espressione sollecita,insperatamente materna- ebbe una sorta di brivido;le cinse la vita,l’attrasse a sé,posò il capo sul suo seno e pianse.
-Piangi amore..è finita,ora..è tutto finito- gli disse,lei,consolandolo,accarezzandogli la bella testa e stringendosela a sé.


“Nostra Signora di Parigi…

Nel crepuscolo il calesse di Sindial attraversò una Parigi semi deserta.
Il rimbombo furioso degli zoccoli e delle ruote sull’acciottolio delle vie risuonò come un lungo tuono minaccioso.
Finalmente la corsa dell’andaluso si arrestò:erano davanti a NotreDame.
Inutilmente lo inseguivo col mio landò vecchio e lento.
Mi aveva chiesto di pregare per la vita di Aurora ed io …
Melas impennò,con la bocca che schiumava;avvolgendosi nel suo mantello nero,ritto contro uno strano cielo livido il suo padrone smontò.
Il vento di novembre sembrò confondere mantello e criniera in un quadro cupo,spettacolare.
Il portone della cattedrale era apparentemente chiuso;ma Sindial,fatti pochi passi,vi si avventò con rabbia scuotendolo.
E senza apparente motivo,i cardini cedettero…
La violenza che egli covava dentro sembrò domata da quel cedimento inatteso.
In realtà fu solo impercettibilmente sopita.
Entrato nel silenzio sacro del luogo,avanzò lungo la navata centrale col suo passo sicuro e guardò verso l’altare con aria di sfida…
…Pensai che in quel momento avrebbe voluto rinfacciare a Dio tutto il male che gli aveva così generosamente riversato addosso…
Ma forse poi pensò ad Aurora,ai minuti inesorabili che scorrevano.
Alla sua ultima,inattesa richiesta,quella che non aveva saputo riferire neppure a me:
-Prega per me…-
Non gli aveva mai chiesto nulla,Aurora…
Mi sembrò che stesse per cedere alla disperazione,vidi le lacrime salirgli sul volto.
Ma invece si fece forza,strinse pugni e mascelle e si volse alla statua d’argento della vergine;
venne avanti verso di lei,sempre con atteggiamento fiero,ma non riuscì a sfidare quello sguardo dolente e pietoso insieme;chinò gli occhi,sollevò una mano a toccare quel manto di metallo,a stringerlo,piano,nella disperata ricerca di una forza che sembrava mancargli…
Poi parlò,o forse m’illusi di sentirlo:
-Non so pregare…e non ho mai avuto una madre a cui chiedere nulla…Tutto ciò che ne ho ricevuto è stata una maschera…tutta qui la pietà che ho trovato in lei…-
Sul volto della vergine apparve il riflesso del ghigno sarcastico della sua maschera.Sindial la sfilò,piano:sollevò poi i suoi occhi addolorati verso la statua;il metallo lucente gli restituì negli occhi di lei,il luccichio delle sue stesse lacrime.
Chinò il volto,proseguì:
-Ho conosciuto la dannazione e l’inferno,prima di poter anche solo aspirare al Paradiso…Il cielo è lontano da me,non gli apparterrò mai,lo so….e lo sai anche tu!-
Ora aveva rivolto il volto sprezzante nella direzione dell’altare.
Anche la Vergine sembrò non guardare più verso lui che la supplicava.
Poi però la preghiera riprese:
-Ma so anche che mi hai concesso Aurora…lei è il mio paradiso,è la mia eternità…è la ricompensa che non merito;è il cielo,la luce…-
Pensando alla sua sposa l’espressione sul suo volto mutò,si intenerì;mi venne in mente la notte che ci apparve in abito bianco,quando celebrarono il loro matrimonio.Una sposa così bella meritava una cattedrale adorna di fiori,non la cappella appena illuminata di un luogo semisconsacrato…Forse anch’egli stava pensando quste stesse cose.
Ma per lo strano gioco dei riflessi la vergine sembrò sorridergli ;egli se ne sentì incoraggiato:
-Non permetterGli di portarmela via…Non puoi avere il cuore di lasciarGlielo fare…! Non portarmela via ora…!-
La sua voce sembrò risuonare nella cattedrale vuota.
-…Sindial-
Lo richiamai,timidamente. Ero alle sue spalle,lo avevo raggiunto.
Egli si ritrasse al mio tocco;si irrigidì. Serrò la mascella.
-Torniamo,Sindial?- proposi ancora.
L’uomo non mi rispose,annuì col capo,guardandosi torvo intorno;incredulo egli stesso di essere là.
-Precedetemi Semonov!- mi comandò,arrogante.Con quel suo tono incapace di chiedere aiuto e disperatamente bisognoso di riceverlo. –La strada la conoscete bene…-
-Sindial…- provai a interloquire,poi arretrai,lo lasciai di nuovo solo.
Che cosa disse ancora,cosa chiese alla Vergine non seppi che immaginarlo:una proroga?uno scambio?...o solo l’umana pietà di una madre verso un figlio cui il Padre ha negato tutto?
Trattenni a stento un singhiozzo e uscii.
Attesi sul sagrato,mentre intorno a me infuriava una tempesta di vento inquietante:pensai a mia madre,a quel suo violino che l’aveva accompagnata nell’ultimo viaggio….e gridai contro il cielo il mio dolore!
Gridai l’ingiustizia di una morte assurda,inconcepibile,iniqua….
Gridai al posto di Sindial,per lui;lui che ora a dispetto di tutto pregava… ed io che bestemmiavo l’insensatezza del destino.”

Sindial rientrò all’alba.
Alphonsine,Ilia,madame Levigny erano rimasti alla villa a vegliare,ma nessuno osò rivolgergli la parola.
Lui avanzò verso la camera da letto,con una espressione indefinibile nello sguardo…
Uno dei medici lo attendeva,mentre la cameriera lo aiutava a indossare la giacca.
-Monsieur Sindial…-
-Ebbene…?-
-Mi spiace…abbiamo fatto il possibile…-
Lo sguardo di Erik sembrò in grado di incenerirlo all’istante.
-… sua moglie non potrà avere altri bambini…-
Erik spalancò incredulo gli occhi,poi buttato all’aria il medico ignaro di tutto,entrò nella stanza di Aurora.
-Attendete!- cercò di fermarlo. –Non potete…-
Ma la porta era già chiusa.Nessun estraneo poteva più interferire con la loro felicità…


Epilogo
La primavera era matura,ormai.
Una nuova estate incedeva nel campi pieni di sole,col suo fascio di messi dorate.
Dai vetri della sua carrozza,lungo una strada consueta di cui aveva imparato a riconoscere ogni angolo e che gli manifestava giorno dopo giorno,mese dopo mese,stagione dopo stagione il trascolorare del tempo,un passeggero procedeva a piccolo trotto verso villa De La Revenge:era un uomo sulla cinquantina;elegante,ma sobrio,quasi estraneo alla ricercatezza;i capelli erano scuri,ma diradavano un po’ sulle tempie,dove era riconoscibile qualche filo argenteo.
Gli occhi erano ambrati,leggermente orientaleggianti;il sorriso un po’ sognante sul viso compiaciuto era lo stesso di sempre:nonostante il passaggio del tempo,non ci si poteva sbagliare:era Ilia Semonov,che nel percorrere quel breve usuale tragitto tirava un bilancio della sua vita recente.
Da quando si era assunto le responsabilità di gestione –rinunciando poco alla volta ad ogni velleità letteraria–il teatro dell’Opera aveva assorbito tutte le sue energie:però ne era soddisfatto.
Le stagioni artistiche si erano succedute di successo in successo:opere,balletti,concerti avevano allietato le sere dei Parigini,confortandoli ed educandone il gusto del bello…della vera bellezza…
Sindial lo aveva calcolato abilmente,questo progressivo cambio della guardia:Ilia si era ritrovato da un giorno all’altro a non essere più il segretario dell’impresario,ma il direttore del suo teatro…e non aveva certo potuto trarsi indietro.
Ma in fondo si era anche divertito,appassionandosi a quel lavoro al punto che gli sembrava difficile ora poterne fare a meno…
Il vetturino tirò le redini e la carrozza frenò sulla ghiaia del viale.
Il passeggero ne scese con il passo ancora elastico di un giovanotto,ma non aveva messo ancora piede sull’erba,che una voce femminile lo richiamò,entusiasta:
-Zio Ilia!...zio Ilia!-
Sollevò il cappello a salutare Aimeè,che per uno strano motivo lo aveva chiamato senza corrergli incontro,ma rimanendo immobile in una strana posa innaturale.
Harun intanto gli si fece accanto per prendergli bastone e cappello e dargli il benvenuto:
-Buongiorno monsieur Semonov…madamoiselle sta posando per un ritratto…E’ tornato il signorino Germaine…-
-Ah si…ne ero al corrente,grazie…- gli rispose con un sorriso appena imbarazzato il nuovo venuto.
In tanti anni stentava ad abituarsi all’attitudine perfettamente orientale di Harun di dire tutto con poche parole.
Avanzò verso i due giovani.
Germaine aveva ormai l’aspetto dell’artista gentiluomo: aveva legato i lunghi capelli biondi dietro la nuca,benché una ciocca gli velasse appena la fronte;i grandi occhi neri sapevano scrutare ogni particolare intorno,quasi abbeverandosene,per poi riprodurlo con una mano abile,con uno stile originale.Il fisico non era imponente,ma agile e nervoso.Emanava dal suo corpo una sensazione di forza sopita,che lo rendeva naturalmente attraente.
Ilia sbirciò alle sue spalle gli esiti del lavoro.
Poi sollevò lo sguardo sull’originale,trattenendo appena il respiro.
Era difficile abituarsi alla straordinaria somiglianza tra Aimeè e sua madre,soprattutto ora che nello sguardo della fanciulla brillava lo stesso,incantevole trasporto che tante volte Semonov aveva letto nell’espressione di Aurora.Quel trasporto destinato ad altri che a lui…come sempre,come ora…
-Vi ricordo che nel pomeriggio madamoiselle Segnier vorrebbe vedervi,Aimeè…- le raccomandò.
La giovane donna fece una smorfietta:
-Uff…non potete dire a zia Sinette che è arrivato Germaine?…-
-Glielo posso anche dire,ma non intendo subirne la furia al vostro posto…sapete che non ne ho più l’età né la forza…-
-Via,zio Ilia…se c’è qualcuno sempre in grado di fare sbollire quella furia,siete voi…e lo sapete!- interloquì Germaine,ironico.
Ilia incassò la battuta,con un sorriso rassegnato;poi soggiunse tentando di essere severo:
-Debbo ricordarvi che in questo caso zia Sin…hem,madamoiselle Segnier ha ragione:vostra sorella,Germaine,sta mettendo in gioco tutto il suo avvenire di ballerina…-
Germaine guardò Aimeè con un sorriso indulgente,tenero,complice,innamorato.
Ilia capì che c’era poco da aggiungere.Sospirò,scotendo la testa;poi chiese:
-Vostro fratello?-
-E’ nello studio…ha appena finito di fare i bagagli…-
-Allora…ha deciso?-
Ma non attese risposta.
Si avvicinò alla carrozza,ne trasse un astuccio,lo mise sotto il braccio ed entrò in casa.
Trovò Donatien nello studio di suo padre.Era di spalle,che sceglieva alcuni libri.
-Entrate,zio Ilia…mi aspettavo questa vostra visita!- disse con un tono leggermente ironico,senza voltarsi.
Se era stato difficile restare indifferenti ad Aimeè,ora la figura,il taglio dei capelli,il tono stesso della voce di Donatien provocarono un sussulto in Ilia.
Il giovanotto gli rivolse il profilo destro,con uno strano ghigno,spiegandogli con sprezzante bonomia:
-Ho visto la vostra immagine riflessa nei vetri della libreria…-
-Già…potevo immaginarlo…-
Finalmente Donatien posò sulla scrivania i libri che aveva scelto,mettendoli in ordine,poi guardò in volto il nuovo venuto.
Aveva solo vent’anni e non aveva conosciuto nulla della vita terribile di suo padre;ma al di là della innata freschezza,della apparente solarità della giovinezza,era identico a Sindial…Bello come un giovane Dioniso…
Dopo quel primo naturale sorriso,il giovane –fingendo di sistemare ancora i libri – tornò serio,scostante:
-Se siete venuto a dirmi che cosa debbo o non debbo fare,zio Ilia…vi prevengo:sprechereste il fiato!-
L’espressione della voce era secca,autoritaria.
-Non è esatto,Donatien…vengo a domandarvi se avete idea di ‘cosa’ state facendo…-
-Sto partendo,semplicemente…Ho vissuto finora in questa sorta di ‘eden’ dell’amore e dell’armonia:ora voglio VIVERE…-
Ilia fece un sorrisetto amaro:
-‘Eden dell’amore e dell’armonia’…non so se vostro padre apprezzerebbe l’ironia…-
-Mio padre…- c’era una sfumatura di rimpianto impercettibile nella voce del giovane –Mio padre... voi sapete anche quali sentimenti ho sempre nutrito per lui…-
I due si scambiarono una breve occhiata solidale:entrambi sapevano quanto fosse difficile manifestare il proprio affetto per Erik.In passato Ilia aveva raccolto le confidenze di Donatien:la sua ammirazione,la devozione che istintivamente provava per lui…
-D’altro canto,’Sindial’ come lo chiamavate voi,ha sempre fatto le sue scelte…senza tenere in conto nulla:non lo biasimo,ma…-
Qui Ilia si sentì ferito:scelte?...
-Debbo interrompervi,Donatien…mi spiace,ma voi di vostro padre avete conosciuto solo l’uomo appagato,l’uomo felice…Non vi ha sfiorato il dubbio che non sempre sia stato così?-
Il giovane abbassò lo sguardo.
Aveva a lungo atteso di conoscere anche quell’altro lato di suo padre,quello che intuiva nel dolore appassionato della sua musica,quello ‘nascosto’ dalla maschera.Pensava che forse,diventato uomo,avrebbe potuto guardare negli occhi Sindial e domandarglielo…
Ma questa occasione gli era stata sottratta.
E ora più che mai,l’istinto ribelle che sentiva covare dentro di sé lo spingeva ad andare via..
-Di cosa parlate,zio Ilia? Forse di questa?...-Così dicendo aveva tratto da un cassetto una maschera argentata.
Il Russo ebbe un tremito impercettibile.Donatien la fissava,senzaarrivare a comprenderla.
-Evidentemente mio padre non mi stimava sufficientemente maturo da conoscere il suo lato oscuro…-ironizzò.-E aveva ragione:io ho bisogno di spiccare il volo,con le mie ali…Non voglio ridurmi come voi,Ilia Semonov!-ribadì infine,superbo.
L’adulto incassò questa nuova provocazione;sapeva bene a cosa alludeva Donatien…
Aveva finito per dedicare la propria vita a Sindial e al suo Teatro,mettendo da parte quella antica aspirazione di scrivere…
Dopo aver metabolizzato piano l’amarezza,Ilia riprese a parlare con calma:
-Si…avete ragione:infatti io non sono qui per impedirvi di partire.E’ una decisione assolutamente comprensibile…sono qui per consegnarvi qualcosa…-
-Qualcosa?-
Così dicendo infilò la mano nella tasca interna della giacca e gli porse un manoscritto:
-Il…Il vostro libro,zio Ilia?!?...ma allora …-
L’uomo sorrise appena.
-Allora…lo avete finito?...credevo che…- Donatien esibiva tutto il suo stupore giovanile,misto a un entusiastico slancio.
-Mancava l’ultimo capitolo…- confermò Ilia.
Il giovane scorse velocemente le pagine:
-E’ in francese?-
-Certo…non dimentico le vostre difficoltà col cirillico..-
Donatien moriva dal desiderio di leggerlo subito,ma si contenne.E domandò:
-Perché lo date a me?-
-Quando si affronta un viaggio è giusto portare con sé un ‘vademecum’….e un bastone-
Ilia si era alzato ora e stava poggiando sulla scrivania anche una custodia che finora aveva tenuto celata al fianco della sedia.
-E quello?...-
-Questo…è il bastone:vostro padre mi ha detto di consegnarvelo…in un’occasione come questa…-
-Un’ occasione?...non capisco?-
-Quando avrete letto…capirete meglio…-
Donatien aprì l’astuccio con una delicatezza quasi rituale:all’interno il violino che era stato di Sindial..
Un singhiozzo sfuggì alle labbra del giovane;un singhiozzo subito controllato.Le sue mani sfiorarono piano le corde,poi sollevarono lo strumento,accarezzandolo.
In quel momento il giovane uomo non osò fare di più.Sollevò lo sguardo su Ilia,uno sguardo riconoscente;accennò un sorriso.
Ilia gli aprì le braccia e lo strinse forte contro di sé.
-Addio zio Ilia…e grazie!-
-Buon viaggio Donatien…e arrivederci!-

Ilia Semonov uscì a capo un po’ basso dalla casa.Ma di nuovo il richiamo di Aimeè lo distolse da pensieri cupi:
-Andate già via,zio Ilia..non restate a mangiare?- gli disse,correndogli incontro.
-Ho ancora mille cose da fare…verrò un’altra volta- così dicendo le carezzò piano una guancia,come per congedarsi. Lei lo trattenne:
-Zio…io vorrei parlarvi di una cosa…-
Le sorrise indulgente.Sapeva bene di cosa si trattava.
-A a che fare con l’appuntamento con zia Sinette?...- le domandò con un sorriso complice.
-Si…- ammise lei. –E non solo…- e qui arrossì.
Ilia le porse il braccio e si inoltrò con lei lungo il viale,dove la ascoltò parlare fittamente,a lungo.
-Credete che sia sconveniente?...è passato così poco tempo dalla perdita dei miei…-
-E cosa c’è di sconveniente,Aimeè:siete cresciuti come fratelli, vi accomunano lo stesso dolore,gli stessi ricordi belli condivisi insieme…-
-Io…ne sono innamorata!- dichiarò ancora la giovane donna,con passione.
-Ho visto…e lui vi ama in eguale misura…Dunque?-
-Ma…e zia Sinette? Lei dice che il matrimonio taglia la carriera di una ballerina…-
Ilia sospirò.La sua prima donna non aveva mai voluto rinunciare alla carriera;ed ora?Gli vennero in mente,con malinconia i fili d’argento che attraversavano da qualche tempo le sue chiome scure…
-Chiedetele di fare da madrina al vostro primogenito…e se è femmina promettetele di chiamarla Alphonsine!-
-Ma zio Ilia!- lo richiamò,arrossendo di nuovo Aimeè.
Ma non potè trattenersi dal sorridere insieme a lui.E approvare il consiglio.

Finalmente il nostro uomo stava per posare il piede sul predellino della carrozza,quando qualcosa lo fermò di nuovo…
Un suono,il suono dolce,struggente,caldo,appassionato di un violino.
Nella mano che lo suonava non c’era la sicurezza del padrone né l’abbandono assoluto di chi nella musica ha la sua sola compagna;c’era invece l’incertezza dell’approccio e la delicatezza del primo amore…
Ma la musica era la stessa.Donatien doveva aver cominciato la sua lettura ed ora si apprestava ad affrontare con animo diverso il suo viaggio…
Con un sorriso malinconico Ilia guardò la villa per un lungo momento,quindi montò in carrozza.
Era commosso.
Infilò una mano nella tasca interna della giacca,per prendere il fazzoletto,ma incontrò la minuta dell’ultimo capitolo del suo libro;inforcò le piccole lenti dorate che da qualche anno portava sempre con sé e iniziò a rileggerla,piano…

‘L’addio’

Non so quali preghiere riuscirono a penetrare il cuore implacabile di Dio o se fu semplicemente la perizia dei medici,ma Aurora visse…visse a lungo da veder i suoi figli crescere.
Li addormentò tra le sue braccia cullandoli sulle note della musica più bella,giocò con loro a nascondino nel parco della villa,trasmise loro la sua ineffabile grazia appassionata.
Dopo la nascita dei suoi figli,Sindial mi cedette poco a poco quasi tutte le mansioni a teatro,fino a investirmi definitivamente –quando me ne ritenne all’altezza- della direzione dell’Opera.
Lui invece volle vivere quella vita che gli era stata a lungo sconosciuta:volle conoscere le piccole gioie quotidiane,incantarsi ogni giorno a scoprire quanto potesse essere bella l’esistenza,anche attraverso i palpiti dei nostri affetti più cari.
Germaine,Donatien e Aimeè crebbero insieme,come fratelli.
Tutti e tre crescendo rivelarono le loro inclinazioni:Germaine aveva la mano dell’artista,dipingeva con una naturalezza che impressionava;Aimeè aveva la stessa grazia di Aurora ed entrò presto nella prestigiosa scuola di ballo dell’Opera,diretta da m.me Alphonsine Segnier…
Donatien aveva talento per la musica.
I suoi genitori lo sapevano bene;ma egli sembrava quasi vergognarsene…chissà,avvertiva il confronto con quel suo padre geniale,un padre che adorava ma nei confronti del quale nutriva una forma di soggezione muta,rispettosa.
Le sue prove le dava sempre in assenza dei suoi,a scuola prima,poi in collegio.
In famiglia si limitava ad essere un buon esecutore
Sindial non lo forzò mai:conosceva bene la ritrosia,la paura di esporsi,benché causate da motivi diversi.Era sicuro che l’arte che covava dentro l’anima di suo figlio sarebbe emersa nel momento giusto,man mano che il ragazzo,maturando,avesse rafforzato la consapevolezza di sé…
Il tempo passò.
E un giorno la proroga che Dio aveva concesso a Sindial sembrò scadere.
Aurora –che mi appariva sempre la stessa adorabile creatura,nonostante lo scorrere del tempo- un giorno rivelò,come d’improvviso,la sua fragile caducità.
Nel giro di una stagione,da quel giorno,il suo destino si compì.
Durante le dolorose ritualità che seguirono e di cui fui chiamato ad occuparmi,non vidi Sindial che per un attimo;e mi sembrò stranamente sereno…
Rientrai a casa come se un macigno mi gravasse improvvisamente sul petto e sulla schiena.
Mi guardai allo specchio.
Erano passati 20 anni…e quello ero io:un simpatico uomo di mezz’età,dall’aria vagamente straniera,il capo appena stempiato,i capelli color sale e pepe…
Una folata di vento inattesa mi fece sussultare.Improvvisamente nella stanza era comparso lui,Sindial.
-Monsieur…-dissi,stupito,quasi senza fiato.
-Vi ho spaventato,Ilia Semonov?Mi dispiace…- dal suo tono sembrava esattamente il contrario.
Era sempre uguale.
Almeno ai miei occhi non apparivano che la sua forza indomabile,il suo mistero,il fascino oscuro di quella voce inconfondibile:i segni del tempo mi sfuggivano…
-Ho da darvi delle incombenze,amico mio…prima di congedarmi da voi…-
Sentivo che non sarebbe stato il solito congedo,ma non osai indagare;non subito,almeno.
-Ho scritto una breve memoria riguardante il futuro dei miei figli…Finchè voi dirigerete il teatro,ne amministrerete i beni:sono sicuro che sonn riposti in ottime mani…-
Mi inchinai,non seppi fare o dire altro;ma montava dentro di me lo sgomento.
Era una separazione lunga…definitiva?
-Questi sono gli spartiti originali delle mie opere…li consegnerete ai miei figli,quando lo riterrete opportuno.-
Diedi una rapida scorsa.L’emozione mi pervadeva,levandomi le parole.
-Questo è il mio violino,Semonov:lo darete a Donatien…a tempo debito…-
-Ma…e voi, Sindial?-
Mi fissò con uno strano sorriso negli occhi:
-A me non serve più…-
Fuori cominciava a imbrunire.Rabbrividii.Lui mi tese la mano:
-Addio Ilia Semonov…-
-Aspettate…Sindial…ma…dove,dove andate?-
-Da lei,Semonov…non vedete che cala la notte?Aurora non ama rimanere da sola,al buio…-
Così dicendo,si avvolse nel mantello nero e disparve,così come era venuto…
Rimase solo il gelo,della notte che avanzava,del vuoto nel mio cuore.
Ho letto una volta che,secondo gli antichi,le anime che approdavano nell’Eliso conservavano le fattezze dell’epoca in cui hanno conosciuto la felicità…
E’ così che immagino Sindial ed Aurora.
E il loro Eliso è qui,nell’Opera.
E’ qui il loro oltre.
A volte percepisco quasi la loro presenza accanto a me nel palco da cui tante volte abbiamo applaudito insieme.Un sipario che si muove,mi ricorda il fruscio di raso del nero mantello di Sindial;una rosa che nessun artista ha raccolto dal proscenio,mi fa pensare alla delicata bellezza di Aurora.
Mi sembra ancora che possano danzare insieme,o suonare nel buio del gymnasium…
Due note che si intrecciano,si separano,si ritrovano… un Preludio che non abbia mai fine!

Edited by arielcips - 5/2/2009, 17:53
 
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