Preludio nr 4 in si minore, ff ispirata al Fantasma dell'Opera(11517 visite)

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Evilsisters
view post Posted on 6/4/2008, 11:43




-Mi portate a mangiare in campagna,Ilia?...che intenzioni avete?-
Alphonsine,elegantissima,saliva sulla carrozza scoperta al fianco di Semonov,un po’ perplessa.
-Credete che abbia bisogno della campagna,per le mie cattive intenzioni?- ribattè lui,scherzoso.
Ma la ballerina si accorse che voleva sembrare più tranquillo di quanto non fosse.
-Qualcosa non va?...-
-…no,perché?- rispose lui,glissando.Poi comunicò al vetturino dove andare e si accomodò meglio al fianco della giovane donna.
-Credevo ci saremmo andati a sedere al Trocadero…ho messo apposta questo vestito,per farmi notare…-
-E invece fingete di averlo messo apposta per me…tanto lo noterò solo io!-
La carrozza si lasciò la città alle spalle e dopo poco si ritrovarono lungo una strada non asfaltata.
-Non volete proprio dirmi dove andiamo?-
-A mangiare trote…vi piacciono?-
Alphonsine storse un poco la bocca,in una smorfietta di disappunto.
A un tratto la vettura ebbe uno scarto,prese un viale laterale,invisibile a chi non lo conoscesse.Dopo poco si fermò davanti al cancello di una villa in ristrutturazione.
-Permettete se mi fermo solo un attimo?- chiese Ilia,smontando.
Alphonsine scosse la testa,con rassegnata pazienza.
-Correte,correte!...e salutatemi monsieur Maschera d’argento!-
Il giovanotto si inoltrò nel viale:alla villa i lavori fervevano.
Sindial discuteva con le maestranze e il capomastro.Aurora osservava ogni cosa,adagiata morbidamente ai piedi di un albero.
L'impresario vide Ilia e lo richiamò:
-Semonov!...-
-Monsieur Sindial…- rispose,un po’ affannato.
-Che vi succede?...-
-Sono venuto ad avvertirvi…madame Giry…-
-Si?-
-E’ seduta da stamane nel vostro studio:vi aspetta…-
Erik aggrottò appena le sopracciglia.
-Capisco…-
Si avvicinava Aurora,Sindial guardò Ilia,imponendogli tacitamente il silenzio.
-Buon giorno Ilia…-
-Buon giorno madamoiselle…-
-Come mai qui?-
-Andavo a pranzo in campagna e ho pensato di salutarvi…- mentì il giovane.
-Di salutarci e ricordarmi alcuni impegni che ho nel pomeriggio…- completò Sindial –Purtroppo debbo rientrare prima del previsto,Aurora…E voi,Semonov:andate a pranzo da solo?-
-No…mi attende madamoiselle Segnier…-
-Alphonsine è qui?...vengo a salutarla…-
Intanto si erano avviati verso la carrozza.La ballerina cominciava a spazientirsi,pestando col piedino lo chassis.
-Aurora!-
-Alphonsine…che giornata splendida,vero? Ilia mi diceva che andate a mangiare in campagna…-
-Già…-
Alle spalle di Aurora,Semonov fece larghi segni alla ballerina,perché la invitasse:
-Perché non vieni anche tu con noi?-
-Infatti,madamoiselle..-
-E al ritorno potresti darmi una mano coi bagagli..mi trasferisco di nuovo all’Operà!-
Ilia approvava sorridente.Alphonsine,non vista, gli cacciò la lingua con dispetto
-Ma..non saprei…- Aurora era interdetta.
Si era avvicinato anche Sindial.
-Se vuoi andare,Aurora…non preoccuparti:ci vedremo direttamente a teatro,per la prova…-così dicendo le fece una carezza rassicurante.
-Avanti,non farti pregare…Monta su!- tagliò corto Alphonsine,tendendole la mano.
Dopo poco la carrozza fu solo un puntino in fondo alla campagna.
Erik,congedatosi dal capomastro,montò sul calesse e tornò al galoppo a Parigi.




-Volevate parlare con me,madame…-
La porta dello studio si era aperta,con decisione e Sindial era comparso,nella penombra.
La Giry cercò di guardarlo in viso,ma quella voce le era già abbastanza familiare.
-Si,monsieur Sindial…-ribattè,prestandosi al suo gioco.
Quindi gettò sulla scrivania le due lettere.
Girando con movimento plastico attorno allo scrittoio l'impresario si posizionò di fronte a lei,con la luce del giorno alle spalle.
-A che proposito?
-A proposito dei vostri rapporti con due delle mie alunne più care…- la donna rispose,sollevando il volto verso di lui.
Ma a quel punto non riuscì a sostenere oltre la commedia.
-Voi…allora non mi sbagliavo!...che sciocca…-
-Sciocca? E perché?...-ribattè lui,senza negare.
-Dovevo capirlo subito,che eravate voi il fantomatico Sindial…il genio,l’estroso straniero dalla maschera d’argento…Ma ho voluto credere che foste morto!-
Lui aggrottò le sopracciglia,ghignò sardonico:
-Rimpiangete che non lo sia?...-
-Per le colpe di cui vi siete macchiato…- iniziò lei.
-…non credete che le abbia scontate a sufficienza,le mie colpe?-la incalzò lui - Pensate che la morte sia peggiore di…quella vita che il destino mi ha voluto infliggere?-
La Giry fece un movimento istintivo con le mani,come a difendersi da quella aggressione.
-Non tentate di rigirare ancora le carte,monsieur…Non barate ancora,con me!-
-Barare?...sarei io,quello che bara?...E voi, Madame? Vi siete così tanto abituata al gioco,da non saper distinguere più il vero dal falso?-
-Il vero? Veri sono i delitti di cui siete stato responsabile,vera la catastrofe in cui avete trascinato voi stesso,quella creatura innocente….e me...Vera è la consapevolezza di essere stata vostra complice,monsieur Fantasma dell’Opera!-
Con un sorriso amaro,Erik annuì.
-Avete fatto bene,a ricordarmelo… quello che sono stato.E voi,ricordate chi siete stata?-
Magdalene volgeva il capo altrove,leggermente reclinata su se stessa.Il riaprirsi delle ferite passate lacerava anche lei. Sollevò la testa,fiera,per rispondere,ma lui la interruppe col gesto della mano:
-Non rispondete!…so già quello che state per dirmi…Non parlo della maestra di danza,non parlo della educatrice,non della complice…Alludo a una adolescente dagli occhi carichi di sdegno e umana pietà…- Così dicendo le aveva sollevato il volto con la mano e la fissava.Magdalene cercò di sottrarsi alla sua presa,ma lui la trattenne e proseguì:
-Alludo a un giovane cuore traboccante di passione…così generoso da dare un nome,un nome che le era caro…un nome fraterno…al figlio del diavolo!-
Un tremito attraversò la donna.Qualcosa si incrinò dentro di lei,i suoi occhi si inumidirono.Sindial la lasciò andare,le volse le spalle,proseguì lento:
-Non ve l’ho mai raccontato…ma prima di seppellirmi nel mio covo,ho provato a meritarmelo…quel nome…Ho cercato di dimostrare a me stesso e al mondo di non essere una belva da esporre alla fiera…- ancora un ghigno amaro sul suo viso,mentre scuoteva il capo,rassegnato- Ma a quanto pare mi sbagliavo...Tornai disperato,respinto,cacciato ancora da tutti...e mi seppellii nella mia tomba! Lì lessi,studiai,imparai a suonare...la passione che sentivo vibrare dentro di me divenne musica,la bellezza che non avrei mai potuto possedere divenne la mia ossessione,la mia ispirazione....- l'uomo prese fiato,poi ancora si voltò,l'indice puntato contro Magdalene.- Tornai a cercarvi allora,madame...
La Giry ora si sottraeva a quel fuoco di fila,sentiva la breccia nel suo cuore compassato aprirsi violentemente.
-Davvero?...non mi pare che vi interessassi molto,all'epoca...- tentò di ribattere.
-No,infatti...Io cercavo quella ragazza che mi aveva salvato,cercavo quegli occhi scuri carichi di sentimento,pronti a intrecciare il loro sguardo con i miei...Non c'erano più:c'era la signora Giry,la maestra di danza...Una donnina impaurita,succuba delle sue paure...incapace di qualsiasi slancio...incapace di sognare ...-
-I sogni ad occhi aperti sono appannaggio dei bambini...degli irresponsabili...dei folli!-
-Già...E voi non appartenevate più a nessuna di queste categorie...-Erik sembrava rapito dall0ndata delle memorie- Ma lei...lei sì:era una bambina sola,con gli occhi ancora pieni di favole...e con un dono divino...Il canto!-
Quei ricordi,nella loro dolcezza,lo ferirono;si riscosse:
-Sapete madame che divinità e follia sono più vicine di quanto si creda?...-
Benchè tentasse con tutte le sue forze di resistergli,Magdalene sentiva di nuovo quell'assurdo trasporto montare dentro di lei.Tentò di arginarlo,commentando:
-Anche genio... e follia-
-Anche genio e follia....- ammise lui,meravigliandola.
Commossa,ma capace ancora di dominarsi,anche lei confessò:
-Io...io vi ho sostenuto monsieur...Ero affascinata dal personaggio che vi eravate creato...Non ho saputo vedere oltre:e non me lo perdonerò mai!-
Erik sollevò la testa,la guardò fiero:
-Voi non avete niente di cui pentirvi...niente!-
-Non ho saputo fermarvi...e Bouquet? e l'incendio?...-
-Le colpe del Fantasma sono solo mie!- ribadì l'uomo,con rabbia,la testa tra le mani.
-....e la povera Christine Daaè? ...-
Con uno scatto quasi ferino,Sindial le si parò davanti,come a sfidarla:
-Credi che possa averle fatto del male?...lo credi davvero,Magdalene?...-
La Giry abbassò lo sguardo,pentita.Lui proseguì,con la voce rotta da pianto a stento trattenuto:
-....Lei mi ha aperto la porta,per la seconda volta...nella mia vita.Lei era pronta addirittura a richiudersela dietro le spalle,insieme a me...Non avrei mai potuto farle el male,mai...-
-L'hai ...lasciata libera?- domandò la donna.
Lui sospirò,senza rispondere.Un silenzio eloquente.
Magdalene sollevò la mano,verso la sua spalla.Immaginò il dolore di quella separazione.Ma il suo gesto si interruppe ancora.
-Credevo che quella notte sarebbe stato un vero addio,Erik...- mormorò.
-L'ho cercata la morte,se è questo che vuoi sapere!...- Erik la investì,con irruenza - Non mi ha voluto,mi ha respinto anche lei...Partii,con la vaga idea di ricominciare,altrove;di riprovare...All'inizio mi sembrò tutto come sempre...Trovai accoglienza solo nei recessi dell'esistenza umana:una casa da gioco,dove feci il banco alla roulette russa.La sfidavo ogni giorno,la signora con la falce, ogni giorno,...ma la maledetta sembrava disprezzarmi,anche lei!-
Ora si guardavano di nuovo negli occhi.Magdalene ascoltava,partecipe:
-...Poi una sera...mi ritrovai seduto di fronte un volto amico. 'Ecco...forse è il momento giusto,Erik' mi dissi 'Il destino è distratto,puoi giocarlo e prenderti la tua rivincita...' Il colpo che avrebbe posto fine ai miei inutili giorni era in canna:ma Dio aveva deciso che era venuto il momento che il figlio del diavolo conoscesse l'amicizia...- Un sorriso illuminò il suo sguardo,per un attimo.
Magdalene si lasciò sfuggire un singhiozzo,sedette stanca,indifesa.
-Ma perchè sto a raccontarvi queste cose?...Voi siete qui per domandarmi altro,se non sbaglio...-
Così dicendo prese le due lettere dal ripiano della scrivania,ci diede una scorsa brevissima,il volto impassibile,gli occhi che mandavano espressivi bagliori.
Magdalene si riprese.
-Perchè siete tornato? perchè di nuovo qui...perchè...-
-No,madame!...non tornato,non di nuovo:quell'essere che abitava i sotterranei è morto!Era uno spettro,forse ha trovato pace in una giusta sepoltura...Adesso c'è un uomo..Con un nome e un cognome,uno stato civile....-
-Si,ma...-
-Volevate sapere se quest'uomo è...un -sollevò la lettera di Dolphine e pronunciò con sarcasmo -'un lascivo seduttore…' oppure un...- non riuscì a concludere,madame Giry lo prevenne:
-...' un rifugio,le braccia calde e forti di un uomo che mi amasse nonostante tutto'-
Quelle parole sembrarono ricadere sul cuore di Erik come una carezza,la delicata carezza di una manina adorata.Il suo volto si addolcì,contro la sua volontà la tensione del suo corpo si allentò.Cercò di difendersi con l'ironia:
-...nonostante tutto...inaudito,vero?-
Magdalene sospirò.Alzandosi,prese la lettera di Dolphine e -strappatala- la gettò nel cestino.
Lui respirò,approvando.Ma non disse niente.
La donna prese l'altra lettera e gliela pose sotto gli occhi.
-Aurora...è la cosa più bella della mia vita,madame....E' la luce,è l'amore....è un insperato dono di Dio!...-
-Un altro ingenuo 'angelo della musica',monsieur...?- domandò scettica Magdalene
Lui negò decisamente col capo:
-Ah..no!...Lei,lei sa....le sue mani hanno percorso le piaghe del mio volto,senza ribrezzo...Mi ama per quello che sono...ed io la amo,Magdalene,alla luce del sole:la sposerò,vivremo in una casa nostra....-
-Sa?...sa chi siete?- lo incalzò la Giry,incredula.
-Si...sa chi sono,oggi!- affermò lui.
Lei sospirò,con amara rassegnazione.
-Non sa chi siete stato?...non sa che siete stato il responsabile della sua cecità?- lo accusò.
Erik la afferò per i baveri,rabbioso:
-Tacete,per Dio!....siete voi,a non sapere nulla,di lei!-
Magdalene gli afferrò le mani e con altrettanta forza gli resistè:
-Non siete poi così cambiato...-
Con un gesto di rabbia,sconsolata,lui la lasciò andare,si voltò verso la finestra.
-Si direbbe che la cosa vi faccia piacere...-
Magdalene si morse le labbra,gli si avvicinò,finalmente toccò la sua spalla,con tenerezza:
-No,Erik...non fraintendermi...se vuoi davvero che questa volta sia diverso...tu non devi ingannarla...-
Erik guardò con stupito piacere la mano di lei sulla sua spalla,vi sovrappose la sua e piano la cinse con l'altro braccio,stringendola a sè.Rimasero per un lungo momento così,senza parlare.




Fu la voce di Erik a interrompere il silenzio:
-Mi sei stata molto cara,Magdalene…la mia umanità comincia da te…Non diventarmi nemica,adesso!-
Madame Giry aveva appoggiato la fronte sul petto di lui,lasciandosi andare per un momento.
A queste parole,però,si irrigidì,si fece indietro:
-Anch’io vi sono stata amica e vi ho sostenuto,monsieur….ma ho dovuto pentirmene! Non voglio ripetere gli stessi errori…-
Erik si ritrasse anch’egli:
-Sia…E che intenzioni avreste?-
-Voglio assicurarmi che Aurora sia davvero serena,nella sua scelta…prima di commettere un passo definitivo…-
Lui ghignò:
-Aurora mi appartiene,madame…E’ mia,capite? E questa volta lo dice un uomo,non un fantasma!-
Una discreta bussata alla porta ,seguita dalla voce di Aurora che si annunciava,li interruppe:
-Sindial?...posso entrare?-
I due si scambiarono uno sguardo,misurandosi.
-Vieni pure…-
La giovane donna,appena entrata, riconobbe ,sorpresa e stupefatta,l’interlocutrice di Erik, Madame Giry.
-Madame?!? Voi qui…?- la sorpresa divenne sorriso,ma la perplessità rimaneva.
-Ben trovata,Aurora…- sillabò quella.
La giovanetta guardò interrogativamente Erik.
-Già di ritorno Aurora?- le domandò lui,glissando.Le prese la mano e l’avvicinò a sé.Aveva i capelli umidi.
-Il tempo è cambiato improvvisamente e siamo corsi via a cercare riparo…- spiegò,poi si rivolse alla maestra .-Sono felice che siate qui…avete già conosciuto monsieur Sindial,vedo…-
-Già. Sono venuta non appena ho ricevuto la vostra lettera,mia cara…-la donna si lasciò un po’ andare,osservando la sua ex alunna.-E’ un piacere vedervi così…- le dichiarò,avvicinandosi.
La fanciulla le aprì istintivamente le braccia.
-Sono così felice che abbiate raccolto il mio invito!-
Si abbracciarono.Da sopra le sue spalle madame Giry scambiò un altro sguardo eloquente con Erik.
-Avete già visitato il teatro?...sapete che c’è anche Alphonsine?...è proprio qui:ha traslocato oggi!Vi faremo da guida entrambe…-La pianista era euforica,poi domandò: - Possiamo,Erik?-
-Forse madame vuole riposare del viaggio…sarà stanca…Potete alloggiare in teatro,se non avete già prenotato…-
Così dicendo facendo schioccare le dita,aveva chiamato:
-Harun!...-
Madame Giry stava già declinando l’invito,ma Aurora insistè:
-Dovete rimanere qui…è bellissimo! E stasera assisterete al Peer Gynt,come vi avevo promesso…-
La giovane ogni tanto guardava Sindial,cercandone l’approvazione.Lui,pur rimanendo impassibile,non sembrava intenzionato ad ostacolarla.
Intanto il domestico aveva provveduto a chiamare Ilia,che comparve di lì a poco sulla soglia:
-Accompagna madame da Alphonsine,cara…Ilia ed io vi raggiungeremo subito…-
Prima di congedarla ,però,la attirò di nuovo a sé,infilando una mano tra i capelli umidi di pioggia:
-Forse dovresti asciugarti meglio…-la rimproverò,sottovoce,quindi si chinò e la baciò delicatamente.Lei sorrise,ma lo guardò negli occhi,cercò nei suoi occhi una risposta agli interrogativi che sentiva vagamente emergere dentro di sé,che covava nel cuore,richiamati dalle parole che gli aveva inavvertitamente sentito pronunciare un attimo prima,avvicinandosi alla porta ‘E’ mia,capite? E questa volta lo dice un uomo,non un fantasma!’…
Ma lo sguardo di Erik era affettuoso e sollecito,come sempre sapeva esserlo.Impenetrabile,come sempre,quando voleva esserlo.



-Vi trovo molto bene Aurora…- disse sinceramente Madame Giry mentre attraversavano il corridoio insieme.
-Davvero?...- domandò l’altra.
-Si…Sono lieta della vostra guarigione,ma non è solo quello…C’è in voi una luce,una bellezza…-
-Via,non esagerate,madame…Mi ricordate Blanche!-
Intanto avevano raggiunto la suite dove alloggiava Alphonsine.Aurora bussò e avvertì:
-Segnier?non indovineresti mai chi è venuta a trovarci…-
-A proposito –soggiungeva intanto la Giry –So che non è stata bene…e che siete sola,qui a Parigi…-
La pianista la guardò un po’ di sottecchi,sorridendo con provocatoria malizia:
-Sola?...-
Prima che madame potesse ribattere,Alphonsine aveva sporto la testa dall’armadio in cui stava sistemando le sue cose,esclamando:
-Madame Giry!?!...ma è…è una sorpresa splendida…!!!-
Le tre donne si persero in mille convenevoli,rinnovandosi il reciproco piacere di rivedersi.
Intanto Sindial aveva convenuto con Semonov sulla sistemazione migliore da assegnare a madame.Il giovanotto si preparava a dare le disposizioni,ma il principale lo trattenne.
-C’è una cosa che vorrei chiedervi,Ilia…-
-Si?- rispose pronto l’altro.
Erik abbassò la voce e gli suggerì qualcosa.
Il giovanotto aggrottò le sopracciglia,interrogativo.
-Lo credete necessario,Sindial?- domandò.
-Opportuno …Confido nella vostra discrezione,Ilia.-
-Sta bene…-
Rimasto da solo,Erik inspirò profondamente,pensieroso.
Sapeva che prima o poi il confronto con madame Giry ci sarebbe stato,sapeva anche che avrebbe fatto riemergere tutti gli spettri del passato,i rimpianti,le mille parole pensate e non dette.
Ma non aveva potuto prevedere che in qualche modo quell’incontro avrebbe potuto costituire una minaccia per il suo futuro,coinvolgendo qualcuno che –da quel passato- era fuori…e tale doveva rimanere,almeno nei suoi intenti.
Entrò nel suo appartamento,si tolse la giacca,aprì il guardaroba.
Dalla finestra aperta un raggio di sole andò a riflettersi nello specchio,rimbalzando poi come un folletto irridente sull’elsa della spada,riposta all’interno dell’armadio,dalla quale il ghigno macabro del teschio lo guardò sinistramente.
L’uomo ,riposta la giacca,accostò la finestra.Ritornò la penombra.
In ogni caso lui si avvicinò e impugnò la spada.Ricordò allora un discorso fatto con Aurora tempo prima,quando il gattino rimasto chiuso nell’armadio le aveva fatto scoprire quell’arma:

“-Non ho mai avuto una spada tra le mani…- esordì lei –Mi domandavo…-
-Se io l’abbia mai usata?-
-Ogni gentiluomo ne ha una…-
-Chissà…forse l’ho usata per proteggere il mio re…o per salvare fanciulle in pericolo…A te cosa piacerebbe?-
-Salvare fanciulle…da che pericolo?...-
-Scegli tu…se ti piace questa idea…-
-Perché mi tratti come una bambina?- gli domandò lei,seria –Sono una donna…-“

Era ancora prigioniera del buio,allora…Gli sembrava così bello proteggerla,farle apparire il mondo attraverso le sue parole…
Però era vero:era una donna,non una bambina…
Forse avrebbe dovuto provare a parlarle.Parlarle? E con quali parole?
Quella volta le aveva parlato con la sua musica,le aveva raccontato la storia terribile della sua maschera…ma Aurora era rimasta spaventata,addolorata…

“-Basta,basta Erik,per carità…-
Aveva cercato di fermarlo,ma lui l’aveva respinta col braccio,mandandola a cadere sul letto.Poi aveva proseguito,come invasato,fino all’ultima nota…nonostante i singhiozzi di lei…
--Non più amor mio…non più…- gli aveva detto,coprendolo di dolcezza…

No,non poteva farle ancora del male…ferire la sua innocenza,macchiarla…
Le aveva detto una volta che l’uomo che amava era nato il giorno che l’aveva incontrata…ed era quella la verità.Trascinarla nell’inferno del suo covo,nell’abisso dal quale proprio lei aveva contribuito a farlo uscire,benché involontariamente…No,non poteva consentirlo,non osava immaginarlo…
Doveva anzi proteggerla da chiunque potesse farlo contro la sua volontà.




Dopo aver sistemato in fretta le sue ultime cose,Alphonsine volle con Aurora mostrare a madame Giry il teatro,in particolare i luoghi dove si era consumata la loro inattesa carriera;dove tra litigi e incomprensioni,avevano finito per diventare amiche.
Entrarono nella sala da ballo.Aurora sedette al piano,accennando all’Esmeralda,Alphonsine accennò due passi.Poi raccontarono ancora come erano stati quei mesi,e poco a poco la pianista sembrò staccarsi da quelle chiacchiere,ritornare col pensiero ai primi approcci tra lei e Sindial,quando rimaneva sola nel buio…
-Tutto bene Aurora?- le domandò Magdalene a un tratto
-Si madame…-
-Alphonsine…ma le prove a che ora le avete?- chiese quindi distrattamente la maestra di danza.
-Oddio…le prove…Ilia mi aveva promesso di aiutarmi a ripetere le battute….Ma dov’è andato?-La ballerina si alzò e corse nel corridoio a cercare il suo amico.Era quello che desiderava madame:rimanere da sola con Aurora!
-Dunque…questo monsieur Sindial vi ha incantato,mia cara…-
Lei sorrise.
-Come vi ho scritto nella lettera…Lui mi è stato vicino,quando ero sola nella mia prigione di tenebre…E voi,madame? Lo conoscevate già?-
Magdalene fu presa alla sprovvista.
-Cosa ve lo fa pensare?...-
Aurora la guardò,senza parlare.
Magdalene dovette ammetterlo:
-Si…-
-Come Sindial,come De la Revenge…o come altro,madame?-
Le due donne si fissarono di nuovo.Magdalene stava per rispondere qualcosa,pensando tra sé che Aurora era molto meno ingenua di quanto sembrasse,e nient’affatto cieca,ormai…
-Madame Giry,Aurora!...venite in platea:la prova sta per cominciare!- le interruppe Ilia,comparso tempestivamente sulla porta.
-Ah si…arriviamo- rispose Aurora. –Madame,cominciate ad andare con monsieur Semonov…io vi raggiungerò presto…-


Seduta davanti al piano,incurante della penombra che incalzava,Aurora rimase pensosa a carezzare i tasti.Quindi,senza riflettere,iniziò a suonare il preludio nr 4 di Chopin:la storia di quelle due note che si cercano,si intrecciano,poi si separano….Tutto era cominciato da quella musica:era stato tutto così bello,ma ora non era più cieca…Quella che doveva essere la gioia assoluta,si rivelava un’arma a doppio taglio.Vedere era la chiave che apriva la porta della vera bellezza…ma anche la porta della verità…
Qualcuno si fermò sulla soglia.Aurora si volse:
-Siete voi,Ilia?...non siete andato giù?-
-Avevo dimenticato la mia copia del libretto da Alphonsine ,sono tornato a prenderla…e mi sono fermato ad ascoltarvi…-
La fanciulla riprese a suonare:
-Perché non entrate?…-
Ilia le si sedette di fianco.La osservò in viso:
-Va tutto bene,Aurora?-
-Ripensavo a questo brano…è così triste…- così dicendo accennò alla parte armonica. –Sentite? Questa nota è sola e disperata…Poi per un momento si intreccia ad altre note,sembra entrare in armonia con loro,con una in particolare,quella dell’accordo…Ma poi si separano di nuovo…-
-Si…forse è come dite:io non me ne intendo così tanto…Ma se vi mette malinconia,perché lo suonate?-
Aurora gli sorrise:
-Perché,Ilia?...ci sono cose che ci attraggono fatalmente…a voi non è mai capitato?-
Lo aveva guardato e il giovanotto aveva abbassato lo sguardo,quasi colpevole.
-Si,è successo anche a me…- ammise.-E non una sola volta…-
-Forse ci somigliamo,in questo…Una volta mi diceste che somigliavo a Sindial,vi ricordate?- Aurora si era alzata dal piano
-Certo…e lo credo ancora,per certi versi… -anche lui era in piedi,davanti a lei.
-Io invece credo di avere qualcosa in comune con voi….-
-Sono affezionato a Sindial,madamoiselle…profondamente,dalla prima volta che l’ho visto…se intendete questo…-
Lei annuì,piano.
-Si…fatalmente,vero Ilia?-
-Non c’è niente che io rimpianga,Aurora,di questa amicizia…-
Questa volta fu la pianista a chinare la testa,colpevole.Lui la guardò,indulgente:
-Ma –come voi- spesso ho dovuto affogare le mie domande e i miei dubbi nei suoi silenzi…-
Aurora rialzò la testa.
-Farei bene ad imitarvi,non è così?…La curiosità di Psiche fu punita…-
Ilia inspirò,riflettendo.
-Nel vostro caso…io credo che non si tratti di curiosità,ma del giusto bisogno di condividere ogni cosa con l’uomo che si ama…Ed anche Sindial,non potrà vederla diversamente…-
Lei sorrise,confortata da quelle parole,benché ancora dubbiosa:
-Vorrei tanto che aveste ragione…-
-Non abbiate fretta,madamoiselle…e soprattutto abbiate fiducia…-
-In lui?-
-In voi stessa…- il sorriso di Ilia era solare e franco,incoraggiante come sempre.-Venite giù con me?...o?-
-Aspetto Sindial…- rispose lei,guardando l’uscio dello studio con un sorriso sognante.
Semonov scosse il capo,soddisfatto e intenerito insieme, e si allontanò verso le scale.


Quando Ilia entrò nel camerino di Alphonsine aveva ancora quella espressione ammiccante sul viso.
-Che vi è successo Ilia? Avete un’aria beata…-
-Scusatemi Sinette…- disse il giovane,ricomponendosi - se ho tardato…-
Lei lo scrutò meglio alla luce delle lampade dello specchio.
-Ho incontrato Aurora…- continuò lui,ingenuamente.
-Ah…dovevo immaginarlo…- rispose lei,leggermente tagliente per nascondere l’amarezza.
-Ecco il libretto…vogliamo rimetterci a lavoro?- lui sembrò non fare caso al cambiamento di tono.
Alphonsine aveva indossato il costume di Anitra.Si alzò in piedi e fece qualche passo,una piroetta,poi si fermò,in attesa della battuta che Ilia avrebbe dovuto darle:il giovanotto la guardò ammirato,dimentico del suo ruolo.
-Vi muovete?datemi la battuta avanti!- lo apostrofò lei,brusca.
-Scusatemi…debbo abituarmi alla vostra bellezza…-
-Si si…avanti,smettetela con le smancerie!E’ tardi…tra poco vado in scena…-
-D’accordo,allora…Ma perché mi trattate così male?vi ho fatto qualcosa?-
-Vi prego… vogliamo ricominciare?-
-Anitra…ascoltami…-
-La tua schiava è tutta orecchie…-
-Sei affascinante,bambina mia!Il profeta è rapito…-
-Fatti in là…io mordo! Cosa vuoi?-
Ilia sollevò lo sguardo:Alphonsine recitava con una intensità impensata.
-Se riuscite a ripeterlo così,Alphonsine…vi copriranno di fiori e applausi:siete bravissima!-
La ragazza ebbe un bagliore di compiacimento nello sguardo.Si immaginò trionfante sulla scena,tra gli applausi…La sfida col pubblico era quella che accettava sempre volentieri,perché sapeva di uscirne vincente.
Il russo colse questi pensieri nei suoi occhi e gli sfuggì una risatina soffocata.
Lei lo fulminò.
-Vi faccio ridere,monsieur Semonov?-
-No…non rido di voi,Alphonsine…E’ che vi riconosco,ogni tanto,e…- non terminò la frase,la guardò con tenerezza,con trasporto.
La ballerina colse il senso di quello sguardo.Bastò a riconciliarla un po’ con lui,ma preferì tenerlo a distanza:
-Restate al vostro posto…e cerchiamo di andare avanti,signor Ilia… “Tu devi essere fuori di testa,profeta…un vecchio come te?-
-Il profeta non è vecchio…piccola anitra…i vecchi mica fanno ancora certe cose…”-
Una voce avvertì:
-Madamoiselle Segnier? Tra cinque minuti in scena…-
La ballerina uscì seguita dal suo amico.Gli chiese sottovoce:
-Rimarreste a guardarmi dietro le quinte?mi sentirei più sicura…-
Ilia lo avrebbe fatto volentieri,ma aveva promesso a Sindial di non lasciare Aurora sola con la Giry.Si grattò la testa,nervoso:
-Vi prego Ilia…-
-D’accordo…resterò qui,dove potrete vedermi…- e le fece l’occhiolino,incoraggiante.
Lei lo ricambiò con un sorriso radioso e scappò sulla scena.
Ilia si augurò di non dover rimpiangere quella debolezza…


Erik uscì dal suo studio per presenziare alla prova.Nella penombra,a metà corridoio,gli apparve la sagoma di Aurora .
-Aurora!?!- esclamò,lietamente stupito.
-Ti aspettavo...-
-La prova sta per cominciare…- nel dire così le prese le mani e se le portò alle labbra –Scendiamo?-
-Abbiamo ancora qualche minuto…-
Lui la scrutò,sulla difensiva:
-Volevi dirmi qualcosa?..-
-Si…- così dicendo si sollevò sulle punte e gli sfiorò le labbra con un bacio.Lui rimase meravigliato,poi, presale la testa tra le mani, ricambiò il bacio,grato.
-Sei così cara…-
-Volevo solo che tu sapessi che io…ti amo…- così dicendo lo guardò negli occhi,e questa volta Erik abbassò lo sguardo,inequivocabilmente.
La prese per mano,senza dire nulla e la condusse nella sala da ballo,vicino al piano,chiudendo la porta alle sue spalle.
-Aurora…ti chiedo di aver fiducia in me…-esordì.
-Ho fiducia in te…ma perché non dirmi di madame Giry?-
-Madame aveva chiesto di parlare con me,da sola…Non volevo turbarti,sapevo quanto ci tenessi a incontrarla…-
-E’ venuta a parlarti della nostra relazione,vero?-
Lui volse il capo altrove,espirando spazientito.
Aurora chiese in un sospiro:
-Voi…vi conoscevate già…non è così?-
Lui ribattè,aggressivo:
-Come lo sai? Te lo ha detto lei?-
La giovane abbassò il capo,come arrendendosi:
-Lei me lo ha solo confermato…non sono cieca,Erik…non più- sorrise,disincantata. –E vi ho anche sentito discutere,non volendo…-
L’uomo la guardò,con tenerezza e sollecitudine.
Le si avvicinò,la strinse ,le baciò i capelli,la fronte.
-Aurora…mi hai appena detto che mi ami…ebbene,io so che è vero…Fidati di me,amor mio…-
Lei gli si strinse vicino.Aveva bisogno del suo amore,era felice nel suo amore. E per il momento volle farselo bastare…


Durante la prova generale,Erik,Aurora e Madame Giry sedettero insieme in platea.
Quando l’impresario dovette allontanarsi per provare la scena del gobbo osservò entrambe,un po’torvo,poi si guardò intorno:Ilia sembrava sparito…
Si augurò che non approfittassero per parlare proprio allora,confidando nella professionalità di entrambe e nel rispetto dovuto agli artisti sulla scena.Ma naturalmente avrebbero potuto alzarsi e uscire…Doveva rischiare!
Lo fece,maledicendo il segretario scomparso senza giustificazioni.
Né Aurora né madame Giry riuscirono a profferir parola nel buio angoscioso della scena di Peer Gynt col gobbo,quando la voce di Erik invase il teatro:la ballerina soggiogata dal fascino potente di quella voce che amava,Magdalene emozionata e travolta dal mare dei ricordi…
Sindial scivolò poi silenzioso al suo posto,tra le due donne:Magdalene lo guardò,cercando conforto e sostegno al naufragio,nella memoria comune.Erik avvertì la vertigine dell’abisso,ma un attimo prima di lasciarsi irretire,un gelido velo di impassibilità gli calò sul volto,frapponendosi tra lui e la sua vecchia amica.
La donna allora si irrigidì,nuovamente.
Finalmente la comparsa di Alphonsine –Anitra sulla scena ruppe la tensione,attirando su di sé l’attenzione del piccolo pubblico.
La giovane etoile guardò Ilia,che le ammiccò,fermo dietro le quinte,come le aveva promesso;quindi entrò in scena danzando nel suo modo inimitabile;infine cominciò a recitare.
Herr Frederick dimostrò subito il suo entusiasmo per quella sua recitazione spumeggiante,ironica,vagamente aggressiva:era quello che si sarebbe aspettato da una partner alla sua altezza! I due portarono a termine il loro duetto con successo,con evidente soddisfazione di tutti i presenti:
-Alphonsine è stata perfetta,non trovate madame?- commentò Aurora.
-Sicuro…sono assolutamente soddisfatta,di lei!- ribattè la Giry,calcando volutamente sull’ultima parte della frase.
Alla pianista non sfuggì quell’enfasi,ma aspettò che la prova finisse prima di rivolgere ancora la parola alla ex maestra,mentre Erik dava le ultime disposizioni alla compagnia e all’orchestra.
-Che mi dite madame?non è un allestimento meraviglioso?-
-Sono assolutamente affascinata,Aurora…ma anche un po’ frastornata:la stanchezza del viaggio si fa sentire…Non possiamo bere qualcosa prima dello spettacolo?-
-Con piacere…Vi faccio strada…- Così dicendo si avviò verso il foyer,ma la Giry la fermò,e sottovoce,soggiunse: -Non ci sarebbe un luogo più appartato?-
-Mi spiace…io non alloggio qui,non posso invitarmi nella mia stanza…- rispose l’altra,con una certa compiaciuta malizia.
-Venite nella mia,allora- ribattè Magdalene,con magistrale prontezza.
-Sta bene…-si arrese la giovane –Avverto monsieur Sindial…-
-Non disturbatelo…non vedete come è impegnato…In fondo restiamo a teatro…-
Convinte di essersi sottratte al controllo dell’impresario,le due donne si avviarono fuori della platea.
Ma Erik aveva finalmente ritrovato il fido Ilia;con un’occhiataccia perentoria gli impose di star loro dietro,secondo quanto gli aveva chiesto in precedenza.
Il giovanotto –sentendosi colpevole per la defaillance precedente –scattò su due piedi …
Magdalene aveva introdotto la giovane ex allieva nel suo appartamento e aveva chiuso la porta dietro di sé:Aurora era stata invitata ad accomodarsi in un salottino confortevole,e si guardava intorno,leggermente dubbiosa.
-Come vi dicevo,mia cara…vi trovo bene e sono felicissima della vostra guarigione…- esordì la Giry.
-Grazie…tuttavia sento che nel vostro discorso c’è un ‘ma’…non è così?-
-Non lo nego…-rispose con freddezza la maestra di danza- Francamente temo che il vostro entusiasmo di donna innamorata può rendervi più cieca di quanto non lo siate stata precedentemente..-
Aurora trasalì.Stentava a riconoscere nelle parole di madame Giry la donna sensibile che aveva sempre creduto di trovare in lei:se ne indispettì.
-Venite al dunque,madame…intanto sto ancora aspettando che rispondiate alla mia domanda di prima:come conoscevate,Sindial?-
Magdalene esitò.
-Come lo abbia conosciuto io,non ha molta importanza…è che mi domando voi,fino a che punto lo conosciate…-
La fanciulla stava per rispondere:
-Ebbene…-
Ma qualcuno bussò alla porta:
-si?- domandò Magdalene.
-Sono Ilia,madame…posso entrare?-
Le due donne si scambiarono uno sguardo disorientato ed eloquente.Magdalene si alzò e andò ad aprire:
-Mi sono permesso di portarvi qualche genere di conforto,madame…- disse il giovanotto,introducendo un fattorino con un carrello su cui vaporava una teiera,circondata da pasticcini e leccornie varie.-Oh,madamoiselle Aurora,non sapevo che eravate qui…forse disturbo?-
Aurora e la Giry si guardarono negli occhi.L’educazione imponeva loro di sottrarre Ilia all’imbarazzo:
-Anzi – disse madame –…Sedete con noi,monsieur Semonov…Stavamo commentando la prova…-
Ilia finse di volersi sottrarre,ma finì per cedere all’invito.
La conversazione tra le due donne era destinata a rimandarsi ancora…

Quella sera lo spettacolo si svolse impeccabilmente,ma Aurora non ne godette un solo minuto.Si sentiva agitata,oppressa.
Seduta nel palco,tra Erik e madame Giry avvertiva la tensione tra i due e le sembrava di essere lei stessa la corda che l’uomo e la donna si contendevano.
Desiderò uscire di là,andare altrove,magari condividere con Alphonsine l’agitazione tutta spontanea e naturale dell’esordio.
Avvertiva uno strano,indecifrabile malessere.Forse la stanchezza,forse l’ansia…
Ancora una volta,sarebbe rimasta da sola con Magdalene,mentre Erik recitava la sua parte nascosto lassù dove l’aveva condotta la sera prima.Sperò che lui le chiedesse di accompagnarlo,ma Sindial uscì dal palco,cedendo distrattamente il posto a Ilia.
Meno male..almeno il giovanotto rappresentava una ventata di schiettezza,di solare allegria.
-Ilia,dopo andiamo giù da Alphonsine? Vorrei farle un po’ di coraggio…- gli propose a bassa voce:aveva bisogno di uscire da quella piccola gabbia d’oro.
-Senz’altro,Aurora…-rispose lui,con un sorriso.
Tra primo e secondo atto,i due meditarono di sgattaiolare nel back stage.
Erik,rientrato nel palco,li lasciò fare.
Per la prima volta Aurora si ritrovò a mischiarsi con la fiumana di spettatori che tra un atto e l’altro si riversavano nel foyer ,nei fumoir,tra mille commenti,chiacchiere…Intorno a lei la ressa,la confusione,il vocìo contribuirono ad aumentare quella strana sensazione di smarrimento,di mancanza di forze.
Nella folla aveva perso di vista Ilia,e a un tratto si sentì persa.Desiderò solo raggiungere i camerini:ma anche là,l’agitazione degli artisti,la frenesia di chi andava e veniva,e sarte,e truccatrici, e guardarobiere…
Davanti alla porta di Alphonsine,Aurora si sentì venir meno,la testa le vorticò intorno,e perse i sensi.
Per fortuna Semonov in realtà non era distante da lei e la prese tra le braccia,impedendole di cadere;quindi bussò alla ballerina.
-Sinette…aprite…-
-Non siate irruento…- scherzò inconsapevole l’altra – e chiamatemi Alphonsine!-
-Vi prego…-
Il tono era strano.L’etoile ebbe un sesto senso e smise di scherzare,aprendo tempestivamente la porta:Ilia entrò dentro e adagiò la fanciulla svenuta su un divanetto.
-Ma che succede?-
-Ha perso i sensi…non avete nulla per farla rinvenire?-
-Un po’ d’acqua…ma voi correte a procurarvi qualcosa di forte,svelto!-
-Si..e..avverto Sindial…?!?-
Alphonsine lo guardò:per la prima volta Semonov sembrava sprovveduto…
-Avvertitelo,se volete…accidenti?quanto tempo ho?-
-Venti minuti,credo…- rispose lui,sempre più disorientato.
-Allora sbrigatevi a portare qualcosa di forte…e ritardate un po’ l’inizio del secondo atto…- gli disse,energica,spedendolo fuori.
Poi spruzzandola appena con l’acqua,tentò di far rinvenire l’amica.
-Aurora De Guileeerm…yuhuuu…?-
-Che cosa?...oddio…ma che?...Alphonsine!...basta,non spruzzarmi più…!-
La ballerina rise,tranquillizzata.
-Allora sei di nuovo tra noi?-
-Sono svenuta?...-
-Direi…il signor Semonov ti ha sollevato sulle forti braccia e ti ha portato qui…-
-Deve essere stata la stanchezza…-
-Mmmm mmm…- Alphonsine rispose con poca convinzione e si mise a guardare Aurora,curiosamente.-Non è,signorina,che ci nascondi qualche sorpresa?-
L’altra ebbe un moto di stupore,poi di stizza.
-Non dire…non capisco…Insomma,non pensarlo nemmeno!- reagì,con forza.
-Calma…non arrabbiarti …Adesso Ilia ti porterà qualcosa da bere…Perché ti inalberi così?Sai…a volte succede…Bè certo…per una donna,un’artista è una gran seccatura…nove mesi di schiavitù…e poi? Dolore,fatica…Però avevo sentito che si diventava meno belle…E tu,invece,devo ammettere che sei uno splendore…- Alphonsine parlava parlava,come un fiume in piena.
Aurora fece per alzarsi:
-Smettila…o me ne vado,anche se dovessi strisciare a terra…Non mi piace scherzare su questi argomenti…e poi,stai vaneggiando:sono solo stanca e un po’ tesa…-
Bussarono alla porta.Era Sindial…
Alphonsine aprì e l’uomo entrò;senza salutarla né scusarsi, si precipitò verso la giovane sul divanetto,inginocchiandosi vicino a lei sollecito.
-Buona sera monsieur Sindial…se volete entrare? Prego…non disturbate affatto…- disse ironica Alphonsine appoggiandosi alla porta,con la testa sul palmo e il gomito appena piegato. –Entrate anche voi,Ilia…frequentato questo posto,la sera…-
Anche Ilia non le diede attenzione e porse invece a Erik un bicchierino di cognac,per Aurora.Finalmente si accorse di Alphonsine in posa pazientemente bonaria dietro l’uscio e le suggerì:
-Forse dovremmo lasciarli soli…-
La ballerina fece una espressione tra lo stupore,il disappunto e la rinuncia…e uscì,chiudendosi la porta alle spalle.

-Come stai,amor mio? Ti senti meglio?- domandò Erik preoccupato ad Aurora.
Lei sorrise.Era pallida,ancora un po’ sbattuta.
-Si…deve essere stata la stanchezza,la tensione degli ultimi giorni…-
L’uomo l’aiutò a bagnare le labbra nel cognac.
-Bevine almeno un sorso…-
La ragazza,poco abituata tossì,inizialmente;poi si fece forza e ne bevve un po’.Pian piano il colorito le tornò sul viso.
Posato il bicchiere,lui le prese le manine –piuttosto fredde- riscaldandogliele tra le sue e baciandole con tenerezza.
-Sto bene adesso…- lo rassicurò ancora lei –Però vorrei rientrare…ho bisogno di un po’ di riposo…-
-Sta bene:ti riaccompagno a casa…-
- E lo spettacolo?..Stasera Alphonsine esordiva come attrice…e…-
Lui le sfiorò le labbra con le dita:
-Shhh…Ilia mi sostituirà…Lascia che ti accompagni…-
La giovane donna gli si strinse addosso,cingendogli il collo:
-Tienimi stretta…-
Anche lui l’abbracciò,senza farselo ripetere.Il calore della sua stretta la rinfrancò più di ogni altra cosa,ma poi un brivido le attraversò la schiena:e se fosse stato vero quello a cui alludeva Alphonsine?Si strinse a lui ancora più forte,percorsa da una inconscia paura di perderlo…
Erik avvertì il suo turbamento,ma lo attribuì al malaugurato incontro con madame Giry.Qualcosa quella donna aveva dovuto insinuare nel cuore di Aurora,per impaurirla così…
La strinse a sé,le carezzò la testa,le baciò i capelli,le guance,con tenerezza indicibile.E Aurora scacciò i cattivi pensieri.
-Ora andiamo a casa…-suggerì infine lui.
L’aiutò ad alzarsi e le porse il braccio.
-Semonov!...-chiamò poi,col suo solito tono imperativo.
Il giovanotto era proprio là,con Alphonsine ,suo fratello Philippe,e la soprano che interpretava Solvieg –involontaria testimone dell’accaduto:tutti in attesa di notizie.
-Come va?- -Come sta madamoiselle Aurora?- chiesero infatti all’unisono i nuovi arrivati.
Appena un po’ spazientito,Sindial rispose:
-Molto meglio…Semonov:io la riaccompagno a casa…-
-Ma,monsieur Sindial….E’ il mio esordio…- si lasciò scappare un po’ delusa Alphonsine.
Aurora era dispiaciuta e imbarazzata.
-Erik…non importa che mi accompagni…sto molto meglio…posso farcela…-
-Semonov,tornerò quanto prima!- proseguì l’uomo,senza ascoltarla.- Trovate una scusa,ritardate il secondo atto ancora di qualche minuto…Voi sapete come fare!-
Ilia ricambiò la fiducia accordatagli con un segno di assenso rassicurante e rientrò nei suoi panni di factotum.
-Sarà fatto,monsieur..-
Quando Alphonsine entrò sulla scena,un po’ titubante e sfiduciata,sollevò lo sguardo verso il palco di Sindial.Come promesso,un barbaglìo d’argento la rassicurò che l’uomo era rientrato in tempo per assistere al suo debutto di attrice. E fu un trionfo!


Era tardi ormai.Gli ultimi spettatori scomparivano in strada allontanandosi a piedi o sulle carrozze.Il teatro ormai era vuoto.La compagnia era andata a cena,in allegria,come sempre,entusiasta dell’esito più che soddisfacente di quella seconda replica.Madame Giry,congratulatasi con la sua alunna e poi con l’intera compagnia,s’era ritirata nella sua stanza.
Ilia e Philippe aspettavano Alphonsine per avventurarsi nella notte parigina.
Sindial congedò il suo giovane segretario e seguì il terzetto uscire sulla strada con uno sguardo distante,quindi girò sui tacchi e rientrò nell’ala abitabile.
Passando davanti alla porta di Magdalene rallentò il passo,fu tentato di fermarsi,bussare…Poi scosse la testa e proseguì verso il suo studio.Quella notte avrebbe completato l’ultima parte del suo balletto,la più difficile….la più vicina al suo spirito…Psiche affronta l’ultima prova:la discesa agli inferi,dove Venere l’ha mandata per chiedere a Proserpina un po’ della sua bellezza…
Non è una prova facile:l’Ade è scuro e pieno di insidie,sulle acque scure dei suoi fiumi sotterranei si muove lenta la barca di Caronte,si agitano mostri spaventosi…e Cerbero il famelico cane tricipite l’attende per afferrarla e dilaniarla…
Eppure Psiche affronta tutto questo:attenta e assennata segue le istruzioni ricevute e ottiene da Persefone ,regina infernale,la scatolina con un po’ della sua bellezza…la vera bellezza…
E’ in quella scatolina,l’ultima insidia,l’ultimo tranello.Psiche crede di non essere all’altezza del suo sposo,crede che l’aver vagato tanto,l’essere discesa fin nell’abisso,l’abbia resa meno bella…Così contravviene ancora al comando,apre la scatola proibita…E un sonno di morte la pervade!
Erik si fermò un attimo,esausto.La musica delle tenebre era esplosa nuovamente dal suo cuore,travolgendolo…Una musica che scavava nella profondità dell’inconscio,che ne tirava fuori le paure e le fatali attrazioni,una musica di morte…
L’uomo era appoggiato alla sedia col capo riverso all’indietro:ripensava alla sua vita,remota e recente.Un tocco leggero alla porta lo distolse,sollevò la testa,sulla difensiva.Quindi andò ad aprire.
-Monsieur?…Erik?- chiamava piano madame Giry,accostata all’uscio.
Finalmente Sindial aprì:la donna aveva indossato una veste da camera sulla lunga camicia da notte e aveva le trecce sulle spalle.Erik sottolineò l’eccentricità di quella mìse con un ghigno ironico:
-Madame…a cosa debbo tanta intimità?-
Lui indossava solo la camicia,lasciata sbottonata sul petto,sui pantaloni neri.Aveva i capelli scomposti,un filo di barba gli ombreggiava il viso.
La donna entrò,lasciando che lui chiudesse la porta alle loro spalle,quindi a testa bassa,quasi commossa,ammise:
-Ho sentito la vostra musica,Erik…Siete tornato a comporre?-
-Si…-
-Il teatro è bellissimo…e l’allestimento del Peer Gynt magnifico…-
-E’ un’ora insolita,madame,per complimentarsi con l’impresario…- rispose lui,spazientito.
-Volevo che sapeste quanto apprezzi tutto ciò…e risentire la vostra musica…- A Magdalene sfuggì un singhiozzo.
Erik la guardò con diffidenza.Era difficile riavvicinarsi a lei,dopo quello che si erano detti,eppure sentiva che la donna,in quel momento,aveva bisogno di aiuto.Le mise una mano sulla spalla.Lei sussultò.Lui strinse,con forza,quasi facendole male.Ma la donna non si ribellò.
-Quanti ricordi,Erik…quanti anni passati a serbare ogni cosa nel cuore,…E ora che sono sola…-
-Perché sola,Magdalene?-
-Mia figlia Meg è partita…vive in Argentina…Su di lei avevo riversato tutto il mio sentimento,tutta la mia passione…-
L’uomo ora le carezzava appena la testa.L’impietosa luce della candela rivelava qualche capello bianco.
-Raggiungetela!- sentenziò lui,girandole brevemente le spalle.
-Ma…la scuola,le mie ballerine,…-
-Pretesti…-
-Come potete dirlo?-
-Perché vi conosco…o meglio:vi ho conosciuta,ed ora so che voi avete paura,paura di vivere,paura di permettere alla vita di entrare in voi e travolgervi,con le sue passioni…-
-Le passioni accecano,monsieur…-
-Amare non è una passione…Amare vostra figlia,correre da lei,starle vicino:quello è l’imperativo del vostro cuore,se solo voleste ascoltarlo!-
Magdalene annuì,come convinta.Quindi fece per andarsene,ma fermatasi sulla soglia,domandò:
-E a voi? Cosa detta il vostro cuore? Di mentire alla donna che amate?-
Erik sospirò,ma non si arrese:
-Di proteggerla…-
-Non durerà a lungo…lei non è cieca,non più…-
-Per me…non lo è mai stata!-
Magdalene lo guardò,ammirata,ma poi implorò:
-Non impeditemi di parlare con lei…voglio solo congedarmi,assicurarmi che stia bene…-
-Non vi è bastato ciò che avete visto?-
La donna scosse il capo:inutile insistere.
-Non riuscireste a impedirmelo,comunque…- disse ancora,quindi uscì.
Erik la guardò allontanarsi nel corridoio,mentre la porta si chiudeva piano dietro di lei.




Aurora cadde in un sonno profondo,spossata dalla stanchezza,estenuata dall’agitazione delle ultime ore.
Presto la sua mente sembrò rasserenarsi,rinfrancata dal riposo:dopo poco iniziò a sognare…
Le immagini erano sfumate,ma la sensazione era di trovarsi nel parco di una villa,la loro villa:lei sedeva su una sedia a dondolo,e serrando in grembo un caldo,invisibile,piccolo involto,modulava a bocca chiusa una ninna nanna…
Era una sensazione dolcissima:alla sua voce sembrò sovrapporsi quella vellutata di Erik.Era proprio la piccola ninna nanna scritta per lei,la sua bambina…
Quando la fanciulla si svegliò il sole era sorto da poco:Leporello le dormiva in grembo,riscaldandola.
Si sentiva più serena.Le paure della sera prima che le avevano fatto apparire il futuro nebuloso,intricato;che l’avevano amareggiata senza un vero motivo,sembravano diradarsi.
La luce del giorno restituiva alle cose i loro reali contorni.
Si alzò e sedette davanti allo specchio,ravviandosi i capelli.Era così bello potersi specchiare…
Sonò un piccolo campanello d’argento e chiamò:
-Beatrice!-
Poco dopo la cameriera sopraggiunse con la colazione:nel vassoio,un biglietto sigillato.
Aurora lo prese e guardò la giovane:
-E questo? Quando è arrivato?-
-Stamattina presto…- disse,affrettandosi a scomparire dentro,come per sottrarsi ad altre domande.
La pianista bevve un sorso di tè,poi col coltellino del burro aprì la missiva e lesse:
‘Mia cara Aurora,
desidero parlarvi e congedarmi da voi…ma ho l’impressione che a teatro sia pressocchè impossibile parlare liberamente.Vi propongo un incontro piuttosto insolito,per il luogo e l’ora:alle sette,nel cimitero di ******.Mi auguro di potervi abbracciare,un’ultima volta.
Magdalene Giry’

-Beatrice?-
-Si madamoiselle?-
-…debbo essere pronta al più presto…-
-Dove andate madamoiselle? È l’alba?- chiese la giovane,apprensiva.
Aurora inspirò. Era calma,determinata.
-Debbo vedere una persona…-
-E se vi cercassero?- la cameriera sembrava preoccupata.
-Tornerò prima che qualcuno possa cercarmi…- la rassicurò,con un sorriso.
Non appena Aurora fu pronta,Beatrice chiamò una vettura e l’ aiutò a salirvi.Poi indugiò appena ,in tempo per sentire la padrona dare l’indirizzo al vetturino.
Il percorso non fu molto lungo,ma abbastanza perché Aurora ripensasse a quanto sgradevole le era sempre sembrato quel luogo dove era diretta:tombe monumentali si susseguivano,barocche e malinconiche,statue di pietra,angeli della morte…A lei erano sempre stati più familiari quei piccoli cimiteri di campagna,senza orpelli,dove i fiori e le croci si alternavano,in sobrie aiuole ordinate…
Ecco:la carrozza si fermava,il vetturino l’aiutava a scendere.
Davanti a lei il cancello enorme si apriva sullo squallido giardino dove la terra brulla e i rami spogli degli alberi negavano che la primavera fosse arrivata,potesse arrivare mai.
La fanciulla si inoltrò,piuttosto disorientata,nei viali.A un tratto,davanti a lei,una spianata e una serie di tumuli tutti uguali,più o meno anonimi.
-Cercate qualcuno,madamoiselle?- la distolse la vocetta chioccia di un vecchietto,probabilmente un custode.
-Si…grazie…la tomba del capitano Giry…-
-Ah…è dall’altra parte,nella zona vecchia…-
-Ma…e queste? Cosa sono?-
-Le sepolture dei Comunardi,madamoiselle…Tornate indietro verso l’ingresso e girate a destra…lì troverete la cappella che cercate..-
La giovane donna disse si e ringraziò col cenno del capo;ma prima di ritornare sui suoi passi guardò di nuovo quei pietosi sepolcri.


Dopo il colloquio con Magdalene,Sindial aveva inutilmente cercato di rimettersi a comporre.Ma i pensieri gli si agitavano in testa vorticosi.
Alla fine si gettò sul letto e,stranamente,il sonno lo vinse.
Un sonno agitato da sogni,un dormiveglia in cui la sua vita passata e quella presente sembravano intrecciarsi in modo inquietante:un abito da sposa,un velo bianco…il volto amato di Christine sostituito da quello adorato di Aurora,la voce di quest’ultima sovrapposta a quella dell’altra…Una voce che lo accusava,guardandolo con orrore,senza riconoscerlo:
-Io mi sono fidata di te,ciecamente..tu,mi hai ingannato…-
E poi fuoco,fiamme,distruzione,disperazione…
Nel sonno,si agitava,disperato,senza trovare pace.La maschera gli cadde dal viso,gettò la testa sul cuscino che conservava ancora il profumo dei capelli di Aurora,e finalmente il sogno cambiò.Gli sembrò di avvertire una musica dolce,come una ninna nanna:stretta tra le sue braccia ora sentiva una bambina in pericolo.Che gli si affidava,completamente.Che schiudeva gli occhi e lo guardava,riconoscente.
Quando all’alba il sole coi suoi raggi luminosi penetrò la penombra opprimente della sua stanza,Erik si risvegliò con una sensazione dolcissima.
Ora la sua mente era più chiara.Ora cominciava a pensare che,un poco per volta,avrebbe potuto prendere per mano Aurora e condurla alla scoperta della verità,senza che l’abisso la divorasse.
Si lavò e vestì in fretta,quindi scese nelle scuderie e,montato sul calesse,si precipitò alla maison Levigny.


Madame Giry era inginocchiata sui gradini della piccola cappella di famiglia:disponeva dei fiori nei vasi,pregando silenziosamente.
A un tratto un’ombra si delineò alle sue spalle.
-Non credevo più di vedervi,Aurora…-
-E invece,madame…eccoci ,finalmente…-
La donna si segnò brevemente,quindi uscì dall’angusto tempietto e abbracciò piano la ex allieva:
-Vi sentite meglio? Ho saputo che ieri avete avuto un malore…-
La giovanetta sorrise:
-Molto meglio…avevo solo bisogno di riposare…-
-Spero di non essere stata in parte colpevole..- si scusò Magdalene,inoltrandosi al braccio di Aurora,per un vialetto solitario.
-Voi?....e perché?- si finse meravigliata la pianista.
-Magari certi miei discorsi …una certa tensione che avrete avvertito…-
Aurora non rispose,e per un po’ camminarono in silenzio.
-Avete deciso di ripartire subito?- domandò infine la giovane donna.
-Si…debbo prendere una decisione importante… Meg:a maggio avrà un bambino e mi ha chiesto di raggiungerla…-
-Ma…è una notizia splendida madame!- Aurora non seppe controllare il suo entusiasmo.
Questa volta fu la Giry a confondersi,commossa.
-Grazie,Aurora…-
-E come mai avete aspettato fino ad ora?...io sarei volata!-
-Voi siete una ragazza appassionata…sensibile…-
-Madame..vorreste dirmi che non siete sensibile?..io vi conosco…-
Magdalene scosse la testa:
-Voi siete capace di vedere oltre le apparenze,è diverso…voi vedete al di là delle maschere…-
Aurora aggrottò le sopracciglia;il discorso stava finalmente entrando su un terreno scivoloso:
-Eppure ieri…mi avete dato della cieca…- la rimproverò.
-E’ vero… -
-Cosa vi ha fatto cambiare idea?- domandò ancora Aurora,sospettosa.
-Forse la cieca sono stata io…e qualcuno mi ha aperto gli occhi…-
Le due donne si scambiarono uno sguardo profondo,la Giry sorrise,come a chiedere scusa.
Si erano fermate davanti a una cappella di mattoni rossicci,chiusa da un cancelletto:era abbandonata da tempo,ma ancora si leggeva,sotto una immagine scolorita,la dicitura ‘Gustave Daaè’.
Lo sguardo di Aurora tornò diffidente.
-No,non è un caso se vi ho voluto incontrare qui…se ci siamo fermate,qui…- le confermò madame Giry.
-C’è qualcosa che non mi avete ancora detto,madame?- le chiese con un tono quasi di sfida Aurora.
-Voglio parlarvi di un’altra ragazza,che forse in parte vi somigliava…una ragazza dolce e sensibile,capace di vedere oltre la maschera…-
Aurora si irrigidì:
-Non così capace…né così sensibile…se ricordo come è finita!-
-Lei era stata ingannata,Aurora…-
-Si?...e così ha tradito chi confidava nel suo amore?chi non cercava altro,non desiderava altro che poterle stare accanto?...Madame,io c’ero quella sera! Ricordo ogni cosa!-
-Era come impazzito…avrebbe potuto uccidere –non solo lei- ma chiunque…Mi spiace che tu…-
-Io non ho visto altro,dopo che lei gli ha strappato la maschera!...i miei occhi non hanno voluto vedere altro,da quel momento!-
Madame Giry sbigottì.
-Vuoi dire?...non è stato il trauma per la caduta del lampadario? Non è stato l’incendio?-
Aurora scosse la testa.Era ancora turbata,commossa per quel lontano ricordo,per il dolore che aveva provato per quell’infelice sconosciuto.Poi si ricompose e disse:
-Voglio mostrarvi anch’io qualcosa,madame…-


Sindial aveva suonato già due volte di seguito alla porta della maison Levigny,impaziente.
Finalmente Beatrice aveva aperto,abbassando la testa,spaventata.
-Dov’è madamoiselle Aurora? Desidero vederla…-
-Non c’è monsieur…-
-Come non c’è? Beatrice,ieri vi avevo chiesto di vegliare su di lei…-
-Avete ragione,monsieur…ma stamane stava bene e mi ha detto che sarebbe uscita…io ho tentato di..-
-Dove è andata?...-
Beatrice era reticente:
-Ha detto che sarebbe tornata presto…-
-Sapete si o no,dove è andata?- le domandò,minaccioso l’uomo.
-Mi è parso di capire…che doveva vedere una persona…-
Sindial si guardò intorno,espirando spazientito:
-Vi ho chiesto dove!-
-Ho sentito che diceva…al vetturino…’Al cimitero di…’…Non ho sentito altro,monsieur,sono mortificata-
Con un gesto di stizza Sindial la congedò,quindi uscì dalla casa e,rimontato a cassetta.spronò Melas come il vento verso il luogo dell’abboccamento.


Aurora aveva condotto madame Giry davanti alla fossa comune.
-Perché mi mostrate queste sepolture?-
-Sono i morti che hanno trovato in teatro,madame…-
La Giry rabbrividì.
-Tra queste tombe ce n’è una senza nome,senza numero,senza croce…più desolata delle altre…E’ la tomba di quella sfortunata,infelice,folle creatura …Perché lui è morto,madame:ha pagato le sue colpe,e rimane solo,anche ora…Quell’uomo non esiste più: resta solo la sua pena,la sua sconfinata solitudine…-
Il discorso di Aurora era chiaro,madame Giry capì che non c’era nulla,da replicare.Capì anche che non sarebbe stata lei,l’interlocutrice giusta,per riaprirlo.
Assentì dunque,abbassando piano la testa e volgendola verso la macabra spianata.
Fu allora che qualcosa attirò la sua attenzione:qualcosa si mosse,prese vita,nella penombra in fondo alla terra umida.
-Avete visto anche voi?- le domandò Aurora.
-Si…c’è qualcosa…qualcuno…Guardate! Sembra un ..un bambino…!- esclamò la Giry.
Le due donne corsero verso la tomba da cui era sembrato quasi sollevarsi il piccolo intruso:sulla terra brulla,una serie di sassi accumulati uno dietro l’altro,secondo un qualche ordine.
La Giry si fermò a osservare,Aurora invece si guardò intorno e corse dietro all’ombra,nella direzione lungo la quale sembrava essersi dileguata.


Sindial aveva frenato il calesse e ne era smontato con un balzo felino;il suo nero mantello si era aperto,come le ali di uno sparviero che precipita sulla preda incauta.Ora gli ricadeva sulle spalle,sollevato dal vento,mentre l’uomo si precipitava lungo i viali.Si guardò un attimo intorno,come la belva che fiuta la preda:quindi si diresse verso la tomba di Gustave Daaè,sicuro di trovarvi le due donne.
Improvvisamente la sua corsa fu interrotta dall’impatto con una sorta di creatura selvatica,che quasi gli rotolò tra le gambe.
Erik imprecò,poi due occhi immensi,spaventati,sembrarono quasi chiedergli aiuto sotto un groviglio di capelli scuri e ricci:era un bambino!un bambino che fuggiva!
Istintivamente col suo mantello l’uomo coprì quella fuga,consentendo alla creatura di sparire,tra l’erba incolta e le monumentali statue del cimitero vecchio;immediatamente dietro di lui sopraggiunse Aurora,che correva,in sopraffiato e che si fermò contro Sindial,quasi spaventata dalla sua apparizione inattesa.
-Oh!...Erik!-
-Che succede Aurora?...Calmati!-
-Non lo hai visto?...era qui! È corso da questa parte!-
L’uomo la guardò,interrogativo:
-Di cosa parli?...Prendi fiato,amor mio…E spiegami,piuttosto,come mai sei qui!- le ultime parole suonarono taglienti,come una lama.Aurora rabbrividì.



-Non essere in collera,Sindial…- rispose Aurora.
Aveva ancora il sopraffiato e la corsa le aveva colorito delicatamente l’incarnato;le labbra erano rosse,per l’aria frizzante del mattino.Guardandola Erik sentì quasi una vertigine,al pensiero che quella creatura così bella gli apparteneva;e la sua rabbia mal controllata sarebbe presto svaporata in desiderio,se non fosse di lì a poco sopraggiunta anche madame Giry,confermando i suoi sospetti:
-L’avete raggiunto,Aurora?...oh…monsieur Sindial…-
L’uomo guardò entrambe con disappunto,riversando sull’ultima arrivata un’occhiata di puro rancore mal represso.
-Anche voi all’inseguimento di un…bambino,madame? Insolito passatempo,per una signora…- scherzò lui,sardonico.
-Ce lo siamo trovato di fronte,tra le tombe là…nella fossa comune…- spiegò Aurora.
- Avete scelto un luogo ben strano,per una passeggiata mattutina…- sibilò sempre più sarcastico.
Madame Giry gli rispose:
-Era come un piccolo zingaro…nascosto qui,al riparo da…dal mondo- e guardò Erik,eloquentemente.
Lui tentò di rimanere sulle sue:
-Non mi avete ancora spiegato come mai siete qui…- ripetè,fingendo indifferenza per il resto.
-Venivo a congedarmi dal mio povero Victorien…Vado via…- rispose la maestra di danza.
-E tu,mia cara?...- ribadì con sguardo inquisitorio l’uomo.
Aurora aprì le braccia,arrendevole.
-Madame parte,Erik…Volevo dirle addio…-
L’uomo fissò entrambe,sospettoso.
- Rientrate già in Provenza,madame?- indagò
La donna indicò l’uscita:
-La carrozza mi attende fuori…ho già caricato i bagagli….-
-Che rientro tempestivo…-commentò lui,diffidente.
-Ho.. adempiuto a ciò che mi richiamava a Parigi…. Ora vado a sistemare delle cose…poi partirò per il Sudamerica!- gli rispose guardandolo dritta negli occhi.
Aurora,che non aveva fatto subito caso allo scambio di sguardi tra loro,soggiunse:
-Sua figlia,Meg,sta per avere un bambino…-
Erik posò gli occhi su Aurora,registrando con un attimo di ritardo quello che aveva detto,e che lui sapeva bene. Per un momento in quel cimitero il tempo si era come fermato,e c’erano stati solo lui e Magdalene.
Il suo sguardò si addolcì,pose una mano protettiva sulla spalla della giovinetta.Era un evidente segno di conciliazione.
-Usciamo di qui,venite…- le invitò,entrambe.
Sulla soglia del cimitero,poi,disse ancora alla pianista:
-Aspettami qui,accanto al calesse…Accompagno madame alla sua carrozza…-
Le due donne si abbracciarono,commosse.Poi la Giry accettò il braccio di Sindial e i due si allontanarono insieme.
Con l’aiuto dell’uomo,Magdalene montò sulla carrozza,fermandosi sulla predella.
-Questa volta è davvero un addio,monsieur Sindial..- gli disse,e gli prese la mano.

“-Vieni…dammi la mano…- gli aveva sussurrato,prendendolo per mano e conducendolo di corsa per le vie di una Parigi desolata e sconosciuta.
Avevano corso senza meta,inseguiti fino a un certo punto.E si erano ritrovati davanti al teatro dell’Opera…
La finestra della cappella era aperta:erano due bambini magri ed agili,vi si calarono facilmente…
Poi rimasero fermi a guardarsi.Erik aveva quella sua maschera di pezza,da cui trapelavano solo gli occhi…
-Puoi fermarti qui,fino a domani…-gli aveva detto Magdalene.-Debbo andare… Io mi chiamo Magdalene Deviche…e tu?-
Lui aveva fatto spallucce:non aveva un nome,forse…
-Come posso chiamarti…se debbo avvisarti di qualcosa?-
L’aveva guardata,senza rispondere.Allora lei aveva pensato che un nome non si nega neppure a un cane…e invece…
-Come chiami il tuo cane?- le domandò lui.
-Non ho cani…Posso chiamarti Erik?-
-Erik…?-
-E’ il nome di un bambino mai nato…Mia madre morì con lui,prima che nascesse…-
Gli aveva detto così,e aveva sorriso.Anche lui lo aveva fatto,dietro la tela della maschera.I suoi occhi la avevano guardata con grata tenerezza.
-Debbo andare..verrò domani! Addio!- “


-E’ l’ addio,Erik…- ripetè,dopo che entrambi,guardandosi negli occhi avevano rivissuto quel loro primo incontro,quel tempo ormai concluso e lontano.
-Si,Magdalene…-Lui le sollevò la mano e gliela baciò.
Madame Giry guardò alle sue spalle la figuretta lontana di Aurora.
-Falla felice…e sii felice anche tu…fratello mio!-
Poi prese posto nella carrozza e,chiusi gli occhi avvertì il suono secco del portello che si chiudeva;poco a poco la vettura si mosse e,prendendo velocità,si allontanò seguita a lungo con lo sguardo da Sindial.
Magdalene non potè trattenere le lacrime. Era finita:il passato,i rimpianti,le passioni e le paure…tutto ormai era alle sue spalle.E questa volta per sempre.
Poi il pensiero del viaggio,della casa che guardava l’Oceano,del piccolo tesoro tra le braccia di sua figlia Meg presero il sopravvento.La donna inspirò forte e un sorriso prima solo accennato,poi splendido e solare le illuminò il volto,mentre avanzava finalmente serena verso una nuova vita.
 
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view post Posted on 6/4/2008, 11:45
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Sindial tornò a passi lenti verso Aurora.La giovane donna indossava un grazioso abito a sottili righine verdi,i capelli fermati da un nastro verde smeraldo;la sua figura risaltava nello squallore del luogo.
-Vieni- le disse,aiutandola a montare sul calesse –Andiamo via…Questo luogo non è per te!-
Lei gli sorrise,grata. Ma prima che Melas galoppasse via da lì,i suoi occhi guardarono ancora tra le sepolture,immalinconiti e incerti al pensiero di quella misteriosa piccola creatura.
Procedettero senza parlare,a lungo.
Il calesse li aveva portati fuori città,lungo la strada che conduceva alla fattoria.
Entrambi riflettevano,assorti in mille pensieri.A un tratto Aurora alzò lo sguardo,perché un odore forte di fieno le ricordò qualcosa di familiare.Mise una mano sul braccio di Erik,che continuava a fissare,senza vederla,la strada,reggendo serio le redini dell’andaluso.
-Dove siamo? Mi sembra un luogo familiare…-
Finalmente l’uomo alzò gli occhi.
-Si…ti è familiare perché ci sei già stata…tempo fa… Fermiamoci un poco,vuoi?-
Così dicendo,trasse a sé le redini e Melas si fermò,con un nitrito soddisfatto.
Aurora smontò dal calesse.Ma restò ferma,disorientata.
Lui le prese la mano e la condusse inoltrandosi per la discesa che portava al campo.A un tratto il terreno si faceva scosceso,dissestato.Lui si fermò,le mise le mani intorno ai fianchi e –sollevatala- la depose oltre il gradone,davanti a sé.
Aurora capì dove si trovavano.
-…E’ qui che è incominciato tutto,vero…- chiese,un po’ trepidante.
-…Si…in parte è vero… E’ qui che ho capito che ti desideravo…che avrei potuto amare,di nuovo…E ne ebbi paura…-ammise lui.
Lo sguardo di lei lo accarezzò,stupita e intenerita assieme:
-Paura?...Tu?-
-L’amore che avevo conosciuto prima di te…era costato sofferenza,a me e a chi amavo…-
La giovane donna sospirò,incerta. Non era sicura di voler continuare quel discorso.
Gli gettò le braccia intorno al collo:
-Non potrei mai farti del male,Erik..mai!-
Lui le strinse le braccia tra le mani:
-Ma io te ne avrei potuto arrecare…l’ho creduto ancora fino a poco tempo fa…-
Aurora aggrottò le sopracciglia,interrogativa:
-E ora? Lo credi ancora?-
Lui la fissò.
-Caricare sulle tue spalle un peso che…deve essere solo mio…Non è forse farti del male?-
-Sono la tua donna…non credi che dovrei condividerlo con te?-
Lui scosse la testa. La volse da un’altra parte,poi si girò ancora e le sfiorò con le mani i capelli:
-Sei anche la mia bambina adorata…Adoro la tua freschezza,la tua innocenza…-
Si guardò intorno,aprendo le braccia:
-Ti immagino ancora che giochi a…come si chiamava? –
Lei sorrise:
-Nascondino…Te ne ricordi ancora?-
Lui annuì.
-Si…-
La guardò e desiderò baciarla,ancora e ancora.Si chinò su quel suo sorriso e le sfiorò le labbra,poi le assaporò avidamente,e presto era tutta tra le sue braccia,abbandonata e sognante,come sempre.
L’attirò sull’erba che in dolce declivio scendeva verso i campi,senza smettere di baciarla,ricambiato con una passione e un trasporto che toglievano il fiato.
Si fermarono un momento;lui la guardò sorridendo,le carezzò i capelli,parlando sulle sue labbra:
-Ti ricordi quando dicevi che non riuscivi a dormire senza di me?...Ora sono io che non dormo se non ti ho vicino…Ho lavorato quasi tutta la notte!-
-Davvero?-
Lui si distese,con la testa nell’erba;lei gli si stese di fianco e gli carezzò i capelli.La guardò poi fissò il cielo azzurro sopra di sé:
-Ho quasi completato il balletto…Voglio aprire la stagione prossima con quello…-
Lei lo contemplava,sorridendo:
-Ora il bambino che sogna…sei tu…-
Si voltò ancora a fissarla.La attirò a sé,la baciò con dolcezza.




Quando Philippe si alzò,quella mattina,cercò Ilia nello spazio confortevole,ma esiguo,dell’appartamento che condividevano.
Lo trovò che guardava la Senna,sul piccolo balcone;seduto a terra,col suo taccuino tra le mani.
-Che fate,amico mio?- gli domandò,stupito e divertito.
Ma il sorriso gli si smorzò sulle labbra,quando si accorse dell’insoddisfazione sul volto del suo ospite.
Ilia sollevò le spalle.
-E’ strano…ho davanti Parigi,un fiume di vite che mi scorre sotto gli occhi,ma non riesco più a scrivere…-
Philippe gli prese delicatamente il taccuino dalle mani e cercò di leggere.Ilia ridacchiò:
-Non credo che sappiate leggere il cirillico…-
-Però i nomi li avete scritti in caratteri occidentali…Sindial,Sindial Sindial…Aurora….oh,Philippe?parlate anche di me?....E di mia sorella,non avete scritto nulla?-
-Se guardate bene,c’è anche lei…- rispose il russo,con un sospiro.
-C’è,ma non abbastanza…-
-Già…L’avete vista ieri vostra sorella,vero?...E’ già tornata l’amante del palcoscenico…-
Philippe si era appoggiato alla balaustrata.Un colpetto di tosse,controllato a fatica,mise Joseph in allarme.Il maggiordomo uscì sul balcone e senza parlare fece per porgere al suo adorato padroncino una giacca da camera. Philippe la respinse:
-Vi prego,Joseph…-
Ilia si alzò da terra,prese la giacca prima che il vecchio cameriere la riponesse e,fraternamente,insistè col gesto,perché Philippe la indossasse:
-Non fate il bambino,amico mio…- lo rimproverò.
-Nemmeno voi,Ilia…Siete geloso del tenore?-
-Bè,a quanto pare Alphonsine preferisce la sua compagnia…-
Philippe rise.
-Magari lo fa proprio per suscitare la vostra attenzione?-
-Ne dubito…-sillabò il padrone di casa,sospirando e riprendendosi gli appunti.
Poi confessò:
-Volevo scrivere di lei ,ma non riesco…-
-Non dovete scrivere di lei…se volete il consiglio di un bambino…-lo guardò da sotto in su il giovane Segnier –Con lei,niente letteratura,monsieur Semonov…-
E gli fece l’occhiolino.
Ilia rimase pensoso.
Poi qualcuno bussò alla porta:un giovane commesso del teatro con un biglietto.
-Scusatemi,Philippe,ma stamattina debbo allontanarmi da solo:monsieur Sindial mi ha fatto chiamare…A più tardi!-
Così dicendo,infilato il soprabito,si defilò giù per le scale.
Una carrozza lo portò rapidamente davanti all’ingresso posteriore del teatro.
Aprì impetuoso la porta,in tempo per scontrarsi con herr Frederick,il bel tenore tedesco,e Alphonsine che uscivano a far colazione insieme.
-Oh…monsieur Semonov..- cinguettò la ballerina –Che irruenza…-
Ilia guardò i due,piuttosto irritato e si allontanò in fretta,quasi senza salutare:
-Perdonate…-
Alphonsine scambiò uno sguardo falsamente interrogativo col suo accompagnatore:
-Chissà…la voce del padrone?...- e ridendo varcò la porta che il tenore le tenne galantemente aperta,con un inchino.
Quando Ilia raggiunse lo studio di Sindial,ad attenderlo c’era Harun,il fedele servitore.
-E monsieur?...-
-Mi ha incaricato di consegnarvi questa…stamattina monsieur è uscito molto presto…-
-Già…- constatò il giovanotto,sbuffando un po’ spazientito.
Quindi aprì la lettera e ne lesse il contenuto.Sindial lo sollecitava ad espletare una serie di incarichi privati.
Ultimamente aveva trascurato i suoi impegni di fiduciario,ultimamente si era proprio lasciato andare…Forse si era sentito improvvisamente meno importante,svuotato del suo ruolo;e magari quella sensazione di insoddisfazione che gli aveva lasciato l’amaro in bocca dipendeva anche da ciò.
Infilò la missiva nella tasca interna della giacca e –fatta mente locale sul programma da svolgere- uscì dallo studio a passo svelto.



Il brontolio lontano di un tuono risuonò nel cielo di marzo,ancora apparentemente pulito.
-Ecco…farà come l’altro giorno… Nel pomeriggio verrà giù un acquazzone…- disse Aurora imbronciata,guardandosi attorno.
-Speriamo di no…- rispose Erik,alzandosi e aiutandola a rimontare sul calesse.
Ma percorse poche centinaia di metri,il cielo era già coperto.La pioggia,annunciata dal boato lontano e da un’avanguardia di grossi goccioloni,cominciò a scrosciare violenta.
Erik cercò di tenere Aurora riparata sotto il suo mantello,ma la violenza dei rovesci e del vento era tale che presto furono entrambi fradici.
-Dobbiamo fermarci alla fattoria…-
Raggiunsero il casale e guadagnarono in fretta un riparo nelle scuderie.
C’era un caldo tepore,che diede loro un po’ di sollievo.Poi comparve Antoine:
-Monsieur Sindial…-
-Antoine…il temporale ci ha sorpresi…Avremmo bisogno di cambiarci…e di abiti asciutti…-
-Ma certo,monsieur…venite in casa mia:è sempre un onore,potere ospitare voi e la vostra bella signora…-
Aurora abbassò gli occhi,imbarazzata.
Entrarono nel casale,sotto il portico dove avevano assistito alla festa di nozze.
-Mia nuora,sapete…è incinta! In estate mi nascerà il quarto nipote!- esclamò orgoglioso il vecchio massaro.
Un paio di marmocchi passò loro davanti,rincorrendosi:
-Andrè,Pascal…Marius!- gridò il vecchio.L’ultimo chiamato si fermò,col viso un po’ mogio:
-Si nonno…-
-Avverti sopra…Abbiamo ospiti!-
Il ragazzo sollevò lo sguardo sui nuovi venuti:lei era bella ed elegante,una signora della città.Lui era quello strano signore con la maschera d’argento,che ogni tanto frequentava le scuderie del nonno.
-Allora,ti spicci?- lo rimproverò il nonno.Marius filò sopra ad avvertire.
Quando arrivarono nella grossa cucina intorno a cui si riuniva la famiglia del contadino,il panico sollevato dalla novità era già rientrato.
Una giovane dal viso pulito e dal grembo vistoso andò loro incontro:
-Venite con me…Ho fatto accendere la stufa nella camera da letto…e più tardi vi manderò i vestiti…Dovete scusarci…-aggiunse,aprendo le braccia,un po’ mortificata – Sono i nostri abiti migliori,ma…E’ roba da contadini…-
-Certo,madamoiselle…Non preoccupatevi…- la rassicurò Aurora.
Intervenne Antoine,generoso ed entusiasta come sempre:
-Andate in camera,cambiatevi,riposatevi….e dopo,restate a tavola con noi…Abbiamo polenta e stufato…e vino rosso!-
La stanza non era grande:vi troneggiava un grosso letto in legno,un po’ rustico,dalle lenzuola profumate di lavanda.
C’era in un angolo una stufa di cotto rosso,sormontata da una decorazione in ceramica chiara:le pareti erano intonacate di bianco e da un’alta finestra si guardava verso i campi.La pioggia che batteva sui vetri aveva disegnato un ricamo di gocce che filtravano la fredda luce del giorno,attutendola in calda penombra.
Erik richiuse la porta alle spalle sue e di Aurora.Si tolse il mantello,appoggiandolo su una sedia davanti alla stufa;quindi le si avvicinò,le tolse il nastro dai capelli,le carezzò piano le spalle e le cominciò a sbottonare il soprabito…
Qualcuno bussò discretamente alla porta.Erano due ragazzine,una più grande e l’altra più piccola,che consegnarono loro gli abiti asciutti ripiegati in due ceste e scapparono via ridendo.
-Erik…- Aurora lo richiamò,con un sospiro di desiderio.
Lui riprese a sbottonarla,lei lo imitò.Si spogliarono a vicenda,baciandosi,abbracciandosi,accarezzandosi,travolti dalla passione che sembrava incontenibile come la pioggia che li aveva sorpresi.
Quando gli abiti giacquero informi per terra ,lui sempre baciandola la sospinse e l’adagiò su quel letto fresco,profumato.E le fece l’amore,con una gioia strana,alla luce del giorno,tra le pareti bianche e fresche,in quella casa di campagna dove tutto sembrava schietto e naturale…


L’acquazzone sembrava non voler mai finire.Dal cortile si sentivano i richiami delle donne verso i bambini,che si attardavano a giocare incuranti del temporale.
Erik stringeva Aurora tra le braccia,carezzandole piano i capelli.Sentì che aveva cambiato umore,le sollevò il viso.Era malinconica,presa da un pensiero lontano
-A cosa pensi?-
-A quel bambino…-
-Bambino?...-
-Si,nel cimitero…che cosa faceva là? E ora,con questa pioggia?dove si riparerà?...-
Sindial non disse nulla.Aurora proseguì:
-Quella terra brulla…sembrava fosse la sua…-
-Tana?...è questo che volevi dire?-
Lei annuì,confusa e mortificata:
-Si,ma non stiamo parlando di un animale…era un bambino…-
Erik la guardò,contraendo amaramente la mascella,poi sillabò piano:
-Un bambino…? Sai Aurora,a chi nasce con un marchio,non è dato di essere bambino..nè ragazzo…né uomo…Sei etichettato solo e soltanto in un modo…e non meriti nemmeno un nome…-
Così dicendo, si alzò dal letto e cominciò a rivestirsi.
-Ne parli come …-
-Ne parlo per esperienza…- confermò lui,amaro,quasi sprezzante.
-E’ atroce quello che dici…-
-Atroce ma vero…-
-Ma…ma se qualcuno lo aiutasse?gli tendesse una mano?...-quindi scrutò negli occhi Sindial.-Se qualcuno ti avesse teso la mano?-
Erik sospirò:forse era venuto il momento di schiudere lo scrigno dei suoi ricordi,che traboccava di dolore;di condividerlo con lei.
-Forse qualcuno lo ha fatto…ma poi,se scorgi l’orrore nei suoi occhi,la tua condanna ti pesa ancora di più…senti la vergogna di quello che sei,l’impotenza di sottrarti al tuo destino,al marchio infame del male che fa di te un …-
Aurora scese dal letto, lo tacitò,esclamando con forza:
-No..non è vero… Possono aver tentato di toglierti l’umanità, …ma un’anima grande come la tua,Erik…nessuno può incatenarla,né marchiarla,né…-
Fu lui a interromperla ora.
-Ah…Aurora,sei così appassionata…innamorata e appassionata…Ma nella mia anima il male ha messo radici profonde,ha lasciato tracce…indelebili –disse,lasciandola andare brusco,dandole le spalle e guardandosi le mani,dolente.
La giovane non si fece intimidire.Gli si fece davanti,gli prese le mani tra le sue,appoggiò la guancia alla sua destra.
-Le tue mani…per me sono un nido…-
-Per altri sono state strumento di…morte!- continuò lui,tentando di sottrarsi al suo contatto.
Aurora lo guardò;per un momento trattenne il fiato,spaventata.Sedette,come arresa sul bordo del letto.
Poi riprese energia,proseguì,con forza:
-Ma ora sono strumento d’amore…di vita. Erik…Tu ora ami e sei riamato…Tu potresti un giorno…-
Lui la strinse a sè,la baciò piano decine di volte,per tacitarla:
-Zitta..zitta…So quello che vuoi dire…Un giorno potrei persino darla,la vita…credi che non lo abbia pensato,amor mio? E’ un’idea che mi si è affacciata più di una volta alla mente…e tu lo sai…perché una volta ho tentato anche di parlartene…Ma la scaccio,la scaccio…ne ho paura:che padre potrei essere io,io che non sono stato bambino…? Io che ho disprezzato la vita,mia e degli altri?-
-Erik…tu stai parlando di qualcuno che non esiste più,non dell’uomo che sei ora…-lo rassicurò lei,rispondendo ai suoi baci,abbracciandolo.
-C’è qualcosa di quello che sono stato che non mi abbandonerà mai,Aurora…-e così dicendo si sfiorò il profilo deforme,e la gelida maschera che lo nascondeva. –…la vedranno anche i miei figli,se ne avrò…-
Tacque,poggiando la fronte nell’incavo della sua spalla.Lei lo strinse,accostò la propria guancia a quella di lui,quasi lo cullò sul suo cuore.
Finalmente l’uomo rialzò il viso,per guardarla,interrogarla con lo sguardo.E Aurora gli disse,con una sicurezza che lo intenerì:
-I tuoi figli vedranno quello che vedo io:un uomo che vuole dare e ricevere amore…Vuoi sapere che padre sarai? Intransigente,esigente,autoritario…ma anche sollecito,premuroso,protettivo…Trasmetterai loro la tua capacità di sognare…e l’amore per la vera bellezza…-
Erik la fissò,da principio quasi incredulo,poi finì per sorriderle,scuotendo la testa:
-L’amore per la vera bellezza…l’amore per te,allora…per questa mamma bambina così innamorata da non sembrare vera….-
Così dicendo le prese la testa tra le mani e le diede ancora un bacio,e di nuovo quel suo sapore di miele gli sembrò annullare ogni amarezza.E gli sembrò di non poterne fare a meno,di esserne assetato ancora e ancora.
La sospinse di nuovo tra quelle lenzuola che sapevano di lavanda,adagiandovela e baciandola con dolce tenerezza;poi scivolò lungo il suo corpo,appoggiò la testa sul suo piccolo grembo caldo,serrandole i fianchi tra le mani:attraverso la seta della sottoveste,le sue labbra trovarono il piccolo incavo dell’ombelico,lo sfiorarono,lo baciarono.
-Se mai accadrà…quando accadrà…tu mi sarai ancora più cara di adesso…E adesso mi sei più cara dell’aria che respiro,della musica che compongo,del dolore che hai sanato…-


Era tardo pomeriggio quando Erik fece ritorno a teatro.Indossava gli abiti asciutti procuratigli dalla famiglia del massaro e Ilia,che lo attendeva nel foyer vuoto,stentò a raccapezzarsi.
-Che…che cosa vi è successo?- domandò,sorridendo stupito – Sembrate un brigante…-
-Ci ha sorpresi il temporale…Abbiamo dovuto adattarci…Avete quelle informazioni per me,Semonov?-
-Si,monsieur…vi aspettavo…- rispose Ilia,ritornando serio.
-Seguitemi,allora…-
Così rientrarono insieme nello studio.
-Ragguagliatemi, mentre mi cambio…-
-Bene… i documenti per la licenza matrimoniale sono tutti in regola,quasi….-
La voce di Erik risuonò dal suo appartamento:
-Quasi?...-
-Ehm…madamoiselle Aurora non è ancora maggiorenne…-
-E allora?- Sindial rientrò nello studio,in camicia e gilet.
-Ebbene…sua zia dovrebbe -tramite il suo legale- fornirci una sorta di delega…Perché all’atto delle nozze,Aurora passerebbe sotto la vostra tutela,monsieur…-
-Bene…scriverò a madame Blanche…ma quanto tempo occorrerà?- domandò Erik accigliato.
-Qualche giorno…Una settimana,al massimo…-
Sindial assentì.Quindi sedette alla scrivania e cominciò a scrivere,poi posò un attimo la penna e si fermò…
-Qualcosa non va?- gli chiese Ilia,sollecito.
-Ilia,che ne è stato del notaio Rochebrune? È ancora rintracciabile?-
Il giovanotto sollevò le spalle:
-Per quanto ne so….ma perché?-
-Informatevi se è ancora in città…e se non trovate lui,cercate notizie di quella sua segretaria…-
-Senz’altro,monsieur…- assentì il giovanotto,poi si schiarì la voce,senza peraltro domandare nulla.
Erik terminò di scrivere,imbustò la lettera,la sigillò e gliela porse:
-Questa vorrei che fosse spedita stasera stessa…E vorrei chiedervi di non prendere impegni domattina… passerò da voi alle sette…-
-Va bene…- rispose Semonov:nei suoi occhi l’eccitazione giovanile di chi avverte che una nuova avventura sta per iniziare.Ma il giovanotto abbassò lo sguardo,per non darlo a vedere.
Erik,licenziato Ilia,si rialzò,indossò la giacca e scese in teatro.
Le prove sarebbero iniziate tra un’ora.
Il back stage era stranamente silenzioso.
Lui lo attraversò col suo passo deciso e si diresse verso la cappella.
Si fermò un attimo sulla soglia,come chiedendosi se fosse giusto quello che stava facendo,quindi la varcò.
Davanti ai suoi occhi l’angelo della musica,illuminato dalla luce tremula di un paio di candele.
Fuori era già buio;dalla piccola finestra non trapelavano che le luci sfuggenti dei fanali delle carrozze,che passavano rumoreggiando sull’acciottolato.
Forse per una volta ancora,nella sua vita,in quella cappella si sarebbe consumato un evento cruciale.
Forse l’ufficiale civile avrebbe ratificato lì,la sua unione con Aurora.Davanti a quell’angelo silenzioso,al testimone muto della sua esistenza.
Quell’angelo sapeva tutto di lui…Anche senza parlare,il suo sguardo lo aveva di volta in volta ammonito,aveva condiviso la sua pena,aveva vegliato su di lui…
Ora che madame Giry era partita,l’unico custode dei suoi segreti era proprio l’angelo della musica.
Erik pensò che anche Aurora però aveva compreso tante cose di lui.Nel suo piccolo grande cuore lo conosceva profondamente…Sarebbe bastato? O prima o poi avrebbe dovuto rivelarsi a lei completamente?
L’uomo sospirò. Sapeva bene che nel suo animo appassionato Aurora avrebbe accolto anche il Fantasma…ma lui non voleva più esserlo,voleva davvero essere un uomo nuovo per lei,rinato dalle proprie ceneri…Eppure sentiva che non sarebbe mai stato possibile completamente…
Uscì dalla cappella.Un’altra porta,dissimulata nel parato del corridoio,gli si profilò davanti.Una porta nota a lui solo,che conduceva nell’abisso…
La guardò con una espressione dolente di sfida,e proseguì oltre.


Aurora si spogliò degli abiti di fortuna rimediati alla fattoria e,con l’aiuto di Beatrice,entrò nella vasca.Aveva proprio bisogno di un bagno caldo,per rilassarsi,per capire.
I pezzi del puzzle che andava raccogliendo su Sindial sembravano comporsi ormai in una immagine sempre più nitida.L’immagine di un uomo che il destino ha segnato dalla nascita,condannandolo al dolore e alla solitudine;un uomo che la sofferenza ha condotto fino al punto di non ritorno…
La giovane donna rabbrividì.
-L’acqua non è abbastanza calda,madamoiselle?- le domandò Beatrice.
-No,no…è perfetta…-si affrettò a rassicurarla. –Vai pure,ti chiamo appena ho bisogno.…-
La cameriera si ritirò.
-..Il punto di non ritorno…- ad Aurora tornò in mente la musica di carne e sangue che aveva ascoltato tanto tempo prima.Tornò in mente l’infelice sconosciuto per il quale aveva provato istintivamente un sentimento indefinibile di comprensione,pietà… o forse attrazione?
Erik era quell’infelice? Era proprio il fantasma dell’Opera?...ma se tante volte l’aveva negato,troncando con gelido disprezzo ogni approccio di Aurora all’argomento.
Ogni volta aveva avuto parole di condanna per quell’uomo…spietate…Pur sapendo che lei non gli attribuiva nessuna colpa,meno che meno quella della sua lunga cecità…
-Beatrice?- chiamò,col desiderio di interrompere quei pensieri intricati,dei quali non riusciva a trovare il bandolo.
La cameriera entrò e la aiutò ad uscire dall’acqua ed asciugarsi,avvolgendola in un caldo accappatoio.
Poi la aiutò a indossare la biancheria e le spazzolò i capelli:Aurora si guardava allo specchio.
‘L’uomo che ami non ha segreti….l’uomo che ami è nato il giorno che ti ha incontrato’..
Le risuonarono queste parole:erano sincere,ne era sicura…ma …allora..doveva esserci una parte di verità che non conosceva ancora…che forse non avrebbe conosciuto mai...
-Oggi,in vostra assenza,avete ricevuto una visita,madamoiselle…- Beatrice interruppe i suoi pensieri.
-Davvero?...chi mi ha cercata?-
-Monsieur Philippe Segnier…c’è il suo biglietto nell’ingresso…Io gli ho detto che eravate andata a villa De La Revenge…-
-Che cosa?...Perchè hai detto così?-
-Mah…non è così che si chiama monsieur… adesso?- disse appena un po’ imbarazzata la domestica.
-Non capisco di cosa parli…- le domandò perplessa Aurora.
-Monsieur Sindial non è forse l’ultimo erede della famiglia De la Revenge?-
Aurora si irrigidì,divenne sarcastica:
-Ne hai parlato col lattaio?...-
Beatrice non afferrò l’ironia:
-Veramente col vetturino…è lui che mi ha detto così…- rispose,serafica.
Aurora annuì.Pensò che non aveva senso insistere oltre.Beatrice ripeteva solo qualcosa di cui aveva sentito parlare,e se ne faceva bella…
De la Revenge…E se il fantasma fosse davvero morto?Eppure…
La fanciulla sospirò.
Era sicura che se Erik le nascondeva qualcosa,era per proteggerla…Perché lui l’amava…
Aurora sorrise,arrossendo di piacere al ricordo del pomeriggio passato insieme in campagna,al ricordo delle sue parole,al pensiero che un giorno avrebbe potuto renderlo ancora più felice,dandogli un figlio…
Chissà perché in quel momento le tornò alla mente il bambino del cimitero;e di nuovo una pena sottile le si insinuò nel cuore.Ma questa volta allontanò i dubbi,e risoluta decise che non lo avrebbe ignorato…


-Buona sera Philippe...so che mi avete cercato?-
Era l'intervallo tra il primo e il secondo atto e Aurora,scesa ad aspettare Sindial nel foyer,si intratteneva tra gli altri con Philippe Segnier.
-Si,madamoiselle...dovete scusare la mia impudenza...Ma non conosco molte persone a Parigi ed ero rimasto solo...Mi sono ritrovato davanti casa vostra...-
-Non dovete scusarvi...Anzi,ho piacere di poter contare su di voi...-
-Monsieur Sindial mi ha eletto vostro chaperon...e sono a vostra disposizione!- rispose il giovanotto sollecito,con un leggero inchino.
-Vi ringrazio...e...uhm...-Aurora abbassò la voce,posando il calice vuoto in un vassoio offertole da un cameriere -Domattina,per esempio...potreste accompagnarmi a fare una commissione?-
-Che combinazione:domattina sono di nuovo solo...Ilia è impegnato con Sindial...Ditemi a che ora posso passare a prendervi...-
-Alle otto...- Aurora palpitava un po'.
Forse stava agendo in maniera sventata,forse Sindial non avrebbe approvato;ma d'altro canto non aveva in mente di fare nulla di male,se non elargire un po' di attenzione a una creatura bisognosa.
Erik fece la sua comparsa sulla soglia della sala e lei gli andò incontro,accettando il suo braccio.
-Tutto bene,mia cara?- le domandò lui
Per un attimo Aurora fu tentata di parlargli dell'appuntamento preso con Philippe,poi si trattenne,gli sorrise:
-Tutto bene...ti aspettavo...-
E insieme risalirono nel palco.


Ilia tra un atto e l'altro dello spettacolo ebbe il desiderio di salutare Alphonsine.
Approfittando della confusione,si defilò e raggiunse il camerino della ballerina,nel back stage.
Stava per bussare alla porta,quando riconobbe la sua risata da prima donna,volutamente falsa e civettuola e gli sembrò di riconoscere la voce di un uomo che celiava con lei.
Il giovanotto fece un passo indietro,un po' deluso.
In quella la porta si aprì e ne uscì la sarta,che si allontanava con le ultime raccomandazioni;inevitabilmente Alphonsine lo vide:
-Ilia!...cosa fate sulla porta? entrate,via...- lo invitò
Così Semonov ebbe conferma della presenza di herr Frederick:i due artisti stavano condividendo dei dolcetti e bevevano insieme del rosolio.
-Herman...fate gli onori di casa...Versate un po' di liquore al nostro insostituibile factotum...-
-Ma certo!- rispose con generosa disinvoltura il tenore.
Il Russo stava già per dire di no,con la mano,ma finì per accettare.
-Un brindisi?- propose Alphonsine.
-Al successo!- ribattè pronto Frederick.
-Al successo!- ripetè la ballerina.
Ilia si limitò ad alzare il bicchiere e buttarne giù il contenuto con un sorso solo.
-Ma monsieur Semonov?- Alphonsine si finse scandalizzata -Non è vodka...Vi prego,almeno,non gettate il bicchierino nella stufa...-
Ilia ridacchiò,guardandola:
-Sono russo,istintivo,diretto...La mia vera natura è così,madamoiselle...-
-Allora siete bravo a dissimularla...sapete essere sempre così diplomatico...-
-E' una sorta di sfida con me stesso...- ammise il giovanotto,guardandola negli occhi.
Alphonsine ricambiò quell'occhiata e per un momento sembrò tornare tra loro la bella confidenza delle ultime sere.
-Cinque minuti!- avvertirono da fuori.
La ballerina congedò i due ospiti:
-Adesso uscite,signori...debbo darmi gli ultimi ritocchi...A dopo,Herman!-
Ilia avvertì in quel saluto una nota stonata.
Non rientrò in sala e non assistè al seguito dello spettacolo:preferì uscire,raggiungere Pigalle e restare da solo con se stesso,salvo condividere un po' di calore umano con la solita donnina compiacente.

Alle otto in punto Philippe Segnier bussò alla porta della Maison Levigny:poco dopo aiutava Aurora a montare sulla sua carrozza.
La giovane donna indossava un soprabito marrone scuro,scuri erano anche i guanti e il cappello.
-Dove siamo diretti?-le domandò con garbo il giovanotto.
-Al cimitero di *****...-
-Oh...-rispose lui,un po' disorientato,appena contrariato.
-Perdonatemi,Philippe...ma ho preso a cuore qualcuno...-
-Qualcuno...al cimitero?-domandò il ragazzo,preoccupato e compito.
-Si...ma...non è come pensate...Vi spiegherò lungo la strada...-
Il percorso non fu molto lungo:in venti minuti erano all'ingresso del cimitero,nei pressi del solenne cancello di ferro.Aurora sporse la testa fuori,ma con sorpresa riconobbe un po' più avanti il calesse di Erik,con l'inconfondibile Melas in attesa del padrone.
Istintivamente,la fanciulla tirò la testa indietro:
-Che sueccede?- le chiese Philippe,che naturalmente era stato ragguagliato solo approssimativamente sullo scopo di quella visita.
Aurora prese coraggio,inspirò forte,quindi disse:
-Nulla,ma...preferirei entrare dall'ingresso laterale...-

Quando a ora di pranzo Ilia fece rientro a casa,vi trovò Philippe che lo attendeva.Aveva una espressione strana,come fosse turbato;ma Ilia lo era forse più di lui,quindi non ci fece particolare caso.
-Avete già pranzato,Ilia?-
-No...ma,non ho fame...- rispose,un po' distratto.
-Mangiate qualcosa...vedrete che vi sentirete meglio...- lo incoraggiò l'ospite.
Il russo si era tolto la giacca e,seduto a cavalcioni di una sedia,in gilet e maniche di camicia,il mento appoggiato al palmo della mano,sembrava riflettere febbrilmente.
Mangiò qualcosa,per compiacere Philippe e forse per mettere ordine nelle sue idee.Quindi appena ebbe finito,si alzò,prese il taccuino e -seduto a terra,sul balcone- vi annotò quanto aveva vissuto quella mattina.
Non poteva immaginare che Philippe ne era stato involontario testimone...

' Figlio del silenzio

Alla vigilia delle sue prossime nozze,Sindial mi convocò nel suo studio,per regolarizzare tutta la documentazione.
Mi sembrò turbato,meditabondo.A un tratto mi chiese notizie del notaio Rochebrune,l'uomo che aveva avallato la sua nuova identità.
Sul principio non capii,ma avvertii nell'aria qualcosa di nuovo,una nuova sfida da condividere con lui.
All'alba del giorno dopo venne a prendermi e tornammo insieme al cimitero,laddove erano le sepolture dei comunardi.
L'aria era densa di umidità;il luogo triste e squallido.
Ci fermammo silenziosi davanti alle fosse comuni.
-Ilia...voglio saperne di più di monsieur De La Revenge...-
Guardava verso una tomba desolata,identificata solo da un numero su una targhetta metallica.Là era sepolto colui che l'opinione comune aveva additato come il possibile Fantasma dell'Opera...
Sulla terra brulla,una serie di pietre,apparentemente collocate senza ordine...
Lo guardai:
-C'è qualcosa in particolare...?-
-Sono sicuro che qualcuno ne conservi la memoria...a modo suo...-
Continuava a fissare quella sepoltura brulla,e quella serie di pietre,che -a guardare meglio- non era affatto casuale.Sembrava comporre una sorta di cornice.
Cercai ancora di incontrare timidamente il suo sguardo,ma lui restava impassibile dietro la maschera.
Non mi avrebbe mai rivelato la verità...Nondimeno io ero il depositario dei suoi segreti,del 'suo' segreto...Anch'io avevo capito bene che sotto quella terra brulla non riposava un fantasma!
-Se così fosse...Che cosa avete in mente di fare?- gli chiesi ancora,guardando nuovamente la tomba.
Stava per rispondermi,quando fummo interrotti da un tramestio,da grida,da gemiti.
Lo seguii,che balzava come un fulmine sulla scena da cui arrivava il rumore.
Non era una bella scena:uno dei custodi che lavoravano al cimitero aveva afferrato per i capelli un ...un bambino;lo strattonava violentemente,minacciandolo:
-Ti ho preso finalmente,bestia! adesso mi dirai che cosa cerchi qui! cosa hai rubato stavolta!-
Il piccolo non rispondeva,piangendo e gemendo,tirava calci e cercava di divincolarsi.
-Lascialo Pierre! è solo un bambino...che male può fare!-il custode più anziano,incerto sulle gambe,tentava di intercedere,di frenare la furia del primo.
-Sei un vecchio idiota...Ora che ce l'ho tra le mani,non lo lascio se prima non avrà restituito quello che ha rubato...- E così dicendo alzò la mano su di lui e cominciò a colpirlo sul viso,senza pietà.
Improvvisamente una morsa gli bloccò la mano:Sindial era davanti a lui,il pugno serrato intorno al suo polso,lo sguardo feroce,implacabile di chi non perdona.
-Farete bene a lasciarlo subito...- intimò all'uomo.
-Monsieur...sto facendo il mio lavoro...- tentò di ribellarsi quello,trattenendo ancora per il bavero il piccolo zingaro.
A quel punto Sindial non si frenò più:afferrò alla gola il becchino e lo sbattè con violenza contro la parete di una cappella.
-...se volete continuare a farlo all'inferno,il vostro lavoro...potrei accompagnarvici con le mie mani.-sibilò sul volto impallidito del custode,che ora cercava aiuto con lo sguardo.
Il bambino rimase un attimo a osservare il suo salvatore,ma solo un attimo,poi rinculando si allontanò.Mi venne addosso,cercai di trattenerlo:ebbi solo la visione di due occhi scuri sotto un cespuglio di capelli.Era sporco,lacero,selvatico:approfittò del mio stupore,per sparire come un animaletto braccato,tra le sepolture.
-Jacques...- invocò intanto il custode,con un filo di voce,ancora sotto la minaccia di Sindial.
L'altro becchino si avvicinò,tentò di intercedere:
-Vi prego monsieur...Pierre è giovane,impulsivo...-
Intervenni anch'io:
-Il bambino è in salvo,monsieur Sindial...-
Molto lentamente il mio principale allentò la presa,fino a staccare la mano e permettere al malcapitato Pierre di respirare:
-Perdonatemi monsieur Sindial...io non immaginavo...- supplicò,servile.
Ma Sindial già non lo ascoltava più;si rivolse invece al vecchio:
-Chi è quel bambino?-
Jacques aprì le braccia:
-Non lo sappiamo...vive qui,si nasconde tra le tombe...è uno zingaro...-
-Una bestia...non parla,grugnisce!- interloquì Pierre.
Sindial lo fulminò con lo sguardo.
-Io credo che non sappia nemmeno parlare...- spiegò il vecchio,con umana pietà -Forse è muto...-
-E' un ladruncolo,monsieur...noi abbiamo delle responsabilità...- mi disse ancora Pierre,tentando di impetrare il mio favore.
-Delle responsabilità...ma nessun diritto di far del male impunemente...- gli risposi.
-Chissà come gli avevo messo le mani addosso...- si lasciò ancora sfuggire Pierre.
Sindial lo afferrò di nuovo per il bavero,fissandolo minaccioso:
-Ascoltatemi bene...Se vengo a sapere che gli avete torto un solo capello,non ci sarà nessun Jacques che potrà salvarvi...- quindi lo respinse con violenza,mandandolo a ruzzolare su una lapide.
Poi si volse al vecchio:
-Quanto a voi...-
L'anziano custode tremava.
-...vi riterrò altrettanto responsabile...ed ora sparite!-
I due uomini si allontanarono,osservandolo spaventati,chinando più e più volte il capo in cenno d'ubbidienza.
Sindial mi guardò,quasi mi sfidò:
-Che ne dite,Ilia Semonov?-
Io mi guardai intorno,aprii le mani.
-Conoscevo già la vostra generosità...monsieur...-
-Però siete spaventato- il suo sguardo era inquisitorio.
-Ho temuto che...non avreste saputo fermarvi...-
Lui annuì,mi volse le spalle,tornò sulla tomba del 'Fantasma': osservò con attenzione la serie di pietre quindi mise una mano in tasca e ne trasse un sasso tondo,levigato,di un bianco latteo.Lo guardò,facendolo saltare sulla mano guantata di nero,poi si chinò e lo collocò con un gesto stranamente solenne all'interno della cornice...
Avvertii un fruscio,ma non fui in grado di capire da dove arrivasse.Eppure il silenzio aveva parlato intorno a noi.
-Ora andiamo...- mi disse Sindial,invitandomi col gesto.
Lo seguii,invano voltandomi intorno,invano cercando quel piccolo figlio selvaggio.'

Philippe sedette accanto ad Ilia,appoggiò la testa contro il muro,lo guardò scrivere.Poi ripensò a quello che era accaduto poche ore prima.
Aurora e lui erano entrati nel cimitero da un cancello laterale e si erano addentrati nei viali.La giovane donna aveva cercato di dirigersi verso le fosse comuni,ma procedeva con cautela,imponendo anche al suo compagno di non dare nell'occhio.
A un tratto però il silenzio era stato spezzato da un battibecco violento.
Aurora era scivolata dietro la parete di una cappella e aveva sporto la testa per spiare:lui l'aveva imitata.
Due guardiani del cimitero avevano sorpreso quello che sembrava un piccolo zingaro:uno dei due lo stava picchiando.
La giovane donna stava per intervenire,uscendo dal suo nascondiglio,quando era comparso monsieur Sindial.Aurora aveva fatto appena in tempo a nascondersi,aiutata da Philippe.Ma aveva spiato tutta la scena.Philippe l'aveva vista impallidire,appoggiarsi senza forze al marmo gelido di una sepoltura,riprendere fiato,rasserenarsi.
Poi la giovane donna gli aveva fatto cenno con la mano di allontanarsi,e lentamente si erano rifugiati in un altro settore del camposanto.
Lì Aurora aveva ritrovato lo zingarello.Era anche lui spaventato,umiliato.Tutto ripiegato su se stesso.Le lacrime gli rigavano il viso,i singhiozzi lo scuotevano.Ma nessun suono,nessun lamento usciva dalle sue labbra.
La giovane donna gli si era avvicinata,silenziosamente.Lui sentendosi scoperto,rinculò verso una cappella aperta.Aurora allora aprì un sacchetto e gli porse un soffice pane fragrante.
-Vuoi?- gli disse.
Senza aspettare risposta,lo appoggiò su una colonnetta e sorrise al bambino.Poi indietreggiò,lasciandogli il campo libero.
Lui si avvicinò piano,quindi afferrò il pane e lo addentò,affamato.
Aurora allora tentò di avvicinarsi di nuovo.
Gli chiese:
-Chi sei?...come ti chiami?-
Ma il bimbo era balzato via come un leprotto sorpreso dal cacciatore ed era scomparso,svanito nel nulla.


-Avete finito di scrivere?...- domandò Philippe Segnier a Ilia.
-Si...-
Il ragazzo gli prese dalle mani il taccuino,provò a decifrare quella scrittura sconosciuta,poi domandò:
-Come si dice 'bambino' nella vostra lingua?-
Il padrone di casa aveva gli occhi socchiusi,la testa appoggiata alla parete:il sole del primo pomeriggio gli riscaldava il cuore.Sussultò e si volse al suo interlocutore:
-Perchè me lo chiedete?-
Philippe sospirò:
-Non so se faccio bene a dirvelo...-
I due si guardarono negli occhi.Philippe proseguì:
-Stamattina ero al cimitero di *****...-
-Al cimitero?...a che fare?...-
-Accompagnavo una persona...Mi aveva chiesto di aiutarla in un'opera buona...-
-Eravate con...madamoiselle Aurora?-
Il ragazzo annuì.
-Abbiamo assistito a ...tutta la scena...- e nel dir così indicò col capo il taccuino dell'amico.
Ilia scosse la testa,sorpreso.
-Quando voi vi siete allontanati,anche noi ci siamo defilati per un viale laterale...e lo abbiamo trovato!-
Ora il Russo era particolarmente attento:
-Il bambino?...gli avete parlato?-
-Madamoiselle ha provato...ma sembra essere un povero minorato...Credo sordomuto...-
Ilia abbassò il capo,sospirando:
-E' triste...- poi ripensò al colloquio avuto con Sindial all'uscita dal camposanto.

'' -Ilia,dobbiamo saperne di più...Avete le informazioni su Rochebrune che vi avevo chiesto?-
-Non ancora,monsieur...Ma cosa c'entra Rochebrune col bambino?-
Sindial lo aveva scrutato,accigliato:
-Possibile che non lo capiate da solo? Non importa:affrettatevi a scoprire se è ancora in città o dove è andato a scialacquare il denaro che gli ho versato...E informatevi anche della segretaria...-
-Monsieur...- Ilia non osava domandargli quello che aveva cominciato a intuire.
-Allora?- gli domandò l'altro.
-Credete che quel bambino sia...legato a monsieur De Le Revenge?-
-Non ne so ancora abbastanza,Ilia,per dirlo....Siete voi che dovrete scoprirlo...-
-Ma...in quel caso...?-
Erik lo aveva guardato,leggermente interrogativo;poi lo aveva rassicurato.
-Non sono un ladro,Ilia...non sottraggo volentieri nulla a chi ne è legittimo possessore...Soprattutto se questi non è in grado di difendersi...-
Il giovane russo sospirò,sollevato.
-Oggi stesso vi procurerò le informazioni che mi avete chiesto!-''


Philippe e Ilia interloquirono,quasi contemporaneamente:
-Madamoiselle Aurora mi ha chiesto di cercare informazioni...-
-Monsieur Sindial mi ha incaricato di informarmi...-
Risero,benchè entrambi turbati.Poi Ilia disse:
-Non c'è ragione di condurre le indagini,separatamente...Possiamo provare a unire le nostre forze? Voi cosa avevate in mente?-
-Io sarei tornato al cimitero...per parlare col vecchio custode e cercare di saperne di più...-
-Si...è una buona idea...Ma prima debbo rintracciare delle persone che forse possono fornirci altre informazioni...Venite con me?-
Philippe annuì,entusiasta.


Aurora rientrò a casa turbata e pensierosa.
Beatrice l'avvertì che in salotto l'attendeva monsieur Sindial.
La giovanetta pensò di nascondere la sua agitazione e gli andò incontro con un sorriso.
-Buon giorno...-
-Buon giorno mia cara...Hai preso l'abitudine di uscire presto,al mattino?-domandò lui,prendendole le mani e baciandogliele dolcemente.
Aurora stentò a rispondere.
-Già...si...l'aria del mattino mi piace...-
-Non è un po' fredda e umida?- ribattì lui carezzandole i capelli. -Dopo l'acquazzone di ieri,non vorrei ti raffreddassi...-
Lei gli sorrise,imbarazzata,poi gli volse le spalle,fingendosi intenta ad altro.
-Qualcosa non va?-
-No,no...sono uscita in carrozza,con Philippe Segnier...per fare degli acquisti...-rispose lei.-Magari avrei dovuto dirtelo...-
-E perchè?..non ci vedo nulla di male...Io stesso gli ho chiesto di farti da accompagnatore...-Lui le si avvicinò ancora,le accarezzò una spalla,rassicurante.
Lei non resistè oltre,prese fiato,poi confessò:
-No,non è vero...ti ho detto una bugia...-
-Una bugia?- Erik era incredulo.Non riusciva a capire che cosa avesse voluto nascondergli Aurora.
Lei si volse a guardarlo negli occhi,gli appoggiò le mani sul petto:
-Ho chiesto a Philippe di accompaganrmi al cimitero...Volevo ritrovare quel bambino...-
Lui le afferrò le mani stringendosele contro:
-Al cimitero?...stamani?-
Lei annuì.L'agitazione era divenuta commozione:le ciglia le si inumidirono:
-Io...ho visto...ho visto tutto Erik...-
Lui la strinse forte contro di sè,le baciò piano i capelli,sospirando contrariato.
-Non avresti dovuto tornarci...non senza prima parlarmene...-
-Non essere in collera...- lo pregò.
Lui le sollevò il viso,la guardò negli occhi:
-Ti sei spaventata?Ti ho...spaventata?-
Aurora non potè negarlo:
-Un po'...Ma hai agito per il meglio:quell'orribile individuo...-
Lui però non la ascoltava più.
L'aveva allontanata da sè e -volgendole le spalle - si era avvicinato accigliato alla finestra.
Quindi le si era rivolto in tono severo,puntandole l'indice:
-Non voglio che torni più in quel luogo!...siamo intesi?-
-Ero andata solo a portargli un pezzo di pane...- si giustificò lei.
-Mai più,Aurora!...Questa faccenda non è affar tuo!- le intimò ancora.
La fanciulla protestò:
-Ma perchè no?...perchè non posso condividerla con te? Sarò tua moglie!-
-Ma non lo sei ancora,direi!- ribattè lui,spazientito.
-Erik!....-lo richiamò lei,con un tono di rimprovero e di supplica insieme.-Non...non vuoi più?-
Lui la guardò.Era triste,mortificata,spaventata.Non poteva perdonarselo.La prese per le spalle,la attirò tra le sue braccia scuotendo la testa:
-Non farmi dire cose che non penso nemmeno lontanamente..- le disse prendendole il viso tra le mani e baciandole le labbra delicatamente -Lo voglio...Ti voglio...non riesco neppure a immaginarla la mia vita senza di te...Venivo a prenderti oggi per portarti a casa:i lavori sono quasi finiti...-
Così dicendo le baciava le guance,il viso,il collo.
-Promettimi che non andrai più al cimitero...fidati di me...-
-Te lo prometto,Erik...-rispose lei,abbandonandosi nel suo abbraccio.

Giunsero alla villa quando gli operai stavano allontanandosi per il pranzo.
Erik aiutò Aurora a smontare e insieme contemplarono i risultati del restauro:il guscio vuoto stava diventando una casa,dall’aspetto elegante,sobrio,discreto.
Le colonne del portico avevano riguadagnato i loro piccoli fregi e la lucentezza dell’ alabastro.
Le grandi vetrate della facciata riflettevano la luce vivida del cielo primaverile,appena attraversato da cirri lontani.
-Ho una sorpresa…- disse Erik,prendendo Aurora per mano e conducendola nel giardino interno.
Le erbacce erano state strappate per lasciare il posto a simmetriche aiuole dove,sull’erba di un verde accattivante si aprivano cespugli di rose dalla pallida nuance color pesca:al centro una fontana di pietra a esedra,sormontata dalla statuina di una ninfa alata:forse una piccola Psiche?
Aurora stentava a riconoscere il peristilio,ora che la selvaggia violenza della natura era stata ricacciata indietro,dalle mani esperte di qualcuno.
-E’ bellissimo….- esclamò,entusiasta.
-Tra pochi giorni la casa sarà abitabile…-sottolineò Sindial-Ho incaricato Ilia di affrettare le pratiche burocratiche relative al nostro matrimonio…Per la legge,Aurora,tu non sei ancora maggiorenne… Non appena il legale di tua zia Blanche ci procurerà i documenti necessari,potremo fissare la data…-
-Di che documenti si tratta?- domandò la fanciulla,cercando di controllare l’emozione.
-Un passaggio di tutela…-lui le sorrise,cingendola- Significa che,finchè non avrai compiuto 21 anni,sarò io il tuo tutore…-
Aurora scherzò,alludendo con innocua malizia alla discussione di quella mattina:
-Brrr…non potrebbe rimanere zia Blanche?...Ho l’impressione che tu sia un po’ severo….-
Lui rise piano,ma confermò:
-Non sbagli…Anche se essere severo con te,non è facile…-così dicendo le accarezzò i capelli,giocherellando con una ciocca ribelle.
-Non era di questo che volevo parlarti…- soggiunse poi.
Aurora sedette sul bordo della fontana.Erik vi appoggiò la gamba,rimanendo in piedi,leggermente chino sulla giovane.
-Sarà un ufficiale di stato civile,a ratificare il nostro matrimonio…-
Lei lo guardò:
-Come preferisci…- rispose,umile.
-Tuttavia... un ufficio comunale è troppo squallido…Non è la cornice adatta a una sposa bella come te…- continuò l'uomo,galante.
Lei chinò il capo,sorridendo,confusa.
-Avevi in mente un altro luogo…in particolare?-
Lui annuì,senza parlare.
Aurora si guardò intorno.
-Forse in questa villa c’era una…una cappella di famiglia?- domandò,sempre con la speranza di scoprire il mistero che avvolgeva Sindial.
Per tutta risposta Erik alzò gli occhi,rivolgendoli lontano.Poi sollevò le spalle,indifferente:
-Se c’era,ormai non ne è rimasta traccia…-
-Oh…- Aurora sospirò,delusa.
L’uomo proseguì,come misurando le parole:
-Io avevo in mente la cappella del teatro…-
Un brivido attraversò la schiena di Aurora.
Le tornò alla memoria il volto triste e severo dell'angelo della musica,l'unico testimone sopravvissuto alla rovina dell'Opera...
Lui le scrutò negli occhi:
-Qualcosa non va?...-
La donna sorrise,scuotendo il capo:
-No...- si affrettò a rispondere -Perchè non dovrebbe? -poi,alzandosi e serrandosi meglio il soprabito,soggiunse -Forse comincia a rinfrescare...-
Lui le si parò davanti,abbracciandola:
-Il nostro amore è nato in teatro...e quel luogo ha una certa sacralità,non trovi?- insistè ancora.
-Si Erik...-lo rassicurò lei,stringendoglisi contro.


Philippe ed Ilia erano seduti a un tavolino di un caffè un po' anonimo,almeno quanto il quartiere dove era allocato lo studio del notaio Roquebrune.
Erano piuttosto delusi,perchè l'ufficio notarile era chiuso e dalla parete scrostata era stata tolta l'insegna professionale.
Sarebbe stato difficile rintracciare il vecchio uomo di legge,adesso.Tuttavia magari,in quel caffè avrebbero potuto informarsi.
Quando il cameriere si avvicinò per l'ordinazione,Ilia gli domandò se conoscesse il notaio.
-Mi spiace,monsieur....dai notai vanno le persone che possiedono qualcosa...- ironizzò malinconico il segaligno,attempato inserviente.
-Magari è stato un avventore del caffè...- intervenne Philippe -Il suo studio era proprio qui vicino,sulla perpendicolare...-
-Che aspetto aveva?- sbuffò spazientito l'uomo.
-Era anziano,un po' malmesso...capelli lunghi,trascurati,borse sotto gli occhi...Credo avesse un debole per il cognac...- lo descrisse Ilia.
Il cameriere trasalì.Poi rispose,bruscamente:
-Mai visto!...Ora,se volete ordinare,signori...Ho altri clienti da sbrigare...-
Philippe e Ilia si guardarono interrogativamente,quindi -dopo aver chiesto due caffè- seguirono con gli occhi l'uomo che,al bancone riferì a bassa voce qualcosa al suo principale.
Bevvero il caffè,poi si alzarono e andarono a pagare dentro.
-Il vostro cameriere non ha saputo-nè voluto- dirci granchè...Cercavamo il notaio Roquebrune...Lo conoscete?-
Senza rispondere,l'uomo aprì un cassetto,ne tirò fuori un quadernetto unto,mostrò loro una lunga fila di cifre.
-Certo che lo conosco....questa è la lista dei suoi debiti....L'altro giorno è stato qui,ha saldato tutto ed è andato via...-
-Non sapete dove?-
-Non gliel'ho certo domandato...potermi liberare di lui è stato un piacere...giocatore,baro,spergiuro...Ecco chi era il vostro amico!-
-Ma...almeno potreste dirci dove abitava?-
-Nello studio:era ufficio e abitazione...-
I due giovani si scambiarono un'occhiata delusa,sospirando.
Il vecchio cantiniere ebbe un moto di indulgenza.
-Ma se volete trovarlo...non è in un caffè che dovete cercarlo...Bische,case di piacere...E' là secondo me che è andato a bruciare i soldi...chissà a chi povero pollo li ha sottratti!-
Pagarono e stavano andando via,quando Ilia tornò indietro:
-E la sua segretaria?...era di queste parti?-
Il cantiniere scosse la testa,con un ghigno amaro:
-Lasciatela perdere,poverina...le ha dato il benservito,dopo anni di devozione...Se n'è andata di testa:sta ore e ore in chiesa,e parla coi gatti...-
Il Russo annuì,ringraziò col cenno del capo e uscì pensieroso dal locale.
Philippe stava fermando una vettura,per rientrare in centro,ma Ilia lo fermò:
-Aspettate...voglio fare un ultimo tentativo...-
Era tardi,ormai,e la piccola parrocchia di quartiere chiudeva i battenti.Ilia riuscì a intercettare il sagrestano chiedendogli notizie della ex segretaria del notaio Roquebrune.
L'uomo accennò di si,col capo,che la conosceva.Ma era ora di pranzo,doveva andare.Era un povero mentecatto ingenuo,che non seppe essere molto d'aiuto.
Ilia sbuffò,un po' deluso.
-Adesso torniamo al cimitero- suggerì Philippe -Vorrei cercare il vecchio custode...-
Quando sopraggiunsero,l'anziano becchino stava chiudendo il pesante cancello del camposanto.
Philippe v.
corse a fermarlo.
-Mi dispiace...a quest'ora il cimitero è chiuso...- rispose l'ometto.
-Non volevamo entrare...volevamo parlarvi...- ribattè Semonov.
L'uomo li guardò sospettoso.
-Voi...mi pare di conoscervi...eravate qui,stamattina?-domandò a Ilia.
-Per l'appunto...- rispose quello.
Il vecchio ebbe d'apprima l'espressione spazientita di chi preferirebbe essere lasciato stare,ma poi si rese disponibile:
-Di che si tratta?-
-Non potremmo parlarne con calma...magari davanti a un bicchierino di ponce?- lo rabbonì sapientemente il factotum di Sindial.
Al vecchio l'idea sembrò allettante.Si assicurò che il cancello fosse ben chiuso e seguì i due strani visitatori sulla vettura che li fermò davanti a una piccola locanda fuori porta.
-Heilà Jacques....come mai a quest'ora?- disse l'oste,salutandolo calorosamente.
Il custode doveva essere un affezionato avventore.Salutò anche lui,con simpatia:
-Portaci un po' di quel tuo favoloso ponce,Bastienne....i signori saranno contenti di assaggiarlo!-


Quella sera Ilia si recò nello studio di Sindial,poco prima dello spettacolo,per informarlo di quanto aveva scoperto.
Erik era alla scrivania,e gli fece cenno di accomodarsi e raccontargli ogni cosa.
-Vi vedo turbato,Ilia...-
-Stanco,Sindial...stanco,triste,perplesso...Purtroppo non ho saputo molto...-
-Raccontatemi ogni cosa...-
-Intanto Roquebrune si è dileguato:è un personaggio odioso,che lascia solo terra bruciata,intorno a lui...Pensate che ha dato il benservito alla segretaria,da un giorno all'altro...La povera donna pare sia rimasta stranita...-
-Le avete parlato?- tagliò corto Erik.
Ilia scosse il capo.
-Purtroppo no...ma pare che ormai parli solo coi gatti...-
Erik inspirò profondamente:
-Circa la natura del notaio non mi ero mai fatto grandi illusioni...d'altro canto,proprio la sua avidità,forse ci può aiutare a spiegare tante cose...E' rintracciabile?-
-Pare che frequenti bische e case di piacere...-
-Ah- fu il secco commento di Sindial.
Lui e Ilia si scambiarono uno sguardo eloquente.
-Allora lo scoveremo,Ilia...- decretò,con un bagliore negli occhi.
-Se lo ritenete necessario...- si adeguò l'altro.
-Non fate l'innocente...non credo siate estraneo a certi luoghi...-
-No,ma...-
-Pensate solo a scoprire dove si nasconde...al resto,penserò io- Così dicendo si alzò,pensando aver sufficientemente rassicurato il segretario e di poterlo congedare.
Ma Ilia lo anticipò:
-C'è...dell'altro,monsieur Sindial....-
-Altro?-
-Si...siamo tornati al cimitero...-
-Siamo? voi e chi?- lo interrogò inquisitorio Erik.
Ilia si morse un po' il labbro:
-Io e...Philippe Segnier...sapete:è mio ospite e...-
-Philippe Segnier? Ilia,per Dio...- Erik contenne la sua ira a stento.
-Ma...cosa c'è di male?-
-Se non lo sapete da solo...- e si voltò a fissarlo negli occhi con furente diffidenza -Ma ne dubito...-
Semonov abbassò lo sguardo,colpevole.
Erik concluse,perentorio:
-Voglio che Aurora resti fuori di tutto ciò!-
-Ma...Philippe non....-
-Tacete! Immaginò che ora stia ragguagliando lei,esattamente come voi con me!-
Il povero Ilia si morse le labbra,poi però lo rassicurò:
-Ma non credo che Philippe abbia collegato il notaio con la faccenda del bambino...come avrebbe potuto?-
Erik sospirò.Magari Philippe Segnier non era in grado di collegare...ma Aurora aveva delle intuizioni stupefacenti...
-Raggiungetelo...e,se non l'ha già fatto,impeditegli di farne parola con lei:impediteglielo,chiaro?-


Aurora si stava cambiando per lo spettacolo serale.Beatrice bussò,annunciandole la visita di Philippe Segnier.
La giovanetta ripensò al battibecco con Erik...Forse avrebbe fatto meglio a troncare subito ogni discussione relativa all'episodio del cimitero?Forse doveva trovare una scusa,per non riceverlo?
No,sarebbe stato scortese....E poi Erik le aveva fatto promettere di non andare più al cimitero.E lei lo avrebbe mantenuto...Ma se Philippe le avesse riferito qualche notizia,che magari la tranquillizzasse...su quella strana,povera creatura?
Si diede l'ultimo colpo di spazzola,aggiustò la testiera e raggiunse l'ospite in salotto.
-Buona sera Philippe...-
-Madamoiselle Aurora...siete incantevole,come sempre!-
-E voi anche troppo galante...- ringraziò lei.-Sedetevi...-
Sedettero l'uno di fronte all'altra e Philippe sospirò,trattenendosi.
-Volevate dirmi qualcosa? avete delle notizie per me?- lo incoraggiò lei.
-Si...siamo tornati a parlare col guardiano del cimitero,sapete quel Jacques...-
-Siete?- lo interruppe Aurora - Voi e...?-
-Ilia Semonov...lo avevo accompagnato stamane a rintracciare delle persone...vabbè,questo non c'entra...e dopo lui mi ha fatto compagnia...-
La pianista ebbe un tremito istintivo.Se Ilia era stato con Philippe,Sindial lo sarebbe venuto a sapere e...
-Ditemi solo se avete qualche novità...e poi vi prego:consideratevi sollevato dall'incarico che vi ho dato...Io...non voglio saperne di più!-
-Non c'è molto da dire...Abbiamo chiesto al vecchio che cosa sapesse del bambino,da quanto tempo vivesse là.Ha scosso la testa.Non ne sapeva molto. Tutto ha avuto inizio un anno e mezzo fa,quando la forza pubblica recuperò i corpi dei comunardi,nel teatro dell'Opera...-
-Oh...si...- Aurora ebbe un'espressione di raccapriccio.
-Se questa conversazione vi turba,madamoiselle...-
-Continuate,vi prego...-
-Questi corpi vennero d'apprima tenuti in visione nella camera mortuaria del cimitero,perchè i parenti li riconoscessero...Fu allora che comparve il bambino la prima volta..sempre nascosto,fermo ore e ore a osservare quelle casse e il via vai muto e tragico delle famiglie...A volte la sua testolina spuntava dai vetri di una finestra,a volte rimaneva a sbirciare dietro le siepi...Una ad una quelle casse scomparvero...Una sola rimase senza nome e fu sepolta con altri comunardi nella fossa comune...Da allora il bambino si rifugia sempre là,come se fosse la sua tana...-
-Ma...di chi è,quella tomba?-
Philippe fece spallucce:
-Nessuno lo sa con certezza...Nessuno l'ha rivendicato,quel corpo...I custodi,la gente comune,le voci dicono sia la tomba del famigerato Fantasma dell'Opera!-
-Oh!- Aurora sussultò,impallidì,sembrò quasi venir meno.
-Madamoiselle?- invocò Philippe.
-Non è nulla...un capogiro...-lo rassicurò lei,rianimandosi appena.
In quella il campanello trillò e di lì a poco Beatrice entrò annunciando l'arrivo di Ilia Semonov.


-Buona sera...-esordì sorridente il nuovo venuto- Arrivo in tempo per unirmi a voi?Pensavo che potremmo recarci insieme a teatro...-
Aurora abbassò lo sguardo.Era turbata,aveva bisogno di riflettere,di rimanere sola.
-Veramente...stavo scusandomi anche con Philippe....Non mi sento tanto bene e preferirei restare a casa,stasera...Siate gentile,Ilia,avvertite voi monsieur Sindial!-
Ilia la guardò,preoccupato.Il suo aspetto era quello di sempre,anzi.C'era in lei una bellezza nuova,indecifrabile come sempre.Però era pallida e l'espressione del viso tradiva una certa preocupazione.
Il giovanotto si schiarì la voce,le sorrise incoraggiante.
-Glielo dirò,state tranquilla...Ma...sono sicuro che non vi lascerà sola a lungo...-
-Domattina starò di nuovo bene...Magari è solo un'infreddatura...- sorrise anche lei,cercando di rassicurare l'interlocutore.
Quando i due giovani uscirono,Aurora rimasta sola sedette al piano.Suonò a lungo,senza pensare accavallando brani su brani:suonò Chopin e Mozart;suonò la musica che Erik aveva scritto per lei e qualche brano di Amore e Psiche...
Poi le sue dita accennarono a una musica proibita:non ne aveva mai letto lo spartito,ma la ricordava bene...
E a quel punto la fanciulla si interruppe e pianse.
Un pianto di sfogo,di liberazione,di paura.Un pianto in cui confluivano le mille emozioni di quegli ultimi giorni,ma anche i dubbi,le incertezze.
Dopo essersi asciugata le lacrime,Aurora riflettè.Tornò a pensare a quel bimbo sprduto,alla sua devozione per un morto,all'identità di quel morto.
E all'identità di Sindial...
Beatrice bussò discretamente alla porta e le suggerì di cenare qualcosa.
Per quei pochi minuti di normalità,Aurora godette di un po' di requie.Una tazza di brodo caldo,la simpatia della giovane domestica,le sue chiacchiere leggere distesero un po' i nervi tesi della pianista.
Poi però un vento strano cominciò ad attraversare la città e di lontano si avvertirono i brontolii di un temporale che sopraggiungeva minaccioso.
-Beatrice...non mi sento bene...vorrei andare a letto...-
-Si madamoiselle...Vi accompagno...-
Così Aurora si era rintanata sotto le coperte e aveva chiuso gli occhi per non pensare.E la stanchezza sembrava averle concesso il privilegio del sonno.



-Monsieur Sindial...Sono stato alla maison Levigny!-
Erik era preso dalle ultime disposizioni a musicisti e maestranze.
-Bene...- gli rispose,un po' distratto -Avvertite madamoiselle che la raggiungerò presto nel palco...-
Il giovanotto si schiarì la voce:
-Madamoiselle si scusava,ma...non si sentiva troppo bene...E' rimasta a casa...-
Erik si voltò a guardarlo torvo:
-Non è qui?...-
Ilia si limitò a scuotere la testa.
Sindial ebbe un moto di rabbia,poi rimase un attimo pensoso.
-Sta così male,Ilia?- domandò,sospeso.
-Veramente...a me sembra preoccupata...come tormentata da qualcosa...E non mi spiego perchè:vi ama e l'idea di sposarvi è un sogno,per lei!- C'era un misto di sollecitudine e di sfida,nelle parole del segretario di Sindial.
Come se sotto sotto accusasse il suo principale del malessere di Aurora.
A Erik questo non sfuggì.
-Ho solo provato a proteggerla...- ammise.
-Sono felice che abbiate deciso di sposarla,ma tra marito e moglie,monsieur,c'è molto di più di una firma su un contratto...-
Ora il giovane russo prendeva coraggio,dichiarava apertamente il suo dissenso.
Sindial aggrottò le ciglia,ferito.
-Credete che tra noi ci sia solo una firma su un contratto?- domandò,risentito.
-Non lo credo affatto...ma se continuate a non ...-
Erik lo fermò:
-Basta così...So dove volete arrivare...- sospirò,profondamente.
Ilia gli mise una mano sulla spalla:
-Sindial...-
L'uomo gli strinse il braccio,forte,in segno di amicizia.
-Debbo imparare ad ascoltarvi di più,Ilia Semonov...Dopo la scena del gobbo,non rientrerò nel palco...Restate voi,per me!-
Ilia rispose,con la sua istintiva disponibilità:
-Ma...veramente,stasera...volevo continuare quelle indagini...sapete,Roquebrune... -
-Non stasera,Ilia...-
-Come desiderate,Sindial- il giovanotto chinò la testa,malcelando un sorriso soddisfatto.


Il cimitero desolato,le fosse comuni,il bambino che si rifugia tra i cespugli....Un cavallo nero si solleva sulle zampe posteriori,imbizzarrito...Il suo padrone è avvolto in un mantello ancora più nero,il viso coperto da una maschera bianca....
Il bambino rimane spaventato davanti al cavallo,la bestia lo travolge...
Aurora si agitava nel sonno,disperata.
L'incubo del cimitero tornava con nuovi particolari.
Le sembrava di essere presente alla scena,di tentare di correre,ma le gambe erano pesanti,pesanti...
Allora tentò di gridare,di fermare il cavaliere mascherato,di avvertirlo...
-Fermati! Fermati...- la voce era strozzata,non uscivano che suoni inarticolati,dalla gola.
Erik era uscito dal teatro avvolto nel suo mantello.Aveva raggiunto l'abitazione di Aurora,dove tutte le luci erano ormai spente.
La casa sembrava avvolta nel sonno e nel silenzio.
Rasentando i muri,per sfuggire a sguardi indiscreti,l'uomo si portò sul retro dell'edificio.
Quindi ne scavalcò il muro di cinta con un balzo e -attraversato il giardino- si arrampicò agile come una pantera nera fino al balconcino che sapeva coincidere con una delle stanze da letto della casa.
Con un colpo secco ebbe ragione della stentata resistenza dell'infisso,quindi scivolò nella casa,silenzioso e cauto.
Sul corridoio del primo piano si affacciavano due stanze.Sindial riconobbe la voce di Aurora,che si lamentava nel sonno,al di là di una di esse.
Ne schiuse piano l'uscio,richiudendoselo altrettanto impercettibilmente alle spalle.
-Fermati....il bambino...non fargli male!- andava farfugliando la fanciulla.
Erik sedette sul letto.
-Fermati...Sindial- Aurora tentò con uno sforzo di gridare e al tempo stesso interrompere quella tortura:-Sin dial...SINDIAL!-
Si svegliò.Sudata,sconvolta.Ed Erik era lì!
-Sindial?!-
Non volle domandarsi come e perchè.Si strinse a lui,si aggrappò,cercò il suo abbraccio forte.
-Aurora....amore mio...- disse lui stringendola,scostandole i capelli dal viso,rassicurandola- Sono qui,adesso...ma tu..tu scotti:hai la febbre!-
-Sto bene,ora che sei qui,sto bene....Ma...Erik...io...-Aurora si interruppe.Non riusciva a trovare le parole giuste.
Sindial la baciò,la strinse teneramente.Poi le sussurrò:
-Dimmi che cosa ti tormenta...-
-...io voglio condividere tutto con te,Erik...Non tenermi fuori della tua vita...-
-Ne sei parte integrante,Aurora...- le ribadì lui,a cuore aperto.
Lei scosse il capo:
-Non è così...tu sai che non è così...Mi sembrava di poter leggere in te molto di più quando il buio mi avvolgeva,che ora...ora che alla luce del sole ti guardo negli occhi...-lo rimproverò,con una espressione che gli fece l'effetto di una spina nel cuore.
-Non farmene una colpa...ti adoro e ti ho già detto che vorrei proteggerti,anche da me stesso,da una parte di me stesso...-
La fanciulla tirò un respiro intenso,staccandosi da lui.Si asciugò un po' gli occhi,poi soggiunse:
-Non ti fidi abbastanza di me da schiudermi apertamente il segreto del tuo passato...va bene...saprò aspettare...Ma per il presente?Perchè non posso condividerlo con te?-
La guardò.Abbassò gli occhi,accennò un sorriso imbarazzato:
-Mia piccola Psiche,mia piccola grande donna...-così dicendo le accarezzò di nuovo i capelli,la attirò a sè,le sfiorò le labbra con un bacio delicato.-Che cosa vuoi sapere?-
-Quel bambino,Erik...chi è?-
-Non lo so ancora...- ammise lui.
-E' il figlio di un morto senza nome?-
-Forse...-
-E quel morto...è forse...?-
-E' morto,Aurora.-rispose Erik,severo.
La giovane donna si sentì di nuovo respinta.Ma incassò senza replicare.Poi rilanciò:
-Ascolta...non importa di chi è figlio...Togliamolo di là...-
-Togliamolo?...-
-Si Erik...E'solo un bambino!vive affamato,sporco,lacero,solo...non saprà mai cos'è giocare a...-
-Shhh...- le disse lui,sfiorandole le labbra con la mano.-Voglio quello che vuoi tu,Aurora....-
-Allora facciamolo assieme...forse io posso esserti d'aiuto,in questo...Domattina,andiamo insieme al cimitero,vuoi?- Gli accarezzava il mento,guardandolo da sotto in su.
Anche lui le carezzò il viso;la sua fronte scottava:
-Hai la febbre...Domattina preferirei che ti facessi visitare da un medico...-
Lei gli cinse il collo,avvicinò il viso al suo fin quasi a sfiorargli le labbra:
-Ti prego....magari è solo l'agitazione...Se domattina l'avrò ancora,allora...- così dicendo lo baciò.
Un bacio tirò l'altro:Erik riassaporò la dolcezza insostituibile di Aurora,Aurora il gusto ardente e appassionato di Sindial.
-Resta ...- sussurrò lei.
Lui le si stese accanto e la tenne stretta tra le braccia,fino al mattino.


Quando al mattino Aurora si risvegliò,trovò sul guanciale un bocciolo di rosa.
Erik era davvero stato accanto a lei,quella notte...
Sorrise,rasserenata al ricordo del colloquio avuto con lui.Quella mattina -ne era sicura- avrebbero ritrovato il povero bimbo del cimitero;avrebbero guadagnato la sua fiducia,lo avrebbero sottratto a quel destino di abbandono e rinunce di cui sembrava ignara vittima...
Si alzò con slancio dal letto,ma il suo entusiasmo fu frenato da una sorta di capogiro,una strana sensazione di debolezza.
Si riebbe presto,attribuendo il malore ai postumi dell'infreddatura.
Era sicura di non avere più febbre,ormai:la fronte era fresca,il riposo assicuratole dall'abbraccio dell'uomo amato era stata la migliore cura.
Sonò il campanello e dopo poco sopraggiunse Beatrice con la colazione.
La giovane donna accostò le labbra alla tazza di latte.Improvvisamente una strana tosse che sembrava nascerle dal grembo le impedì di bere.
Posò la tazza,fu costretta ad alzarsi:Beatrice aprì un po' la finestra e l'aria frizzante del mattino l'aiutò a riprendersi.
-Porta via quel latte...ti prego...- disse alla domestica. -Preferisco una tazza di tè...
-Subito,madamoiselle...-
Quando il vassoio con il latte sparì alla sua vista,Aurora si sentì di nuovo bene;e anche affamata.
Su un piatto erano disposti ordinatamente dei crostini con burro e marmellata,assai invitanti.Ne assaggiò uno e dopo poco aveva ritrovato pienamente il suo benessere;era allegra e non fece neppure caso allo sguardo indiscreto con cui Beatrice la stava scrutando.
Indossò un abito in tartan,col colletto stretto di pizzo bianco;sollevò i capelli,si compiacque della propria immagine allo specchio.
Quindi,un po' impaziente,attese l'arrivo di Sindial.
Erano le nove quando la carrozza dell'impresario si fermò davanti al cancello.Dopo poco ripartì e presto la coppia varcò di nuovo il cancello del cimitero.
Stranamente il luogo sembrava meno squallido del solito:forse perchè le aiuole cominciavano a rifiorire e sui rami spogli si apriva timidamente qualche foglia.O forse era lo stato d'animo di Aurora,che le faceva sembrare tutto diverso.
Si avventurarono tra i viali,fino a raggiungere la zona delle fosse comuni,sempre deserta e silenziosa.
La fanciulla si guardò intorno,girò su se stessa alla ricerca di una traccia.Il luogo sembrava più vuoto del solito.
-Dove sarà?-
Erik guardò verso la tomba senza nome.Aurora seguì il suo sguardo e -prima che lui potesse fermarla- si affrettò in quella direzione.Ma nulla.
A Sindial però non sfuggì un particolare che lo fece riflettere:dalla cornice di sassi,mancava il sasso bianco che lui stesso vi aveva collocato.
Aggrottò le sopracciglia,pensoso.
Aurora lo guardò,delusa:
-Dove lo cerchiamo,ora?-
L'uomo spinse lontano lo sguardo:
-Il cimitero è grande...- ma aveva la sensazione che quella creatura non fosse più in quel luogo,ormai.
La fanciulla lo precedette nel luogo in cui aveva offerto il pezzo di pane al piccolo fuggitivo.Non rimaneva niente,neppure là.
Aurora si voltò di nuovo verso Erik;aveva quasi le lacrime agli occhi.
-Non c'è....-
Lui la prese per mano,la attirò a sè.
-Forse è già tardi...a quest'ora si nasconde per evitare di essere visto dai visitatori...- mentì,per incoraggiarla.
La donna scuoteva il capo,non si convinceva.
A un tratto intravide il vecchio custode Jacques,che spalava la terra presso una cappella.Prese per mano Erik e lo indusse a seguirla:
-Andiamo...lui forse saprà...-
Si accostò al vecchio e timidamente interloquì:
-Monsieur...scusate...dovrei domandarvi qualcosa...-
Quello non sollevò nemmeno lo sguardo dal suo lavoro:
-Non ora,madamoiselle....per le informazioni rivolgetevi al mio collega...-
-Ma...si tratta di una richiesta particolare....-
Jacques si voltò a guardarla,poi si accorse della presenza di Sindial,al suo fianco.Posò la pala,si tolse il cappello,chiese scusa:
-Perdonate signore...e madamoiselle...io...-
-Poche storie:rispondete a madamoiselle!- gli intimò Erik,sprezzante.
-Si certo...ditemi....-
-Il bambino......quello che si nascondeva qui....Non sapete dove possa essere?-
L'anziano custode era spaventato,continuava a scusarsi:
-Non dovete prendervela con me,monsieur....è stato Pierre,lui è così,è vendicativo...-
Erik lo fulminò con gli occhi:
-Pierre? a far cosa?-
-Stamattina...ha chiamato i gendarmi...-
-I gendarmi?per catturare un bambino?- Aurora era impietrita dall'orrore.
-Si...all'alba erano qui...Lui non ha detto che era un bambino...ha detto solo che un intruso rovistava tra le tombe....-
Erik avrebbe volentieri afferrato per il bavero quel vecchio,che stentava a raccontar loro tutto.
La presenza di Aurora,la sua mano sul braccio lo frenarono.Lei domandò:
-Lo hanno trovato?-
Jacques abbassò gli occhi.
-Erano riusciti a prenderlo...ma lui si è divincolato ed è scappato...Io ero davanti al cancello posteriore...-
-Lo avete visto uscire?-
-Vi prego...non dite niente al mio collega...Io ... gli ho indicato l'uscita,con le mani -perchè credo che sia sordomuto- gli ho fatto cenno di scappare..e poi...-
Erik cominciò a guardarlo con una certa riluttante benevolenza:
-Gli avete coperto le spalle,non è così?- domandò.
Jacques annuì.
-Sono solo un povero vecchio sentimentale...- si rimproverò.
-Avete fatto bene...ma...Dove sarà andato?- si domandò Aurora sconsolata.
Erik stava pensando con odio a Pierre.Vigliacco,miserabile...Quanti ne aveva incontrati sulla sua strada come lui?
Il suo sguardo implacabile si volse in direzione del piccolo ufficio di custodia.
-Erik....- Aurora richiamò la sua attenzione,desolata.
-Non preoccuparti- la rassicurò lui,mordendo il freno -Magari si è nascosto qui intorno e aspetta che le acque si calmino,per tornare al suo rifugio- e così dicendo indicò la tomba senza nome. -Lo ritroveremo,Aurora...Vieni via,ora...-
Montarono di nuovo sulla carrozza.Aurora mogia,guardò senza parlare fuori dal finestrino.
Erik le sedette di fronte,carezzandole innamorato i capelli e il viso:
-Non intristirti amor mio...- così dicendo le sfiorò le labbra con un bacio delicato.
Con quel vestito era incantevole:ma da qualche giorno sembrava diventata più bella...
-Vedrai che lo ritroveremo...- soggiunse.
La carrozza ebbe uno strano sobbalzo.
Aurora si ritrovò tra le braccia di Sindial e nessuno dei due sospettò in quel momento quanto vicino potesse essere il piccolo zingaro...


Per tutto il giorno Aurora non seppe nascondere la delusione di quello che era successo:si sentiva malinconica,desolata,svuotata.
Si sforzò di essere di compagnia,ma in cuor suo sentiva un forte desiderio di tornare a casa e piangere,magari tra le braccia di Erik.
Ma prima fu necessario rientrare in teatro:Sindial ebbe da sbrigare una serie di adempimenti amministrativi;Aurora si trovò a dover colloquiare con gli artisti,le maestranze;a scambiare qualche convenevole con Alphonsine,che non era stata mai di umore più brillante come in quei giorni.
-Aurora...ieri non sei stata dei nostri...come mai?-
-Debbo aver preso freddo,l'altro giorno,durante il temporale...-
La ballerina assunse una espressione che la diceva lunga:
-Ah...non sei stata bene?- e le fece un'occhiata maliziosa.
Approfittando di un richiamo del direttore,finalmente la pianista riuscì a defilarsi,allontanandosi dalla scena dove si provava e si ritrovò nel back stage.
Seguendo il refolo d'aria che ormai le era familiare,trovò presto la strada della cappella e vi entrò.
Eccolo,sul muro scrostato,illuminato dalla luce fioca di poche candele,l'Angelo della musica.
Che strano:il suo sguardo le sembrò mutato.Non più severo,ma dolce,compassionevole.
Provò una sensazione di calma,si sentì accolta benevolmente.
Pensò alla richiesta che le aveva mosso Erik:anche lui doveva essere legato a quel luogo del teatro,in particolare.
Era l'unico rimasto intatto,dopo l'incendio...
Istintivamente la fanciulla accese un'altra candela e osservò da vicino la mistica figura...Un preghiera tacita le salì alle labbra:affidò le sue future nozze,Erik e anche se stessa a quel custode divino.E gli chiese di vegliare anche sul piccolo fuggitivo,di farlo ricomparire sano e salvo sulla sua strada.


-Ilia...stasera dobbiamo provare a rintracciare quel lestofante...-
Erik stava indossando il mantello:avrebbe riaccompagnato Aurora a casa e poi si sarebbe unito a Ilia per le ricerche.
-Come volete,Sindial...io ho identificato un paio di locali dove...-
-Ottimo,amico mio...Segnatemi l'indirizzo...-
-Si l'ho annotato qui-disse porgendogli il taccuino
L'impresario lesse brevemente:
-Sono peggio che malfamati,Ilia...Non prendete iniziative senza di me...-si raccomandò.
-Non temete...-
Aurora attendeva Sindial nel foyer.
-Passo a prenderti tra breve...-disse lui e si diresse verso le scuderie.
Prese posto sul calesse,ma si accorse che Melas era stranamente nervoso.
Cercò di calmarlo carezzandogli il garrese,ma lui stesso ebbe la sensazione di qualcosa di strano.
Uscì dalle scuderie e si portò davanti all'ingresso principale dell'Opera,andando incontro ad Aurora:la coppia si congedò dai conoscenti,artisti e musicisti che si attardavano dopo lo spettacolo,e sparì nelle vie scure della capitale.
-Sei più serena,stasera?- le domandò lui quando furono in prossimità della abitazione.
-Si...- era vero:la visita nella cappella le aveva infuso uno strano coraggio.
Erik le carezzò il viso.Poi la condusse fino alla soglia e le baciò la mano,con tenero trasporto.
-A domani,mia cara...-
Lei lo trattenne solo un attimo ancora.Erik allora la strinse tra le braccia,baciandola con dolcezza.
-A domani...- gli ripetè,mentre spariva dietro la porta.
Sindial spronò Melas al galoppo.Doveva rientrare all'Opera,cambiarsi e armarsi.
Le scuderie erano buie e silenziose.
Solo una lanterna ne illuminava l'ingresso,mentre all'interno una grossa torcia,collocata sulle scale che portavano nell'ala abitabile,stentava a estendere il suo bagliore ondivago sull'ampio ambiente.
Erik staccò Melas dal calesse e lo sospinse verso le balle di biada del suo stallo.
-Riposa un po'...ci aspetta una notte lunga...-
Il cavallo ebbe uno strano scarto e rimase un po' sospeso.
Erik si avvicinò per capire di cosa si trattasse:trasalì,sorpreso e incredulo...
Scostò Melas,guidandolo verso un altro angolo della scuderia,quindi si accostò all'andito delle scale e assottigliando le labbra emise un sibilo prolungato:una sorta di segnale.
Silenzioso e rapido come una serpe,sopraggiunse Harun.
Erik si limitò a fargli un cenno col capo,indicandogli il giaciclio di Melas:Harun mise mano a un piccolo stiletto che portava alla cintola.
-No...non ce n'è bisogno...- lo avvertì il padrone.
Harun capì presto perchè:raggomitolato come un cucciolo di lupo,sulla paglia dormiva un bambino...
-Prendilo e portalo su...- gli comandò Sindial,impartendogli sottovoce altri ordini,nella sua lingua.
Harun chinò il capo,in segno di obbedienza.
Erik lo precedette nei suoi appartamenti.
Si cambiò,sfilò la maschera argentea dal viso e ne indossò una di cuoio nero che gli copriva tutta la parte superiore del volto.
Cinse la sua spada,poi infilò uno stiletto nello stivale sinistro.
Prima di uscire di nuovo,diede un'occhiata all'alloggio di Harun:il servo vegliava sul sonno del bambino.


Nella notte,Erik galoppò su Melas,fino a raggiungere il quartiere di MontParnasse:qui erano i locali più malfamati e squallidi della città,quelli aperti a chiunque disperato.
Sindial si guardò intorno.C'erano un paio di bistrot che si trascinavano aperti fino all'alba:entrò a cercarvi Ilia.
Nel primo c'erano pochi avventori.Ma il giovane russo non era tra questi.
Spazientito Erik entrò nell'altro.Qui si respirava un'aria greve di fumo,assenzio,riottosità:era una sorta di 'assommoir',con gli uomini pronti a menarsi a sangue,per una moneta o per lo sguardo compiacente di una donnina allegra.
Quando vi entrò gli occhi si puntarono aggressivi e rancorosi su di lui:Erik si guardò intorno con sprezzante indifferenza.
Ma purtroppo Ilia non era nemmeno là.
Un orologio da una torre civica battè le due.
Sindial scrutò l'ingresso di una casa di malaffare:ne provenivano risate becere e voci avvinazzate di uomini.
Che fine aveva fatto Ilia Semonov?
Un gruppo di malintenzionati intanto avanzava minaccioso verso di lui.
Erano in netta superiorità di numero e forse speravano di derubarlo:la sua apparenza distinta non lasciava dubbi sul suo censo.
Tuttavia quando gli furono vicini lui li sfidò con lo sguardo facendo scintillare nel buio la lama della sua spada.
I tre si guardarono tra loro.
-Non è posto per voi questo,signore...- disse uno di loro,rimanendo a cauta distanza.
-Andatevene...- soggiunse un altro.
-Non sono abituato a chiedere permessi..- fu la sua fiera risposta.
-Era un consiglio...- si affrettò a dire un terzo,ma mise mano al suo coltello.-ne abbiamo già cacciato uno,di intruso....-
Erik sospettò che si trattasse di Ilia.La rabbia gli montò dentro.
Per fortuna uno scalpiccio di cavalli annunciò l'avvicinarsi della ronda notturna.
I tre si dileguarono.Erik montò su Melas e fece altrettanto.



-Alphonsine...apri...sono io...-
Nel cuore della notte Philippe bussò alla porta della sorella.La ballerina si alzò,infilando in fretta una veste da camera,sulla delicata camicia di seta bianca.
-Philippe?...a quest'ora...?- domandò,schiudendo l'uscio.
Quasi le caddero addosso il fratello e Ilia Semonov!
-Mio Dio!...che cosa?-
-Aiutami a stenderlo sul letto...-
Alphonsine guardò Ilia,era malconcio e puzzava di alcool:la ragazza fece una smorfia disgustata:
-Mamma mia...ma cosa ha bevuto?...e perchè me lo porti qua?-
Philippe era esausto,sedette crollando su una sedia:
-Dammi dell'acqua....Non ha bevuto,è rimasto vittima di un agguato...Bisogna avvertire Sindial!-



Lo scalpiccio serrato di Melas al galoppo attraversò le strade deserte di Parigi,lungo il fiume,fino al Quartiere Latino.Finalmente Sindial frenò la corsa del suo fedele andaluso,che scartò nitrendo furioso.Smontò da cavallo ed entrò nel portone del palazzo dov'era l'appartamento di Ilia.Salì velocemente le scale e bussò impetuoso alla porta:
-Semonov! Sono Sindial...aprite!-
Gli aprì invece un uomo anziano,che non aveva mai visto.
-Dov'è Ilia Semonov?- gli domandò,sorpreso e contrariato.
-Mi spiace monsieur...stanotte non sono rientrati,nè lui nè il signorino Philippe...- era angosciato,il povero vecchio.
-Per Dio...- imprecò Sindial.
-Credete possa essere successo loro qualcosa?...io non me lo perdonerei mai...-
Sindial guardò il vecchio servitore,per un attimo disorientato anche lui.
Se fosse successo qualcosa ad Ilia,nemmeno lui se lo sarebbe mai perdonato.
-Sono stati fuori insieme tutta la notte?-
-No...il signor Semonov ha insistito perchè il signorino lo aspettasse qui...Però il signor Philippe non vedendolo tornare era agitato...a un certo punto ha sentito qualcuno lamentarsi in strada e...sicuro che fosse il signor Ilia,si è precipitato giù prima che potessi fermarlo...Quando finalmente sono arrivato in strada anch'io...non c'era più nessuno...-
Sindial imprecò ancora.
Poi cercò di riflettere.Se Ilia era ferito,perchè Philippe non lo aveva portato su,in casa?...Magari era così grave da doverlo portare in ospedale?...
Scese in strada.Un vecchio vetturino ritornava stancamente dall'ultima corsa.Erik lo fermò:
-Voi...Avete per caso accompagnato due giovani,da qualche parte?...-
Il cocchiere si tolse il cappello,piuttosto spaventato da quella figura spettrale e affascinante che gli si era parata davanti,mascherata di nero,avvolta in un mantello nero.
-P...perdonate,monsieur...Non saprei...-
-Pensateci bene...- ripetè Erik,in tono minaccioso.
Il vetturino si domandò se non fosse quello il pericolo da cui fuggivano i due che aveva accompagnato all'Opera...Ma tanto ora erano al sicuro,poteva anche dirlo,senza correre rischi per sè...
-Ebbene?-
-Erano in due..uno doveva aver bevuto troppo...puzzava d'assenzio...-
-Dove li avete portati,dove?-
-Al teatro...- rispose con un filo di voce,atterrito,il pover'uomo.
-Vivaddio...- Erik gli allungò un paio di monete d'oro,quindi con una manata ben assestata spronò lui stesso il vecchio ronzino e la carrozza si allontanò alle sue spalle in fretta.
Stava rimontando su Melas,quando scorse sulla soglia del palazzo il vecchio Joseph,intirizzito e preoccupato.Prima di allontanarsi,lo rassicurò:
-Tornate a dormire...il vostro padrone rientrerà presto...-


Philippe era nello studio di Sindial:la fronte appoggiata al pugno serrato,la gamba destra che si agitava nervosa.
Finalmente sentì aprire la porta ed Erik comparve sulla soglia.
-Monsieur Sindial...finalmente ...-
-Dov'è Ilia?- fu la prima domanda di quest'ultimo.
-L'ho portato nella stanza di mia sorella...non si reggeva in piedi...-
Erik si era liberato del mantello ed era sparito nella sua stanza,dove aveva posato le armi e indossato la maschera d'argento.
Ora guardava preoccupato Philippe:
-E'...ferito?-
-No,per fortuna,monsieur...ma è stato picchiato,poi gli hanno versato dell'assenzio addosso per farlo sembrare ubriaco e l'hanno gettato in mezzo alla strada...per poco non veniva anche investito da una carrozza...Non so come abbia fatto ad arrivare a casa...-
Erik mise le mani sulle spalle del giovanotto.
-Grazie...siete stato davvero in gamba,a portarlo fin qua...-
Philippe chinò il capo,confuso e lusingato:
-E' un mio amico...il mio amico...-
-Andiamo da lui?-
Philippe lo precedette,ma sul punto di bussare alla porta di Alphonsine entrambi avvertirono battibeccare animatamente all'interno.


Ilia riapriva piano gli occhi.Era dolorante,da capo a piedi.E un nauseabondo odore di alcool gli rendeva insopportabile anche respirare.
A un tratto la sensazione gradevole e refrigerante di una spugnetta umida,morbida,sul viso.E dalla confusione,ecco delinearsi una splendida presenza femminile al suo capezzale.
Il giovanotto aveva il labbro un po' gonfio,stentò a parlare:più che altro si lamentò.
-...Ma dove sono?....-
I ricordi improbabili di quella notte cominciarono a confondersi.Forse era ancora in una casa di piacere?
-...Sei una cara donnina,Micetta...ma lasciami andare...- disse tentando di sollevarsi dalle coltri.
-Micetta?...e questa chi sarebbe?-
La voce inconfondibile di Alphonsine gli restituì un barlume di lucidità.Era nella stanza della ballerina,nel suo letto.
-...Oh..Sinette...volevo dire Sinette...-
La ballerina terminò di ripulirgli il viso:i suoi gesti ora erano bruschi.Era irritata.
-Smettetela...siete un bugiardo!...Posso sapere da dove arrivate?-
-...da Montparnasse...-
-Che cosa?- Alphonsine si alzò,in collera. -Avete trascinato mio fratello in una casa di malaffare?...è questo che intendevate quando gli avete offerto la vostra ospitalità?-
Il capo del malcapitato segretario ricadde indietro.La testa gli rimbombava:
-Philippe non era con me...Ero lì per incarico di Sindial...- si giustificò.
-Sindial! certo!...adesso è Maschera d'Argento che vi dice dove e con chi passare le nottate!-
Questa volta Semonov raccolse tutte le sue forze,riuscì a sollevarsi.
-E voi...voi con chi le passate,mia bella prima donna?-
Alphonsine lo guardò,furente:
-Venite forse a farmi la paternale?...Non intendo ascoltarvi un momento di più...- così dicendo gli voltò le spalle,sdegnosa.
Ilia si era alzato sulle gambe malferme.
-Sono io che non intendo approfittare oltre della vostra benevolenza-ribattè,orgoglioso-...Lasciatemi uscire...-
Ma nel dir così,ebbe ancora un capogiro e per poco non rovinò a terra.
Alphonsine,con prontezza di spirito,si gettò verso di lui a sostenerlo:
-Ilia!....- esclamò,con un'espressione preoccupata,con un trasporto che cozzava con lo sdegno di prima.
Poi cercò di correggersi: -Dove credete di poter andare...non vi reggete in piedi...- e così dicendo lo sospinse di nuovo verso il letto.
O fu lui ad attirarvi lei?
Certo Ilia aveva sentito bene quell'invocazione e se l'era ritrovata tra le braccia,splendida nella sua camicia di seta,appena coperta dalla veste da camera.
Quando Alphonsine cercò di sciogliersi dalla sua stretta,lui la serrò ancora più forte e le domandò:
-Sei gelosa,Sinette?...-
-E tu...Ilia Semonov?-
-Disperatamente...- mormorò il russo,prima di cominciare a baciarla.
Alphonsine oppose una timida resistenza,ma lui la trattenne con la forza della disperazione,finchè lei non cedette al bacio,non lo ricambiò,non lasciò che lui,attiratala tra le lenzuola,l'avesse finalmente vinta...

Philippe guardò negli occhi Sindial,interrogativo.
Dopo la tempesta,dalla porta si levava uno strano silenzio.
Il giovanotto fece per bussare,ma Sindial lo fermò,rispondendo con un'occhiata eloquente alla tacita domanda del giovane Segnier.
-Meglio lasciarlo riposare...e anche voi:rientrate a casa.Il vostro maggiordomo è in ansia...-
Philippe rimase interdetto,poi volle dare credito al suo ospite.
Improvvisamente avvertì tutta la fatica di quella notte e desiderò davvero il suo comodo letto.
-Venite...vi faccio accompagnare...- così dicendo Sindial lo sospinse lontano dalla porta di Alphonsine,guidandolo verso l'uscita delle scuderie.



Al risveglio Aurora ricevette,con la colazione,anche la posta.
C'era un biglietto di Blanche che le comunicava di aver delegato al suo legale la questione del passaggio di tutela,come lei stessa avrebbe scritto a Sindial.
Il postino aveva infatti recapitato anche una lettera su carta intestata dello studio Malbrune.Aurora l'aprì in fretta:era un invito a presentarsi al più presto presso gli uffici del notaio di famiglia.
Emozionata,desiderosa di comunicare quanto prima la buona notizia a Erik,Aurora si vestì velòcemente e -fatta chiamare una carrozza- si recò di filato a teatro.
Era ancora presto:tanto l'ingresso principale che quello degli artisti erano chiusi.Aurora si avventurò attraverso la scala delle scuderie e,un po' trafelata per l'agitazione,la corsa,l'eccitazione,bussò alla porta di Sindial.
-Si?- le rispose poco dopo la voce dell'uomo.
(Strano -Aurora ebbe il tempo di pensare- Harun non era al suo posto?)
-Sono io....puoi aprirmi?-
La porta si spalancò:Erik indossava una vestaglia di raso scuro,a delicati disegni cashemere,attraverso la quale si indovinava la asciutta nudità del torace.
-Scusami...forse è più presto del previsto?- gli domandò Aurora,ansando leggermente.
-...ho avuto una notte movimentata...ma entra,sono contento che tu sia qui-
-...mi spiace...- gli rispose lei,senza capire,poi soggiunse eccitata -Ho una sorpresa per te!-
-Anch'io...- sillabò lui,con un sorriso impercettibile.Quindi le cinse le spalle e la sospinse verso la porta che conduceva agli alloggi della servitù.La schiuse piano e le consentì di guardare.
Harun era seduto al capezzale del piccolo solitario e lo osservava divorare affamato la colazione.
Aurora si volse con gli occhi che le brillavano a Sindial:
-Erik...lo hai trovato?-
Lui sogghignò,compiaciuto della sorpresa.
-Direi che è stato lui,a trovare noi...Deve essersi nascosto tra i semiassi della carrozza,ieri mattina...L'ho trovato stanotte,che dormiva sul fieno...-
-Oh Sindial...-Aurora lo abbracciò,grata.Poi gli domandò: -Non posso entrare?...-
Prima che Erik potesse impedirglielo,aveva socchiuso di nuovo la porta.Il bambino stava mangiando del pane inzuppato nel latte.
Harun si volse a guardarli.L'entusiasmo svanì dal volto di Aurora:alla vista della tazza di latte,al solo avvertirne il caldo aroma nell'aria,di nuovo impallidì e un senso di nausea le salì dal grembo.Iniziò a tossire leggermente,costretta ad allontanarsi,verso la finestra.
-Qualcosa non va?- le domandò sollecito Erik.
-Nulla...- rispose lei,riprendendosi,inspirando forte l'aria fresca.
Harun aveva visto tutta la scena.Silenziosamente fece scomparire il vassoio col latte.
Poi,uscito dalla stanza del bambino,si accostò a Erik e gli sussurrò qualcosa.
L'uomo lo guardò,reagendo sorpreso.Poi guardò Aurora.E a poco a poco mise a fuoco:l'espressione del suo viso si trasfigurò.
La giovane donna,sentendosi meglio,si volse a guardarlo.
-Che cosa c'è?...perchè mi guardi così...- gli domandò,con un sorriso.
Sindial scosse la testa,socchiuse gli occhi,rapito,incredulo:
-Sei sicura di non saperlo?...- le domandò.
Lei gli sorrise,confusa.Non riusciva a capire...Erik le si avvicinò,sospirando di desiderio.
-Sei proprio sicura...mia bambina adorata?- così dicendo le cinse la vita,la attrasse a sè,accarezzandole le spalle,i capelli,cercandole le labbra e assaporandone il sapore di miele,piano,come centellinandolo.


Aurora era ancora sorpresa,non riusciva a capire esattamente il motivo di quello sguardo,di quello slancio appassionato di Sindial.
Poi riflettè e arrossì:
-Tu...tu forse credi...?-
-Non credo...ne sono sicuro...- le sussurrò lui accostando le labbra alla profumata attaccatura del suo collo..-Non sei mai stata così bella...e mi domandavo come mai,nonostante tutto quello che ci succedeva intorno...Ora lo so...-
-Ma...io...-
-Tu non ci hai pensato?...vuoi dirmi questo?- le domandò,senza smettere di coprirle di piccoli baci i capelli,le guance,le labbra.
-Veramente...quando ebbi quel malore,sere fa...Alphonsine insinuò qualcosa...Ma io non ci ho pensato più...Voglio dire:aspettavo una conferma più certa...-
Erik le sollevò il viso tra le mani,la scrutò negli occhi profondamente,le domandò:
-Quando?-
Aurora era turbata,emozionata.Abbassò lo sguardo,poi lo risollevò verso di lui:
-Se è come credi...è successo quando mi hai portato per la prima volta alla villa...Ricordi?-
-E me lo chiedi?...nella nostra casa,nella nostra stanza...davanti al camino acceso...-
-Si...io ebbi subito la sensazione di qualcosa di diverso...e poi,quella notte....-
Sindial la interruppe:
-Aurora...tu mi rendi pazzo di gioia...-
Così dicendo la baciò appassionato,stringendosela contro in un turbine di desiderio travolgente
-Non possiamo aspettare oltre...- soggiunse-stasera stessa voglio che tu divenga mia moglie...con o senza delega!-
La teneva ancora stretta tra le braccia.Chinò un po' la testa e le sussurrò:
-Sapessi quanto ti desidero...ora...subito....-
-Erik...-La giovane donna cercò di recuperare lucidità -Era questa la mia sorpresa...l'avvocato di zia Blanche mi invita a presentarmi al più presto nel suo studio...-
Lui la guardò,come esaltato:
-....andremo stamattina stessa...Vieni...- così dicendo la prese per mano e la condusse nel suo appartamento.
Ma qui,appoggiatala contro la porta chiusa,le ripetè:
-Mi fai impazzire di gioia,Aurora...Quando sei entrata la prima volta da questa porta,credevo che non sarei potuto essere più felice di così...Invece....Ah mia bambina adorata,mia donna...mia sposa....-
Prima che lei potesse fermarlo le si era inginocchiato davanti;le baciava il seno,il grembo,la stringeva a sè disperatamente.
-Erik...non..non è ancora sicuro...-
-Shhhh....- le intimò,appoggiando il capo sotto il suo cuore- è dentro di te...lo so...- le baciò ancora il grembo,poi si rialzò,la contemplò ancora un attimo,infine sembrò ritrovare il controllo.
-Sarò pronto subito...- ma ancora le mise una mano nei capelli e le diede un bacio appassionato,sensuale.

 
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Evilsisters
view post Posted on 6/4/2008, 11:46




Un tramestio oltre l'uscio,la sensazione che il giorno era iniziato da un bel po' svegliarono Ilia Semonov.
Il giovanotto provò una piacevole sensazione di appagamento e -dimentico delle batoste ricevute la notte prima -si stiracchiò con voluttà.
-Ouch....-la spalla gli doleva e anche il viso.
Aprì gli occhi.
Non aveva sognato...Era nella stanza di Alphonsine:quella notte l'avevano passata insieme...
Sorrise:amare Alphonsine era come domare una puledra recalcitrante...Bello ed eccitante come non avrebbe mai creduto potesse essere l'amore.
Qualcuno si schiarì la voce:
-Buon giorno,mio signore....Dormito bene?-
Alphonsine era ancora in veste da camera,coi capelli sciolti,ma non spettinati.Reggeva sulle mani un vassoio fumante.
Ilia la osservò,con un sorriso ammiccante:tentò di tirarsi su alla meglio.
-Non posso dire di aver dormito molto...-
-Posso servirti la colazione,allora?-
-Mmmmm....che magnifica idea...latte,pane burro e...-così facendo tentò di afferrarla e attrarla a sè,ma era ancora dolorante.
-Aaah...- si lamentò,scuotendo contrariato la testa.-Come farò oggi,non so proprio?-
Alphonsine aveva appoggiato il vassoio sul letto e stava aprendo un tovagliolo di lino per il suo ospite.
-A far cosa?- gli domandò,rimanendo con il tovagliolo a mezz'aria.
-Il mio lavoro...- disse lui addentando una tartina e bevendo avidamente un sorso di latte.-Che ore sono a proposito?- così dicendo cercò il suo orologio sul comodino.
Prima che potesse arrivarci,la ballerina l'aveva afferrato,sottraendoglielo.
-Sinette!-
-Niente da fare,signorino:oggi tu non lavori...stai qui e ti riprendi...-
-Qui?...e...mi riprendo?- domandò Ilia,con malizia.
-E non farti idee strane!....devi riposare:chiaro?Philippe ha mandato a chiamare il medico...-
-Alphonsine...amore mio...debbo assolutamente parlare con Sindial...- ribattè Ilia aprendo le braccia.
-Non c'è fretta...il tuo Sindial è uscito con Aurora,poco fa...Adesso fa' colazione e smettila di protestare!- e così dicendo gli infilò tra le labbra un pezzetto di briosce e lo baciò con uno schiocco.
Il giovanotto sorrise,scuotendo la testa.
-Cosa dirà Herr Frederick...se mi trova qui?- le domandò,provocatoriamente.
-Herr Frederick è stato ammesso qualche volta nel mio camerino- rispose lei,fiera-...nessuno entra nella mia camera da letto impunemente,Ilia Semonov...-
Lui scostò il vassoio e,fattole posto,l'attirò vicino a sè:
-Nessuno più,prima donna?-
-Nessuno...- ribadì lei a bassa voce,prima di schiudergli le labbra.
Una bussata discreta li interruppe.
Il giovane russo ricacciò il corpo indietro,sul guanciale.
-Philippe...entra...-
-Come va Ilia?- chiese il nuovo venuto,osservando l'amico tra il curioso e il preoccupato.
-Meglio di ieri...- lo rassicurò il giovanotto.
-Qui con me c'è un dottore...-
Alphonsine si era ritirata.Entrò un uomo di mezza età,con gli occhiali in filigrana d'oro e i baffetti all'insù;portava la tipica valigetta professionale.
Ilia sospirò,rassegnato.



Aurora era rimasta sola,seduta sul letto,in attesa di Sindial.
Si alzò e osservò la sua immagine riflessa nel grande specchio verticale del guardaroba.
Era così poco tempo che aveva cominciato a familiarizzare con quella immagine di sè,che per anni le era stata sconosciuta...
Si sorrise.E si parlò,in silenzio.
Dunque Aurora forse è vero...sarai madre...
Hai finto di non accorgerti dei piccoli segnali,li hai volutamente trascurati,giustificati con superficiale noncuranza...forse per paura che alla fine si rivelassero infondati,per non illuderti...o per assicurarti che Sindial ne sarebbe stato felice,come te...
Ora non puoi più dubitarne...ora DEVE essere vero...C'è il suo seme in te,che sta per fiorire...
Le sembrò di avvertire un capogiro:cos'era? l'euforia...o la piccola vita che pulsava dentro di lei?
-Sono pronto...- Sindial sopraggiunse,interrompendo il corso dei suoi pensieri -Andiamo?
Lei gli sorrise,raggiante.
-Certo!-
Uscirono dall'appartamento,ma nello studio,mentre l'uomo indossava il suo soprabito,improvvisamente irruppero Harun e il piccolo selvaggio.Quest'ultimo scappando dal domestico si andò ancora una volta a intrufolare tra le gambe di Erik,appigliandovisi in cerca di protezione e sicurezza.
-Che succede? Harun?-
-Signore...pensavo di fargli un bagno...- rispose l'orientale,a voce bassa.-Volevo spogliarlo...-
La pianista osservò quel musetto spaurito.
-E' spaventato....Non devi aver paura...- gli disse,tentando di carezzarlo.
Il piccolo si sottrasse al suo tocco,come un gattino che drizza il pelo.
Sindial si chinò verso di lui.
-Non aver paura...-ripetè- Seguimi....- e gli porse la mano.
Aurora rabbrividì.Senza capire perchè.
Il bambino non parlava,ma allungò la mano afferrando quella di Erik.
Erik indicò Harun al piccolo.
-Harun si occuperà di te...- mise quindi una mano sulla spalla del domestico.-Fidati!-
Questi tese la sua mano al piccolo,guardandolo con sobria umanità.
Il bambino guardò interrogativamente Sindial,poi di nuovo Harun.Finalmente seguì quest'ultimo all'interno.
Prima di andare,Erik raccomandò ancora qualcosa al fedele servitore.Quindi porse il braccio ad Aurora ed uscirono.
-Quel bimbo si fida di te....è te che ha seguito...- commentò la giovane donna.
-Già...- fu la laconica risposta di lui.


Presto il calesse si fermò davanti al portone di un severo palazzo poco distante dal tribunale.
Lo studio Malbrune era al primo piano.Aurora bussò all'elegante campanello e la porta a vetri si aprì:un giovanotto di studio,magro e un po' stempiato invitò la coppia ad accomodarsi,tentando di celare la curiosità nei confronti dell'uomo con la maschera.
-Avete un appuntamento,signori?-
-Ho qui una convocazione del notaio...- rispose Aurora,mostrando la busta intestata.
-Oh...si: chi devo annunciare?-
-Madamoiselle De Guilerm e Monsieur Sindial- rispose quest'ultimo,col suo tono piuttosto brusco,imperativo.
-Senz'altro...- rispose il giovanotto,imbarazzato.
Entrò nello studio e pochi minuti dopo ne uscì,aprendo loro la porta e introducendoli dal notaio Malbrune.
Questi era un uomo di oltre mezza età;capelli grigi,viso glabro,occhi chiari.
-Madamoiselle De Guilerm...- disse alzandosi verso la nuova venuta -Non credo vi ricordiate di me...Ero tanto amico della vostra famiglia...-
-Certo,monsieur...ricordo che ero una bambina,quando vi ho visto l'ultima volta...-
-Già...- glissò l'uomo;ricordava bene le vicissitudini della giovane pianista. -Vi trovo così bene...- aggiunse poi,sincero.
Quindi guardò,un po' diffidente verso Sindial.
-Permettete che vi presenti monsieur Sindial,il proprietario dell'Opera....e mio futuro marito...-
-Molto lieto...- disse il notaio,un po' freddo,continuando a scrutare l'ospite.
-Onorato- ribattè altrettanto asciutto Sindial.
-...nonchè tutore...- concluse Aurora,alla quale la freddezza del notaio non era del tutto sfuggita.
-Ah già...Sono lieto che siate venuta appena ricevuta la mia lettera,madamoiselle Aurora...voi permettete,vero che vi chiami per nome?-
Così dicendo le indicò la sedia davanti alla scrivania.
-Tuttavia...ecco..avrei voluto un colloquio,ehm,privato...con voi...- si sedette anche lui,tenendo basso lo sguardo per non incrociare quello di Erik.
Questi rimase in piedi.
-Non vedo a quale scopo...tra il mio futuro sposo e me,monsieur Malbrune,non ci sono segreti...E quanto a mia zia,credo sappiate che ha conosciuto personalmente monsieur Sindial e abbia già espresso parere favorevole alle mie nozze....-
Malbrune rimaneva in silenzio.Erik lo trasse d'imbarazzo.
-Esco,Aurora...monsieur preferisce parlarti da sola,vero?- così dicendo lanciò uno sguardo di sfida al vecchio uomo di legge,le carezzò il viso rassicurante,quindi uscì.
-Ma...- Aurora voleva protestare,ma preferì farlo con l'avvocato -Non ho gradito questo vostro modo di fare,avvocato...Non credo che lo apprezzerà nemmeno zia Blanche,quando gliene parlerò.-
Così dicendo,fece per alzarsi.
L'uomo la trattenne col gesto:
-Vi prego,Aurora...so bene che vostra zia non è contraria alle vostre nozze:lei vi concederebbe qualsiasi cosa,ad occhi chiusi...Ma io debbo fare il mio lavoro,devo farvi vedere anche quello che magari...non vedete!-
Aurora sogghignò,sprezzante.
-Molto spiritoso...-
-Che cosa sapete di questo Sindial? sapete chi è? da dove arriva tutto il suo denaro? lo sapete?....chi vi dice che non siano le doti di tante ereditiere sedotte,come voi,dal suo fascino?...-
Aurora lo guardò incredula,quindi fece spallucce.
-Non potete essere sicura di no...ma,per essere tranquilla,non ne fate il vostro tutore...lasciate che a tutelarvi sia Blanche..o io...-
-Vi prego,monsieur...stiamo perdendo tempo!Sindial ed io non intendiamo aspettare oltre...ci sposeremo stasera stessa!-
-No,Aurora...almeno non precipitate....aspettate che io abbia appurato...abbia indagato...Sapete cosa si dice in giro? Che egli sia in realtà l'erede dei De La Revenge...un communardo...un libertino...Che ne sapete che non abbia una moglie o qualche figlio,sparso per la capitale?-
La giovane donna abbassò il capo.L'avvocato pensò di aver fatto finalmente centro.Ma lei lo rialzò,fieramente.
-Monsieur Malbrune,io amo Sindial...è l'uomo che sposerò,il padre dei miei figli.....Datemi il documento che mi dovete e fatela finita!-
Malbrune ricadde sulla sedia,sconfitto. Sonò un campanello che aveva sulla scrivania,con stizza. Comparve il giovanotto di prima:
-Si signor notaio?-
-Portatemi l'incartamento De Guilerm...e ...fate rientrare il signore che è fuori....-
Aurora sorrise,trionfante.


-Allora,dottore? Come va?-
Il medico aveva visitato accuratamente Ilia,conservando una severa quanto indecifrabile espressione sul volto.
-Giovanotto...a parte la sbornia che sembrate esservi presa...non vedo particolari danni al vostro organismo,se non una piccola incrinatura a una costola e qualche ecchimosi diffusa....L'assenzio è un pessimo compagno di strada!- ribadì,con l'indice puntato.
Nella stanza rientrava Alphonsine,ora perfettamente vestita e presentabile.
Il dottore naturalmente non sfuggì al suo fascino,sapientemente sottolineato da un abito che le torniva i fianchi e ne evidenziava le belle forme.
-...grazie di essere venuto...dottor...?-
-Lescargotte...Oh,madamoiselle Segnier...onoratissimo...- disse il professionista,chinandosi sulla sua mano,leggermente impacciato.
-Vostro cugino può già tornare in piedi,madamoiselle...non c'è da preocuparsi...Però impeditegli di riavvicinarsi all'alcool...-
Alphonsine era leggermente delusa:
-Come in piedi?- domandò,sorvolando sull'appellativo di 'cugino',che immaginò fosse stata una trovata di Philippe. -Non è meglio che riposi ancora?-
Il medico non ci pensò nemmeno su:
-Macchè....il sole è alto e gli farà bene alzarsi,mangiare abbondantemente e prendere una ricca boccata d'aria...e magari anche un bagno...-
soggiunse,storcendo il naso al sentore di assenzio che ancora aleggiava nella stanza.
Quindi monsieur Lescargotte si congedò,inchinandosi ripetutamente davanti alla bella signorina e dimentico quasi del tutto del suo paziente.Philippe lo accompagnò opportunamente,lasciando di nuovo soli Alphonsine e Ilia.
-Mi sembri delusa...non ti fa piacere che sto bene?- domandò Ilia tirandosi su dal letto e cominciando a vestirsi.
Lei si imbronciò e gli volse le spalle,senza rispondergli.
Il giovane le si avvicinò,le cinse le braccia con le mani e le sussurrò all'orecchio,approfittando per baciarle delicatamente il collo:
-Non mettermi il broncio...ho bisogno di lavarmi,di sistemarmi un po'...ma ti prometto che oggi sarò tutto tuo...-
Lei si girò di scatto:
-Non ci credo!...-
Ma lui la strinse più forte,le tappò le labbra con un bacio e soggiunse:
-Non credi che sia la cosa che voglio di più? Decidi tu stessa dove vuoi andare...ti passerò a prendere entro un'ora al massimo...A proposito,mi rendi il mio orologio?-
Alphonsine tirò fuori il prezioso oggetto dalla tasca del suo abitino e facendolo dondolare davanti agli occhi di Ilia,glielo restituì,con l'accenno di un sorriso.
-Sinette!...-la rimproverò bonario lui- Sinette....Sarò qui entro un'ora!- e le diede ancora un bacio -
Quindi aprì con cautela la porta,si assicurò che nessun occhio indiscreto lo individuasse e si avviò lungo il corridoio.
Si volse indietro un'ultima volta a guardarla ferma sulla soglia e le gettò un bacio a fior di labbra.
L'incanto fu rotto dal brusco impatto con la realtà,anzi con Sindial contro cui Ilia,distratto,andò a cozzare inavvedutamente.
-Oh...monsieur Sindial!- esclamò il giovanotto.
-Eccovi qua,Ilia Semonov...-
Alphonsine vide tutta la scena e richiuse disillusa la porta,sbuffando.
-Come state?...Mi sembrate migliorato,rispetto a ieri...-domandò con leggero sarcasmo Erik,affiancandoglisi verso l'uscita.
-Già...si...monsieur ve ne volevo appunto parlare...ieri...-
Sindial lo fermò con la mano.
-Mi aggiornerete in un altro momento...Ho qualcosa di più impellente da chiedervi:ho qui la delega,Ilia.Intendo sposarmi stasera stessa,dopo lo spettacolo...-
-Oh...ma...ne sono lieto...solo che...-
-Vi accompagno a casa vostra:siete impresentabile!...dobbiamo andare dall'ufficiale civile...-
Ilia avrebbe voluto interloquire,ma come sempre i programmi di Sindial avevano il tono di ordini indiscutibili.



Era da poco passato mezzogiorno,quando qualcuno bussò alla porta di Alphonsine.La ballerina si augurò che fosse davvero Ilia,che il giovanotto si fosse sottratto al giogo di quel suo principale-padrone.Corse ad aprire eccitata e trepida:ma era Aurora...
-Oh...Aurora...- disse,con scarso entusiasmo,allontanandosi dalla porta aperta.
La giovane donna intuì che l'amica era rimasta delusa.
-Ehm...posso entrare?-
-Si,certo....Come stai? scusa,non ti ho nemmeno salutata...-
-Bene...e tu?-
La ballerina la guardò:sorrise,con una luce diversa negli occhi.
-Bene,anch'io!-
Aurora si accorse che l'amica era in vena di confidenze.Ritenne opportuno privilegiarla.
-C'è qualcosa di nuovo?...-la incoraggiò -Ma...cos'è questo odore strano?-
Alphonsine si morse le labbra,le fece segno di sedersi con lei sul letto.E a bassa voce le confidò:
-Stanotte Ilia è stato qui...-
Poi come un fiume in piena cominciò a raccontare come era arrivato,sostenuto da suo fratello,pesto e dolorante.E come,rimasti soli...
-E' stato bellissimo,Aurora...ho ancora il cuore che mi batte forte,se ci penso...-
-Sono contenta:Ilia è tra le persone migliori che abbia conosciuto...insieme formerete una splendida coppia!-
Alphonsine si contrariò:
-Coppia?...certo,con suocera -anzi suocero- a carico...- disse,stizzita.
-Ma...- la pianista non sapeva se ridere o meno -Perchè dici così?-
-Perchè?...Non credi anche tu che -dopo quello che c'è stato tra noi -il signor Semonov dovrebbe stare qui,con me?- ribadì,indispettita -Invece ha incontrato il tuo bel Maschera d'argento...e pouf!volatilizzato!-
-Mi spiace...-Aurora abbassò la testa,colpevole - ma vedi...anch'io ho da comunicarti una novità...Stasera,dopo lo spettacolo...Sindial ed io ci sposiamo!-
-Aurora!....ma...-Alphonsine esclamò d'apprima entusiasta,poi sembrò rifletterci- ma...sei sicura?...voglio dire...-
Le due ragazze erano di fronte,sedute sul letto.Si guardarono negli occhi.
-Tu sai quello che fai?- domandò la ballerina.
Le rispose uno sguardo.
Alphonsine scosse la testa.
-Che sciocca...certo che lo sai...tu lo hai sempre saputo,fin da quando sembravi solo una bambina fragile e sognatrice...-
Aurora sorrise,ma ammise anche:
-Non credere che le decisioni che ho preso siano state tutte facili,per me....-
-Immagino...ma quando decidi,sai essere determinata e tenace come nessun'altra....io ti ho invidiata per questo,e ti ammiro tuttora...-
Le due amiche si abbracciarono,poi Aurora domandò:
-Vorresti essere la mia damigella?...non sarà una cerimonia fastosa,ma averti vicina mi restituirà un po' di calore familiare...-
-Ne sarò onorata...- rispose Alphonsine,con un accenno di inchino.
Di nuovo furono interrotte da un discreto colpetto alla porta.
-Sinette?-
Alphonsine guardò Aurora,con gli occhi che le brillavano:
-E' lui!-
Poi si impostò,con aria dispettosa e rispose:
-Si?chi è?-
-Lo sai benissimo chi sono...sono venuto a prenderti!- era la voce di Ilia,a metà fra il contrito e il ruffiano.
-Mi spiace,ma non sono sola...- ribattè la ballerina,provocatoriamente.
Ilia sembrò non gradire:
-Apri questa porta,aprimi o ...-
Alphonsine aprì,rimanendo celata dietro l'anta.Ilia entrò furente:
-Ma...madamoiselle Aurora?...-
Quest'ultima sorrise,divertita;poi col cenno del capo gli indicò Alphonsine che lo osservava trionfante appoggiata al muro.
-Tu...piccola dispettosa...- proruppe Ilia,avvicinandosi alla ballerina.
Aurora si alzò e congedandosi,uscì dalla stanza:
-Vi lascio...Alphonsine,non dimenticare che...conto su di te!-
Ma la ballerina sembrava in tutt'altre faccende affaccendata.
Discretamente la pianista accostò l'uscio alle sue spalle.Poi,allontanandosi,sentì la novella coppia ridere felice,andando via.


Erik era rientrato in teatro dal back stage.
L'edificio era vuoto.
Nel primo pomeriggio la compagnia,gli orchestrali,le maestranze sciamavano tutti verso i caffè,i bistrot,i ristoranti della capitale:ora che la primavera era alle porte anche il bois de Boulogne e il Lungo Senna si rianimavano.
L'uomo ebbe un sogghigno:per anni in quella desolazione si era aggirato,prigioniero e re a un tempo di quel regno che era anche il suo esilio,la sua condanna.
Che cosa stava succedendo adesso,alla sua vita?
Con passo sicuro entrò nella cappella:voleva controllare che tutto fosse in ordine,per quella sera.
Sorrise,al pensiero:quella sera avrebbe sposato la donna che amava,avrebbe avuto una sposa,una casa...
Rabbrividì improvvisamente:l'angelo sembrava avere gli occhi bassi,come per sottrarsi alle sue domande.
Era solo:solo con se stesso,davanti a una svolta impensabile fino a poco tempo prima.
Con Aurora al suo fianco si sentiva euforico,esaltato,certo di poter tenere la felicità tra le mani,perchè la felicità era Aurora stessa...
Ma la sorte che lo aveva irriso per anni,fin dalla nascita,non stava forse tendendogli un qualche tranello?L'ultimo,il più atroce?L'illusione della felicità?
Ora che da solo si ritrovava ad attraversare quegli spazi silenziosi che conoscevano tutte le pieghe del suo animo,avvertì un richiamo assurdo:il richiamo dell'abisso,del vuoto,dell'oscurità...dove poteva nascondersi,sottraendosi alle lusinghe,agli inganni,alle trappole dell'esistenza.
Arretrò,davanti a quell'angelo improvvisamente ostile,uscì dalla cappella e di nuovo la porta dissimulata nel parato lo sfidò.
Erik ne fece scattare l'invisibile serratura:l'uscio scivolò indietro ed il vortice gli si aprì davanti....




Di nuovo giù,nell'oscurità più buia dell'inferno,nella tomba della mente,nella prigione della follia....
Giù a ritrovare il forsennato dedalo della propria solitudine,la tomba e la tana...
Erik aveva impugnato una torcia,le aveva dato fuoco proprio con una delle consumate candele della cappella e si era avventurato per la grandiosa,orrida scalea che come le spire di un drago velenoso si apriva sotto di lui,si stringeva su di lui...
Il suo passo,dapprima lento,incerto,divenne sempre più svelto,simile a una corsa.
Un vento infernale gli sollevava il mantello;la maschera tremava sul suo viso.
Finalmente ecco l'acqua,e la barca...
Era ancora là,poco visibile,ricoperta di muschio e fango.Con un balzo vi montò sopra,impugnò il remo incrostato e sporco e scivolò verso il buio...
La torcia illuminò i due atlanti,le cui ombre sinistre sembrarono moltiplicarsi in altrettante fantasmagorie al di là della caverna.
Qui non c'era più nulla...
Non l'organo,nè il letto...non i suoi disegni,le sue scenografie...spariti i candelabri,spazzato via tutto...Persino i cocci e le macerie che ancora sopravvivevano quando vi era sceso con Ilia,erano scomparsi:era stata una sua decisione quella di spianare ogni cosa.
Come se fosse bastato...
Restava il ricordo,che da solo restituiva vita alle ombre,al vuoto...
Nella penombra gli sembrò di rivedere una sposa che lo rifiutava:
-Hai finalmente saziato la tua fame di sangue?...Ora sazierai su di me la tua fame di carne?-
Carne e sangue...
Carne e sangue era la sua musica,e la sua musica era tutto ciò che poteva esporre di sè,miserabile,mostruosa creatura...era il suo disperato richiamo d'aiuto.
Lei che sola lo aveva ascoltato,perchè ora lo respingeva?
Erik scosse la testa.
Risentì la voce di Christine che lo rimproverava:
-Non è il tuo povero volto perseguitato che io respingo...è la tua anima:è lì l'orrore!-



Aurora si era ritrovata sola nel teatro vuoto.Una sensazione strana.
Il silenzio sembrava ingigantire lo spazio intorno a lei;il buio creava ovunque giochi d'ombre.
Attendeva il ritorno di Erik,ma stranamente l'uomo tardava.Eppure Ilia era già rientrato...
Per darsi coraggio,pensò di suonare.
Il pianoforte era nella buca dell'orchestra circondato dai leggii di ferro degli altri strumentisti.
La giovane donna scese cauta le scalette che conducevano verso lo strumento.
Un'improvvisa raffica di vento gelido la spaventò.
Il sipario ondeggiò,rumoreggiando:sembrava un sospiro,un richiamo,una preghiera.
Aurora rabbrividì.
L'oscurità che la circondava le ricordò il buio della cecità.Le ricordò una notte di tanti anni prima.
Aprì il piano.
Se avesse suonato Preludio,Sindial forse -come per incanto- sarebbe arrivato...
Ma non suonò Preludio.
Le sue mani,come guidate da una forza invisibile,suonarono una musica di cui non aveva lo spartito.
Una musica che quella notte di tanti anni fa le aveva schiuso le porte del proibito...
Era una bambina,allora,e la paura di attraversare il punto di non ritorno la bloccò,le chiuse gli occhi...
Ma in lei covava il desiderio,un desiderio perverso di conoscere carne e sangue:quale incendio furioso può bruciare l'anima?quale brama spalancare quella porta?quale dolce seduzione giace pronta per chi si ama?
Lo avrebbe scoperto,ma...oltre il punto di non ritorno,quando la fiamma avrebbe consumato ogni cosa...

-...è la tua anima:è lì l'orrore!-
Ecco la verità:aveva perso l'amore di Christine non quando le aveva mostrato il proprio volto,ma esibendole la propria anima nera e violenta...
Quell'anima che addirittura le aveva tentato di estorcere l'amore col ricatto.
Un'increspatura nell'acqua diede corpo all'altro,al rivale:bello,giovane e coraggioso...
Di nuovo l'odio era cresciuto dentro di lui,di nuovo l'unico genere di vita che conosceva,quello spietato della legge del più forte aveva prevalso nel suo cuore di belva braccata.
-Ordina i tuoi bei cavalli bianchi,ora...ora che nessuno può salvarti,tranne lei!-
E lo aveva legato,gli aveva stretto il micidiale lazo al collo,chiedendole:
-Comincia una nuova vita con me! Compra la sua libertà con il tuo amore...-
Pazzo,pazzo...Erik si teneva il volto tra le mani,scuotendo disperato la testa:che pazzo era stato...chiamare amore l'abiezione,la brutale violenza.
Era stato così che l'aveva persa...persa,persa,persa....
Christine gli aveva gettato il suo disprezzo in faccia:
-Le lacrime che ho versato per il tuo destino infelice gelano nei miei occhi...ora sono lacrime di odio!-
Ma lui protervo,non aveva voluto sentire la pietà:
-Non mettere alla prova la mia pazienza...Fai la tua scelta!-
E lei l'aveva fatta,la scelta...la scelta del sacrificio:perchè l'amore è dare,non è pretendere...
Erik era di nuovo fermo,con l'acqua che gli lambiva gli stivali,il corpo teso nella rabbia e nell'impotenza della propria condizione.
E risentì la dolcezza di quel bacio:ecco..ecco cos'era l'amore...
Ah perchè,perchè lo aveva capito così tardi?...cieco,pazzo...davvero un fantasma,era stato.
Ma quel bacio aveva fatto cadere la benda dai suoi occhi:voleva una sposa,voleva una vita di affetti? e come pretendeva di averla?come pretendeva di condividerla con quella creatura di luce? Che cosa poteva offrirle?solo il suo amore atro,buio,tombale.
Seppellirla lì con sè...questo poteva offrirle.
Ebbene,forse lei sarebbe stata disposta...forse lei lo avrebbe amato anche così...
Ma Erik aveva imparato la lezione:amore non è pretendere,è dare...
-Prendila...dimenticatemi...dimenticate ogni cosa...Andate via,ora!...via,lasciatemi!-
E l'aveva vista andare via:scivolare lontano sulla barca,lanciandogli un ultimo sguardo...il rimpianto di quello che avrebbe potuto essere...
Dividere insieme una vita,un amore...dividere ogni giorno,ogni notte...

Aurora continuava a suonare,alla ricerca di qualcosa che ancora rimaneva oscuro,dentro di sè.
Quella notte, oltre la carne e il sangue...c'era stata la disperata tenerezza dell'amore!
Improvvisamente don Juan aveva smesso di essere un seduttore,era diventato un uomo solo,così solo...
-Dimmi che dividerai con me una vita,un amore...prendimi per mano,salvami dalla mia solitudine...Dovunque andrai,lasciami venire con te...
Non ti chiedo altro...-
-Oh no MIo Dio!-
Aurora rivide la scena;davanti a quel grido disperato,Christine Daaè aveva strappato la maschera al Fantasma!
E il Fantasma era Erik!
Spaventata Aurora si alzò con violenza dal piano.
Il seggiolino ricadde all'indietro,urtò un leggio:a catena,uno dopo l'altro ne caddero ancora...
Cos'era quel rumore?Dove l'aveva già sentito?
Aurora indietreggiò,le sembrò che il buio fosse tornato a coprirle gli occhi.
Perse l'equilibrio,cadde tra i leggii.Tremando per quello che stava rivivendo si raggomitolò,spaventata,contro la parete.


Lo sconforto,il rimpianto avevano attanagliato il cuore di Erik.
Anche allora credeva di aver toccato la felicità con le mani...e cosa gli era rimasto invece?solitudine,ancora solitudine...
Gli sembrava di risentire ancora quella musica,mentre i due innamorati si allontanavano.
La musica era finita,finita...
Eppure...
Non aveva le allucinazioni:lì,filtrata dall'abisso,era musica reale che lo raggiungeva.
La sua musica,che qualcuno suonava proprio sopra di lui...
La sua musica...
Solo una persona poteva suonarla così...
-Aurora!-
Riscotendosi da quella prostrazione Erik si precipitò verso le scale,le risalì a balzi,dimentico del buio e delle trappole.
Uscì dal baratro e si precipitò verso il palcoscenico.
La musica era finita.C'era buio,ora.
-Erik!-
Avvertì il richiamo della sua donna e senza alcun dubbio si precipitò verso di lei:nella penombra Aurora vide il suo mantello aprirsi,come ali di un Pegaso,lo sentì avvicinarsi,chiamandola.
-Aurora!...Sono qui,non aver paura...-
'Non aver paura..seguimi'
-E' tutto buio...- ripetè,come cinque anni prima,poi gli gettò le braccia al collo e si strinse a lui. -Erik...-
Anche lui la strinse,forte,come se temesse che potesse fuggire via.
-Amore mio,anima mia...-
Un po' di luce finalmente filtrò dalle vetrate superiori.
-Erik...io...ho rivissuto quella notte...-
Lui annuì,appoggiando la fronte a quella di lei.
-...si...ho sentito...-
-Ho suonato la 'sua' musica...era così bella,Erik...una musica di carne e sangue,ma anche di amore...-
-Quell'uomo non conosceva l'amore,Aurora...-
-Non è vero!...Quella musica è una dichiarazione di amore...un amore grandissimo per una donna che...lo ripaga con il tradimento!-
Erik sorrise.La sua bambina appassionata...
-Non lo tradisce…lo fa uscire allo scoperto…-
-Gli strappa la maschera…-insistè Aurora,guardandolo.
-Gli insegna che c’è un’altra via per non essere più solo…-
La pianista si strinse a lui.
-Lui...l'amava tanto?-
-Senza speranza...-affermò Erik,poi soggiunse -ma il suo era un amore sbagliato…l’amore ossessionante e irrealizzabile che può provare chi vive nascosto nell’oscurità…E quando si rese conto dell'errore,era troppo tardi per riparare...-
-Lei...lo ha respinto?-
Erik scosse la testa.
-Fu lui,a tirarsi indietro...-
-Lui...l'ama ancora?- chiese trepida la giovanetta.
Erik seguiva il filo dei suoi ricordi.
-Si tirò indietro...e credette che la sua vita sarebbe finita in quel momento...Era un uomo solo,odiato da tutti e finalmente sentiva il peso dei suoi errori:aveva deciso di scontarli qui,bruciando col suo teatro...-
La donna trattenne il fiato,spaventata,commossa.
Ma lui le prese la mano e gliela baciò teneramente,aggiungendo.
-Ma qualcosa,o qualcuno...il destino o Dio...gli ha teso una mano...una mano di bambina...-
Il buio si squarciò completamente intorno ad Aurora.
-Eri tu quella notte,vero?...Tu mi hai salvato?-
-No...Tu hai salvato me,Aurora...-
La abbracciò e la strinse a sé:
-Io sono nato il giorno che ti ho incontrato,e sto crescendo,insieme a te...-
-...ma io...ti ho amato da quando ti ho visto la prima volta...-
-Dimentica quell'amore sbagliato, sognato e irreale.Chi ama davvero,ama di un amore concreto,che è carne e sangue,che è dare e avere,che non è mio né tuo…ma nostro…Ricordalo sempre,Aurora:il tuo dolore è il mio dolore,il tuo piacere il mio piacere,la tua vita …la mia vita…-


Ilia era steso sull'erba con la testa in grembo ad Alphonsine:guardavano il fiume che scorreva davanti a loro,in silenzio.
Fu la donna a interloquire:
-Così stasera,dopo lo spettacolo,Sindial e Aurora si sposeranno...-
-Già...-rispose distratto Ilia,carezzandole pigramente una caviglia.
- Chissà perchè così precipitosamente...-soggiunse,non particolarmente interessato.
Alphonsine ridacchiò,sicura di sè.
Ilia si volse a guardarla:
-Perchè ridi?...sembra che tu sappia qualcosa più di me...-
-Bè...più che saperla,la indovino..-
Il ragazzo la guardò,interrogativo.Cominciava ad essere curioso.
-Vuoi spiegarmi?-
-Non hai notato nulla di strano,di diverso,in Aurora,ultimamente?-
Il giovane distolse il suo sguardo, corse lontano,lungo il fiume :
-No...-
Per un attimo gli era venuto in mente che gli appariva sempre più bella...
-Questi strani malori...capogiri...svenimenti?- insistè Alphonsine.
Ilia smise di inseguire i suoi sogni,riflettè:
-Tu credi...che...che aspetti un bambino?- domandò,perplesso,con un mezzo sorriso sulle labbra.
-Ah -ah...-rispose furbetta Alphonsine
-Meno male che non fa la ballerina...- commentò quindi,subito dopo.
Ilia sorrideva,a occhi bassi.
Era una notizia che lo inteneriva,lo rendeva felice.
-Sarebbe ...sarebbe fantastico...Non lo credi anche tu?-
Alphonsine posava a cinica.Sollevò le spalle,con aria strafottente.
Allora lui,piuttosto indispettito,domandò:
-Perchè meno male che non fa la ballerina?...le ballerine non possono avere bambini?-
-...Si certo...se vogliono interrompere a tempo indeterminato la loro carriera...- scherzò lei,superficiale.
-Già...- sospirò il giovanotto.-La carriera,il successo...ti dovrò sempre dividere con loro,vero?- le domandò,sollevandosi e guardandola negli occhi,fronte a fronte.
-Non prendertela...sei più fortunato di me,che dovrò dividerti con un rimpianto...- così dicendo lo respinse e fece per alzarsi.
Lui la trattenne:
-Ti odio quando fai la prima donna!- le disse stringendole con forza le braccia.
-Ed io ti odio,quando fai il romantico dal cuore spezzato...Sindial e Aurora ti riducono a una larva!-
-Sindial e Aurora sono persone a cui voglio bene...- ribattè lui - Farei qualunque cosa,per loro...-
-E per me,monsieur Semonov?...cosa provi,per me?- gli chiese lei,con aria di sfida.
Ilia se lo domandò:un impasto di desiderio,attrazione,passione che gli scaldava il sangue nelle vene....
-Tu sei una sfida,Sinette...la sfida è trovare la donna che cova dietro l'artista,trovarla e ...farla mia!-
Così dicendo la rigettò nell'erba,baciandola con rabbia e con passione.
Alphonsine si arrese e per un momento fra loro tornò la tenerezza e l'abbandono di quella notte.
Poi Ilia si staccò da lei:
-Dobbiamo rientrare,prima donna...Non puoi permetterti di tardare alle prove...-
-...E tu non puoi mancare all'addio al celibato di monsieur Maschera d'Argento...-ribattè lei,dispettosa.
Poi si sollevò,sdegnata,raccolse la sua borsetta e lo precedette,impettita.
Lui la afferrò per una mano,costringendola a stargli a fianco.
Andarono avanti così,per buona parte della strada,tra schermaglie vere o false,risatine di lei e battute infuocate di lui.
Allacciandosi e sciogliendosi,rincorrendosi e rifiutandosi...
Poi quando lui ebbe fermata una vettura che accompagnasse la ballerina all'Operà,fece per congedarsi:
-A più tardi,forse...-
Lei non sopportò di vedergli quel broncio.
Gli afferrò la mano e lo attirò nella carrozza con sè...


Tra gli applausi scroscianti del pubblico entusiasta,il Peer Gynt era finito anche quella sera.
La carrozza di Sindial aveva accompagnato Aurora e Alphonsine alla maison Levigny.Il teatro si svuotava.
Erik rientrò nel suo studio.
Aveva bisogno di dedicarsi a qualcosa.Chiamò Harun,gli chiese del bambino.Il domestico lo rassicurò.
-Dorme nel suo letto,monsieur...-
Allora Sindial chiese al servitore di fargli la barba:Harun conosceva bene il volto del suo padrone,che trattava con una delicatezza quasi muliebre,tipica della sua origine orientale.
Discretamente qualcuno bussò alla porta.
-Entrate Ilia.Vi aspettavo.-
-E' tutto pronto Sindial...-
-Bene.- Erik voleva a tutti i costi controllare l'emozione che gli gonfiava il cuore.-Nell'attesa,raccontatemi della notte scorsa...Ho temuto per voi...-si lasciò sfuggire.
Ilia sorrise,inorgoglito.Ma preferì glissare.
-Sono stato un idiota,monsieur....mi hanno rivoltato come un calzino...e innaffiato così tanto d'assenzio che ancora me ne sento l'odore addosso...-
-Ma perchè non mi avete aspettato?eppure...-
-Si,ve ne eravate raccomandato ma...ho visto entrare in quella casa il cameriere di un caffè che -quando gli avevo domandato del notaio- aveva negato di conoscerlo...Insomma la coincidenza mi sembrava forzatamente fortuita...Voi non arrivavate e non volevo perdere l'occasione di seguirlo...-
-Ebbene? gli avete parlato?...-
Il giovane scosse la testa.
-All'inizio ho finto interesse per una delle ragazze...ho cominciato a chiederle informazioni ...lei mi ha anche messo sull'avviso:alcuni uomini che già mi tenevano d'occhio hanno pensato bene di istruirmi sulle buone maniere da rispettare da quelle parti...-
-Spero vi sarete difeso...-
-Ho menato anch'io le mani,se è questo che volete sapere...ma erano tanti e...per fortuna è passata la ronda.Allora m'han coperto d'assenzio e mi han gettato lì da presso,facendomi passare per un povero ubriaco...Magari dopo erano intenzionati a darmi il resto,ma io ho approfittato per trascinarmi lontano...-
Il lavoro del cameriere era terminato.
Erik si ripulì il viso e,senza guardarsi,nè permettere ad Ilia di guardarlo,indossò la sua maschera.
Quindi respirò profondamente.
Il segretario seguiva i suoi gesti discretamente,sicuro di interpretarne ormai in buona parte il significato:quando il destino ti ha segnato,come Sindial,occorreva tanto coraggio,anche per essere felici...
-Harun,noi scendiamo...Resta col nostro piccolo ospite.Domani riceverai altre disposizioni...-
-Si monsieur- disse il cameriere,inchinandosi.
Poi Erik guardò Ilia,con quei suoi occhi che parlavano molto più delle labbra.
Il segretario gli strinse il braccio,ricambiò il suo sguardo,incoraggiandolo:
-Andiamo Sindial...!-
Harun si ritirò nelle stanze interne;socchiuse piano la porta della camera dove dormiva il piccolo zingaro,per controllare che tutto fosse a posto.
Ma con suo grande rammarico,il bambino era sparito.
Lo cercò,seguì invano le incaute tracce che poteva aver lasciato.Capì presto che era sceso giù,nel teatro.
Silenzioso e agile come un rettile nella jungla,il servitore di Sindial percorse il cammino che il fuggitivo doveva aver fatto.
Giù nella platea vuota,su per il palcoscenico,dietro le quinte,tra i fondali.
Ora si era fermato,nascosto dietro l'angolo di una parete.Ammirato e incuriosito osservava l'avanzarsi di due figure muliebri:Aurora e la sua damigella Alphonsine.
I suoi occhi erano incantati.E non si accorse che il suo inseguitore lo aveva raggiunto.
Quando lo capì,Harun lo aveva già bloccato,afferrandolo saldamente per le esili spalle.
-Andiamo...Dobbiamo tornare sopra!- disse e col gesto cercò di farsi capire.
Ma il piccolo fuggitivo lo trattenne e con lo sguardo sembrò muovergli quasi una supplica.
Harun sospirò,ma,intenerito, finì per dargliela vinta.
Nascosti nell'ombra,silenziosi,invisibili,assistettero insieme al rito che si celebrava nella cappella.
Solo quando tutto fu concluso,il bambino,stranamente docile,rientrò nelle stanze di sopra.




Era molto tardi,una notte stranamente silenziosa avvolgeva l'Operà.
L'abatjour sul comodino carezzava le generose curve del corpo statuario di Alphonsine,addormentata tra i cuscini,con la sua luce calda e vellutata.
Ilia ,sedendo allo scrittoio,la guardò con un sorriso accennato.
Poi aprì il suo taccuino,intinse la penna nell'inchiostro e finalmente soddisfece al suo bisogno di scrivere,che quasi gli impediva di prender sonno.

'Sotto gli occhi di un angelo.

Nell'Opera ristrutturato,nuovo,rinato che Sindial aveva voluto,un angolo era rimasto intoccato:la piccola cappella,spoglia,appena illuminata da un rosone circolare,scavato nelle spesse mura esterne del teatro.
Sulla parete,un angelo.
Un angelo che la prima volta che rientrammo nel teatro distrutto mi sembrò dolente,ammutolito,annientato da tutto quello che i suoi occhi avevano visto:l'angelo della musica,a cui la guerra civile aveva imposto l'odioso rumore della violenza,della rappresaglia,l'angosciante rantolo della resistenza estrema,il silenzio della morte..
Non seppi mai perchè Sindial avesse voluto che rimanesse intatta,ma ebbi subito l'impressione che quell'angelo silenzioso per molto tempo sarebbe stato il privilegiato interlocutore del mio solitario amico.
Sindial che non credeva a nulla,che mi aveva irriso per la mia fede elementare e spontanea,spesso si era attardato a colloquiare silenziosamente con quell'angelo,illuminato dalla luce diafana e tremolante di pochi lumini gocciolanti e fumosi.
Quella sera,dopo lo spettacolo,lo accompagnai lì io stesso.
Pubblico e artisti erano andati via,il teatro era vuoto.
Sotto gli occhi dell'angelo,egli attendeva l'arrivo dell'ufficiale civile:quella sera avrebbe sposato Aurora...
Gli avremmo fatto da testimoni io e Philippe Segnier,fratello minore di Alphonsine.
In quella atmosfera irreale,sopraggiunse il messo comunale,un ometto insignificante,calvo,con gli occhialini dorati quasi appiccicati sul viso.
Una figura grottesca,in quell'ambiente soffuso di sentimenti espressi e nascosti...
Tamburellava impaziente sul registro verbale che teneva con sè,sbuffando di tanto in tanto per il disagio dell'attesa.
Mi rallegrai che Sindial quasi non avvertisse la sua presenza:continuava a tenere lo sguardo fisso sulla fiamma della candela,che bruciava davanti all'effigie celeste.
-E' già un orario insolito,signori...non vorrei si tardasse ancora...- rumoreggiò a un tratto l'impiegato,con la sua vocetta chioccia.
Stavo già trattenendo Sindial dal rispondergli a tono,quando l'apparizione di Aurora sulla soglia tolse le parole persino al grigio esecutore giudiziario,che rimase a bocca aperta,come un bambino.
Guardai anch'io verso la porta.
Se nella vostra immaginazione avete mai pensato ad un archetipo di sposa radiosa,modesta,innocente,innamorata...Aurora era tutto questo.
Indossava un abito aderente,color bianco antico,e sui capelli raccolti sulla nuca portava una testiera di piccole perle che trattenevano un corto velo di tulle ricamato...
Sospirai,profondamente.O fu il sospiro di Sindial che si sovrappose al mio respiro?
La luce calda delle candele disegnò due ombre sulla parete; due voci risposero alternativamente alla formula matrimoniale che l'impiegato ripeteva con espressione monotona.
Ma la loro era una sola anima, già fusa insieme,annodata dal destino che -imperscrutabile come sempre-li aveva fatti incontrare...
E lo sguardo che correva dall'uno all'altro era così intenso,da potersi toccare.
Ero emozionato,quasi mi sentivo irretito in un incantesimo,l'incanto dell'amore e della bellezza....
Non mi sentivo escluso dall'amore,no.
In quei giorni vivevo anch'io la mia passione...ma istintivamente sentivo che quella mia storia avrebbe sempre avuto il limite della quotidianità:un sentimento bello,vitale,ma contingente...alimentato da piccole scaramucce,dispetti,gelosie...
Potevo concepire un amore senza respiro,ma -come era già successo tanto tempo prima -forse sarebbe stato un inganno,forse avrei finito per soccombervi...
Sollevai gli occhi:Alphonsine-bella e prorompente,come sempre- gettava riso sui due sposi e nascondeva dietro le spalle una bottiglia di champagne...
L'avremmo stappata con loro,o forse condivisa solo noi due,nell'intimità che dividevamo in quei giorni.
Le sorrisi,ma poi guardai ancora l'angelo,sulla parete.
Improvvisamente mi sembrò di essere come lui:sotto i suoi occhi si era concluso,realizzato qualcosa che,ancora una volta,avrebbe potuto solo osservare,senza condividerla:anch'io,come lui,ero lì a testimoniare la grandezza,la sacralità,la vera bellezza...qualcosa che avrei potuto raccontare,ma non mai vivere'


Dopo aver pronunciato il loro si,Aurora ed Erik avevano lasciato il teatro.
Presto il fido Melas li aveva condotti davanti al cancello della loro villa.
Sindial smontò,aprì il pesante battente in ferro e,tenendo il suo andaluso per le redini,si incamminò lungo il viale.
La notte era senza luna,ma le stelle ricamavano il cielo,occhieggiando tra i rami dei tigli.
L'uomo camminava guardando verso la casa che li attendeva.Di tanto in tanto rivolgeva uno sguardo ad Aurora,la sposa con cui avrebbe diviso la sua nuova vita...
La giovane donna restava in silenzio,ricambiava il suo sguardo con un sorriso e fissava la facciata della sua dimora.A un tratto si accorse che una luce brillava dall'interno,accostata familiarmente alle lastre di una finestra:un lume caldo che salutava i nuovi venuti...
Erik la rassicurò con lo sguardo:lui stesso aveva approntato quella accoglienza,immaginando che sarebbero arrivati col buio.Aurora gli sorrise,grata.
Il suo cuore era ancora incredulo.Quello che aveva sognato tanti anni prima, era lì,davanti ai suoi occhi.
Ma più incredulo era il cuore di Erik:tutto quello che aveva sempre desiderato,una casa,una sposa...era là,a portata di mano!
L'uomo aprì la porta di casa e avvertì una sorta di vertigine...Ma non era un sogno:era tutto vero...
Così pensando cinse la vita di Aurora,aiutandola a smontare dal calesse.
-Vieni...-seppe solo dirle.
E tenendola tra le braccia oltrepassò la soglia con lei.Poi Aurora si guardò intorno:la casa era ancora semivuota.
-Ma...-
-Shhh - le fece segno lui- ho una sorpresa...-
Così,impugnato il lume a gas, la condusse per mano verso quello che avrebbe potuto essere un salone.Era vuoto,ma il pavimento nuovo riluceva riflettendo la luce opaca della lampada e in luogo dell'intonaco scrostato,le pareti erano rivestite di splendidi parati damascati.
Al centro della sala,un pianoforte a coda.
-Erik!- esclamò Aurora,sorridendo entusiasta.
Lui non commentò:la osservò che carezzava il legno lucido dello strumento,lo apriva,ne sfiorava i tasti;presala di nuovo per mano,poi la sospinse dolcemente verso l'interno della casa,nell'ala dove,avvolti nel suo mantello,si erano amati...
Aprì la porta finemente intarsiata di una stanza e la lasciò entrare: Aurora rimase a bocca aperta: era perfettamente arredata...
Il fuoco bruciava nel camino acceso,illuminando un grande letto matrimoniale dalle lenzuola seriche e ricamate...
Si volse a cercarlo: Erik la stava osservando,con una fiamma appassionata negli occhi.
Da quando era comparsa nella cappella del teatro,vestita di quell'abito bianco,che le fasciava il corpo sottolineando la perfetta femminilità delle sue forme delicate;da quando il suo sguardo si era posato sul velo ricamato che la piccola testiera di perle le tratteneva sui capelli scuri,incorniciandole il viso di sposa innamorata ...il desiderio,un desiderio più forte di qualsiasi ragionamento,il desiderio alimentato da un sentimento di amore quasi fatale e dalla incredibile consapevolezza del possesso gli era esploso nell'anima,bruciandogli irrimediabilmente la carne.
Ed ora...
-Questo vestito...- pronunziò quasi con difficoltà,poi piano le sfilò la testiera e il velo dai capelli,glieli sciolse e vi affondò appassionato la mano.-Quando sei apparsa nella cappella...
Non seppe dire altro: iniziò a baciarla,carezzandole le spalle,le braccia, la schiena.E lei lo baciò altrettanto avidamente,in un crescendo irrefrenabile...
Fu lui a interrompersi,a interromperla; prese fiato,come sopraffatto da quel bacio incontenibile.Poi scosse la testa:
-Voglio assaporare ogni momento,di questa notte...e voglio che sia dolce,dolcissima...
 
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view post Posted on 6/4/2008, 11:49
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Per chiunque altro quella notte,quella loro prima notte di nozze non avrebbe potuto aggiungere nulla di nuovo ad una relazione già consumata intensamente da mesi.
Erik invece vi volle scoprire con Aurora la dolcezza dell’amore:avvolti nelle lenzuola di seta,con estenuante languore si erano a lungo accarezzati,piano,sfiorandosi la pelle,riscoprendo con sempre rinnovato desiderio l’uno il corpo dell’altra e viceversa.
Quando le carezze li avevano lasciati nudi,erano passati ai baci,piccoli baci delicati,quasi timidi,apparentemente incerti,ma voluttuosamente sensuali:una fitta rete di baci reciproci alimentata dagli sguardi e dai sospiri,una veste di baci delicata per alimentare la reciproca voglia di appartenersi…
Prolungare così il desiderio era stato di una dolcezza sublime;sublime fu poi l’appagamento che ne derivò,quando Erik scivolò piano dentro di lei.
Con un gemito d’ebbrezza,Aurora gli si avvinghiò contro e lentamente lui seppe ripetutamente portarla fino al vertice del piacere,per poi finalmente condividerlo illimitatamente con lei …
-E’ sempre meraviglioso…-confessò la giovane sposa.
Lui sorrise piano.La accolse tra le braccia,respirando totalmente pago.
Era ancora buio,fuori. Erik la stringeva sul petto nudo,carezzandole con le dita la spalla morbida:entrambi in silenzio guardarono il fuoco bruciare nel camino.
-Non dormi?- le domandò a un tratto,pacato.
-No…-rispose lei,pensosa.
-A cosa pensi?-le chiese,senza guardarla.
Quelle fiamme gli evocavano ancora ricordi ,passati e recenti.
Lei sorrise dolcemente:
-A quello che pensi tu…-
Lui non rispose;le baciò delicatamente i capelli,la fronte.Le cercò le labbra,gliele baciò con dolcezza.
Era una tacita ammissione.
Ma non avrebbero aggiunto altro a quello che era il loro grande segreto…
-E’ tempo di dormire,piccola Psiche…Il tuo sposo non ti si cela più…- sussurrò lui.
-…e Psiche ora è con lui,nell’Olimpo…- concluse Aurora con un sorriso,stringendoglisi a fianco.


Quella mattina Ilia si svegliò più presto del solito.
Si preparò in fretta ,ma cautamente,per non svegliare Alphonsine.
Le lasciò un biglietto sul comodino quindi,chinatosi sul letto,si congedò baciandole lievemente i capelli.
Si era dovuto riprendere piuttosto in fretta dall’aggressione subita,ma se fisicamente i dolori pian piano andavano scemando,rimaneva piuttosto dolente sul piano psicologico.
Tanta fatica,rischio e male,per non sapere poi nulla…
Non se ne sarebbe rimasto con le mani in mano.Aveva bisogno di vedere chiaro in quella faccenda del notaio.
Scese in fretta le scale del teatro e fermò una vettura.
La carrozza lo portò al galoppo nel vecchio quartiere che accoglieva lo studio notarile Roquebrune.
Smontò,invitando il vetturino ad aspettarlo.
Quindi si recò nella chiesetta sulla piazza.
Il sagrestano ne aveva da poco aperto i battenti:all’interno poca luce e nessun fedele.
L’unico che si aggirasse per le strette navate,trascinando le gambe corte e un po’ gonfie,era l’aiuto del parroco:gettava via i moccoli di candela spenti,riassettava le cappelle,ed ogni suo gesto risonava amplificato nel vuoto del luogo.
Ilia si abituò meglio alla penombra.Avanzò verso l’altare,segnandosi.E si accorse che nei primi banchi c’era qualcuno.
Stentò a riconoscere in quella donna anziana,dall’espressione un po’ inebetita,sciatta e sformata,madame Jardin,la segretaria del notaio che solo pochi mesi prima si divertiva a fare la spiritosa storpiando il suo cognome esotico.
Ma era proprio lei.Immobile davanti all’altare,lo sguardo perso nel vuoto,biascicava litanie insieme ad un’altra fedele,vecchia,sola e abbandonata quanto lei.
Bene,pensò il russo.L’aveva trovata.Ora non rimaneva che aspettare il momento giusto per parlarle.
Tentò un approccio in chiesa,ma lei lo zittì,rimproverandolo con lo sguardo.
Allora uscì sul sagrato,licenziò il vetturino e attese che la donna uscisse.
Finalmente,a metà mattina,madame Jardin fece insolitamente capolino fuori della chiesa.Aveva una busta di carta con sé e,dopo essersi guardata curiosamente intorno,si diresse nel piccolo parco antistante il cimitero;sedette su una panchina e intorno le si adunarono festosi una decina di gatti randagi.
A un tratto i felini sollevarono la testa,drizzarono le code:alle loro spalle era comparso un intruso.Ilia Semonov.
-Buon giorno,madame Jardin…-
-Oh voi…- rispose con una punta di curiosità velenosa la donna.
-Vi ricordate di me?- chiese speranzoso il segretario di Sindial.
La donna riassunse l’espressione acquosa e distante di prima:
-Il maleducato che mi disturbava in chiesa…-
Il giovanotto non volle scoraggiarsi;sedette con lei sulla panchina,incurante dei gatti che lo guardavano diffidenti e gelosi.
-Non vi ricordate di me,madame Jardin…Ilia Semionòf!- parafrasò,storpiando lui stesso il suo cognome.
La vecchia trasalì appena.
-No…non so chi siate…- mentì.
-Un cliente del notaio Rochebrune…non ricordate nemmeno lui?- insistè il giovane.
Questa volta madame s’irriggidì e una espressione dolente le si stampò sul volto.
Ilia provò una punta di pena.
-Ho lavorato nel suo studio…- ammise,come se si fosse trattato di un passato sepolto.
-…E dov’è ora?- stava domandandole il russo,ma lei continuò come se non ascoltasse altro.
-Ho lavorato con lui,per lui,Gli ho dedicato i miei anni,la mia vita.L’ho aiutato,quando non aveva nulla;l’ho sostenuto,consolato.Mai un segreto è uscito dalle mie labbra…Sono stata la sua più preziosa collaboratrice…-
Una amarezza profonda trapelò dalle sue parole.
Poi improvvisamente il tono della donna cambiò:
-Micio,micio…vieni micetto…- sembrava di nuovo una povera bambina istupidita.
Ilia sospirò,poi abbassò il capo per riflettere,infine tentò una carta a sorpresa:
-E che mi dite del piccolo De La Revenge?
Meccanicamente la donna rispose:
-Ho mantenuto il segreto…-
Ilia irrigidì la mascella.Aveva bisogno di conservare tutta la cautela e la lucidità,ora.
Un piccolo errore,e la donna non gli avrebbe rivelato più niente.
-Già…-
-Ma non era un De La Revenge…- soggiunse,con aria sprezzante – Era solo un piccolo bastardo…-
-Un randagio…come questi gatti…- si lasciò sfuggire il giovane.
La vecchia ritornò presente a se stessa,lo fissò:
-Si può sapere chi siete,voi?e cosa volete?- gli domandò,indispettita.
-Sono Ilia Semonov,il segretario di monsieur Sindial…vi dice nulla questo?- ribattè istintivamente Ilia.
Lo sguardo della donna si fece fosco:
-Maledetto …quel maledetto sfregiato…è lui che ha comprato il mio Rochebrune..gli ha dato così tanti soldi ,che quello ha chiuso lo studio..ed è andato via…- alla vecchia quasi sfuggiva un singhiozzo.
-Ma Sindial era all’oscuro della faccenda del bambino…se gliel’aveste detta,magari non avrebbe dato al notaio tutti quei soldi…-
Inaspettatamente,quest’ultima affermazione ebbe un esito insperato:
-A no?… allora gliela racconto adesso…dov’è?-
-Raccontatela a me,intanto…- propose conciliante.
-No…- la vecchia guardò anche lui con sufficienza. –La racconterò a lui…e lui solo!-



Erik fu svegliato da un raggio di luce che,filtrando attraverso i vetri delle alte finestre della stanza,oltre la cortina di pesante broccato rosso scuro,aveva raggiunto la testiera del letto.
Al suo fianco Aurora,protetta dal suo corpo massiccio,dormiva ancora.
Ma il chiarore creato da quella lama luminosa,gli permise di ammirarla,ancora una volta.
Il sonno le donava un’espressione serena e innocente;le labbra erano come increspate da un inconscio sorriso.
Non voleva destarla,ma con estrema delicatezza le carezzò i capelli,sparsi morbidamente sul cuscino;le sfiorò il braccio,poi la sua mano grande si fermò sul grembo di lei.
Pregno,forse,ma ancora piccolo,appena accentuato da una leggera,carezzevole curvatura.
L’uomo sospirò,socchiudendo gli occhi.
Lei era così serena e appassionata.Piena di slanci generosi,sicura.
Lei gli si era data,ad occhi chiusi.Gli apparteneva con un abbandono che lo lasciava ogni volta incredulo e felice a un tempo:mai un dubbio,mai un passo indietro.
Fra loro due,probabilmente era la più forte.
Ora forse gli avrebbe dato un figlio:l’ennesima prova del suo amore,l’ennesimo segno tangibile del fatto che apparteneva a lui,lui soltanto…Questo lo aveva riempito di gioia…
Ma lui,che cosa avrebbe dato a questa creatura? Avrebbe riversato su di lui le paure,i dubbi,le incertezze;vi avrebbe proiettato il suo desiderio di rivalsa?...
Un brivido gli attraversò la schiena.
Certo non sarebbe anche suo figlio stato marchiato dal demonio…?
Rifiutò quell’orrendo pensiero.
Non conosceva i motivi della sua tremenda condanna,ma oscuramente nella sua memoria ancestrale ricordava una storia di violenze e brutalità,un parto coatto,da una madre forse già morta…Una lacrima silenziosa gli inumidì le ciglia. Nel suo cuore aveva alimentato un odio smisurato…ma contemporaneamente,istintivamente c’era il bisogno altrettanto smisurato di ricevere e dare amore…
-Erik…- Aurora pronunziò il suo nome,nel sonno,con un sorriso.
Quel suo dolce richiamo lo distolse dai pensieri cupi.
La guardò,desiderò baciarla.Piano si chinò sulle sue labbra,sfiorandole.
Poi scivolò dal letto,infilò i pantaloni.
Dai tigli si levava un vivace cinguettio:la stagione degli amori era iniziata.
Indossò la camicia e uscì nel parco:pettirossi,cince,passeri si rincorrevano amoreggiando tra i rami.Al loro richiamo faceva eco il gorgoglio dell’acqua del ruscello,al limitare del giardino.
Rimpianse la sua infanzia calpestata e l’adolescenza vissuta nel buio di un sotterraneo.
Un bambino sarebbe stato felice,in una casa come quella…
A questo pensiero,gli venne in mente il piccolo orfano:e maturò una decisione.
-Erik!-
Dai vetri della loro stanza Aurora faceva capolino,salutandolo.
Lui le sorrise e la raggiunse,in casa.
Le andò incontro,la abbracciò,baciandola con tenerezza,quindi la sollevò sulle braccia riportandola sul letto.
-Voglio parlarti di una cosa…- le disse - Qui e in teatro ho ancora diverse cose da sistemare…Vorrei che tu invece restassi …avessi l’agio di trasferire le tue cose…Ma non voglio farti rimanere sola.-
-Bè..ci sarà Beatrice,intanto…poi magari le troveremo qualche collaboratrice…- rispose Aurora,senza capire bene.
-No…non parlavo della servitù…Mi domandavo se non sarebbe stato meglio trasferire qui il nostro piccolo ospite…-
La giovane donna lo guardò,con un sorriso sempre più entusiasta sulle labbra.
-Dici davvero,Erik?.....-
-Naturalmente con Harun,che lo sorvegli…-
Aurora gli cinse il collo con le braccia,baciandolo grata.
-Nel frattempo indagheremo… non sappiamo nulla di lui…neppure il nome…- soggiunse,pensoso,malinconico.
La sposa non gli permise di intristirsi,continuò a baciargli il viso e le labbra,fino a ottenerne tutta la calda,appassionata attenzione.
-Sei una piccola,adorabile,irresistibile tentazione…-le sussurrò,sospingendola tra le lenzuola.
Poi l’amò ancora,soddisfacendo il desiderio di lei e il proprio.


Erano abbracciati ancora.
Erik stringeva Aurora su di sé,mentre lei lo accarezzava con tenerezza,dispensandogli baci affettuosi.
A un tratto l’uomo si pose in ascolto.
-C’è qualcuno…- così dicendo si sollevò un po’,drizzando l’udito. –Qualcuno è fermo al cancello…
- Chi sarà?- domandò la giovane donna.
Erik s’era alzato,vestendosi in fretta.
-Attendi qui…lo sapremo subito.
Così dicendo uscì sul porticato.
Davanti al cancello,evidentemente a disagio,incapace di decidersi a entrare,c’era Ilia.
Erik rassicurò Aurora,poi andò incontro al suo segretario.
-Che succede,Semonov?-
-Ecco…mi sono permesso di portarvi qualcosa per ehm…la colazione…- Così dicendo trasse dal landò su cui aveva viaggiato un vassoio imbandito di ogni ben di dio.
-Molto sollecito…- Sindial gli aveva aperto il cancello e lo introduceva nel viale.
-Monsieur Sindial…non sono un guastafeste…- iniziò a scusarsi il giovanotto.
-Non l’ho mai pensato…- ribattè secco Erik,facendogli strada nel salone,dove poggiarono il ricco vassoio sul pianoforte –mi direte però cosa vi porta qui,realmente…a parte la previdente gentilezza…-aggiunse,con una sfumatura di ironia.
Ilia annuì:
-Si tratta di madame Jardin…-
Erik aggrottò le sopracciglia.In quel momento quel nome gli diceva poco o niente.
-…La segretaria del notaio…-
Sindial lo scrutò,annuendo:
-…per Dio,siete instancabile,Ilia Semonov…vi credevo intento a ricamare ben altre trame…Ebbene?-
In quella,una porta in fondo al corridoio si aprì e comparve Aurora,in una casta veste da camera,al di sotto della quale spuntavano le morbide trine della nivea camicia da notte e si indovinavano le belle forme del suo corpo ancora tiepido dell’alcova .
Ilia trattenne il fiato,abbassando gli occhi.
-Buon giorno…- disse lei,con un sorriso accennato.
-Vieni mia cara… -la incoraggiò Erik,porgendole la mano –Guarda:Ilia ha pensato a non farci morire di fame…-
-Fate colazione con noi,allora Ilia…ehm…non abbiamo una sala da pranzo,ma…-
-Grazie…- sorrise raggiante il russo.
Aurora fece gli onori di casa ,servendo con disinvolta leggiadria i due uomini,che sedevano sul davanzale della finestra .
-Un salotto un po’ improvvisato…-scherzò la giovane donna.
Consumarono insieme lo spuntino,poi Aurora rientrò nelle stanze interne,congedandosi.
-Vi lascio ai vostri discorsi…e approfitto per rendermi presentabile…-
Entrambi la seguirono con gli occhi,ma Ilia distolse i suoi con forza,fissandoli sul pianoforte,al centro della stanza.
-La casa non è ancora arredata…c’è molto da fare…- ammise Erik,seguendo il suo sguardo,poi soggiunse – Ma ditemi di madame Jardin…-
Ilia lo ragguagliò brevemente dell’incontro,poi entrò nei particolari dello strano dialogo avuto con la donna.
-Dunque lei è a conoscenza dell’esistenza di un bambino?-
-Si!- affermò con forza Ilia.
-...Sindial- soggiunse poi,con maggiore calma- …io mi sono fatto una mia idea…La povera madame Jardin aveva un legame quasi morboso con Rochebrune…quando lui l’ha piantata per godersi i soldi che gli avete dato…è come impazzita:addirittura vi attribuisce la colpa del suo abbandono…-
Sindial non fece commenti.
Ilia proseguì:
-E sarebbe disposta a raccontarvi ogni cosa,se voi poi vi riprendeste i soldi e le restituiste il notaio…-
Il padrone di casa lo guardò,sollevando quasi divertito un sopracciglio:
-Miracoli non ne ho mai fatti…-sentenziò,sarcastico.
-…in ogni caso a me non racconterà più nulla…!- concluse,un po’ deluso Ilia.
Erik invece lo guardò con dichiarata ammirazione :
-Siete in gamba,Ilia Semonov…Evidentemente non è sfuggito nemmeno alla vecchia Jardin,quanto lo siate!-
Il giovanotto chinò il capo,confuso ma compiaciuto del riconoscimento.
Erik intanto rimaneva sovrapensiero.
-Tutta questa faccenda si sta complicando oltre il necessario…Domattina rientrerò in teatro,Ilia e decideremo la maniera migliore per sbrogliarla…-
Così dicendo congedò il fac totum ,ritirandosi nelle stanze interne della casa.


Era il tramonto:Aurora era nel portico,appoggiata al colonnato,in attesa.
Sapeva che da un momento all’altro avrebbe sentito avvicinarsi la carrozza:il cancello si sarebbe aperto e dalla vettura sarebbero smontati Harun e il piccolo trovatello…
Dopo poco la raggiunse Erik,cingendole la vita e baciandole lievemente i capelli.
Lei gli si appoggiò contro,scambiando con lui uno sguardo di tenera intesa.
In quel momento lo scalpiccio dei cavalli,poi il cigolare del battente in ferro,annunciarono loro l’arrivo dell’ospite.
-Sembri impaziente…- le disse lui.
-Bè…un po’ lo sono…diciamo che vorrei riuscire a conoscerlo meglio,vorrei che si fidasse di me…-
-Intanto avrai una sorpresa…- la incuriosì l’uomo,senza svelarsi.
Finalmente la portiera della vettura si aprì.Ne discese silenzioso e discreto l’indiano,porgendo la mano al piccolo visitatore.
Comparvero d’apprima le gambe esili,fasciate fino alla caviglia da calze chiare e più su da corti calzoncini neri alla zuava.Un altro gradino,e Aurora ne scorse il corpicino magro,ma asciutto,nervoso:indossava una casacchetta di velluto,da cui spuntava una camicetta bianca fermata da una sorta di cravattino.
La padrona di casa guardò Erik,piacevolmente stupita:il bambino,ripulito e rivestito,sembrava un’altra persona.
Poi l’ultimo gradino fu sceso.
Eccolo!Ecco la sorpresa:i capelli non erano più un groviglio scuro e informe:erano stati lavati e tagliati…ed erano biondo scuri,un po’ mossi.
Gli occhi erano invece gli stessi:grandi,scuri,pieni di espressione…
Per un lungo momento il nuovo venuto osservò la casa,poi guardò interrogativo il domestico indiano.
Questi gli fece cenno di andare avanti,verso il porticato.Ma il piccolo non osò avanzare da solo,si tenne stretto alla sua mano.
-Buona sera Madame …- si inchinò Harun.
Anche il bambino lo imitò,chinando la testa.
Aurora sorrise.
-Entrate Harun…- disse,rimanendo comunque a disagio.
Il bambino,inaspettatamente,afferrò invece la mano di Erik e sembrò volergliela baciare.
L’uomo si irrigidì e guardò la sua sposa,come a chiederle aiuto.
-Harun…portalo dentro…Beatrice vi mostrerà i vostri alloggi…- disse allora la giovane donna,credendo di interpretare il volere di Sindial.
Il domestico sospinse il bambino in casa,sparendo nel corridoio.



Quella mattina Erik lasciò con leggero rammarico il suo letto,dove Aurora dormiva ancora.
Doveva tuttavia risolvere una volta per tutte l’enigma del bambino.
Si vestì con attenzione,come sempre,scegliendo un elegante abito scuro;quindi si avvolse nel suo mantello e -uscito di casa- montò sul calesse,spronando Melas al galoppo.
In pochi minuti raggiunse il vecchio quartiere dove una volta Roquebrune aveva il suo studio:sembrava fosse ancora semiaddormentato.Tuttavia la piccola chiesa nella piazza aveva già aperto i battenti.
Sindial smontò,fermandosi sul sagrato.
Dopo poco,sulla soglia della chiesa comparve Ilia,che aprì le braccia in un gesto sconfortato,poi gli andò incontro.
-Non si è vista ancora…il sagrestano non mi ha saputo dire nulla…-
Erik ebbe un moto di disappunto.
-Dove si recava,a dar da mangiare ai gatti?- domandò.
-Qui…qui vicino…c’è un piccolo parco…- rispose il segretario,facendogli da guida.
Si incamminarono per i vialetti,quando a un tratto,Erik lo trattenne e gli fece segno di tacere:quindi lo trasse con sé dietro una siepe.
Su una panchina a pochi passi da loro,sedevano insieme madame Jardin e monsieur Roquebrune.
La povera donna pendeva incantata dalle labbra del vecchio leguleio vizioso:questi le teneva la mano tra le sue e le parlava con uno strano,falso fervore…
Madame Jardin ascoltò la sua richiesta,ma inizialmente tentò una timida resistenza;poi,molcita da chissà quali promesse,sembrò cedere.Infine Roquebrune tirò fuori dal panciotto uno scatolino e glielo porse.
Eccitata,la donnetta lo aprì e ne trasse una scintillante spilla,in oro e brillanti.Madame Jardin rimase esterrefatta;Roquebrune le chiese il permesso di appuntargliela,completando l’opera di subdola seduzione.Di lì a poco la donna gli prometteva solennemente fedeltà assoluta…
Ilia si lasciò sfuggire una imprecazione,ma Erik lo tacitò,invitandolo ad allontanarsi con lui.
-Dannazione,monsieur…qualcuno ha avvertito il notaio…e scommetto anche di sapere chi!- sibilò rabbioso,pensando al sordido cameriere del caffè.
-Meglio così,Ilia Semonov:ora l’uomo si è esposto…e parleremo direttamente con lui…Ma prima mi piacerebbe conoscere questo cameriere che vi irrita tanto…- rispose con glaciale ironia Sindial.


La mattinata per Aurora fu piuttosto impegnata:con Beatrice sistemarono il ricco guardaroba e tutto il corredo di biancheria che dalla maison Levigny era stato portato nella villa,in numerose casse.
Al termine,un po’ stanca,entrò nel salone e sedette al piano.
Intorno l’aria era densa dei profumi della primavera,sicchè le venne in mente un delicato brano che Brahms aveva dedicato alla stagione della fioritura e iniziò a sonarlo.
A un tratto ebbe l’impressione di non essere sola e si volse:alle sue spalle,appiattito dietro il battente della porta,il bambino la osservava con gli occhi sgranati.
Vistosi scoperto,tentò di sparire,ma la giovane donna lo raggiunse in breve,lo trattenne.
-Aspetta…non scappare…- gli disse.
Lui sembrò volersi confondere col muro,intimidito oltremodo,quasi ostile.
Aurora gli lasciò il passo:
-Se vuoi andare,non ti trattengo…-
Allora il piccolo sembrò rilassarsi,pur senza risolversi.
La donna gli tese la mano:
-Ma se vuoi restare,vieni…-
Il bambino mise allora lentamente la manina in quella di Aurora e docilmente la seguì nel salone.
Aurora gli indicò una sedia,ma lui fece cenno di no,trovò alloggio in un angolo e,restando in piedi,attendeva che ricominciasse a suonare.
La pianista riprese da dove aveva interrotto e osservando il visetto del bimbo,riflesso nel lucido legno del piano,le fu lampante che egli seguiva la musica:non era sordo!
Finito il brano,si volse ancora a lui:
-Avvicinati…- lo invitò,senza fare gesti.
Molto lentamente,il bambino ubbidì.
-Questo è un pianoforte…- gli spiegò,allora. –A ogni tasto corrisponde una nota,vedi…?
Ma il piccolo stava adesso curiosando tra gli spartiti.
-Ecco…queste sono le note…- gli disse ancora Aurora – Vedi? La mi do do…- gliele indicava sul pentagramma e le suonava sulla tastiera.
Il bambino afferrò una matita e scrisse qualcosa a fatica:LA…MI…
-Certo…bravo!- lo incoraggiò la padrona di casa,che non credeva ai suoi occhi.
Non solo il piccolo trovatello sentiva,ma sapeva anche scrivere,a livello rudimentale…
Intanto il bimbo con l’indice la stava indicando.
-Io?..io sono Aurora…- credette di interpretare la pianista.
Il bambino annuì.
-E tu?...- gli chiese lei.
Con difficoltà,il piccolo tracciò alcune lettere: G E R M E N.
-Germain?...è questo il tuo nome?- gli chiese allora la donna.
Lui annuì:la fissò e le fece un impercettibile sorriso.Anche lei sorrise,emozionata.
Il piccolo poi prese il foglio e disegnò qualcosa che somigliava alla facciata della villa,quindi scrisse sotto’CASA MIA’.
Aurora annuì,credendo fosse una domanda.
-Certo…-
Allora Germain scrisse: P A D R E M I O ?
Aurora non sapeva cosa rispondere. A chi alludeva il bambino?
Lui la trasse di impaccio:con pochi tratti disegnò il volto d’un uomo,col profilo mascherato…



Louis Fanellì lasciò il suo posto di lavoro come ogni pomeriggio,a fine turno.Svestita la giacchetta ingiallita da cameriere,cambiate le scarpe,si incamminò verso casa,lungo una strada stretta e poco battuta dal sole e dai passanti.Chi si sarebbe avventurato per quelle case grigie,opprimenti,caliginose…?
A un tratto,da un angolo gli si parò davanti un uomo:alto,imponente,avvolto in un mantello nero,col volto mascherato:sembrava aspettarlo al varco.
Louis pensò di avere le traveggole,magari la fame e la stanchezza lo avevano spossato;si volse indietro e intravide un giovanotto dall’aspetto familiare chiudergli l’ eventuale ritirata.
Il tempo di guardare di nuovo verso l’alto e il fantomatico gentiluomo era davanti a lui:
-Louis Fanellì?-
Umilmente,l’uomo annuì:
-Per…per servirvi,monsieur…- disse,deglutendo a fatica.
-Tempo fa qualcuno vi ha domandato informazioni sul notaio Roquebrune…e pare siate stato piuttosto reticente…-
-Infatti non…non so chi sia,monsieur…- tentò di ribattere il malcapitato cameriere.
-No?...Attento Fanellì,non mi piacciono i bugiardi,né tantomeno le spie… -disse Sindial,minaccioso.
Ilia si era fermato a qualche passo,osservando la scena altrettanto torvo.
Fanellì deglutì di nuovo.Ora lo aveva riconosciuto bene.
-Semonov,forse al nostro amico è tornata la memoria…Chiedetegli di nuovo se ha notizie del notaio..-
-Monsieur…vi prego…mi mettete in difficoltà…-
Erik lo mise spalle al muro;la sua stretta sulla spalla sembrò a Fanellì una morsa d’acciaio.
-Anche il mio segretario,si è trovato in difficoltà a causa vostra,l’altra sera…-
L’uomo sembrò stupito,terrorizzato:
-No…non ne so nulla…-
Intervenne Ilia:
-Non eravate alla casa …su a Pigalle,due notti fa?-
-Ah si…ma…non sapevo niente di voi,monsieur…dovete credermi…-
La stretta di Erik si fece più forte,il suo sguardo sinistro e minaccioso.
-Decidetevi a dire la verità…sto perdendo la pazienza…-
-Vi dirò quello che so…ma vi prego…- supplicò il cameriere.
Ilia guardò Sindial,che lasciò andare l’ometto.Questi rimase tuttavia rincantucciato nella parete:
-Quando mi avete chiesto di Roquebrune io non conoscevo il suo cognome…ma dalla descrizione ho capito di chi si trattava…Lo avevo incontrato su alla casa da gioco:gli dovevo del danaro…che naturalmente non avevo…Non vi ho risposto perché ho temuto che foste venuti a incassare per lui…-
-State mentendo di nuovo,Fanellì…-
L’uomo abbassò il capo.
-Il fatto è,monsieur,che io devo davvero del danaro al notaio…e lui mi ricatta,per questo…Mi ha chiesto di aiutarlo a far perdere le sue tracce,perché di debitori ne ha anche lui…Di mettere in giro la voce che sia partito,non sia più a Parigi…-
-Dunque non era a Pigalle?- domandò Ilia.
-No monsieur…ero andato appunto con l’intento di mettere in giro queste voci…Lui ha recentemente ricevuto una eredità(Sindial e Semonov si guardarono significativamente) e allora mi ha detto che,se lo avessi aiutato forse mi avrebbe abbonato parte del debito…E’ così avido,che invece di pagare i suoi,debiti,preferisce sparire,cambiare aria…-
-Gli avete riferito del mio incontro con madame Jardin?- gli domandò il russo.
-No…non specificamente…gli racconto quello che succede al quartiere,se qualcuno domanda di lui…-
Erik annuì,poi chiese:
-Ora dov’è?-
-Lo incontrerò domani sera,monsieur…-
-Dove?-
-Alla stazione…va a Marsiglia e poi si imbarca per il Sudamerica…-


Quando finalmente potè rientrare alla villa,Erik era pensieroso.
Lungo il cammino,però,il suo umore si addolcì:tornava a casa…
Pensò ai sogni ad occhi aperti fatti tempo prima.A casa lo aspettava Aurora:per lui era il sorriso,per lui l’abbraccio,per lui anche lo sguardo innamorato…
Spinse il cavallo al galoppo,ansioso di stringerla tra le braccia.
Forse nei prossimi giorni si sarebbe dovuto separare da lei,brevemente,e ne era francamente amareggiato...D’altro canto la sua attuale felicità non poteva vederlo complice di una ingiustizia:era sicuro che ai danni del piccolo fuggiasco fosse stato perpetrato un abuso…
Era finalmente arrivato.
Aurora era nel viale.Gli andò incontro,quasi di corsa.
-Erik!...-
Lui le aprì le braccia e la strinse amorevolmente.
-Anima mia…perdonami…so che è tardi…-
-Ho tante novità…- gli confidò,con un accenno di sorriso.Ma c’era qualcosa che la turbava.
Lui pensò innanzitutto a baciarla,riassaporare il miele del suo sorriso.E questo sembrò già confortarla.
Poi tenendola stretta a sé,passeggiarono insieme verso il ruscello,per un po’ senza parlare,godendosi l’aria profumata di quel pomeriggio primaverile.
Un salice allungava le sue radici verso l’acqua:si adagiarono ai suoi piedi ,l’una nelle braccia dell’altro osservando lo strano gioco di riflessi nell’acqua che scorreva sui ciottoli.
-Vuoi dirmi che c’è di nuovo?- le chiese lui,nascondendo le labbra tra i suoi capelli.
-Si…il bambino…- esordì Aurora.
-Avete familiarizzato?- le chiese,guardandola intenerito.
-Si…Erik, lui sente…e sa anche scrivere…-
-Sa scrivere?- l’uomo era piacevolmente stupito.
-So il suo nome…Si chiama Germain!...e…-
Erik si accorse ancora del turbamento di lei.
-E?...che altro hai scoperto?-
-Lui crede che tu…sia…suo padre!-



Erik si irrigidì,aggrottando le sopracciglia.
-Come puoi dire questo?Come può credere che io sia suo padre?-
-Abbiamo comunicato…-
Aurora si accorse del rammarico sul viso di Sindial,che scuoteva la testa,con amarezza.
-Spero che tu non lo abbia assecondato…sai bene che non è così…- le disse,con una leggera sfumatura di rimprovero.
La donna rispose difendendosi con dignitosa serietà:
-Io so chi tu sei…ma non so niente di quel bambino:chi è suo padre? Dov’è ora?-
-Credo che sia morto…probabilmente …- rispose lui,abbassando la testa.
Aurora si sollevò leggermente sul busto,guardò lontano:
-Lui crede che questa sia la sua casa…ora che ci penso,sembra quasi conoscerla…-
Erik la guardò:era bella e desiderabile sullo sfondo del tramonto.Aveva cambiato la sua vita,completamente..Per trovarle una casa si era imbattuto in questo De La Revenge…lo stesso uomo che –per un intricato disegno del destino- aveva dato un corpo al Fantasma… Per lei ora si trovava a vestire i panni insoliti del giustiziere…
La afferrò e l’attrasse a sé,baciandola con calda avidità,lì sull’erba.
Lei gli cinse il collo e quando lui si sollevò a guardarla,gli carezzò il profilo e i capelli.
-Che cosa ti rende così difficile accettare il suo affetto?-
Lui scosse la testa.Un nodo gli serrava la gola.
Dare e ricevere affetto era insolito,troppo insolito per lui.
Era ancora troppo presto perché il suo afflato di carne e sangue potesse trovare invece le parole della dolcezza,della tenerezza.
La guardò sperando che potesse capirlo,che il suo silenzio non le risultasse estraneo.
Lei sostenne il suo sguardo,poi abbassò gli occhi:una lacrima le bagnò le ciglia.
Quindi lo strinse contro di sé,più forte.
-Oh Erik…povero amore mio…-gli sussurrò all’orecchio.
Lui la baciò ancora,con desiderio e gratitudine insieme.Poi le promise:
-Ho bisogno di tempo…ma la porta è socchiusa,anima mia…-
Quindi si alzò,aiutandola a fare altrettanto:
-Rientriamo,ora…-le carezzò i capelli,che sull’erba si erano sciolti,le sfiorò le braccia e la cinse per la vita. Pensò con gioia selvaggia che un’altra notte d’amore li attendeva...
Entrando sul portico,però,sulla soglia,nel marmo dello scalino lo sguardo di Aurora cadde sulla labile traccia dell’antico cognome dei De La Revenge,appena visibile benché la pietra fosse stata levigata.
Aurora lo scorse e abbassò la testa,pensosa.Poi guardò interrogativamente Erik,con un sospiro.
Anche lui inspirò,riflettendo.Poi decise:
-Entriamo in casa…voglio raccontarti qualcosa…-


Con poche parole frutto della sua irriducibile reticenza,Sindial andava informando Aurora del modo in cui era entrato in possesso della villa.
-De La Revenge sembrava non aver lasciato nessuno e sostituirmi a lui significava non solo acquisire questa proprietà,ma anche un nome,una dimensione pubblica…- concluse,guardandola significativamente.
-Capisco…-
-Poi però è saltato fuori quel bambino… viveva praticamente su quella tomba senza nome,dal giorno che vi era stato sepolto quel corpo non identificato.. che forse per lui non era sconosciuto…-
-Tu pensi…che Germain sia figlio di De La Revenge?-
Erik scosse il capo.
-Quello che so è che il notaio mi ha deliberatamente taciuto questa storia,ed io non gliela perdono… -la voce dell’uomo era una lama d’acciaio.
Aurora rabbrividì.
-Cosa intendi fare?- gli chiese,un po’ preoccupata.
Lui la guardò:era seduto sul bordo del loro letto,davanti al fuoco,con la camicia aperta,.Lei invece rimaneva in piedi,poco distante,ancora vestita.
- So che domani sera prenderà il treno per Marsiglia… Prima che prenda il largo,voglio parlargli -
Intanto le aveva preso le mani e l’aveva attratta contro di sé.
Poggiando il capo sul suo seno,si era sfogato:
-Non costruirò la nostra felicità su un’ingiustizia…-
Lei si chinò a baciargli i capelli e la fronte:
-Non ho mai dubitato di ciò…Sai che ti amo…e mi fido di te…-
Erik pensò che l’amava e la voleva…le sbottonò il colletto dell’abito e continuò a baciarle il collo,giù fino al seno,cercandone avido la pelle nuda.A poco a poco le sue mani aprirono tutto il vestito,finchè non cadde sul pavimento.Ma le sue mani non si fermarono.
La desiderava.Sembrava che il desiderio di lei non dovesse esaurirsi mai.
Così anche il busto cadde a terra e le spalline della sottoveste scivolarono giù,lasciandola seminuda.Poi senza parlare,guidandola coi baci,i sospiri,le carezze,la indusse a sedersi su di lui,tra le sue braccia e la prese così.
Aurora impazzì ripetutamente in quel suo abbraccio,e ripeteva come in un sogno le parole che lui le sussurava,ardente:
-Il tuo piacere è il mio piacere…-
E sembrava che quel piacere non dovesse finire mai…

Al mattino,dopo colazione,Sindial si congedò dalla giovane sposa.
-Dunque stanotte tornerò tardi…forse non tornerò affatto…-
Aurora impallidì,si alzò,andò verso di lui:
-Perché dici così? Non correrai dei pericoli?…Quest’uomo,Roquebrune…non voglio ti faccia del male…-
Lui la tranquillizzò,sciogliendosi dal suo abbraccio e cominciando a prendere il mantello:
-Non succederà…ma non so quanto tempo mi dovrò trattenere lontano da casa…-
-Erik…- Aurora lo abbracciò di nuovo.
Aveva ancora la veste da camera e la camicia profumava di lavanda e del tepore del suo corpo.
La baciò tenero e sensuale,poi insinuò le labbra sul suo collo,per sentirla ancora una volta abbandonarsi tra le sue braccia.Infine con dolcezza la lasciò andare.
-Ti prego,stai attento a te…-si raccomandò lei.
Lui la guardò,adorante:
-Non dubitare…la vita mi è così bella,ora,che non ne sciuperei un solo attimo…- la rassicurò ancora,poi avvoltosi nel suo mantello,uscì.


Rimasta sola,Aurora seguì a lungo con lo sguardo Erik che si allontanava sul calesse,fino a scomparire nella curva in fondo al viale.
Rientrando ebbe nuovamente un capogiro e chiamò Beatrice,sopraggiunta in tempo per sostenerla.
-Madame…forse dovreste chiamare un medico…- le suggerì timidamente la giovane cameriera.
-Hai ragione…ora credo sia opportuno…-la rassicurò. –Occupatene tu stessa…Si tratta del dottor Parmentier…-
Aurora scrisse su un foglietto nome e indirizzo del vecchio medico di famiglia.
-Puoi farti accompagnare da Harun…Chiedigli di venire questo pomeriggio…-
-Certo madamoi..volevo dire Madame…- si scusò imbarazzata la domestica – Ma voi rimarrete sola?-
-Non preoccuparti…ma torna presto!- si raccomandò,sapendo di lusingarla.Quindi andò a vestirsi.
Era davanti allo specchio,a spazzolare i capelli ribelli,quando le tornò in mente l’ultima volta che aveva incontrato il dottor Parmentier…Sospirò.Ricordava ancora la sua voce leggermente afona,sottile,consigliare a zia Blanche il ricovero nella clinica in Provenza…
-Probabilmente lì a poco a poco potrà rimettersi….non saprei cos’altro consigliarle,madame Levigny…-
Quel pomeriggio lo avrebbe anche rivisto,dopo tanti anni…
Si intristì senza motivo.Decise allora di andare a suonare.Il piano era il suo amico di sempre.
Sedette e suonò ‘Apres d’un prelude’,la musica che Sindial aveva scritto per lei,per loro due.Ormai la conosceva a memoria,ma ogni volta che la suonava aggiungeva un tocco del suo amore,un frammento del puzzle che a poco a poco avevano ricomposto tra di loro…
Quando ebbe concluso l’esecuzione,vide,riflesso nell’ebano lucido del piano,Germain,fermo nel suo solito angolo.
-Ciao…- gli disse con un sorriso. –Mi fai compagnia?- aggiunse porgendogli la mano.
Lui annuì,con la testa.Le si avvicinò,trattenendola però al piano.
-Vuoi che suoni ancora?-
Di nuovo Germain fece segno di si,con la testa.
Aurora allora suonò qualcosa di Mozart,lezioso,spumeggiante,delicato.Germain sorrise.
Poi prese la matita e formulò a suo modo una domanda:LA FAI TU QUESTA MUSICA?
-No…io la eseguo…ma non l’ho composta…Vedi? Questa è di Mozart…pensa che l’ha composta quando era poco più grande di te…-
Germain trovò lo spartito di Eine Kleine Nachtmusik,decorato da Erik.Lo sfogliò affascinato ed entusiasta.
-Anche quella è di Mozart,ma i disegni li ha fatti monsieur Sindial…-
Il bambino la guardò interrogativo.
-Monsieur Sindial…il padrone di casa…- proseguì Aurora,un po’ provocatoriamente. –L’uomo con la maschera…-
Germain disegnò di nuovo l’uomo con la maschera e scrisse quasi con rabbia:PADRE!
-E’ tuo padre,dici?...e come si chiama?-
Germain aggrottò le sopracciglia,un po’ offeso,poi scrisse:PAPA’ HENRY…
“Henry…Henry De Le Revenge…’ pensò Aurora,addolorata,perplessa.Ma non disse nulla.



Il treno per Marsiglia si staccò lentamente dal capolinea e tra i fischi della sirena,gli sbuffi di vapore della pesante locomotiva,piano piano accelerò uscendo dalla Garde du Nor,come un grosso drago d’acciaio.
Il notaio Roquebrune si era liberato della sciarpa,del cappello e del soprabito,elegantissimi,che aveva acquistato per quel viaggio:nell’aspetto esteriore si era apparentemente ripulito,ma il volto continuava a mostrare i segni degli anni e del vizio.
Aveva prenotato uno scompartimento tutto per sé.Non aveva badato a spese:l’unico lusso concessosi in terra natia,per non dare nell’occhio ai suoi creditori,che se avessero saputo dei suoi recenti guadagni e della sua fuga,lo avrebbero spolpato vivo.
Sedette e tirò fuori dalla tasca interna della giacca una fiaschetta d’argento.
Ne trasse un lungo,voluttuoso sorso,quindi svogliato guardò fuori.
Era già buio:Parigi scompariva alle sue spalle…
Pescò un quotidiano tra i tanti che aveva portato con sé e cominciò a sfogliarlo.
Di lì a poco il treno entrò in una galleria.Le luci di cortesia si spensero.Qualcosa di strano si avvertì nell’aria.Roquebrune ebbe freddo,improvvisamente.
Usciti dal tunnel,la luce,fioca tornò.Di spalle davanti a lui un uomo stava sistemando la sua borsa da viaggio.
-Non l’ha avvertita il capotreno?questo scompartimento è tutto prenotato…- disse infastidito il notaio.
L’uomo si volse,piano,con una mossa studiata.
Indossava un mantello nero e voltandosi qualcosa di argenteo baluginò sinistro sul suo viso:
-Nessuno…e del resto avrebbe fatto poca differenza,monsieur Roquebrune…-rispose con una voce che sferzava l’aria.
-Oh…monsieur Sindial…che inattesa coincidenza…ma nel vostro caso…è chiaro…- Il notaio tremava e,con la cosa dell’occhio guardava la porta dello scompartimento,da cui era scomparsa la piccola chiave…
-Una coincidenza?....vi sbagliate,notaio:io sono qui per parlare con voi.-
C’era il gelo nel piccolo abitacolo.Roquebrune sentì che il fiato gli cominciava a mancare.
-Non capisco…cosa…Controllore?- gridò a un tratto con voce chioccia.
Erik lo fulminò con lo sguardo.L’invocazione gli si soffocò sulle labbra.
-Non c’è nessuno che può sentirvi…-
Il notaio deglutì.
-In che cosa potrei…servirvi?- disse infine,impallidendo.
-Voi avete trascurato di dirmi qualcosa…non è vero?-
-Non capisco a cosa alludiate…-
-No?...Avevate detto che tutto quello che rimaneva di De La Revenge era quella casa…Avete mentito…-
-No,monsieur…non c’era altro…-rispose il notaio,convinto.
-No? E che mi dite di un bambino di nome Germain?- gli chiese con veemenza Sindial.
Il treno fischiò stridulo,attraversando una nuova galleria.
Il notaio ruppe di nuovo il silenzio con la sua voce greve d’affanno e d’alcool.
-Era la primavera del 1871…Non vedevo De La Revenge da mesi,ma sapevo di lui:dal 70 frequentava dei circoli rivoluzionari…si era legato ad una ‘pasionaria’…una vedova …Gli aveva fatto perdere la testa!...e gli chiedeva sempre soldi per la causa…Soldi non ce n’erano:lui si è venduto tutto…Mobili,quadri,suppellettili…tutto quello che era in casa…-
-Lui?...-Lo interruppe inquisitorio Erik.
Il notaio glissò.
-La casa per fortuna era vincolata…Era l’unica sua proprietà…Una sera venne nel mio studio;era pallido,distrutto…per mano portava un bimbetto di quattro,cinque anni al massimo…Me lo presentò come Germain,poi mi fece capire che la madre…aveva fatto una brutta fine…- il notaio parlava con disprezzo di quella donna.
Erik lo seguiva,attento a ogni sfumatura.Sospirò pensando a Germain,a sua madre,allo sfortunato De La Revenge...
-Poi mi affidò il piccolo…raccomandandomi di occuparmi di lui…in sua assenza…e..ovemai non fosse tornato…Io tentai di interloquire,di fargli capire:come potevo tenere quel moccioso con me?cosa gli avrei dato da mangiare?pane e cambiali?...Ma lui sembrava parlare senza ascoltarmi.Probabilmente sapeva che non sarebbe più tornato…-
Roquebrune prese fiato,tirò fuori la fiaschetta e bevve un'altra lunga sorsata.
-Proseguite!- gli ingiunse Sindial.
-Ho poco altro da dire…purtroppo.Mi affidò il bambino e si allontanò.Quello cominciò a strillare come un ossesso:Papà Henryyy…non mi lasciareee…- il notaio scimmiottò la nocetta di un bambino.
Erik trasalì.Gridava?Germain gridava?
-Lo trattenemmo a stento,io e madame Jardin,la mia segretaria.Si raggomitolò in lacrime sul divano del mio studio e sembrò essersi calmato.Poi lei mi suggerì di darglielo:sua sorella aveva una casa in campagna…-
-Ebbene?-
-Decidemmo il giorno seguente che lo avremmo accompagnato insieme…Mentre prendevamo gli ultimi accordi,quella piccola canaglia approfittò per scivolare via e scappare…-
Erik strinse i pugni e le mascelle.
-E voi?Non lo avete cercato?-
-Era notte…c’era la guerra civile,il coprifuoco…Ma dov’eravate voi,monsieur?Qui a Parigi si moriva per le strade…-
-Avete lasciato andare un bambino che vi era stato affidato…avete contravvenuto alle ultime volontà di un vostro cliente…- La rabbia montava in Sindial,che incalzò senza pietà il notaio.
-Che potevo fare?...Non sono un missionario…e smettetela di aggredirmi! –l’alcool aveva reso Roquebrune stranamente audace e aggressivo- voi non siete migliore di me,monsieur Sindial! E almeno io non debbo vergognarmi della mia faccia!...-
-Dannata iena….- Erik aveva gli occhi iniettati di sangue.Il suo braccio si tese e afferrò il notaio alla gola,strozzandogli le parole in bocca.
Una voce lo richiamò all’ordine,dall’altra parte dell’uscio.
-Monsieur Sindial?.....tutto bene….-
Erik fissava negli occhi Roquebrune,il cui colorito diventava vagamente bluastro.
-Tutto bene,Ilia Semonov…- rispose,allentando appena la presa.Non si sarebbe rovinatola vita per quell’omuncolo. –Il notaio ha solo bisogno di una boccata d’aria…-
Così dicendo lo lasciò andare.L’uomo tossì,violentemente.
Erik si alzò,abbassò il finestrino e un’aria gelida ma pulita entrò nello scompartimento.
Quindi guardò tra i bagagli di Roquebrune e individuò una borsa gonfia.Piena del denaro che gli aveva versato per la villa..
La afferrò,l’aprì.Il vento nello scompartimento cominciò a sollevare le banconote in un mulinello vorticoso.
-Che..che cosa fate…?-gli domandò Roquebrune.
-Alleggerisco il vostro carico….-rispose Sindial. Il denaro volava via dalla finestra,irrefrenabile.
-Noooo…siete pazzo?...nooo…I patti erano diversi! Vi denuncerò!-
-Mi denuncerete?...e che valore può avere la vostra parola,notaio?...Che valore avrà la vostra vita,se rimarrete in Francia un minuto di più?...-
-Mi state minacciando…?- osò ancora domandare il vecchio leguleio.
-No…non io…i vostri creditori,monsieur…Hanno saputo dell’eredità,e non vedono l’ora di dividerla con voi!...-Ciò detto Erik gettò la valigia ormai vuota dal finestrino,lo richiuse e,senza più guardare il vecchio devastato e sconfitto,uscì dallo scompartimento,richiudendosi con un colpo secco la porta alle spalle.


Ilia Semonov fu svegliato dai rumori che salivano dalla strada:mise qualche minuto a orientarsi.Ancora una stanza d’albergo,ancora un letto estraneo…ancora un’avventura condivisa con Sindial.
Si alzò dal letto,stiracchiandosi:aveva dormito vestito,liberandosi solo della giacca e delle scarpe.
Versò l’acqua nel canterano e si sciacquò il viso;poi finalmente schiuse a poco a poco le persiane:la piazza davanti all’albergo brulicava di gente…era giorno di mercato,quello,a Digione.
Si massaggiò la nuca,sorridendo:ricordava ancora le colorite fiere delle sue parti…
Finalmente infilò la giacca,si ravviò alla meglio i capelli e uscì dalla stanza.Si avvicinò alla porta della stanza di Sindial,bussando piano.L’uscio era appena accostato:all’interno una graziosa giovane cameriera stava già rifacendo il letto.Gli sorrise,leggermente imbarazzata:
-Si,monsieur?-
-Perdonatemi..cercavo monsieur Sindial,l’ospite di questa notte…-
-Mi dispiace…ma credo sia andato via…-
Il giovanotto annuì,elargendo un suo caldo sorriso alla giovane lavorante,quindi scese nell’ingresso.
-Oh,monsieur Semonov…il vostro compagno di viaggio è partito che era ancora buio…vi ha lasciato questo…-
Era giusto un appunto su un foglio intestato dell’hotel:’Rientrate pure con calma.Ci rivedremo a Parigi. Sindial’.
Dopo averlo letto,Ilia annuì col capo,in silenzio.
-Il prossimo treno per Parigi è tra un’ora giusta…avete il tempo far colazione…Sentirete:abbiamo il pane più profumato e morbido di Francia…- gli propose l’albergatore,affabile.
-Grazie…lo assaggerò con piacere…-
-E naturalmente dovete provare la nostra mostarda…!-
Ilia sedette al tavolo dell’accogliente saletta ristorante e,mentre attendeva di essere servito,tirò fuori il suo taccuino .
Si fermò a tracciare con la matita parole immaginarie,mentre la sua mente inseguiva in lontananza una nuvola di fumo.Poi iniziò a scrivere:

‘Epilogo

La fine d’una storia ne segna sempre l’inizio di una nuova.
La storia di Sindial forse volgeva al termine:non intendo dire la storia del nostro incontro,dei nostri viaggi,delle nostre condivisioni ,della nostra amicizia…
Parlo del percorso dell’anima che avevamo compiuto l’uno accanto all’altro,in silenzio:quel percorso sembrava essere giunto a una destinazione,il silenzio diventava parola,la parola diventava romanzo…
Quella notte eravamo montati su un treno diretto a Marsiglia:Sindial avrebbe finalmente affrontato il notaio Roquebrune,avremmo saputo la verità sul piccolo orfano del cimitero.
Mi ingiunse di rimanere fuori dello scompartimento e attenderlo.
Così feci,rubando al rumore del convoglio che ansimava sulle rotaie,brani di quella triste confessione.
Il bambino non era figlio di De La Revenge,ma della donna che questi amava.E prima che il comunardo affrontasse l’ultima resistenza,lo aveva affidato proprio al notaio…
Ma Germain –questo il suo nome –era fuggito…
Quando Sindial uscì dallo scompartimento era livido,sconvolto.
Approfittando di un rallentamento del treno,mi invitò a scendere,così,come due clandestini…
Rotolammo a terra,ma l’erba attutì la caduta. Ci ritrovammo stesi ,sulla scarpata che correva parallela ai binari.
Restammo immobili,per qualche minuto,adattando gli occhi al fioco chiarore notturno. Ce ne stavamo stesi nell’erba un po’ umida,col cielo stellato che brillava sopra di noi.
Lui era insolitamente triste,dolente.
-Toccherà camminare lungo i binari…- gli dissi.
Insolitamente,rialzando la testa,mi sorrise,condividendo con me i ricordi della lunga strada percorsa da San Pietroburgo alla mia casa.
-Che vi succede,Sindial…?-
Lui mi sorprese ancora.
-Voi che siete uno scrittore,Ilia…come la raccontereste questa storia?-
Non risposi.Riflettevo.

‘Henry De La Revenge correva come un forsennato tra le strade del quartiere latino:doveva riuscire,doveva raggiungere Mont Martre prima dei ‘Regolari’.
La rappresaglia era scattata dalla mattina.Il suo gruppo di combattimento aveva discusso a lungo se intervenire,rischiando di soccombere,o mantenere la posizione,lasciando gli altri al loro destino.Si era battuto come un leone per convincerli a prestare soccorso ai compagni.Povero sciocco…I rivoluzionari sono idealisti,ma non sentimentali.Se fossero intervenuti,si sarebbero giocati l’ennesima possibilità di resistere…
Allora Henry era andato da solo.
Ora correva col cuore in gola,disperato:si avvertivano ancora spari e grida salire dalle case.
-Mio dio,fa’ ch’io arrivi in tempo…- si ripeteva,cercando energia nella disperazione.
No,non arrivò in tempo.
Riconobbe la treccia rossa di Fantine,il suo corpo riverso su quello degli altri…
-Nooo…Fantineee…- si buttò su quel corpo senza vita,lo strinse a sé,ne baciò le labbra già fredde,esangui.E pianse come un bambino.
Poco dopo si accorse che non era solo;altri comunardi lo avevano seguito,cacciavano gli ultimi soldati,prestavano i primi soccorsi ai sopravvissuti:donne,bambini..
Bambino? Dov’era Germain? Si domandò a un tratto,impietrito dall’orrore…Morto anche lui?
Ne cercò il piccolo cadavere tra quelli di altri innocenti,risalì fino alla loro casa,sventrata dalla razzia vandalica dei soldati.Il piccolo non c’era.
Sua madre si era lasciata così prendere dalla rivoluzione,che spesso lo aveva dimenticato…Henry pensò alle discussioni: -Perché ti interessa tanto dove sia Germain? È forse tuo figlio?- gli aveva rinfacciato lei,una volta.
No,non era suo.Ma lui lo sentiva come tale.Da quando il piccolo Germain aveva cercato rifugio tra le sue gambe,chiamandolo ‘papà Henry’ la prima volta:quel giorno,lui e Fantine si erano guardati negli occhi.E quel richiamo li aveva uniti ancora più profondamente.
Ma la guerra dilania tutto,anche i cuori degli uomini.E lui aveva tante volte cercato di sottrarre Germain a quella strage intestina.
Una volta lo aveva portato con sé alla villa.
Era una vecchia casa diroccata,ma la posizione defilata l’aveva sottratta alla rivoluzione,l’aveva protetta.Erano andati là a rimediare qualcosa da rivendere.Questa era la scusa,almeno.
Ma Henry era rimasto a guardare Germain correre sull’erba,rincorrere le farfalle,osservare i pesciolini tra i sassi sul greto del ruscello…
-Mi piace la tua casa,papà Henry…- gli aveva confessato,candidamente.
-E’ anche la tua,Germain…-
Dov’era ora il piccolo Germain?Che ne era stato di lui?
Un sibilo,un fischio familiare.Qualcuno rientrava a casa.
Henry riconobbe il segnale che avevano inventato tra loro,scese giù:Germain e altri monelli in frotta attraversavano spauriti il quartiere profanato dai ‘regolari’.Gli corse incontro,lo abbracciò forte,sentì per un ‘ultima volta tra le sue braccine rifiorire il tepore dell’abbraccio di Fantine.
Lo portò via.
Ma la guerra non aspettò,concesse loro solo una breve tregua,poi li separò per sempre.
Una sera,una delle ultime sere di maggio,i compagni vennero a dirgli che era finita.L’ultima resistenza si sarebbe asserragliata nell’Opera e nell’Hotel de la Ville…
Henry pensò di affidare Germain alle uniche persone che conosceva,estranee alla rivoluzione:il notaio Roquebrune e la sua segretaria.
Forse…si sarebbero riabbracciati.O forse no…’

Sindial sembrava scrutarmi l’anima,sentire le mie stesse emozioni nel ricostruire quella vicenda dolorosa.
-Forse è proprio così,che è andata…-mi interruppe.
Ero turbato io stesso da come avevo rivissuto la scena.E mi turbava la sua rara partecipazione.
Come se lo indovinasse,mi confessò:
-Sapete Ilia per anni ho vissuto ripiegato così tanto su me stesso da ignorare il resto:vedevo solo il mio dolore,la mia solitudine,il mio destino…-
-Ed ora?- gli chiesi.
-Ora…ora è diverso,ora ho alzato la testa…Ho voi,Ilia…Ho Aurora…-
Lo ringraziai di quel riconoscimento,di quell’accostamento.
Lui proseguì,come senza accorgersene:
-Voi siete la mia buona coscienza…Aurora è il mio cuore,la mia anima…-
-Siete generoso,Sindial…-gli dissi ancora.
Scosse la testa,pensoso.
-Entrambi indispensabili…-soggiunse.-…Forse,senza coscienza potrei sopravvivere,ma senza cuore…-
-Perché dite così?-cercai di interromperlo,di strapparlo a quei tristi pensieri.
-Senza cuore sarei di nuovo un morto vivente,e per sempre…- concluse.
Mi aiutò a rialzarmi.Quindi tentammo di orientarci:la notte era punteggiata di stelle e una luna pallida andava tramontando dietro le colline.
Prendemmo la direzione opposta al treno:da poco avevamo superato la stazione di Digione.
Il paese non distava molto.Cominciammo a distinguerne qualche luce in lontananza.Poco lontano dalla stazione,sulla piazza,si affacciava un alberghetto discreto.Vi entrammo,per passarvi la notte.
Mi gettai sul letto,sfinito.E mi addormentai.E nel sonno fui certo che Sindial non sarebbe rimasto a lungo nella sua stanza.No.Troppo forte il desiderio di abbracciare stretta la sua piccola Psiche’


Quel pomeriggio,annunciato da un flebile tintinnio di campanaccio,che pendeva al collo del suo vecchio baio,il piccolo landò del dottor Parmentier fece il suo ingresso nel viale della villa.
Aurora ne seguì l’arrivo da dietro i vetri della sua finestra:il medico di famiglia era invecchiato,rispetto alle ultime immagini che conservava di lui.I capelli da sale e pepe erano incanutiti completamente,il fisico sottile e asciutto ora appariva stranamente fragile,instabile il passo fermo di un tempo.L’uomo prese con sé la sua borsa professionale e bussò con discrezione al campanello.
Gli aprì Beatrice e lo introdusse nelle stanze interne.
-Buon giorno,dottor Parmentier…- gli disse Aurora,andandogli incontro.
L’anziano professionista restò impercettibilmente incantato,per un attimo:chi era quella giovane donna,quella rosa in boccio che gli apriva affettuosa le braccia e gli schiudeva il sorriso? Stentò a identificarla con la ragazzina magra,spaventata,ostile che lo aveva ricevuto l’ultima volta senza luce nello sguardo né voglia di vivere nel cuore.Poi però le due immagini si sovrapposero:quello che era in nuce cinque anni prima aveva finalmente trovato il suo sviluppo…
-Madamoiselle Aurora…- esclamò istintivamente l’uomo,correggendosi subito dopo –Perdonatemi…Madame Sindial…-
-Per voi,dottore,semplicemente Aurora…- lo rassicurò la pianista,introducendolo nella stanza da letto.
La visita fu lunga e accurata.Beatrice era in attesa davanti alla porta,con le orecchie tese per cercare di carpire in anteprima ogni informazione.Finalmente,la maniglia della porta si abbassò lentamente e il medico ne uscì,seguito dalla padrona di casa.
La domestica tentò,scrutando i visi dei due, di trovare conferme ai suoi più che fondati sospetti:Aurora era visibilmente emozionata,ma il dottor Parmentier conservava la sua espressione seria,quasi arcigna.
Sulla porta,infine,raccomandò:
-…Promettetemi di essere prudente,Aurora..è una strada in salita che dovete percorrere e gli ostacoli non mancano…-
-…Dottore,la maternità è quanto di più naturale ci sia,dall’inizio dei tempi…- ribattè lei.
-…E’ vero…ma abbiate riguardo per voi- si guardò intorno nervosamente – Mi spiace che vostro marito non sia qui,glielo avrei raccomandato personalmente…Tornerò a visitarvi periodicamente!-
Aurora lo congedò con un sorriso radioso,che finì per contagiare anche il vecchio medico,costretto a ricambiarglielo.
-A presto,dottore…-
-A presto,madame Sindial…- ripetè lui,allontanandosi.
Aurora si volse:Beatrice era dietro di lei,sospesa.La giovane sposa si limitò a sorriderle,sognante.
Quindi uscì sul portico e poi nel parco.
Camminò sull’erba,verso il ruscello.
Provava una certezza nuova,una sensazione di eccitante euforia. Era vero,proprio vero…aspettava un bambino,il bambino di Erik,il bambino suo e di Sindial…
La gioia le bagnava le ciglia di commozione.
Ma al tempo stesso tutto le sembrava così incredibile:passare dal buio alla luce,dalla paura di sognare a una vita bella come un sogno…Ritrovarsi tra le braccia di quell’uomo che l’aveva turbata da bambina,scoprire che le aveva salvato la vita…Ed ora essere sua moglie,di più..la madre di suo figlio…
Il suo corpo e la sua anima vibravano nell’aria del tramonto primaverile,all’unisono con la rinascita della natura…
Improvvisamente una piccola mano si strinse alla sua.Abbassò lo sguardo.Era Germain…
Aurora provò una fitta,un sapore amaro:la vita sapeva essere così ingiusta,a volte.
Cosa era successo a quell’orfanello? Dov’erano i suoi genitori? Perché gli erano stati strappati?
Nel buio della sua cecità per anni non aveva avvertito che la propria condizione di dolore:ma ora aveva aperto gli occhi,sulla felicità e anche sugli altri.
Sorrise al nuovo arrivato e lui le ricambiò il sorriso,stringendosi al suo fianco.Passeggiarono così insieme,lungo le sponde del ruscello.Poi il bimbo attirò la sua attenzione.
-Che c’è?...vuoi dirmi qualcosa?-
Germain mimò due mani che si muovevano su una tastiera.
-Vuoi che suoni il piano?...-
Lui annuì,con un sorriso più generoso.
-Andiamo…-


Questa volta sedettero insieme sul seggiolino:Germain sceglieva gli spartiti,un po’ a casaccio e ascoltava Aurora suonarli.Intanto ne sfogliava altri. Rimaneva sempre incantato a guardare i disegni che Erik aveva fatto per ‘Eine kleine nachtmusik’ e mentre li rimirava ascoltava compiaciuto la musica in sottofondo.
A un tratto si alzò in ginocchio,per sfogliare meglio e frugare.Finalmente tirò fuori uno spartito breve,senza titolo.
La pianista ne lesse a mente la prima parte e lo riconobbe:era una ninna nanna…Ebbe una sorta di riserbo:avrebbe voluto sonarla esclusivamente per il loro bambino…Si rimproverò,per quel pensiero e,facendo forza a se stessa,poggiò lo spartito sul leggio.
Germain la fermò.Con la matita scrisse: DOVE PAPA HENRY?
-Monsieur Sindial?...- Aurora rabbrividì.
Erik era alla ricerca della verità,in quel momento.Metteva a rischio la propria incolumità per conoscere la vera storia di Germain.
-E’ in viaggio..- gli rispose.-Se tutto va bene tornerà domattina..- una sfumatura di malinconia le incrinò la voce.
Il bambino sembrò accorgersene. Scrisse:TI MANCA LUI?
Lei annuì sorridendo.
-Si…-
Germain scrisse ancora:TORNERA’…
E la guardò,quasi supplice.
Lei cercò di dargli coraggio.
-Certo…domani sarà qui…e staremo insieme…-
Il bimbo scosse la testa.
Scrisse: LUI NON VUOLE…
Aurora pensò a quanto poco espansivo Erik era stato con lui.Come spiegarglielo?
Si limitò ad abbracciarlo,rincuorandolo:
-Non è come pensi…-
Entrò Harun,silenzioso e discreto e richiamò Germain ai suoi doveri.
Aurora lo vide allontanarsi,seguendolo con lo sguardo.
Poi,istintivamente,senza remore, suonò la dolce ninna nanna che Sindial aveva scritto per lei…








Erik aveva cavalcato tutta la notte,nell’intento di rientrare a casa prima del sorgere del nuovo giorno.
Il cavallo che gli avevano procurato non era certo scattante come Melas,ma finì per adeguare il passo al suo desiderio e,schiumando ansante nitrì soddisfatto quando,davanti al cancello,finalmente il suo cavaliere gli tirò la cavezza,arrestandolo.
L’uomo smontò,schiuse piano il cancello perché il cigolio non risvegliasse la casa addormentata.
Entrando,un lume rimasto acceso nella stanza della musica lo richiamò.
Il piano sembrava attenderlo.
Ripensò a qualcosa che l’amico Ilia gli aveva detto,a conclusione dei loro discorsi:
-Io posso raccontarla con la penna,questa storia…ma voi,Sindial…voi avete le note…-
Una nuova,irrefrenabile ispirazione si accese in lui:sedette al piano,e i suoi occhi videro il sipario aprirsi:un’opera,avrebbe scritto un’opera…un’opera che parlasse di Parigi,delle sue barricate,dei suoi eroi della strada…Un’opera nella quale i mille intricati destini di anonime vittime della storia si intrecciassero,e ciascuno,anche il più piccolo,il più oscuro,il più silenzioso ingranaggio dell’umana tragedia avesse finalmente voce…
La sua mente immaginava,le sue mani componevano:nell’Ouverture erano già concentrati tutti i temi che avrebbe sviluppato…
A un tratto,qualcosa interruppe il fiume del suo estro generoso.
Avvertì impercettibili passi a piedi nudi dietro di lui.
Guardò nel legno lucido il riflesso alle sue spalle:riconobbe la sagoma del piccolo Germain,che lo osservava:si volse solo un momento a guardarlo,senza parlargli.Ma sembrò,con quello sguardo,concedergli il permesso di restare.
Germain allora passo dopo passo gli si avvicinò.E lo osservò,dal basso.Si guardavano,si misuravano.
A un tratto il bimbo sollevò il braccino a sfiorargli la maschera,cercò timidamente il modo di sfilarla.
Lui lo fermò,con la mano e la voce:
-No…Non troveresti quello che cerchi…-
Il piccolo si fermò,chinando il capo scornoso,come a contenere la rabbia e la delusione.
-Tu credi che sia un altro…- soggiunse Erik.
Germain prese una matita e scrisse sullo spartito: TU PAPA’HENRY..
Erik scosse il capo.
-Non è come pensi…-
Senza singhiozzi né gemiti,il piccolo iniziò a piangere:erano solo lacrime mute che gli rigavano le guance.
Erik sospirò profondamente,alla ricerca dentro di sé di un gesto,un moto di tenerezza,che confortasse Germain senza ferirlo e senza nemmeno illuderlo.
Finalmente la sua mano sfiorò i capelli del bambino,le dita asciugarono una lacrima che scorreva sul suo viso.
-Il mio nome è Erik…-
Germain annuì.
-…Ora torna a dormire…-
Docilmente Germain ubbidì,rientrando nella sua stanza.
Erik si alzò dal piano,prese il lume e varcò il corridoio che conduceva alla camera da letto.
Il fuoco si consumava piano nel camino.
Sedette sul bordo del letto:Aurora dormiva abbracciata al suo cuscino. Rimase a guardarla,finchè lei –avvertendo la sua presenza –non aprì piano gli occhi e lo guardò,sorridendo appena.
-Sei qui…sei tornato…-
-Si…- le disse carezzandole i capelli.
Lei lo guardò in viso,interrogativamente.
-Com’è andata?-
Nel dir così si scostò un po’,invitandolo a stendersi al suo fianco.Lo fece,continuando a giocherellare coi suoi capelli e a fissarla dal basso.Lei gli carezzò il volto stanco.
-…Hai saputo la verità? È come pensavi?-
-In un certo senso…Henry De La Revenge amava Germain come un figlio e prima di morire lo ha affidato al notaio Roquebrune…- c’era una sfumatura di disprezzo nella voce di Sindial,pronunziando l’odioso cognome del legale.
0..-E poi?...-
Lui la attirò a sé:non voleva parlare oltre,non in quel momento,di quella storia.
-Stringimi…voglio sentire il tuo calore,Aurora…-
Lei gli carezzò il viso,glielo baciò,si accoccolò tra le sue braccia.
-Ho qualcosa da dirti io…- gli sussurrò,quando lo vide più disteso.
-Cosa?-
-Oggi ho mandato a chiamare il medico di famiglia…il dottor Parmentier…-
La stretta di Erik si fece più intensa:Aurora sentì i muscoli delle sue braccia indurirsi,tutto il corpo di lui era in tensione ora.I suoi occhi verdi e cupi la scrutarono,interrogativi.Sentì di arrossire.Abbassò lo sguardo:
-E’…è proprio come pensavi,Erik…-
Le rispose un sospiro rauco,una sorta di gemito e ruggito insieme e il suo abbraccio avvolgente che la avviluppò tutta in una morsa calda.

Seduto al piano,Erik attendeva che Aurora lo raggiungesse:desiderava farla partecipe della sua nuova idea.
Finalmente lei entrò nel salone,silenziosa e,appoggiando una mano sulla sua spalla,rimase ad ascoltare la musica che l’artista aveva pensato per l’ouverture della sua nuova Opera..
Sollevando gli occhi verso la giovane sposa,però,lui ebbe l’impressione che fosse distante,che inseguisse un pensiero lontano.
La attirò vicino a sé,sul seggiolino.
-Ti piace?-
Aurora gli sorrise:
-Certo…è molto bella…-
-E’ solo una serie di spunti,ma….-
Di nuovo Erik percepì che la giovane donna era rapita da qualcosa.
Le sollevò il mento,rivolse il bel viso verso il suo:
-A cosa pensi,piccola Psiche?...-
Aurora sospirò.Poi gli sorrise,incerta.
-Si tratta..si tratta di Blanche…-
Erik aggrottò le sopracciglia.
-Tua zia? Forse non sta bene?-
-No..è che…E’ successo tutto così in fretta…e lei,che è stata parte della mia vita…né è rimasta esclusa…-
Lui abbassò il capo,riflettendo serio.
-Ti avevo promesso che saremmo andati insieme a Mont Saint Michel- ammise –Ma …-
-Si,hai ragione…sono successe tante cose e tu…-
Lui si alzò con elastico slancio:
-Nulla ci vieta di andare ora…Vedremo insieme l’Oceano…-
-Dici sul serio?...- Aurora era incredula e felice.
-Certo…- lui le si avvicinò e sollevandole piano la testa la baciò con tenerezza. –Affiderò il teatro a Ilia,per qualche giorno…- disse, poi riprese a baciarla con maggiore intensità,stringendola tra le braccia.
Si guardarono negli occhi,senza parlare.
-E… Germain?- domandò Aurora,incerta.
Lui accennò un sorriso,poi scosse la testa.
-Vuoi che venga anche lui?...-
La donna gli si strinse più che mai vicino.

 
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Evilsisters
view post Posted on 6/4/2008, 11:51




Rientrato a Parigi,Ilia fu felice di rituffarsi nella sua attività di factotum,all’Opera.
Voleva mettere da parte,almeno momentaneamente,la parentesi legata al fantomatico Henry De La Revenge e respirare la polvere e le emozioni dell’ambiente del teatro.
Seduti in platea,nella penombra.lui e Philippe Segnier seguivano intenti le prove: Alphonsine volteggiava sul palcoscenico,attorniata dalle dodici ballerine del corpo di ballo dell’Opera.
Il russo aveva uno sguardo estasiato:Alphonsine era splendida,quando danzava…una creatura nuova,che lo conquistava ogni volta.
-A quanto pare Ilia vi siete innamorato….- lo prese in giro il giovane Segnier,ma poi sospirò.
Semonov si volse a guardarlo.
-Capiterà anche a voi,prima o poi…-
-E’ un augurio o una minaccia?-domandò con spirito Philippe,ma una violenta tosse gli spezzò la battuta sulle labbra.
Fu costretto ad alzarsi,allontanarsi.
-Perdonatemi…-
-Avete bisogno di me?- domandò preoccupato il russo.
Sempre tossendo,Philippe scosse la testa,rispondendo brusco di no,e uscì dalla platea.
Alphonsine lo seguì apprensiva con lo sguardo,ma non potè fare di più.
Dopo poco,Ilia era fuori,accanto a lui.
Philippe sembrava essersi ripreso,ora:il factotum di Sindial lo invitò comunque a uscire,passeggiare un po’ sul lungo Senna.
-Bella cosa la primavera,vero?...- disse dopo poco il ragazzo,guardandosi intorno. –La stagione degli amori…-
Ilia sorrise,poi domandò:
-Davvero non vi siete mai infatuato di qualcuna,Philippe?-
Quegli sollevò le spalle:
-Non sono insensibile alla bellezza,se è questo che intendete…ma..no,non posso concedermi di innamorarmi,Ilia..-
L’amico lo scrutò,dispiaciuto,incredulo:
-Ma…perché?-
-Perché?...mi ci vedete a giurare eterna fedeltà,a una donna?Eternità..non so nemmeno se domani vedrò sorgere il sole…-
-Non dovete dire così…è l’intensità con cui lo si vive,che rende l’amore eterno:qualcosa che il tempo non può cancellare..-
Philippe sorrise,amaro e rassegnato.
-Cosa posso offrire a una donna?..una breve stagione,Ilia…non sarebbe giusto,verso di lei,non credete?-
-Oggi siete di un umore impossibile,Philippe…Lasciatevi andare,vivete la vita…credete già di sapere quanto durerà?-
-Si…- fu la risposta laconica del ragazzo,che poi sollevò lo sguardo sull’amico,che glielo ricambiò addolorato e sgomento.
-Io non vedrò la prossima estate,Ilia…- gli confermò.
Camminarono ancora,in silenzio,affiancati:una nube aveva coperto il sole,una folata di vento inattesa aveva fatto rabbrividire entrambi.
-Philippe…è un presentimento o…?- domandò ancora il giovane segretario dell’Opera.
-Ho avuto un paio di crisi,ultimamente e…ho consultato un medico…Ma non …non addoloratevi per me,più del necessario:sapevo bene che la mia vita sarebbe stata breve,Ilia.Temevo che sarebbe stata anche una lunga ,sterile,malinconica attesa della fine,invece…anche grazie a voi…ho vissuto qualche emozione…-
Ilia aveva stretto tra le braccia le fragili spalle dell’amico,lo guardava,contrito:
-Alphonsine…-
-Soffrirà,lo so….ma almeno avrà vicino qualcuno che saprà consolarla…Sono contento che alla fine voi due vi siate intesi, …-
-Già…-ammise Ilia,abbassando lo sguardo.
–Voglio molto bene a vostra sorella,Philippe…- dichiarò poi,rialzando gli occhi.
Philippe annuì.
-Si…lo so:le volete bene,Ilia…quanto un fratello e un amante insieme…Non vi rammaricate se vi sembra poco…non lo è,non lo è affatto…-
Ilia guardò grato Philippe:
-Siete così giovane e apparentemente inesperto,Philippe…ma quanto sapete essere saggio…Se è vero quello che avete detto,sappiate che…mi mancherete,mi mancherete molto,amico mio…-
Così detto si abbracciarono,senza aggiungere altro.


-Che bello potervi rivedere Aurora…E rivedervi così,tornata sana,felice,padrona e consapevole di quello che valete…-
Aurora e Blanche erano insieme sulla terrazza del Grand Hotel Des Termes;si ritrovavano dopo tanto…
-Oh Blanche... In gran parte io…devo a voi la mia felicità,alla vostra pazienza,alla forza che avete avuto…sostenermi quando disperavo,incoraggiarmi quando non osavo …-
Madame Levigny aprì le braccia,accogliendo nel suo abbraccio l’adorata nipote.
-Avrei dato anche la vita,per sapervi felice,Aurora …- le confidò,quasi in un sussurro.
L’aria della primavera le avvolgeva con i suoi preziosi effluvi.
L’anziana donna volle poi ricomporsi,desiderò che Aurora le raccontasse i particolari della sua vista ritrovata ,delle sue nozze,della sua nuova vita di sposa.
La giovane sedette accanto a lei e soddisfece alle sue mille piccole domande.
Alla fine Blanche si lasciò sfuggire:
- Ho un unico rammarico:non avervi ammirato vestita da sposa…-
Aurora arrossì.
-Sapete zia…tra qualche tempo quell’abito comincerà ad andarmi stretto…-
Blanche aggrottò un po’ le sopracciglia,poi le rughe si spianarono sul suo viso,un sorriso lo illuminò:
-Che volete dire?Significa…significa quello che credo,Aurora?-
La giovane sposa si limitò ad annuire.
Blanche scosse il capo,sorridendo entusiasta.
-La settimana prossima rientro a Parigi…- disse con ritrovata energia.
-Ma…zia..non è necessario…pensate alla vostra salute…-
-Appunto:ora che arriva l’estate,l’aria qui diventa troppo umida e calda,per me…Rientro alla maison,Aurora…-
Le due donne si guardarono negli occhi:Aurora non protestò,capì che sarebbe stato inutile.
Dalla terrazza dell’hotel si volsero a osservare la spiaggia,al tramonto.
Lungo la riva sabbiosa,il piccolo Germain correva,libero e contento,sfidando la risacca che gli lambiva le scarpette.
Dietro di lui,i capelli al vento,il mantello lasciato cadere con accurata trascuratezza dietro le spalle,a passo lento,incedeva Erik,seguendolo con lo sguardo. I suoi occhi poi si alzarono verso il maestoso edificio e l’uomo sollevò un braccio in segno di saluto,proseguendo poi il suo cammino.
Blanche domandò,con una sfumatura di diffidenza:
-Chi è quel bambino…?-
-….è un povero trovatello…-rispose dopo un impercettibile indugio la nipote.-Sindial lo ha accolto in casa…-
-E voi,ne siete contenta?-
-Certo…gliel’ho chiesto io stessa…- ribattè convinta Aurora.
Blanche annuì,senza fare commenti.



La sera calava sulla baia e la marea montava:Erik richiamò Germain e rientrò con lui verso l’albergo.
Sulla spiaggia incrociarono un vecchio signore canuto,con cappello e giacca chiari,le lenti che conferivano al viso un’aria professionale.
Sindial pensò potesse essere quel Lagrange,di cui gli avevano parlato Semonov e Aurora,a suo tempo;lo scrutò impercettibilmente,quindi si scambiarono l’accenno di saluto usuale tra due occasionali ospiti dello stesso hotel.
Rientrati nella loro suite,Erik ne domandò notizia alla giovane moglie:
-Credi che quel professor Lagrange sia ancora qui in albergo?-
Aurora si stupì,sorrise:
-Te ne ricordi ancora?...te ne parlai solo una volta…-si meravigliò.
Lui non fece commenti.
-Che io sappia,si…- rispose poi la donna. –Ma se ti interessa,possiamo chiedere a Blanche…-
-Era solo una curiosità…Del resto,se è qui,lo incontreremo …- concluse aggiustandosi la cravatta e indossando la giacca,per scendere a cena.
Come previsto,l’incontro avvenne di lì a poco:nella hall li attendevano proprio Blanche in compagnia di Lagrange,intenti come ogni sera a giocare accanitamente la loro partita di canasta.
-Vi vedo insolitamente eccitata,madame,stasera..come mai?-
-Ho ricevuto una visita…e non vedo l’ora di potervene partecipare…professore!- così dicendo madame Levigny aprì l’ultima serie di carte davanti all’uomo,chiudendo la partita e il discorso.
-Eccola,infatti…- disse poi,alzando lo sguardo,raggiante.
Lagrange si volse e vide sopraggiungere Aurora al braccio di un gentiluomo sconosciuto:Aurora con lo sguardo vivido di chi è uscita dall’ombra e con una bellezza nuova sul viso e nel corpo…
-Vi ricorderete certo di mia nipote Aurora…- disse a quel punto Blanche.
Ma il professore si era levato in piedi e aveva stretto di slancio tra le sue mani ossute quella offertagli dalla nuova arrivata,con un sorriso:
-Madamoiselle….sono così,così felice…Ne ero sicuro,ma voi…mi avete dato una certezza….- esclamò commosso.
-Grazie,professore…- gli rispose,visibilmente emozionata anche lei,poi soggiunse – Posso presentarvi mio marito,il signor…-
Prima che lei completasse la presentazione,Lagrange la interruppe.
-Ma forse noi ci conosciamo già…signor Semo…- si rivolse con slancio a Erik,equivocando.
-Ci siamo visti in spiaggia…- troncò brusco Sindial -
-…il signor Sindial!- concluse finalmente Aurora.
Lagrange sembrò stupito,rimase a bocca semi aperta e ripetè:
-Sindial?...si…molto,molto lieto,si…-
I due si strinsero finalmente la mano.
-Vi lascio alla vostra cena…permettete…madame Levigny…madamoiselle…cioè Madame Sindial…- disse quindi Lagrange,ancora un po’ confuso,ritirandosi.
Blanche lo seguì con uno sguardo trionfante e ironico:era convinta che l’agitazione di Lagrange fosse naturale frutto del suo disagio.La diagnosi del professore infatti si era rivelata infondata:Aurora era sana e non aveva niente di cui punirisi…tzè,fanfarone!
Gongolante,fece quindi strada ai suoi ospiti.
Erik seguì invece il vecchio ricercatore con sguardo serio e pensoso.


Joseph aveva caricato i bagagli in ordine sullo scompartimento:il treno sbuffava fumo e la stazione sembrava più triste del solito.
Philippe e Alphonsine passeggiavano lungo i binari,mogi.
-Hai deciso così all’improvviso,di rientrare…perché?- domandò ancora una volta la ballerina.
-Te l’ho detto…Parigi è splendida,ma è…talmente tanta per me…questi due mesi sono stati più intensi di tutta la mia vita…-
-Magari ti ho trascurato…- si disse lei,mordendosi le labbra.
Il ragazzo l’abbracciò:
-Tu mi hai fatto sentire il più amato dei fratelli…e il più orgoglioso…e il più felice…- le dichiarò,guardandola in viso.
Alphonsine lo abbracciò:
-Dimmi che non mi nascondi nulla…dimmi che non mi lascerai…-
-…Sinette…ho sentito che mamma era sola:papà resterà sei mesi in India…Vado da lei:lo sai che è…giusto così…- La guardò negli occhi,sperando non ci fosse bisogno di aggiungere altro.
Un brivido attraversò la schiena di lei;una certezza dolorosissima,inaccettabile.
Una paura simile a quelle ancestrali che la svegliavano di notte,da bambina,senza nessun logico motivo.
Lo strinse ancora più forte:
-Non andare Philippe…non te ne andare,fratellino mio….- avrebbe voluto gridargli.
Ma come negli incubi di bambina il grido le rimaneva strozzato in gola;un’impotenza e un terrore panico la bloccavano,indicibilmente.
Gli disse semplicemente arrivederci.
Rimase a salutarlo con la mano,seguì quella sua mano agitarsi lenta di là dal vetro del finestrino,fino a sbiadire nel vapore della locomotiva,allontanandosi.
Stancamente,rientrò poi verso la sua vita. Un passo dopo l’altro,fino ai cancelli.
Ma qui,sollevando lo sguardo,c’era un amico che l’attendeva.Che le aprì silenzioso le braccia e la tenne stretta a sé.
-Prometti di non lasciarmi mai,Ilia Semonov…promettimelo…-gli sussurrò,tra le lacrime.
Ilia le baciò teneramente la fronte e gli occhi umidi,rassicurandola:
-Te lo prometto,Sinette…Non ti lascerò mai!-


La luce lattea della luna si rifrangeva sulle onde lunghe dell’Oceano e lambiva la lunga striscia di sabbia della baia.
Erik si era alzato per accostare la porta finestra,che il vento dal mare aveva spalancato:la tenda si agitava ancora.
Il magnifico spettacolo della natura lo trattenne però dal rientrare:restò pochi attimi a osservare il mare,ad ascoltarne il muggito sordo,enigmatico,incessante.
-Sai…questa voce del mare,mi faceva pensare a te,quando eravamo lontani…-
Erik trasalì:sollevata un po’ su un fianco,Aurora lo guardava.Le si avvicinò,sedette sul letto:
-Non sapevo fossi sveglia…- le disse,carezzandole una guancia.
Lei ricambiò il suo sorriso:
-C’è qualcosa che ti rende pensieroso…-
-E’ vero…- ammise lui,chinando il capo - qualcosa che riguarda Germain..-
Lei gli carezzò il bel profilo,incoraggiandolo.
-A un certo punto del suo racconto,il notaio mi ha detto che Germain aveva gridato,rincorrendo De La Revenge…-
-Gridato?...-
-Si…-
-Dunque …lui sa parlare?-
Erik sollevò le spalle:
-Non so risponderti…-
Aurora scosse la testa:
-Ci sono molte cose che non mi sono chiare…Germain sa scrivere-nonostante l’età-e usa la scrittura per comunicare,come se qualcuno glielo avesse insegnato…-
-Questo non vuol dire…la necessità aguzza l’ingegno,spesso…la cieca volontà ti mette le ali…- ribattè Erik,pensando alla propria esperienza.
Aurora non rispose,rimase pensosa,mordicchiandosi il labbro.
Poi rialzò la testa e fissò Sindial:
-Le tue domande,a proposito di Lagrange…non erano occasionali,vero?-
Lui sospirò,annuendo.Poi la guardò:
-Inutile nasconderlo…- e,con un accenno di sorriso,le carezzò i capelli adagiandosi poco a poco su di lei.
-Gliene vuoi parlare?-
-Ci ho pensato…-le rispose,parlandole sulle labbra.
Si guardarono un lungo istante negli occhi,poi Aurora socchiuse i suoi,abbandonandosi.



Il professor Lagrange andava a prendere posizione nel suo solito angoletto sul terrazzo del Grand Hotel:Alphonse gli aveva sistemato una comoda poltrona a sdraio e su un tavolinetto basso aveva predisposto una tazza di tisana e i giornali del mattino.
Prima di distendersi sulla poltrona,l’uomo allungò lo sguardo alla spiaggia:la spuma bianca delle onde si infrangeva tra mille schizzi sulla riva e il contrasto tra il verde cupo dell’acqua e il caldo azzurro del cielo faceva quasi male per la sua bellezza implacabile.
Lagrange sospirò e fece per tornare al suo ‘vecchio scranno’,quando si accorse della presenza di Aurora al suo fianco.
-Madamoiselle…volevo dire,Madame Sindial…- esclamò confuso,a metà tra la sorpresa dell’apparizione e il piacere che ne provava.
-Vi prego,professore….chiamatemi Aurora,come sempre…abbiamo condiviso tante cose,insieme!- esclamò la giovane,cercando di trarlo dall’imbarazzo.
Lui sorrise ,un po’ indeciso,ma più tranquillo;quindi la donna attese che sedesse al suo posto,ma egli pretese che si accomodassero insieme.
-Sono vecchio,è vero,ma non potrei restare seduto davanti a una donna,una bella donna ,poi…-scherzò,galante.
Aurora chinò il capo,ringraziandolo e prese posto accanto a lui,su una graziosa,balneare seggiola di vimini.
-Sono contenta di trovarvi meglio…non ci eravamo lasciati benissimo…-
Il professore non commentò;ma la guardò con sollecita tenerezza.
Non si era sbagliato,quando non aveva voluto sottoporre Aurora ad altri temerari esperimenti.
Ora era lì,davanti a lui,sana e serena:il suo sorriso spontaneo era sintomo lampante della sua completa guarigione.
Anche lei preferì non aggiungere altro e volse lo sguardo a due figure care che rientravano da lontano,lungo la striscia di sabbia.
-Vostro marito era vedovo?- domandò,osservando anche lui il bambino e l’uomo avvicinarsi,sulla via dell’albergo.
Aurora sorrise,sognante.
-No…Germain è…un trovatello:lo abbiamo accolto insieme,in casa…-
-E’ un bambino molto bello…-
-Già…ma…- Aurora era un po’ titubante,nella scelta delle parole giuste. –…sfortunato…-
Lagrange scosse il capo,nicchiando:
-Mi spiace…ma da come gli sembrate entrambi affezionati…-
-Certo,ha trovato il calore familiare,ma…- Aurora si schiarì la voce,ora lei in leggero imbarazzo.
Il vecchio professore la fissò con più attenzione:
-Sembra che vogliate parlarmi di qualcosa…Suvvia,madame…- la incoraggiò.
-Lui..è muto!-
-Oh…-Lagrange si irrigidì,ma provò a non darlo a vedere-infatti mi domandavo come mai non riuscissi a percepire un grido,una risata,qui nella risacca…-
-…si,ma..non è stato sempre così,almeno a dire di qualcuno..-
Ora il professore cominciò a scuotere la testa ripetutamente,piano:cominciava a capire tante cose,anche il motivo di quel gradevole incontro mattutino.
-Vostro marito è al corrente di…della natura di questo nostro colloquio?- domandò,improvvisamente sulla difensiva.
-E’ stato lui in qualche modo a suggerirmelo…Sapete,io gli ho parlato dei nostri precedenti incontri..-
L’anziano uomo sospirò.
-Aurora…esattamente cosa vi aspettate che io possa fare,per voi e per quel bambino?-
-Ecco….- la giovane sposa stava per rispondere,ma la grande porta a vetri del terrazzo si aprì,lasciando entrare Erik e Germain,che ,corso da Aurora,le riversò in grembo a mò di omaggio una decina di conchiglie madreperlacee,raccolte sulla riva.
Sindial salutò il professore,con un leggero cenno del capo,poi carezzò la spalla di Aurora.
-Stavo parlando al professor Lagrange di…quel nostro problema…- lo informò lei.
Lui scrutò negli occhi il vecchio,interrogativo.
-…perché non prosegui tu,mentre io accompagno Germain a tavola?- così dicendo la donna si alzò e,senza aspettarne l’approvazione,si congedò con naturalezza da entrambi,portando con sé il piccolo.


Tra i due uomini regnò per qualche lungo attimo il silenzio.
Fu Erik a interromperlo:
-Immagino che la mia presenza a fianco di Aurora vi abbia sorpreso,professor Lagrange…-
- …ehm…ho difficoltà a negarlo…-
-O forse più che la mia presenza,il cognome con cui ci hanno presentato,non è così?- insistè Erik.
-Già…mi dovete perdonare,monsieur…vedo che la mia gaffe non vi è sfuggita,ma…-
Sindial lo interruppe col gesto della mano:
-Non avete nulla da farvi perdonare…Vedete,io conosco la persona che vi ha contattato…so perché lo ha fatto:non ho approvato la sua iniziativa né il vostro coinvolgimento,ma ho grande riconoscenza per la schiettezza con cui ogni cosa mi fu rivelata a suo tempo…
-Monsieur Semonov sembrava tenerci così tanto che io…-
-Il suggerimento che avete dato a monsieur Semonov non è caduto nel silenzio…- lo interruppe di nuovo Sindial.
-Già- ammise Lagrange,–Sono sicuro che Aurora sia guarita grazie all’amore e alla sollecitudine di chi le è stato vicino…- e accennò a un sorriso.
Erik si staccò dalla balaustra e si avvicinò:la tensione si era allentata ormai.
-Vostra moglie mi parlava del piccolo Germain…-
-Si…Mi domandavo se la vostra scienza potrebbe…-
Questa volta fu Lagrange a interromperlo.
-Io…dopo i tentativi con Aurora sono stato molto male,il male mi ha debilitato sotto tanti aspetti…-
Erik sospirò,impercettibilmente deluso.
-Non mi aspetto una guarigione miracolosa…vorrei solo poter capire…-
-Capire,monsieur?- Lagrange,nonostante tutto,cominciava ad essere incuriosito,affascinato,irretito dal mistero che sembrava circondare il piccolo orfano;un mistero enfatizzato dal fascino altrettanto enigmatico di quel gentiluomo mascherato,che –all’apparenza superbo e arrogante –sembrava invece celare un cuore generoso,capace di restituire ad Aurora la felicità e la voglia di vivere.


Una campana sonava malinconicamente il vespro che terminava e l’avanzare della notte;la piccola chiesa era avvolta in una opprimente oscurità,nella quale le candele smozzicate e languenti dell’altare creavano ombre inquietanti,come se le sacre forze del bene si preparassero ancora una volta ad affrontare l’incessante lotta con la tentazione del male,la prova a cui solo i più forti,gli innocenti,i puri di cuore riescono a sottrarsi,a non soccombere;
In quell’atmosfera carica di sensi arcani,una donna si alzò dal suo banco e si inginocchiò nel confessionale:la grata si aprì e la voce del parroco la accolse,distorta dal filtro di legno forato,stranamente poco familiare.
-Sia lodato Gesù Cristo…da quanto tempo non ti confessi,sorella?-
-Troppo tempo padre…e sento che sia giunto il momento …-
-Di quali colpe vuoi chiedere perdono al Signore…-
-Omissioni,padre…Ho consentito un’ingiustizia,senza muovere un solo dito,ma ora…sento il peso di tutto ciò…-
-Un ‘ingiustizia sorella?...raccontami,apri il tuo cuore…-
-Ho assistito senza muovere un dito alla deprivazione di una eredità,dal suo legittimo erede…è cominciato tutto quattro anni fa…sapete,durante la guerra civile…-
La voce della vecchia era solo un filo impercettibile,nel silenzio buio della chiesa;ma al sacerdote ogni sua parola pervenne in tutta la sua pregnanza.
-Sorella…io posso darti l’assoluzione,…la misericordia divina accoglie anche l’ultimo dei peccatori,ma tu devi andare fino in fondo…- esclamò infine il parroco,atterrito e addolorato insieme dal segreto riferitogli.
-Cosa debbo fare padre…ditemi voi?-
L’uomo di Dio,al di là della grata,non percepì la doppiezza subdola sul volto della vecchia donna;non stava chiedendo l’assoluzione a Dio,ma solo l’avallo al suo perfido piano di vendetta.
-Dovete denunciare il colpevole…La giustizia umana può ancora impedire il suo bieco proposito…Solo denunciandolo,dimostrando il vostro coraggio civile,meriterete anche agli occhi di Dio la pietà che vi manifesta ora,con il sacramento che state per ricevere…-
-Farò come dite Padre…-
Sul viso della vecchia,un ghigno:la sua diabolica malvagità sembrava pervadere il sacro ambiente,rendendolo asfittico;una candela morì,quasi strozzandosi,l’altra agonizzava.
-Brava sorella…- esclamò a voce più alta l’uomo,poi abbassò il tono,recitando la formula dell’assoluzione: -Ego te absolvo peccatis tuis…..-
La candela sopravvissuta,sembrò spegnersi:la tenebra aveva vinto.
Madame Jardin si avviò verso l’uscita;aprì piano l’uscio e una folata di vento gelido la investì;si raggomitolò nel suo scialle liso,allontanandosi;la porta si chiuse alle sue spalle.
La candela rianimata dall’aria pura irradiò un bagliore,illuminando le ali e la spada del divino custode dell’Eden…



Aurora era impegnata con i preparativi della partenza;forse cercava di concentrarvisi più del necessario,per distogliere il pensiero dall’assillo che sembrava invece rodere in quel momento Erik:l’uomo a passi lenti,continuava a misurare l’ingresso della loro suite,avanti e indietro.
Ogni tanto i due si scambiavano un’occhiata:la giovane donna interrogava il marito e al tempo stesso,con l’accenno di un sorriso,sembrava volesse rassicurarlo.
Ma Sindial era serio,preoccupato.Ansioso.
Finalmente lei non si trattenne,gli andò vicino:
-Ancora niente?-
-Lo sai bene…- rispose lui,con una sfumatura di impazienza risentita nel tono.
-Da quanto tempo sono lì dentro…?-
-E’ quasi un’ora,ormai…-
Erik era evidentemente in conflitto con se stesso;aveva fatto bene ad affidare Germain al professor Lagrange?
-Stai certo che il dottore non gli farà del male..- lo rincuoròAurora,benché non del tutto sicura neppure lei.
A un tratto,un leggero bussare alla porta,seguito dallo scatto della serratura sotto la maniglia,introdusse il piccolo trovatello…
Aveva il viso sereno e con estrema familiarità corse attraverso la stanza fino al balcone.
I due non ebbero il tempo di scambiarsi uno sguardo,che,poco dopo,sopraggiunse anche il professor Lagrange.
Aurora avrebbe voluto attardarsi coi due uomini,per sentire direttamente il resoconto dello scienziato,ma si rese conto che invece Germain sarebbe rimasto inspiegabilmente da solo e si impose di raggiungerlo.
Il piccolo stava raccogliendo i tesori rinvenuti lungo la riva in quei due giorni;la giovane donna gli si accostò:lui la guardò,con un sorriso e le permise di sbirciare nel suo scrigno,prima di chiuderlo.
-Porti con te tante cose belle…-
Germain annuì.
Una cosa allora fu subito chiara:Lagrange non aveva fatto il miracolo…
Sindial intanto si era appartato in un separè,sul pianerottolo,insieme al vecchio professore:
-Ebbene?-
L’uomo anziano scosse il capo,con un sospiro.
-Non ho molte notizie da riferirvi…quasi nulla che già non conoscete…-
Erik lo guardò,con disappunto;come disorientato poi cercò nella mente e domandò almeno una conferma:
-Sapeva parlare?-
-Si…ma non mi è chiaro quando e in che occasione abbia subito la perdita della voce…-
-Chi gli ha insegnato a scrivere? E perché?-
-Questo posso dirvelo….Sua madre,che da quanto ho capito era coinvolta coi movimenti rivoluzionari…Spesso hanno comunicato per iscritto,brevemente:Germain crede che parlare sia pericoloso…-
Erik inspirò,poi chiese:
-C’è qualche possibilità che torni normale?-
Lagrange aprì le braccia,un po’ interdetto.
-Dovrei riprovarci,con calma…passo dopo passo…Ma vedo che siete in partenza…-
-Lasciatemi riflettere…-rispose Erik,congedandolo un po’ bruscamente. -Aurora!-
Trovò la giovane donna affacciata al terrazzo della suite,che guardava lontano,verso la piccola abbazia sull’oceano.
La informò brevemente del colloquio con Lagrange,poi le propose:
-Potresti restare qui…mentre io rientro…-
Lei lo guardò,con leggero rammarico,una sensazione indecifrabile nell’animo:
-Non vorrei separarmi da te,Erik…però,se lo ritieni necessario…-
Lui le accarezzò il viso e i capelli,spettinati dal vento.
-Ma zia Blanche si trattiene un’altra settimana…potremmo affidare a lei,Germain?-
Sindial sorrise.
-Telegraferò ad Harun…!- la rassicurò.-Intanto tu prepara il nostro piccolo amico all’idea…-
-Non sarà difficile…gli piace così tanto il mare…-
Non appena il domestico indiano li raggiunse e Sindial gli ebbe comunicato le disposizioni per i prossimi giorni,congedandosi affettuosamente da Blanche e dal piccolo Germain,la coppia ripartì per Parigi.
-Stasera c’è l’ultima recita del Peer Gynt…abbiamo giusto il tempo di cambiarci e andare a teatro…- disse,pensieroso Erik.
Poi guardò Aurora:sembrava leggermente disturbata dall’acciottolio della carrozza.
Sindial le si affiancò:
-Amor mio,sei stanca…Forse dovresti riguardarti..- le disse accarezzandole piano la testa con le grandi mani e sfiorandole la fronte e le guance con delicati baci.
-Puoi aspettarmi a casa…io non tarderò…- le suggerì ancora ,cercando,tenendola tra le braccia,di attutire gli scossoni della vettura.
Stretta nel suo abbraccio rassicurante,la giovane donna si assopì.
E riaprendo gli occhi riconobbe il viale di tigli che li introduceva nella loro villa.
-Siamo arrivati…- osservò,entusiasta.
-Si…come ti senti?-
-Meglio…- lo rassicurò. -Magari stasera potrei raggiungerti…-
-Va bene…manderò qualcuno a prenderti,alle otto…Ma promettimi che verrai solo se te la sentirai…-
Lei gli cinse il collo,e lo baciò,rassicurandolo.


-Ben tornato,monsieur Sindial…-
Alzandosi dal tavolino del foyer,sul quale erano appoggiati i suoi proverbiali appunti e un bicchierino semi vuoto di Porto,Ilia andò incontro al principale con un sorriso venato di malinconia che a Erik non sfuggì.
-Ben trovato,Ilia…Seguitemi nello studio,vorrei cambiarmi…Mi aggiornerete lì…-
Il giovanotto raccolse in fretta le sue carte e svuotò d’un fiato il bicchiere,sotto gli occhi velatamente divertiti del suo capo,che lo precedette poi sulle scale.
-Va tutto bene,Ilia?- gli domandò dalla sua stanza,mentre infilava una camicia pulita e si appuntava la cravatta.
-A teatro?...certo…-
Erik rientrò nello studio in gilet,incalzandolo:
-Via…cosa vi rende mogio? Affari di cuore?-
Ilia scosse la testa:
-Non esattamente…alti e bassi della vita…Sapete,Philippe Segnier…-
-Oh…cercavo appunto di lui! Stasera dovrebbe andare a prendere Aurora…-
A un tratto Erik sentì istintivamente che c’era qualcosa di improprio nel suo tono naturalmente autoritario.
Guardò negli occhi Semonov,che abbassò i suoi,celando una leggera commozione.
-Gli è successo qualcosa?-
-…Non ancora…Ma è rientrato a Brest e…- Ilia scosse la testa,senza più nascondere il suo dolore per l’amico.
Erik sospirò,strinse con forza il braccio del suo giovane segretario,che finalmente ingoiò la sua angoscia e reagì.
-Se non avrete bisogno di me,andrò io a prendere madame…-
-No..non è necessario:provvederò altrimenti…Credo che il vostro posto,ora come ora,sia questo…-
Concluse Sindial,guardandolo eloquentemente.
Ilia capì bene a cosa alludesse quell’affermazione e gli sorrise,grato.
-E voi,monsieur…Tutto bene il viaggio? Il piccolo Germain…?-
-Tutto bene…- lo frenò Erik,poi si schiarì la voce e soggiunse- Aurora ed io abbiamo deciso di affidarlo al professor Lagrange…-
Ilia era piacevolmente stupito:
-Davvero?...credevo che…-
Erik lo interruppe col gesto.
-A suo tempo ho temuto che potesse nuocere ad Aurora…ma ho avuto modo di ricredermi…-
-E cosa dice? C’è speranza che..?-
-Non è così semplice…però proverà!-
Ilia non riuscì a trattenersi:
-Sindial,siete un uomo così generoso…!-
Gli occhi di Erik brillarono,ma il suo volto rimase impassibile,e la sua voce rimproverò come sempre Ilia:
-Vi dissi già,Ilia Semonov…Non fate mai il ruffiano,con me!-
Ma il giovanotto sorrise,nient’affatto pentito.


Le otto erano passate da più di dieci minuti e Aurora cominciava a domandarsi il motivo di quel ritardo.
Una strana agitazione l’aveva pervasa già dalla partenza;un’ansia inspiegabile,che lei finì per attribuire al suo stato e cercò di tenere sotto controllo ragionando.
Intanto però i minuti –interminabili- trascorrevano uno dopo l’altro senza che accadesse nulla.
Finalmente il familiare rumore di una vettura lungo il viale la tranquillizzò.
-Beatrice…andate incontro a monsieur Segnier…arrivo subito!- disse allora la padrona di casa,dandosi un ultimo sguardo allo specchio.
-Madame?...- chiamò invece la giovane cameriera,perplessa.
-Si,che succede?-
-Non era monsieur Segnier…è un fattorino,con un biglietto…-
Aurora sopraggiunse in fretta,aprì ansiosa la missiva e,iniziando a leggerla,ordinò:
-Beatrice…ditegli di attendere…-

‘Mia cara,
come ti spiegherò di persona,purtroppo mi è impossibile mandare qualcuno a prenderti.Forse meglio così:tu avrai modo di riposare ancora ed io ti raggiungerò subito dopo la fine del primo atto…’
Aurora pensò:che bisogno c’era di un accompagnatore?Sarebbe potuta andare anche da sola…Anzi:gli avrebbe fatto una sorpresa…
-Beatrice,chiedete al vetturino se può portarmi a teatro…-
-Solo se mi permettete di venire con voi,madame….- disse, piuttosto sollecita la giovane.
La pianista,intenerita da quella attenzione,acconsentì;le due donne presero posto sulla vettura pubblica e presto si intravidero i viali illuminati della città.
Raggiunsero il teatro proprio poco prima della fine del secondo atto;Aurora congedò la domestica e smontò dalla carrozza:
-Rientrate pure a casa,Beatrice…-
Quindi salì i gradini dell’Opera a passetti agili e svelti;aveva indossato un leggero abito rosa con tocchi di tulle bianco e un delicato soprabito di seta madreperlaceo.Quando comparve davanti a Erik che usciva in fretta dalla porta principale,l’uomo ne fu piacevolmente ammirato:
-Aurora!-
Lei gli sorrise,raggiante.
Lui fece in tempo a cingerle la vita e,incurante di tutto,a baciarla.
-Aspetta…licenzio il cocchiere e ti raggiungo… -disse poi,lasciandola in cima alle scale e scendendo veloce verso la sua carrozza.
In quella un’altra vettura scura,con le finestre sbarrate,accostò al teatro:Aurora riconobbe le insegne della ‘gendarmerie’ e aggrottò di nuovo ansiosa le sopracciglia.
Erik invece non vi aveva fatto caso:aveva lo sguardo fisso su di lei che gli appariva splendida,in cima alla scalinata.
Stava per risalire,infatti,quando una voce lo richiamò:
-Un momento,monsieur…-
-Si…?-
Aurora lentamente scese verso di lui e i nuovi venuti:
-Cerchiamo il signor S.Indial,direttore dell’Opera…-
-Sono io!- rispose con un leggero tono di sfida nella voce.
Intanto Aurora lo aveva raggiunto e si teneva un po’ arretrata di fianco a lui.
-Mi spiace,monsieur…ma abbiamo l’ordine di condurvi alla ‘suretè’…-
-Erik!- gridò la donna,stringendosi al suo braccio.Lui si volse piano a tranquillizzarla,ma era perplesso,stupito.
-Sta’ tranquilla…-le sussurrò.
-Vengo con te!- supplicò lei.
-Mi spiace madame…ma monsieur Sindial è in arresto…Se volete seguirci…- così dicendo il gendarme aprì la lugubre carrozza e invitò Erik a prendervi posto.L’uomo vi salì lentamente,come impietrito.
La pesante porta si chiuse.Aurora rimase spaventata a guardare,poi con uno slancio vano si gettò verso le grate e cercò la mano di lui dall’altra parte:
-Erik!-
Ma la carrozza si mosse e lei lo vide allontanarsi,muto,cupo,impassibile…

Il delegato di polizia Jacques Montague era un uomo serio,quasi accigliato.
Sui quarant’anni,alto e piuttosto massiccio,aveva capelli biondi,lineamenti forti e occhi azzurri acciaio.Un acciaio affilato come la lama di una spada che molti di quanti avevano avuto problemi con la legge in quegli ultimi anni avevano provato sulla propria pelle:il suo nome faceva rabbrividire i colpevoli…
Eppure molti innocenti avevano trovato in quell’acciaio un’inattesa arma di giustizia.
L’uomo era seduto alla sua scrivania e leggeva con attenzione una denuncia.
Un agente bussò con sicurezza alla porta,distogliendolo da quella lettura:
-Si,Lagarde?-
-Lo abbiamo arrestato…è qui…-
-Si,bene…procedete come di consueto…-
-Signorsì!- rispose prontamente il sottoposto,battendo i tacchi.
Montague riprese a leggere,aggrottando le sopracciglia:aveva dovuto assumersi la responsabilità di fare arrestare un personaggio pubblico,ma –di fronte alle dichiarazioni di chi lo accusava- non avrebbe potuto fare altrimenti.
La procedura consueta cui aveva alluso parlando col suo sottufficiale era sempre la medesima:trattenere in cella il fermato,per ventiquattro ore,senza dargli nessuna spiegazione relativa al motivo dell’arresto.
Trattarlo con distaccato rispetto,ma lasciare che si interrogasse per tutta una notte sulle proprie colpe:una lunga notte in cui esaminare la propria coscienza per affrontare quindi il primo interrogatorio già ‘ammorbidito’ dalla veglia…
Montague avvertì confusamente che questa volta non sarebbe stata come le altre.
Si alzò,lentamente.Si addentrò nei corridoi e da uno spioncino che gli consentiva di osservare non visto i fermati,scrutò il nuovo venuto:era fermo,in piedi davanti alla finestrella,illuminato dalla luce ialina di un raggio di luna franto dalle grate. Il suo volto era per metà celato da una maschera argentea,che baluginava in quell’ombra:ombra nell’ombra…
Montague irrigidì la mascella,inspirò profondamente:ci sarebbe voluta molta forza di volontà nell’affrontare con distacco il confronto con quell’uomo…
Chiuse l’occhio magico con uno scatto metallico.
Erik volse bruscamente il viso:qualcuno lo spiava…
Si guardò intorno,con un bagliore rabbioso nello sguardo:in gabbia! Era di nuovo in gabbia!
Un fuoco divampò nel suo animo:l’istinto di abbattere le sbarre,di eliminare ogni ostacolo,di riprendersi la libertà…
Ma era solo…Nessuno di guardia:solo cancelli di ferro e sbarre alla finestra!Le afferrò quelle grate e con forza si accanì contro di esse…fino a segnarsi le mani a sangue.
Alla fine respingendo un’ultima volta quella invalicabile barriera,emise una sorta di ringhio di belva ferita,poi si appoggiò contro il muro,la fronte sul pugno chiuso.
Non era una belva,non lo era…
Doveva riprendere il controllo su di sé e cercare di capire chi o cosa si celasse dietro quell’arresto.
Ma altri pensieri insorsero nel suo cuore,uno su tutti:Aurora…
La sua bambina adorata,la sua Psiche…Non avrebbe mai voluto che potesse essere coinvolta nella rete perversa della sua esistenza sempre al limite del lecito…Non poteva,non voleva intaccare la sua innocenza:credeva di esserci riuscito,invece…
Sospirò:ebbe di nuovo l’immagine di lei,la sua manina delicata che si stringeva inutilmente alle sbarre della vettura che lo portava via… Si sentì sconfitto,impotente.
Lentamente si lasciò cadere sul tavolaccio,come un fantoccio senza fili,la testa tra le mani.


-Come state madame?...vi sentite meglio?-
Aurora aveva avuto un capogiro;il mondo le era ruotato intorno vorticosamente e sarebbe caduta a terra priva di sensi,se un vetturino in attesa di clienti davanti al teatro non avesse fatto caso alla scena e fosse intervenuto a tempo,per sostenerla.
-Oh mio Dio…-
-Calmatevi,su…-l’uomo le fece sentire l’aroma di cognac,da una borraccia,invitandola a berne un po’-Perdonatemi se non ho nulla di meglio…-
-Vi prego…aiutatemi a rientrare in teatro…-
Il vecchio cocchiere guardò la carrozza e il ronzino che attendeva indolente.
-Vi pagherò…non voglio nuocervi economicamente…- lo rassicurò ancora,mostrando comunque una innegabile agitazione.
L’uomo si grattò la testa:come dire di no?
Le porse il braccio e camminando un po’ sgangherato si arrampicò lungo la scalinata.
Stupito guardò quella hall che non aveva mai osato neppure sognare di attraversare,togliendosi il berretto come fosse entrato in chiesa;salì la grande scalinata e attraversò il corridoio su cui si aprivano le porte dei palchi delle migliori famiglie di Parigi.La giovane signora lo trascinava quasi,mentre lui osservava incantato tanta meravigliosa bellezza:era entrato in quel teatro solo una volta,dopo l’incendio e l’ultima resistenza dei rivoluzionari:aveva aiutato a portare via i cadaveri…Non avrebbe mai creduto che quella sorta di cimitero si sarebbe potuta trasformare in un paradiso dorato…
-Ecco,è qui…Attendete solo un momento…-
Aurora bussò alla porta del palco,dove sapeva di trovare Ilia.
Questi si volse,leggermente infastidito da una inattesa intrusione:
- Aurora…- esclamò,intuendo dal suo viso sconvolto che qualcosa doveva essere successo.
Si alzò di scatto,uscì nel corridoio:
-Ma cosa succede?-
-Sindial…-ma ella non concluse,consapevole che quella notizia andava tenuta segreta,quanto più a lungo possibile.
Ilia le offrì il suo braccio,poi mantenendo una calma ammirevole,con la affabilità che lo contraddistingueva si volse al gentile intruso:
-Buon uomo,vi sono grato della vostra sollecitudine…-poi,traendo dalla tasca interna una banconota gliela porse con garbo- Ecco,questo è per il disturbo…e fermatevi pure a bere qualcosa,se lo desiderate..-
-Grazie monsieur…ma so bene che non è il mio posto questo…- rispose umile il cocchiere;poi,dando un ultimo sguardo partecipe alla bella signora che ancora sembrava in preda all’ansia,si allontanò,rinculando,verso l’uscita.
-Allora? Ditemi?- domandò di nuovo,ora che erano soli.
-Lo hanno…arrestato…- riuscì finalmente a riferire la pianista,ancora incredula di quello che aveva appena vissuto.
-Arrestato? Ma..perchè?-
-Non lo so,non lo so….-questa volta Aurora scosse la testa e irrefrenabile proruppe in un pianto di sconforto.
Ilia la accolse sul suo petto e attutì i singhiozzi nel proprio abbraccio.
-Calmatevi,Aurora…Lo tireremo fuori…Ora venite via,prima che finisca il secondo atto…-
Così dicendo la sospinse piano verso la zona abitabile ed insieme si ritirarono nello studio di Erik.


Il sipario si chiuse tra una pioggia scrosciante di applausi entusiastici:anche quell’ultima replica era stata un trionfo e più e più volte gli artisti erano stati chiamati a ricevere l’omaggio del pubblico.
A gran voce,però cominciò a invocarsi anche il nome dell’artefice di quella spettacolare messinscena:
-Sin Dial Sin Dial!!!-
Alphonsine stava per uscire l’ennesima volta;avrebbe assecondato la folla rivolgendo il suo applauso di ringraziamento verso il palco di Sindial,come era già successo la sera della prima;ma fu improvvisamente trattenuta per il braccio da Ilia.
-Che succede?-
-Alphonsine…devi riuscire a concentrare le attenzioni su di te…ringrazia il pubblico da parte di Sindial,ma fa’ in modo da essere estremamente convincente…-
La ballerina aggrottò un attimo le sopracciglia,ma-con eccezionale prontezza- ad apertura di sipario aveva di nuovo il suo bel sorriso accattivante:col gesto della mano chiese al pubblico di sospendere gli applausi,quindi prese la parola:
-Signore,signori….è stato un onore per me e per tutti noi aver portato avanti con successo questa straordinaria,rivoluzionaria messa in scena…essere riusciti a coinvolgere voi,un pubblico generoso,ma dal palato assai fine…- nel dirlo la bella artista gestì con le mani verso i presenti,come ad invitarli tutti a sé- Noi tutti,la compagnia,il corpo di ballo,il direttore d’orchestra,i musicisti e non ultimo il nostro impresario monsieur Sindial vi siamo grati del successo…-
Dalla folla si levò ancora un gruppetto a reclamare: Sin Dial! Sin Dial!-
-Vi prego…sapete come egli sia restio,ma vi assicuro che gli applausi che avete tributato a ciascuno di noi sono stati per lui il più grande riconoscimento…e allora,se volete rendergli omaggio,fategli sentire il vostro calore ancora una volta,salutando con me tutta la compagnia…che è in partenza…-
Così dicendo,si volse a Herr Frederick affiancato dalla soprano e dal coro e indirizzò loro l’ultimo calorosissimo applauso del pubblico.
Il tenore,galantemente,non fu da meno ma,ricevuto quell’omaggio chiamò il pubblico a restituirlo alla bella ‘padrona di casa’:un’ovazione,una pioggia di fiori,un tripudio gli rispose e ogni attenzione si concentrò sulla ballerina che mai come quella sera fu generosa verso il suo adorato pubblico…
Raccogliendo i fiori sul suo cuore,finalmente Alphonsine riuscì a sottrarsi all’adorazione dei fans più accaniti e si precipitò nel camerino.
Si cambiò più in fretta che potè,schivò abilmente tra un sorriso e una stretta di mano i colleghi che si preparavano per la cena e corse a cercare Ilia.
Finalmente,salita nella zona abitabile,intravide una luce nello studio di Sindial,insolitamente aperto.
-Ilia?...-
Il giovanotto le andò incontro,la abbracciò con intenso,sincero affetto:
-Sei stata grande…-
-Ma…vuoi spiegarmi?..-
-Entra…-
Così dicendo si richiuse la porta alle spalle.Solo allora Alphonsine si accorse della presenza di Aurora,muta e prostrata dal dolore,alla scrivania di Erik:e lui?


-Che cosa sta succedendo,Ilia?-domandò Alphonsine
-Qualcosa di assurdo:hanno arrestato monsieur Sindial…-
-Arrestato?...e con quale accusa?- Alphonsine si rivolse ad Aurora,ma questa rimaneva a capo chino,addolorata e incredula,come annichilita.
Rispose lui,invece:
-Non lo sappiamo ancora…ma intanto vorremmo tenere la notizia segreta quanto più a lungo possibile…-
La ballerina gli fece segno di abbassare la voce;qualcuno si avvicinava alla porta.
-Permesso?...monsieur Sindial?-
Era il tenore!
Ilia e Alphonsine si scambiarono uno sguardo di intesa,poi l’uomo sollecitò Aurora ad alzarsi e la sospinse all’interno dell’appartamento.
-Herr Frederick…- esclamava intanto Alphonsine aprendogli la porta con un sorriso.
-Cercavo il Direttore…volevo congedarmi,ringraziarlo…-
-Sono desolata…qui ci siamo solo io e monsieur Semonov…Voi sapete,Sindial è fresco sposo…-
-Era qui stasera…-
-Certo,ma poi…appena ha potuto è andato via,a raggiungere la sua sposina:in Germania non c’è l’abitudine di celebrare la luna di miele?- chiese la donna,ammiccante.
-C’è,naturalmente…-rispose l’uomo,un po’ deluso- Dunque è già ripartito?-
-Esatto,herr Frederick…mi ha chiesto di fare gli onori di casa per lui,comein altre occasioni...-ribadì Ilia.
-Allora porgerò a voi e alla mia adorata partner Alphonsine l’invito che la compagnia voleva fargli…-
Ilia era teso,ma cercò di non darlo a vedere:
-Di cosa si tratta?-
-Venite giù…abbiamo allestito una tavolata..per brindare l’ultima volta insieme!-
Ancora un rapido scambio di occhiate tra i due.Poi il giovanotto propose:
-Precedetemi,Alphonsine…chiudo il mio lavoro e vi raggiungo…Purchè si tratti solo di un brindisi,Herr Frederick!-
L’altro lo rassicurò,con un caldo sorriso;quindi diede il braccio alla ballerina e uscì con lei.


Aurora si era ritrovata sola proprio in quella stanza in cui il suo amore per Sindial era diventato passione,dolore,piacere…Su una sedia era appoggiata la camicia che l’uomo si era tolto cambiandosi per la serata teatrale.L’odore inconfondibile di lui sembrava palpabile:la giovane donna prese l’indumento e se lo strinse tra le braccia,quindi si raggomitolò sul letto,in lacrime.
-Aurora…- la richiamò dolcemente Ilia – Non potete abbattervi così…-
-Ilia,ditemi cos’altro posso fare?..-
-Reagire…Ascoltate,ora debbo scendere giù…la compagnia mi ha invitato…-
-E quando andrete da lui?Lui ha bisogno di voi!-
-Calmatevi….ora come ora dove credete che io possa andare?...domattina …-
-..domattina?-
-Si..intanto voi aspettatemi:vi riaccompagnerò a casa…-
-Io non torno a casa!...io resto qui e domani vengo con voi!- disse con forza la giovane donna.
Ilia voleva replicare,considerando anche la delicatezza del suo stato.
Poi però pensò che vederla reagire era senz’altro meglio e tacque.
-Ne riparliamo non appena mi sarò liberato…- la guardò ancora,un’ultima volta,preoccupato;poi uscì dalla stanza,accostando piano la porta alle spalle..
Aurora si strinse ancora a quella camicia che sapeva di Erik,pianse,poi –vinta dalla stanchezza e dal dolore –cadde in uno strano sonno.
Sentiva il suo odore,avvertiva il calore del suo corpo;le mani di lui l’accarezzavano,le sue labbra la baciavano,ardenti.Ma lei non lo vedeva…
-Dimmi il tuo nome,Sindial….-
-Chiamami buio,chiamami notte…-
Ecco:era la loro prima notte d’amore…La notte del dolore e del piacere…
-Tu sei un bocciolo di rosa che si apre tra le dita…-
-ERIK!-
Un bocciolo di rosa…Erik aveva scalfito il muro con una scheggia di legno divelta dal tavolaccio e aveva disegnato un bocciolo di rosa.Ora lo accarezzava,fissandolo.
Un chiarore incerto cominciò diffondersi nella cella:albeggiava.
L’uomo si alzò,ravviò i capelli con le mani,trattenne la mano sulla maschera.
Intuì che presto avrebbe dovuto sostenere un confonto…

Con un rumore metallico una delle porte di sicurezza si aprì e la guardia che lo aveva arrestato la sera prima si avvicinò alle sbarre,armeggiando con le chiavi:
-Monsieur Sindial! Il delegato vi aspetta…- così dicendo attese che il prigioniero uscisse,gli ammanettò i polsi alle spalle e lasciò che lo precedesse.
Camminarono in silenzio attraverso il corridoio su cui si affacciavano altrettante porte chiuse,finchè non raggiunsero un uscio di legno.
Il gendarme bussò e rimase in attesa.
-Avanti,Lagarde!-
L’uomo aprì la porta davanti a Sindial e gli fece segno di entrare.
In piedi dietro uno scrittoio c’era un uomo alto,biondo,dai lineamenti forti e lo sguardo vivido.
Erik avanzò verso di lui e i due si misurarono con lo sguardo.
-Liberatelo Lagarde…e voi,sedete!- disse Montague sedendo anch’egli.
La guardia eseguì l’ordine,poi rimase in attesa.
-Voi potete andare,Lagarde…attendete fuori…-
Rimasti finalmente soli,il delegato cominciò a scrivere su un foglio,in silenzio:
-Il vostro nome?-
-Sindial…-
-Che corrisponderebbe a…Serghiei Indial,come leggo nel vostro passaporto?- aveva davanti il documento che Erik portava con sé la sera prima e mostrava di ricopiarne i dati su una pratica.
-Si…-
Montague sollevò la testa e lo guardò negli occhi:
-Eppure,a quel che so,il vostro è un nome de plume…-
-Succede spesso nel mondo in cui lavoro…-
-Già…ma io vorrei sapere qual è il vero nome? Forse Henry De La Revenge?- Montague sembrava incalzare l’interrogato.
-Esiste un documento che mi attribuisce questa identità,di fatto…- rispose senza batter ciglio Erik.
-Se si tratta della vostra identità,perché tenerla nascosta?-
-Non l’ho mai nascosta:tutta Parigi ne è al corrente…-
Montague prese fiato,si schiarì la voce:l’impassibilità dell’interrogato andava aggirata,non affrontata troppo di petto.
-Vedete…quando vi ho chiesto il vostro nome avete risposto istintivamente ‘Sindial’…-
-Infatti…C’è forse una colpa,in questo?-
-No…c’è però qualcosa di strano…Come se aveste rimosso il vostro vero nome…-
-Niente di strano…L’uomo che sono stato,signor delegato,è morto…La sua vita non mi appartiene più…-
Erik era sincero;Montague non poteva sapere che si riferiva a un altro uomo,ma avvertiva l’assoluta sincerità di quella affermazione…
Infatti assentì,poi però ribattè:
-La sua vita no,ma a quanto pare la sua eredità…-
-La sua eredità…Immagino sappiate che le sostanze della famiglia De La Revenge erano ridotte a tanti debiti e una villa abbandonata…-
Montague sfogliò le sue carte:era proprio così,e lo sapeva bene.
Fu Erik a incalzarlo,a questo punto:
-Se le cose stanno come stanno,è lecito sapere di cosa sono accusato?-
-Calmatevi,monsieur Sindial…L’accusa c’è,ed è piuttosto grave:a quanto pare oltre che il nome,avete dimenticato anche l’esistenza di qualcuno che –se voi non foste ricomparso così improvvisamente- sarebbe il legittimo erede della vostra casata…-
Erik aggrottò le sopracciglia.
-Chi dice questo?-
-Mi spiace,monsieur…ma per ora il nostro colloquio finisce qui!-
Era Montague a condurre il gioco,ora;come il gatto col topo…


Aurora si svegliò che era l’alba.
Si alzò dal letto;si sentiva diversa dalla sera prima.Aveva in sé una strana energia,la voglia di combattere,di affrontare qualsiasi pericolo per restituire giustizia al suo uomo.
Si lavò,ravviò i capelli,si guardò allo specchio.L’aroma inebriante di Erik impreziosiva l’aria e sembrava trasmetterle coraggio.
Scese nel teatro,deserto.
Sul palcoscenico tracce della festa della sera prima.
Di Ilia,invece nessun segno.
Questo la irritò. Sarebbe andata da sola,allora…
Scese la scalinata esterna del teatro,cercando una vettura.
Ne trovò una libera e stava per montarvi,quando qualcuno la trattenne:
-Aurora!...Aspettate!-
-Oh Ilia…-
.-Venite…rientriamo in teatro…-
-Voglio andare da lui,Ilia!- disse resistendogli la giovane donna.
-Andremo insieme!- insistè,altrettanto energico lui- Adesso rientrate con me a teatro…-
Il giovanotto l’aiutò a scendere e allungò una mancia al vetturino,piuttosto deluso.
La pianista ubbidì,ma varcata la soglia si ostinò a non fare un passo di più.
-Che cosa aspettiamo…?-
-Non volete sapere che cosa sta succedendo?-
-Perché?...voi lo sapete?-
-Si…e vi prego…entriamo,sediamoci e calmatevi-
Andarono a sedersi a uno dei tavolini del foyer.
-Vi ascolto …Intanto perché ieri non siete tornato a cercarmi?-
Ilia scosse la testa.
-Madame…riposavate,finalmente…Voi dovete avere riguardo per voi stessa..-la rimproverò con severa dolcezza lui.
Aurora sospirò,ma non replicò.
-Ditemi cosa avete scoperto…-chiese.
-Tramite alcune … ‘amicizie’ di Alphonsine, sappiamo che qualcuno lo ha denunciato:il delegato di giustizia lo trattiene alla Suretè,per interrogarlo…e decidere o meno il rinvio a giudizio…-
-Ma di cosa è accusato?-
-Questo non è chiaro…-mentì Ilia,non essendo al corrente di quanto Aurora fosse a conoscenza dei segreti di Sindial.
-Ilia:debbo vederlo…Voglio vederlo!-
-Vi prego…cercherò prima di incontrarlo io…poi…poi …-
Aurora scuoteva la testa,scontenta di quelle decisioni.
-Allora se non posso vedere lui…andrò a parlare con questo delegato…-
Semonov tirò un lungo sospiro.
-Sentite Aurora…se fosse Sindial a chiedervi di rientrare a casa e aspettarlo,lo fareste?dareste ascolto alle sue parole?-
-Ma non me lo ha chiesto! Non ha avuto nemmeno il tempo di …di..- l’emozione le strinse la gola;gli occhi le luccicavano.
Ilia si morse le labbra.
-Cercherò di avere un colloquio…e vi riferirò…Per adesso,restate tranquilla,vi prego…-
La giovane donna promise,ma senza convinzione.


Il delegato Montague uscì dal severo palazzo di giustizia e montò su un landò scuro;il vetturino lanciò il cavallo al galoppo come se fosse già informato da tempo della destinazione.
L’uomo a bordo sembrava indifferente al paesaggio che lo circondava;consultava delle carte in una cartella di cuoio scuro e meditava…
‘Madame Berenice Jardin dichiara in fede quanto segue…’
Ripensò all’incontro con quella donna;era avvenuto di sera,in quel momento della giornata in cui la luce sembra cedere poco a poco alle tenebre…tutto perde i suoi contorni.
-Signor delegato…una signora chiede di parlarvi…-
Era stanco;quella giornata sembrava non avere mai fine.
-Di che si tratta Lagarde?-
-Una denuncia..-
Aveva sospirato,guardando lontano,oltre i vetri della finestra alle sue spalle:
-Fate passare…-
All’inizio non aveva quasi distinto la sagoma grigia e rinsecchita dell’anziana donna,sul fondo grigio della parete spoglia;la nuova venuta si era poi avvicinata,entrando nell’alone di luce della lampada sullo scrittoio.Aveva l’aria dimessa;era curva,umile. Le mani le tremavano leggermente,ma la voce era ferma;cupa e ferma.
-Buona sera,delegato…io ho necessità di parlare con voi,denunciare un fatto…-
-Sedete…e ditemi innanzitutto chi siete…-
-Mi chiamo Berenice Jardin,per oltre trentacinque anni sono stata segretaria del notaio Roquebrune,nel XVmo arrondissement…Probabilmente ne avrete sentito parlare…-
No,non conosceva quel nome…Era a Parigi da soli tre anni…Non disse nulla,ma le fece cenno di continuare.
-Il mio principale non aveva una vasta clientela;per anni è stato amministratore di una sola famiglia,i De La Revenge…Egli era un uomo fragile,monsieur…-
-Fragile?-
-Debole…facile a subire …-
-Non capisco:forse ha subito minacce,ritorsioni?-
-No..ha subito il richiamo dei vizi…lui era scontento e cercava nell’alcool,nel gioco e…in altre cose quello che il lavoro non gli dava…-
-Capisco…- in realtà non era ancora chiaro dove volesse andare a parare quella premessa.
-I De La Revenge avevano un unico figlio,Henry…Un passionale,sventato…negli anni della guerra civile aderì alla Commune…- c’era disprezzo nel tono della vecchia.
Un disprezzo che a Montague non era piaciuto,istintivamente.Ma preferì ignorarlo.
-I suoi genitori erano morti…lui veniva spesso a cercare denaro,dal notaio…aveva accumulato molti debiti e-poco alla volta- svuotò l’unica sua proprietà…una villa fuori città…di tutto quello che c’era all’interno…Non per pagare i debiti,no…-
-No?-
-…sosteneva la causa di quei ribelli:aveva perso la testa per una di loro!-
Montague si schiarì la voce;tamburellò sul ripiano dello scrittoio:cominciava a spazientirsi.
-Per qualche mese sparì…sapete c’era stata la settimana di sangue…Pensammo vi fosse rimasto coinvolto…Invece una sera,improvvisamente bussò alla porta dello studio:aveva con sé un bambino…-
-Continuate…-
-Entrò dal notaio e si chiusero dentro,confabulando a lungo…Poi Roquebrune mi chiamò e mi fece stendere un atto,in cui De La Revenge riconosceva quel bambino come suo e lo indicava come erede di tutto ciò che possedeva…Quindi ce lo affidò e sparì,come era venuto…-
-Il notaio ed io ci confrontammo su cosa fare di quella creatura ed io proposi di portarlo da una mia sorella,in campagna…A un tratto,ci rendemmo conto che il bambino,approfittando della nostra distrazione…era scappato,era corso dietro a…-
-Ebbene?- Montague aveva cominciato a sentirsi coinvolto da quella storia. –Lo avete rincorso,cercato? Che ne è stato di lui?-
Quella donna aveva abbassato lo sguardo:
-Abbiamo fatto quanto era nelle nostre possibilità…naturalmente…-
La sua risposta non era stata sincera;lo avvertì confusamente,ma preferì ignorare anche questo.
Dopo una pausa,poi madame Jardin aveva soggiunto.
-Il notaio non si riprese da quella vicenda…volle rimuoverla dalla sua memoria…Mi disse di far sparire quel documento…non voleva trovarselo più davanti…Io,monsieur delegato,l’ho conservato…-così dicendo aveva aperto piano la borsetta di pelle lisa e ne aveva tirato fuori una busta ingiallita,porgendogliela- Eccolo…-
-Madame…è molto grave quello che mi state raccontando:volete denunciare Roquebrune?-
-Oh no! Non lui…lui…-
La donna aveva reagito,come spaventata dall’effetto inatteso delle sue parole;poi aveva ripreso fiato:
-La mia storia non è finita:qualche mese fa venne da noi un uomo…-
Madame Jardin aveva abbassato la sua voce,biascicandogli la storia della contrattazione tra il notaio e quello sconosciuto,come le bigotte biascicano senza capirle le litanie in chiesa.
-Quell’uomo era un demonio,signor delegato…- aveva concluso,astiosa– col suo denaro ha illuso il povero Roquebrune di potersi rifare una vita lontano…Infine il mio notaio ha ceduto…-
-Aveva dimenticato l’esistenza di quel bambino?- intervenne severo Montague.
La vecchia aveva sollevato le spalle.
Poi rizzandosi con una strana rigida energia,aveva esclamato:
-Ma io no…e quando il segretario di quel maledetto venne a chiedermi del bambino…allora intuii che qualcosa era trapelato!-
Di nuovo aveva abbassato la voce e aveva riferito la conclusione della storia.
-Dov’è adesso Roquebrune?-
-…io credo…in Sudamerica…-
-Formulate la vostra denuncia e sottoscrivetela…- le aveva detto alzandosi. –Lagarde! Diramate questo mandato di cattura internazionale,poi passate da me:ho un ordine d’arresto!-
Il landò della Suretè costeggiava intanto il cimitero;Montague guardò tra le tombe e formulò una breve preghiera.
La denuncia della Jardin era sotto le sue mani:accusava il signor S.Indial di aver sottratto l’eredità De La Revenge all’unico vero erede,facendolo definitivamente scomparire…


Ilia Semonov respirò intensamente,quindi entrò negli uffici della gendarmerie.
-Buon giorno…-
-Prego?- chiese dopo qualche momento il graduato di servizio.
-Sono Ilia Semonov,il segretario di monsieur Sindial…-
L’altro lo guardò accigliato,diffidente.
-Vorrei notizie del mio principale..Quando potrò vederlo?-
-Un attimo solo..attendete…- rispose quello,allontanandosi.
Ilia sedette su una panca:sperava che la sicurezza di cui si era armato per affrontare il colloquio con le forze dell’ordine gli avrebbe giovato.Ma non era tranquillo.
Dopo poco infatti sulla soglia della sala dove attendeva comparve Lagarde,il collaboratore di Montague.
-Ilia Semonov?-
-Si?-
-Ho piacere che siate venuto spontaneamente…- Così dicendo gli fece cenno di entrare nel suo ufficio.
Il giovanotto deglutì. Ma,fattosi coraggio,lo precedette nella stanza.



Era mezzogiorno:la pesante campana del Sacre Coeur lentamente scivolò in avanti,iniziando a ondeggiare;il batacchio all’intero battè il primo di 12 rintocchi lenti,solenni.
Sotto il sole di maggio una piccola folla di donne era adunata nella piazza dell’Hotel de la Ville,in attesa che –come ogni giorno- si aprisse il portone della Suretè e fosse possibile accedere ai colloqui coi detenuti.
Erano donne del popolo,già avanti negli anni;o giovani femmine di malaffare che si preoccupavano dei loro protettori…
A pochi sarebbe sfuggita la presenza,in mezzo a loro,di una creatura diversa;nonostante l’abbigliamento apparentemente volgare,l’assenza di trucco,la giovane età e il garbo stesso del gesto denunciavano un’educazione e un rango molto differente da quello delle altre presenti.
Tuttavia la giovane donna si tenne vicina a quelle che sembravano più combattive e,ad apertura dei cancelli,ottenne di riuscire a entrare con un gruppetto di privilegiate.
Una volta dentro,però,apparve spaesata;non era il tipo da imporsi a strattonate…
-Madame…ma,cosa fate qui?- una voce,una mano sul braccio;si volse,temendo di essere stata riconosciuta.
Era un sacerdote;forse il cappellano del carcere.Ai suoi occhi esperti,non era sfuggita la sua distinzione.
-Quello che fanno tutte queste signore,padre…Vorrei poter parlare con mio marito…-
-Vostro marito?...è in prigione?- il sacerdote era meravigliato,ma mentre parlavano aveva sospinto l’ospite in un angolo dell’antiparlatorio più appartato,dove si ergeva un altarino.
-Si…-
-Posso conoscere il suo nome…magari posso esservi d’aiuto…-
Aurora non sapeva se fidarsi o meno;sollevò lo sguardo e le parve che la vergine le sorridesse,incoraggiandola.
-E’…monsieur Sindial…-
L’uomo di chiesa aggrottò appena le sopracciglia.
-Ma non è qui…- le disse,poi la rassicurò. –E’ in attesa di rinvio a giudizio…dall’altra parte:nelle celle di sicurezza…-
Aurora sospirò.
-Debbo parlare con lui,padre!- osò quindi chiedere,con forza.
L’uomo sorrise con bonaria compassione.
-Vi prego…- insistè,supplicando.
-Seguitemi…-cedette quello,con un sospiro.


Ilia Semonov usciva piuttosto mogio dall’ufficio di Lagarde.
Gli erano state poste alcune domande su Sindial,domande generiche,che non lo aiutavano a capire di cosa fosse stato accusato.
Gli era stato infine raccomandato di tenersi a disposizione e quando lui aveva chiesto di nuovo se era possibile parlare con il suo principale,Lagarde aveva sorriso in maniera strana:
-Mi sembra una domanda superflua,per ora…-
Il giovanotto sbuffò,si tirò i capelli indietro in un gesto di sconforto.
Tornare a teatro senza notizie per Aurora…tornare senza sapere nulla…Gli risultava davvero un ingrato compito.
Rientrò a piedi,costeggiando il fiume a testa bassa;a un tratto si fermò a guardare quelle acque specchiate:perché gli tornava in mente il molo di SanPietroburgo?La valigetta di Maria nell’acqua,la folla assetata di sangue che incolpò ferocemente Sindial….
A un tratto nell’acqua si compose la figura ossuta e familiare di una vecchia signora,appoggiata al parapetto in alto;istintivamente Ilia si volse a cercarla cogli occhi,ma era già sparita.
-Madame Jardin…è stata quella vecchia!...- esclamò,tutto sommato sollevato…
Aumentato il passo,fu presto a teatro.Ma qui lo attendeva un’altra sorpresa.
Aurora non era rimasta ad aspettarlo;era sparita…L’ultima che l’aveva vista era stata la sarta di scena,cui aveva chiesto di poter accedere al guardaroba…
Finalmente gli venne incontro Alphonsine,che lo abbracciò e lo tenne stretto a sé,senza fare commenti.
-Non angustiarti…ne usciremo…- lo consolò
-Aurora è sparita…-
-Lo so…Ho tentato di trattenerla…Credo sia andata dal suo avvocato di fiducia…-
-Vestita da Carmen?- domandò significativamente lui.-Chissà cosa si è messa in testa…-


-Chi è?-
La voce brusca della guardia di picchetto si levò verso padre Marcel.
-Ah padre..- soggiunse poi riconoscendolo e segnandosi l’uomo.
-Augustine…è possibile che questa signora si accerti che suo marito stia bene…?-
La guardia osservò Aurora:non era vestita da signora…
-Vi prego…- domandò la nuova venuta.
Aveva un tono e un gesto che incantavano.
-Non è regolare,padre…-titubò,senza risolversi.
-Non starà molto…Vedi,Augustine…la signora è …(e abbassò la voce,ragguagliandolo)…e finchè non sarà sicura che suo marito sta bene non si rasserenerà…Ne va della salute di due persone,figliolo…-
-E sia…Chi è il marito della signora?-
Aurora rispose,con slancio:
-Monsieu Sindial…-
La guardia armeggiò con le chiavi,aprì un cancello di accesso a un corridoio,si fermò davanti a una seconda inferriata e chiamò:
-Monsieur!...una visita per voi…-
Erik era in piedi,di spalle;si volse e guadagnò piano le sbarre;immaginò si trattasse del suo segretario.
-Alla buon’ora,Semonov…AURORA?-
-Erik!-
Lei gli sorrise,debolmente.Attraverso le sbarre gli cercò le mani intrecciandole alle sue…
-Aurora?...ma come sei vestita?- esclamò lui carico di meraviglia e ammirazione a un tempo.
-Amore…- sussurrò lei,appoggiando il viso tra le grate- Dimmi cosa posso fare per te…Ho contattato il mio avvocato e…-
Ma lui la guardava incredulo,innamorato.
Stringeva tra le sue quelle mani che adorava,sentiva il profumo dei suoi capelli,guardava le sue labbra di miele…
Si irrigidì.Si rese conto che comunque quello non era posto per lei.
-Non dovevi venire qui…torna alla villa…-
-Tu devi contare su di me…- insistè lei.
-Io sarò sereno se saprò che sei a casa…ad aspettarmi…-
Intervenne la voce della guardia.
-Madame!...bisogna rientrare!-
Lei sospirò,cercò di sorridergli,di rassicurarlo:
-Si…ti aspetto amor mio…Vedrai che ogni cosa si chiarirà…Vedrai,Erik…!-
Ma tanto il sacerdote,quanto la guardia la sospinsero fuori,allontanandola.
 
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view post Posted on 6/4/2008, 11:52
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Montague smontò dal landò e si fermò davanti ai cancelli chiusi di quella che era stata la proprietà De La Revenge.
Scrutò in lontananza:l’edificio era stato ristrutturato e il giardino intorno ,pur nel rigoglio della primavera,aveva conosciuto le mani attente di un giardiniere.
Provò a spingere il cancello:era aperto.
L’uomo si introdusse nel viale.
Il silenzio era allietato dai canori gorgheggi degli uccelli e da un lontano scorrere di acque.
Ma la casa era vuota…
In ogni caso egli guadagnò l’ingresso:sui gradini,si soffermò a constatare che la scritta De La Revenge rimaneva incisa nella pietra,se pure consunta dagli anni e dagli agenti atmosferici.
Davanti alla porta,un campanello a mano.
Il delegato lo suonò con discreta determinazione.
Dopo qualche tempo gli aprì una giovane domestica,graziosa ma in evidente imbarazzo.
-Si?-
-Sono il delegato Montague…-
-Oh…in casa non c’è nessuno monsieur…Il padrone e la padrona non sono rientrati da ieri e il maggiordomo è fuori…- rispose la giovane,piuttosto agitata.
-Si…ne sono al corrente…- intanto l’uomo scrutava l’ingresso e si faceva un’idea della casa. –Non importa…tornerò un’altra volta…-
Così dicendo girò sui tacchi e ritornò alla carrozza.
Il vetturino fece per riprendere la via di Parigi,ma Montague gli indicò una casa colonica,nei pressi della villa.
-Andiamo,Renard!-
Venne loro incontro sull’aia un contadino panciuto e dall’aria rubiconda:
-Buongiorno!-
-Salve a voi…-gli rispose il delegato con un ‘espressione familiare – E’ da molto che vivete qui?-
-Da quando sono nato,monsieur…perché?-
-Allora forse potete darmi notizie dei proprietari della villa laggiù…-
-...Accidenti…Quella casa è diventata ambita,ultimamente…-
-Perché dite questo?- chiese il magistrato,distrattamente.
-Tempo fa venne un giovanotto a informarsi su di essa…e dopo poco eccoti arrivare dei nuovi proprietari…-
-I vecchi com’erano?li avete conosciuti?-
-Si,li ricordo vagamente…ma poi partii per la guerra e…quando rientrai già erano belli e sepolti…-
-Anche il figlio?-
Il contadino sollevò le spalle:
-E chi l’ha visto mai? Veniva di notte,prendeva quello che gli serviva e scompariva…Dicono sia morto e sepolto anche lui!-
Montague aggrottò le sopracciglia,contraendo pensoso la mascella:
-E dove?-
-Boh…!- il contadino cominciava a guardarlo con sospetto e con quella istintiva reticenza che veniva a galla tutte le volte davanti ai servitori della legge.
-Dov’è la tomba di famiglia?-
-Al cimitero di *******,credo…-
Montague annuì,con un mezzo sorriso rassegnato.
Aveva intuito i pensieri dell’uomo e vi si adattò;almeno per ora.


La tomba dei De La Revenge era alle spalle del cimitero di *****,nella zona vecchia;poco più di una cappella,dalle inferriate chiuse,coperte di edera selvatica;all’interno un altarino,ai cui lati si distinguevano,benché coperti di incrostazioni e umido,alcuni loculi.
Montague riuscì a leggerne le iscrizioni e riconobbe i nomi di Alexandre e Denise De La Revenge,i genitori di Henry.
Ma non c’era nulla,apparentemente,che potesse aiutarlo a capire altro…
Aveva deciso di recarsi su quella tomba seguendo confusamente un ‘idea;forse sperava di trovarvi una traccia,anche solo un’immagine che gli consentisse di far luce sull’intricato mistero sollevato dall’accusa di madame Jardin.
Si guardò intorno,cercando l’uscita più vicina;infilò un vialetto laterale e si ritrovò,non volendolo sulla spianata delle fosse comuni,alle spalle delle tombe dei comunardi.
Sollevò la testa,riconoscendo quella zona con tristezza;da qualche parte,sotto quella terra nera,lo sapeva…doveva esserci anche…
Scosse il capo:inutile pensarci…
Almeno ora lei riposava,almeno ora aveva trovato pace…
Affrettò il passo,ma sul punto di uscire da quella zona,squallida testimonianza della vergogna civile,i suoi occhi si fermarono a osservare una sepoltura anonima,sulla quale erano state accumulate delle pietre,secondo un disegno preciso.
-Strano…- conosceva quella sorta di rito;lo aveva appreso nelle Indie occidentali,da bambino;proprio di recente,durante la sua permanenza ad Haiti,lo aveva rivisto.
Erano piccoli monumenti eretti da chi è povero a ricordo di chi non c’è più…
Probabilmente chi era sepolto là non era così anonimo;c’era chi voleva ricordarselo,qualcuno che conosceva l’antica usanza…
Montague distolse i suoi pensieri da quella sepoltura:aveva ben altro a cui pensare che risolvere rebus…sterili rebus,che non gli avrebbero restituito quello che aveva perduto per sempre.E lo avrebbero distolto dal caso che aveva davanti,un caso che lo rendeva inquieto e irritabile,perché istintivamente avvertiva qualcosa di improprio in esso.
Si recò nella casa del custode.Incrociò un becchino che stava indossando una logora divisa;questi sussultò impercettibilmente vedendolo entrare.
-Buon giorno…-
-Buon giorno,signore…-
-Sono il delegato Montague….volevo chiedervi delle informazioni…-
-Se si tratta del bambino,monsieur, è da circa un mese che non lo si vede più…-
-…Informazioni su un certo De La Revenge…bambino? Che bambino?-
Il vecchio stringeva agitato tra le mani il berretto:
-Ah no…ecco….De La Revenge?...si,ora guardo nell’archivio…-


La giornata trascorreva lenta,ma inesorabile:l’affievolirsi della luce nella sua cella avvertì Erik che il sole era nella parabola discendente.Finalmente avanzava la sera…
Un passo leggermente strascicato gli annunciò il sopraggiungere della guardia:era un giovanotto magro,glabro,dall’espressione quasi innocente come quella di un bambino.
Armeggiò con le chiavi ed aprì la cella:
-Monsieur…-
Il prigioniero mosse qualche passo verso di lui:come sarebbe stato facile sorprenderlo ed aprirsi la fuga…pensò scrutandolo con un leggero ghigno.
-Il delegato vi aspetta…-
Erik gli porse i polsi,sempre imperturbabile;ma il giovanotto gli fece cenno di no,che non ce n’era bisogno.
-Precedetemi…-
Di nuovo Sindial si trovò faccia a faccia con Montague.
-Buona sera,monsieur Sindial…mi dicono che avete ricevuto visite oggi…-
L’interrogato rimaneva in silenzio.
-Non è così?...-
-A quanto pare ne siete informato meglio di me…-
- E’ venuto a cercarvi il vostro segretario…ne abbiamo approfittato per fargli qualche domanda…-
Niente.Erik rimaneva imperturbabile.
Montague tentò ancora di provocarlo:
-Ma forse voi pensavate alludessi alla vostra bella signora?-
Le mascelle di Sindial si contrassero appena.
Ma continuò a tacere,limitandosi a fissare negli occhi il suo ‘inquisitore’.
Montague sospirò:
-Mi spiace..ma in questo momento voi siete trattenuto in attesa di un eventuale processo:non potreste ricevere visite…-
-No?...-
-Non finchè non vi sia consentito..da me!- ribattè quello,con un sorriso acido.
-E secondo la legge,quando potrò essere informato dell’accusa che mi si muove?-
-L’accusa la conoscete,monsieur Sindial:voi avete preso un posto che non era vostro e ci sono buone probabilità che abbiate fatto deliberatamente scomparire l’erede legittimo…-
-Chi dice questo dovrebbe provarlo…-
-Abbiamo un documento…eccolo!-
Così dicendo porse a Erik l’atto con cui Henry De La revenge aveva riconosciuto Germaine.
Leggendolo,egli trasalì. Ancora una menzogna di Roquebrune,dunque….E naturalmente gli fu chiaro che ad accusarlo era la vecchia Jardin…
-Questo documento non contraddice l’atto che attesta la mia identità…-
-No,è vero…Ma dov’è ora questo bambino,monsieur Sindial?
-Forse dovreste domandarne ragione a chi mi ha accusato,monsieur…e non a me!-


-Siete riuscita a parlare con Sindial?- Ilia era stupito e osservava diffidente lo strano abbigliamento di Aurora.
-Si…attendete un attimo,ora vi racconto- così dicendo la pianista sparì nell’appartamento privato di Erik,per cambiarsi.
Il segretario scuoteva la testa,incredulo e accigliato.
Aurora rientrò nella stanza,indossando l’abito della sera prima.
-Come siete riuscita?-
-Non lo so nemmeno io…ricordavo solo che,durante i primi scontri della guerra civile,avevo notato che a mezzogiorno si formava davanti alle carceri un capannello di donne,per i colloqui;mi sono confusa tra loro…Ma se non fosse stato per il cappellano,non mi sarebbe stato possibile vederlo…E’ in attesa di giudizio…o qualcosa del genere…-
Il Russo annuì,un po’ preoccupato.
-Ilia…dobbiamo farlo uscire di là…lui …-
-Lo so bene,Aurora…Ma bisogna capire di cosa lo accusano,con precisione…-
-Non lo so…non lo sa neanche lui…- rispose la giovane donna,scuotendo mogia la testa;poi soggiunse:
-Forse qualcosa legato alla vicenda De La revenge?-
Ilia restava in silenzio,soppesando le parole da dire o meno.Aurora lo prevenne:
-Non abbiate paura di parlarne con me,Ilia…tra me e mio marito non ci sono più segreti…-
Il giovane ammise che con se stesso che non poteva essere altrimenti,prese fiato e finalmente le confidò i suoi sospetti:
-Credo che a denunciarlo sia stata la segretaria del notaio Roquebrune…ho avuto persino l’impressione di vederla ..-
-Oh!- esclamò con disappunto Aurora- Dobbiamo cercarla,parlarle…-
Ilia riflettè un attimo,poi rispose:
-No…è una serpe…Credo che la maniera migliore per neutralizzarla sia lasciarla cuocere nel suo brodo…Aurora,cosa vi ha detto Sindial?- le domandò poi,guardandola con sollecitudine.
Lei sorrise,sospirando:
-…Di tornare a casa…se è questo che volete sapere…-
Anche il giovanotto sorrise,indulgente:
-Non volete ubbidirgli?-
-Non prima di aver provveduto a lui…-
-E in che modo?- le domandò quello,guardandola ammirato.
-Noi due andremo a parlare col delegato Montague,Ilia:se quella serpe-come l’avete chiamata voi- può accusarlo impunemente,noi andremo a difenderlo!-



Madame Jardin era seduta su una panca dell’atrio della Suretè,in attesa.
Montague l’aveva convocata per parlare di nuovo con lei.
Il delegato la fece aspettare a lungo,senza spiegazioni; poi finalmente una guardia la precedette nell’ufficio di giustizia.
-Buona giorno,madame Jardin…Accomodatevi!-
Questa volta il sole inondava l’ufficio del magistrato,creando intorno alla sua bella testa bionda una sorta di alone luminoso;la Jardin ebbe una sorta di sussulto,ma abbassò umile gli occhi e sedette,cercando riparo a tutta quella luce,sotto la tesa della cuffietta lisa che indossava.
-Bene,madame…volevo aggiornarvi…Purtroppo il vostro notaio Roquebrune è introvabile…-
La donna aggrottò le sopracciglia,celando la delusione dietro una espressione amareggiata e sdegnosa.
-A questo punto,madame..abbiamo la vostra parola,contro quella di monsieur Sindial…e tutti e due vantate un documento redatto dal notaio e controfirmato da voi…-
-Che volete dire?- ribattè quella inalberandosi,senza per questo perdere sicurezza.
-…non lo capite da sola? Siete coinvolta in prima persona,madame …avete formulato un’accusa che può ritorcervisi contro…-
-Io monsieur obbedivo al signor notaio…- insistè quella,sollevando orgogliosa la testa.
-Anche quando vi chiedeva di sottoscrivere il falso?-
-Credetti che Sindial fosse De La Revenge…erano passati cinque anni,portava una maschera…-
-E cosa vi ha fatto pensare,dopo,che non lo fosse?-
-Non chiese nulla del bambino…-
-Magari ne ha domandato ragione al notaio…potete negarlo?-
Madame Jardin aveva i piccoli occhi serrati,iniettati di sangue:
-Vi state arrampicando sugli specchi,monsieur? Debbo credere che il denaro compra anche la giustizia?-lo aggredì. –Chiedetegli del bambino…chiedetegli dove si trova…-
Montague si irrigidì,si alzò,chiamò brevemente la guardia:
-Glielo chiederete voi stessa:ho intenzione di mettervi a confronto,al più presto…Lagarde! Accompagnate la signora all’uscita e che si tenga a disposizione!-


Rimasto solo Montague avvertì un istintivo risentimento ribollirgli nell’animo:quella vecchia continuava a destare in lui un’innata ripulsa…Eppure altrettanto intuitivamente avvertiva che dietro Sindial si celava un mistero;le risposte di quell’uomo erano spesso sibilline e di dubbia interpretazione…
Metterli a confronto era l’unica strategia possibile per capire dove si celasse l’inganno.
Ora desiderava uscire,respirare l’aria profumata della primavera,riappropriarsi della sua Parigi…
Una giovane recluta bussò alla porta:
-Signor delegato? Una signora e un gentiluomo chiedono di parlare con voi…-
Montague avrebbe preferito defilarsi,ma non fece in tempo:davanti a lui comparve Aurora,come sempre accattivante con la sua grazia e la sua bellezza particolare.
-Sono Aurora De La Revenge…- gli si presentò.
Montague rimase un attimo senza parole e le fece cenno di entrare;poi si rivolse ad Ilia:
-E voi?-
-Sono Ilia Semonov,il segretario di monsieur Sindial…-
Il delegato non fece commenti.Ilia entrò,pur rimanendo un po’ defilato.
-Accomodatevi,dunque- gli consentì Montague,andando a sedere alla sua poltrona e volgendo la sua attenzione ad Aurora.
-Madame,se siete venuta a chiedermi di vedere vostro marito,debbo prevenirvi…già vi è stata concessa un’eccezione…-
La pianista arrossì,impercettibilmente,chinando il capo.
-Vi ringrazio,ma…sono qui per chiedervi soprattutto di poter parlare…Anche se …mi sembra piuttosto iniquo il trattamento di chi è in attesa di giudizio,monsieur…-
Montague si sentì stranamente in colpa,davanti a quel viso che lo rimproverava con dolce passione:
-Sono precauzioni che si debbono prendere…- sembrò giustificarsi.
-Non avete permesso neppure che si cambiasse..che..-
L’uomo la fermò col gesto:
-Domani potete mandare una persona di fiducia,che gli fornisca ciò di cui ha necessità…
-Eccola la persona di fiducia…- disse Aurora,indicando Ilia – E’ già qui…Vi prego,consentitegli di andare ora…-
Montague inspirò profondamente,quindi sonò un campanello che aveva sullo scrittoio.
Sulla porta comparve la recluta di prima:
- Delegato?-
-Accompagnate questo signore alla cella 19…e restate con lui…Non voglio che rimanga solo col prigioniero,per nessun motivo,né che si scambino informazioni!-
-Signorsì…- rispose prontamente quello,battendo i tacchi. –Seguitemi!-


Montague guardò Aurora,che gli accennò un sorriso di gratitudine.
-Di cosa volevate parlarmi,madame?-
-Dell’uomo che avete carcerato ingiustamente,monsieur…- ribattè lei,con fiero slancio.
Il delegato si appoggiò allo schienale e la osservò tra il divertito e il compiaciuto.
-E’ un uomo fortunato…- commentò,alludendo alla sua interlocutrice.
Aurora finse di non capire;o non capì davvero:
-No..non lo è mai stato…il destino ha infierito su di lui…ma questo non ne fa un comodo colpevole!-incalzò,aggressiva.
-Chi vi dice che qualcuno possa trattarlo da capro espiatorio?- le domandò serio Montague,appoggiando i pugni alla scrivania e avvicinando il volto alla donna.
-Forse nel passato è già successo…-
-A me interessa il presente!- ribadì il magistrato,con forza.
-Ebbene…nel presente io posso testimoniare che mio marito non commetterebbe mai una ingiustizia…!-
-Eppure c’è qualcuno pronto ad affermare il contrario…qualcuno che l’accusa di aver falsato la propria identità a danno di altri…-
-Mio marito non potrebbe mai fare qualcosa di simile…non in mala fede,certo! Troppo spesso ha conosciuto l’iniquità,per infliggerla ad altri…-
Montague restò un attimo pensoso,poi tentò la carta della sorpresa:
-Sapevate,quando avete sposato il signor De La Revenge,ch’egli aveva già un figlio?-
Aurora non rispose subito,poi finalmente a voce bassa,dichiarò:
-Si…-
-Si?...- Montague rimase.-Lo avete conosciuto,dunque? Vive con voi?-
Aurora continuò ad annuire col capo.
-Si…certo…- il cuore le batteva forte.Sapeva che quella era solo una parte della verità.
-Sono stato ieri a casa vostra:non c’era nessun bambino!-
-Lui…in questo momento è a Mont Saint Michel…-
-Ah si? E perché?-
-E’ in cura…-
Montague percepiva un alone di menzogna in tutto ciò.
-…Tacete signora..non esponetevi a un’accusa di falsa testimonianza…-
Aurora abbassò la testa.
-Vi prego di credere,monsieur,che mio marito non ha mai agito male nei confronti di Germaine…- disse ancora,alzandosi e guadagnando la porta.



-Monsieur Sindial!-
Ilia aveva raggiunto la cella di Erik,preceduto dalla guardia.
I due uomini si guardarono,poi –imbarazzati dalla presenza del militare- rimasero un momento senza parlare.
-Sono lieto di vedervi,Ilia…-
Il giovanotto guardò il suo amico e datore di lavoro;aveva un filo di barba che gli ombreggiava il viso,la mano rigettò indietro un ciuffo scomposto di capelli che gli cadeva sulla fronte.
-Anch’io …Vi ho portato qualcosa…- così dicendo fece per allungargli un involto,ma la guardia volle prima controllare che non vi fossero armi improprie o altro di sospetto.
-Siete qui da solo?- domandò Erik,mentre il militare eseguiva il suo controllo.
-Vostra moglie…è sopra col delegato…-
-L’ha convocata lui?-
-No…-
-Basta così,monsieur…avete sentito gli ordini!- li interruppe il gendarme.
Erik richiamò con lo sguardo il segretario.
-Ilia!...qualsiasi cosa accada,…abbiate cura di lei!-
Gli rispose lo sguardo leale e fraterno del giovanotto,costretto ad allontanarsi per il buio corridoio delle celle.


Aurora riferì il suo colloquio con Montague a Ilia,che rimase ad ascoltarla attento.
-Credo di aver compreso…madame Jardin accusa Sindial di aver estromesso Germaine …-
-E’ anche peggio di così,Ilia…Credo lo abbia accusato di avergli fatto qualcosa di male…-
-Già…- ammise lui.
-E voi? Come lo avete trovato?-
Ilia le prese una mano tra le sue,rassicurandola:
-Sindial ed io abbiamo passato momenti peggiori,Aurora …non siate in ansia per lui…-
-Ascoltate Ilia…c’è una sola cosa da fare:dobbiamo partire stanotte stessa per Mont Saint Michel e portare qui Germaine!-
La carrozza aveva accostato davanti al teatro;sulle scale li attendeva Alphonsine.
Aurora si appoggiò all’amica,per uscire,ma ebbe un leggero capogiro…
La ballerina la sostenne,prontamente,poi fece una guardataccia ad Ilia.
-Venite…adesso cerchiamo di rifocillarci,Aurora…non avete toccato cibo tutto il giorno!- disse allora quest’ultimo,sospingendola con dolce determinazione verso il foyer.
I tre cenarono assieme:Alphonsine,con la sua carica vitale,cercò di distrarre entrambi parlando della relativa calma del teatro;li rassicurò che nessuno aveva fatto commenti o diffuso pettegolezzi sull’assenza di Sindial…
Aurora sbocconcellò qualcosa.Poi sollecitò Ilia:
-Noi…dovremmo affrettarci…-
-No,Aurora…Io,debbo affrettarmi!-
-Che cosa?...- la giovane donna stava per protestare.
-Sinette….puoi accompagnare madame Sindial alla villa e rimanere con lei,per favore?-
Con uno sguardo di aperta approvazione,la giovane interpellata accettò:
-Certo!-
-Ma…aspettate Ilia…-
-No Aurora…Ora farete come dico io! Consideratemi un vostro fratello maggiore…-
La giovane donna sospirò.
-Andrete voi…?- chiese,rassegnata.
-Si…e sapete anche voi che è giusto così:non dovete strapazzarvi oltre!-
-Lasciate almeno che io scriva due righe,per mia zia …-
Semonov sembrò più disteso;le sorrise assecondandola.
-Fernand!- chiamò –Portate carta e penna alla signora…!-
Prontamente un commesso comparve ai suoi comandi.



Era calata la notte.
Ilia Semonov si era lasciato alle spalle Villa De La Revenge,dove Aurora ed Alphonsine erano rientrate insieme ed ora,di gran galoppo,la sua carrozza macinava la strada verso il mare.
Fu fatale prendere in mano il suo taccuino e,alla luce fioca della luna,mentre a poco a poco le stelle sbiancavano verso est,appuntare le nuove emozioni.
Quel viaggio notturno gliene ricordò un altro;pensò al suo arrivo a Parigi,con un Sindial ancora diverso;un uomo che sembrava sentirsi inadeguato alla luce…

‘Forse a distanza di più di un anno avevo completato il puzzle che disegnava il volto del mio enigmatico amico.
Nessuna certezza,è vero.
Però Sindial ,il Figlio del Diavolo..non era più tale.La parte dannata di lui era a poco a poco stata domata dal suo cuore generoso,dalla umanità che covava grande dentro di sé e che finalmente l’amore di Aurora ,il successo e il riconoscimento della sua arte e,forse,la mia amicizia erano riusciti a far prorompere liberamente.
Mancava forse ancora qualcosa?
Sentivo che quel nuovo episodio della sua vita avrebbe avuto una risoluzione forte,sarebbe stato ancora uno strappo,forse quello definitivo,al sudario dello spettro che covava in lui…
Lo spettro del passato,il fantasma che era stato…Il Fantasma dell’Opera…
Lo avevo intuito,né Sindial aveva mai fatto nulla per disingannarmi…
Lo era stato.Si trattava di una vita che però lui ed io non avevamo condiviso,quindi non apparteneva al nostro comune cammino:era alle spalle…
In comune,c’era stato il periodo Sindial…
Davanti a me,ora,il mistero De La Revenge.
Forse quel nome da romanzo d’appendice che improvvisamente si era trovato a rivestire era la cifra del suo nuovo ruolo.Monsieur De La Revenge…Il signore della vendetta,il signore della rivendicazione e della giustizia…
Una giustizia di cui lui sarebbe stato l’artefice o una vendetta di cui sarebbe finito vittima?
Tremai.
Mi avvolsi nel mio soprabito e guardai fuori:in lontananza la pianura si sperdeva in dolce declivio verso il mare:laggiù era Mont Saint Michel e il suo piccolo ospite ignaro...’


Il professor Lagrange si radeva attento davanti allo specchio del piccolo canterano nella sua stanza;era una operazione che gli piaceva svolgere da solo,con estrema lentezza.La mente concentrata sull’azione,si liberava di ogni altro pensiero;alla fine si sentiva pronto per affrontare la giornata…
Qualcuno bussò alla porta proprio quando aveva iniziato il contro pelo;il rasoio cadde con rabbia nell’acqua e lui domandò:
-Ma chi è?-
-Professor Lagrange?...Prego,apra:sono Ilia Semonov!-
-Oh per tutti i fulmini!-
Spazientito l’uomo aprì la porta e accolse sbuffando il nuovo venuto.
-Mi dispiace disturbarla così di buon mattino…-si scusò il nuovo venuto – Ma è necessario che io le parli:debbo portare immediatamente Germaine De La Revenge a Parigi…-
-A Parigi? Ora…ma…Non ha senso,è impossibile!-
Intanto il vecchio professore aveva chiuso la porta alle spalle di Ilia e gli aveva informalmente fatto cenno di sedersi su una poltrona,sedendosi sul letto davanti a lui.
-Andiamo per ordine,monsieur…vi conosco di nome,posso avere ora il piacere di…?-
Ilia gli porse la mano,un po’ imbarazzato:
-Sono…Ilia Semonov…tempo fa abbiamo avuto una breve corrispondenza epistolare…-
Il vecchio signore annuì,lentamente,con la testa.
-Ma ora sono qui in veste di segretario del signor Sindial…-
-Si…ho conosciuto il vostro principale..E’ lui che mi ha affidato l’incarico di tentare di recuperare la voce del piccolo Germaine…-
-Si…e,come procede?-
-Bè…:sto cercando di ricostruire il momento del trauma,ma non è facile…perché era piuttosto piccolo…cinque,sei anni al massimo…E’ un momento delicato della cura…-
Ilia scosse la testa,accigliato.
-Purtroppo…io debbo ricondurlo oggi stesso a Parigi…-
-A qualunque costo? Anche se ciò potrebbe significare la definitiva inefficacia della terapia?-
Ilia sospirò,profondamente.
-Qualcuno accusa Sindial di aver fatto sparire il bambino…egli è in carcere…-
Questa volta a sospirare e scuotere la testa fu Lagrange.
-Speravo tanto che venendo qui,mi avreste detto che…- commentò Ilia.
-Speravo tanto anch’io..di potervelo dire…- concluse il vecchio scienziato.
Il giovane russo si alzò,guardò al di là dei vetri,la lunga striscia di sabbia lambita dalla spuma verdeggiante delle onde:ora era meno sicuro di quello che avrebbe dovuto fare…
Sindial sarebbe comunque riuscito a dimostrare la sua innocenza;ma perché sottrarre a Germaine anche una sola piccola possibilità di recuperare la voce che aveva perso? Povero piccolo figlio del silenzio…
-Vi vedo meno determinato di prima,monsieur…- commentò Lagrange.
-…E se voi veniste con me,con noi?- ribattè quello,con impeto.
Il professore lo guardò,sconfortato.
-Io non …non ho la forza di affrontare questo viaggio…-
-Vi prego professore...-
Il vecchio scienziato scuoteva la testa,perplesso.Ma intanto quella sarebbe stata l’unica soluzione…
-Viaggeremo in carrozza…ci fermeremo a rifocillarci,a riposare…- insistè Ilia.
Ma per Lagrange tornare a Parigi non era solo un’impresa fisica…La città lo aveva messo alla berlina,esiliato,etichettato;così la sua passione era diventata ossessione,al punto da fargli perdere di vista il senso concreto delle cose…
Il vecchio guardò verso il mare,poi abbassò lo sguardo sullo scrittoio,dal quale l’immagine della figlia gli sorrideva appena.Fissò quel volto tanto caro e cercò in quello sguardo la risposta giusta.
-D’accordo…datemi il tempo per raccogliere qualcosa….-
-Certo!...- rispose con un sorriso incredulo ed entusiasta Ilia.



La carrozza era pronta a riprendere il suo viaggio:Ilia si era congedato da madame Blanche,rassicurandola sulle condizioni di Aurora e augurandosi di rivederla presto a Parigi.
Quindi preso per mano Germaine,con un sorriso lo aveva aiutato a montare sulla vettura sulla quale aveva già preso posto il professor Lagrange.
Proprio quando anche il giovane russo metteva il piede sul predellino,una voce lo fermò:
-Un momento,monsieur Semonov!-
Si volse;era una voce in qualche modo familiare.
-Il bambino viene con noi!-

Alphonsine cercò di impegnare la mente di Aurora durante quella lunga mattinata di attesa raccontandole un po’ delle novità a teatro;informandosi sui programmi futuri;infine curiosando sul nascituro.
-Hai già pensato a come chiamarlo?-
La giovane donna aveva tentato di distrarsi;ma un’ansia insopprimibile le contraeva il respiro.Avrebbe voluto uscire,andare incontro alla carrozza su cui Ilia sarebbe rientrato con Germaine;ma dopo qualche minuto di attesa preferiva rientrare,trovarsi una occupazione qualsiasi.
Comprendeva i buoni propositi di Alphonsine,ma era difficile in quel momento essere una buona interlocutrice…
-No…in realtà non ho idea…con Erik non ne abbiamo mai parlato…-
-Erik?...oh,è questo il nome di Maschera d’argento?- scherzò istintivamente la ballerina.
-Ti prego,non chiamarlo così…- Aurora la pregò,quasi con le lacrime agli occhi.
Alphonsine sospirò,indulgente verso l’amica,e l’abbracciò amichevolmente.
-Vedrai che Masc …ehm,Erik…tornerà presto da te…E se ti vede così,con gli occhi consumati dalle lacrime?con questo faccino pallido?...non hai timore che preferisca tornarsene in prigione?-
Aurora la guardò e finì per sorriderle:era impareggiabile Alphonsine…
Una scampanellata improvvisa interruppe inaspettatamente il loro colloquio e quell’attesa.
-Eccoli!- disse Aurora e accorse verso la porta,che Beatrice aveva prontamente aperto.
Comparvero Harun e Lagrange.Ma di Germaine e Ilia nessuna traccia…
-Che cosa è accaduto?-
Il professore,benché provato dal viaggio,raccolse le forze per raccontare nel modo meno preoccupante possibile come si erano svolte le cose a Mont Saint Michel.
-Niente di grave,credo…Se mi fate entrare,madame…Ora vi spiegherò…-
-Si certo,accomodatevi…Beatrice,prepara il the…-


-Eravamo pronti a partire,monsieur Semonov aveva messo già il piede sul predellino,quando qualcuno lo ha apostrofato,fermandolo.Era un certo Lagarde,un graduato della Suretè…-
-Oh mio Dio…- esclamò spaventata Aurora.
-Madame…vi prego,cercate di stare calma…non è accaduto nulla di irreparabile…i gendarmi avevano l’ordine di prendere in consegna il bambino…-
-E monsieur Semonov?-
-Bè…non poteva opporsi…però Germaine ha cominciato a sbiancare,impaurito…Allora sono intervenuto anch’io…-
-E cosa è accaduto?-
-Ho detto loro che non potevano …che il bambino era in cura…-
-E loro vi hanno ascoltato?- lo incalzò Aurora.
Lagrange chinò la testa,non poteva riferirle la battuta maligna di Lagarde:’In cura presso un ciarlatano che gli ammannisca una bella lezioncina?’
-Sembravano al corrente di tutto…- disse solo.
-Ma dov’è adesso Ilia Semonov?- interloquì Alphonsine.
-Ha detto che se volevano portare via il bambino,avrebbero dovuto portare via anche lui…-
-E’ in arresto? È questo che volete dire?-
Il vecchio professore abbassò il capo nuovamente.E non aggiunse altro.
Alphonsine non aggiunse altro,prese il soprabito e imboccò la porta:
-Io vado a Parigi!-
-Vengo anch’io!- disse risoluta Aurora,ma una fitta improvvisa all’addome le spezzò il respiro. –Ah!-
Il dottore,Beatrice,Harun accorsero a sostenerla,mentre la ballerina ne approfittava per guadagnare al più presto l’uscita.


Il vetturino aveva spinto i cavalli allo stremo,consentendo ad Alphonsine di raggiungere la Suretè quanto prima.
La giovane donna smontò,pagandolo in fretta;stranamente non c’era sorriso sulle sue labbra,ma un’espressione contratta che ne tradiva la preoccupazione.
Entrò dall’ingresso ufficiale e si guardò intorno per cercare qualcuno a cui chiedere informazioni.
Numerose guardie si aggiravano tra gli uffici;in un corridoio interno,controllato a vista da un gendarme, addossato alla parete di una stanza spoglia,riconobbe l’inconfondibile sagoma di Ilia Semonov;anche lui la vide e la donna gli si diresse con sicurezza incontro.
-Ilia…che cosa sta succedendo?-
-Non ne ho idea…- disse lui,alzandosi. –Credevo volessero arrestarmi,ma per ora mi hanno solo tenuto qui,a disposizione…-
-Il bambino?-
Il giovane indicò col mento una porta di fronte.
-E’ di là…-
Alphonsine fece per aprire la porta,ma lui la trattenne.
-Sta riposando…-
La donna schiuse appena l’uscio:su un lettino il piccolo Germaine dormiva,raggomitolato.
Fece in tempo a riaccostare la porta che un passo sicuro risuonò alle loro spalle.
- Signora?-
La giovane sussultò,voltandosi.Era un uomo alto,di un ‘eleganza piuttosto sobria,biondo,dai lineamenti forti.
-Sono madamoiselle Segnier…-gli disse,con presenza di spirito.
-Molto lieto:sono il delegato Montague…Volevate forse parlarmi?-
Così dicendo chiuse a chiave la porta della stanza che incautamente Alphonsine aveva trovato aperta e la osservò severo.
-Vorrei parlarvi io,monsieur Montague…- rispose Ilia.
-Ah,voi Semonov…il vostro più che un piacere è un dovere…Ma ,a suo tempo…- così dicendo fece ai due cenno di sedersi ed entrò invece nel suo ufficio,chiamando il fido Lagarde a rapporto.
Ilia fece un gesto di rabbia impaziente e sedette di nuovo sulla panca.Alphonsine si volse quella porta chiusa dove aveva visto scomparire il nuovo venuto,con una espressione interrogativa.


Aggiornato da Lagarde su come si erano svolti i fatti,Montague non riusciva a sentirsene soddisfatto:
-Lo abbiamo beccato appena in tempo…chissà dove sarebbero andati…-
-Magari venivano a Parigi,Lagarde…-
-E’ quello che hanno detto,ma…col vostro permesso,delegato,io ho preso informazioni sul vecchio Lagrange…è un ciarlatano,pratica una sorta di medicina magica.. la ‘pneusi’…-
-L’ipnosi,volete dire?-
-Si…qualcosa del genere…probabilmente volevano incantare il bambino,per fargli dire quello che…-
-Non giudicate dalle apparenze,Lagarde..e men che meno dal sentito dire:l’ipnosi è scienza,mio caro,non magia…- lo rimproverò severo Montague.
Lo ‘sbirro’ si norse un po’ mortificato le labbra:
-Il bambino con noi non ha detto una parola…è strano,sapete?-
-Dov’è ora?-
-Nella vostra stanzetta…- c’era una inflessione bonaria adesso nella voce del gendarme- Dorme…-
Montague annuì.Adesso capiva cosa stavano cercando prima la bella madamoiselle Segnier e Semonov.
-Fatemi parlare con Semonov!-
Così dicendo licenziò il sottoposto,quindi si alzò e –avvicinatosi a una porta interna,la aprì piano,per dare un’occhiata al bambino…
Germaine si era disteso nel sonno e il suo volto era ora visibile:Montague rabbrividì…Quel colore di capelli,quei lineamenti…Perché lo turbarono così inaspettatamente?Richiuse in fretta la porta e si volse al nuovo venuto.
-Oh,monsieur Semonov…volete spiegarmi,dunque?- disse facendogli cenno di sedersi e prendendo posto dietro la scrivania.
-Monsieur…io sono a disposizione…-
-Chi è quel bambino e dove avevate intenzione di condurlo?-
-Quel bambino è Germaine de la Revenge…e lo stavamo riportando a Parigi…Come potrà confermarvi anche il professore Lagrange,che era con noi…-
Montague non fece commenti:
-Lagrange,che ha a che fare col piccolo?-
-Monsieur,purtroppo..non sappiamo perché,ma Germaine è..muto…-
-Muto?...sordomuto?-
-No,monsieur…non lo è sempre stato:secondo monsieur Sindial si tratta di un blocco psicologico:per questo egli lo aveva affidato alle terapie del dottor Lagrange…-
-E’ una storia con molti punti oscuri…- commentò il giudice – Li chiariremo uno per uno…-
-Monsieur delegato…c’è una cosa però che vorrei raccomandarvi…-
Montague contrasse il viso,interrogativo:
-Si?-
-Quel bambino…non è giusto che si infierisca su di lui ancora…-
-Che intendete dire?-
Ilia prese fiato,quindi decise di raccontare la sua versione della storia;da quando avevano individuato Germaine,là tra le tombe,a quando ne avevano ricostruito il triste passato.
-Signor delegato,Sindial ha fatto di tutto per restituire a Germaine quello che ha perduto…anche la cura con Lagrange…Io mi auguro che tutto questo non la renda assolutamente inefficace…-
Montague sospirò;se ne sarebbe sentito egli stesso responsabile…
Poi soggiunse:
-Se è come dite,perché monsieur De La Revenge non lo ha riconosciuto subito?…-
Ilia chinò il capo.Non voleva mentire,ma non sapeva nemmeno quale verità avrebbe giovato a Sindial.
Il magistrato lo trasse dall’imbarazzo:
-Lagarde!...conducete qui madame Jardin…e anche monsieur Sindial!-
-Voi aspettate qui fuori,per favore…-


Alphonsine era agitata.Era venuta via da Villa De La revenge preoccupata per Ilia,ma ora che si era assicurata ch’egli non stava subendo torti dalla giustizia,le venne in mente la scena che si era lasciata dietro le spalle.
Ilia si accorse del suo turbamento;le strinse una mano,la guardò con tenera apprensione:
-…non essere preoccupata per me,Sinette…-
-Non è per te…è per Aurora..- cominciò a dire,ma in quella sulla soglia apparve Erik,scortato dalla solita giovane recluta.
L’uomo si limitò ad accennare un saluto ad entrambi quindi entrò nell’ufficio del delegato.
Di lì a poco,scortata da Lagarde sopraggiunse anche la vecchia Jardin,che sostenne lo sguardo di Ilia con ipocrita aria dimessa.
-Chi è quella donna,Ilia?- domandò Alphonsine.
-E’ quella che ha accusato Sindial…una vipera…Ma dimmi di Aurora…-le domandò,sollecito e preoccupato insieme.
Alphonsine stava per aggiornarlo,quando lo scambio concitato di battute dall’altro lato della porta attirò la loro attenzione…
-L’ho detto e lo ripeto,delegato:quest’uomo è un impostore…un usurpatore…- la Jardin aveva alzato l’odiosa voce chioccia contro Sindial.
-E voi,come rispondete alle accuse di questa donna?-
-Farneticazioni di una vecchia pazza…-
-E il bambino?-
- Si chiedetegli,chiedeteglielo dov’è il bambino,quella povera creatura…-
Erik la fulminò con lo sguardo.
-Già dov’è?...-ripetè –Una vera fortuna che quella notte sia sparito,vero,madame?..e se fosse anche morto? Quale ghiotta occasione di usarlo contro di me…-
La Jardin impallidì,ma non per questo allentò la presa:
-Lo sentite? Lo sentite con che tono parla di quello..quello che dovrebbe essere suo figlio…Germaine De La Revenge?-
La voce stridula della Jardin finalmente giunse anche alle orecchie del piccolo che dormiva nella stanza adiacente;la porta comunicante,lasciata con oculatezza leggermente accostata,sembrò finalmente muoversi.Montague ebbe un impercettibile bagliore di trionfo negli occhi:il suo piano stava funzionando…Ora il bambino avrebbe rivelato la verità…
Germaine entrò nella stanza senza che da principio né la Jardin,né Sindial se ne accorgessero;Montague solo ne seguì i movimenti,cauti.Il piccolo si guardò intorno,disorientato, il suo sguardo incontrò per un attimo quello di Montague;e di nuovo il delegato trasalì,senza riuscire a spiegarsene il motivo. Ma quegli occhi…
Fu Erik,dopo una frazione di secondi,a sentire la presenza del nuovo venuto.Lo guardò con una sollecita espressione di timore, che naturalmente Montague non potè interpretare con chiarezza.Ma vide bene che Germaine guardava in volto Sindial con una espressione di fiducia istintiva.Come rassicurato dalla sua presenza.
Finalmente anche la Jardin lo vide e sussultò.
-Conoscete questo bambino,madame?-
Ancora una volta,nonostante un tremolio appena avvertibile nella voce,la vecchia ribattè proterva:
-Si…certo che lo conosco,anche se…è cresciuto…-
-E tu,riconosci qualcuno qui?- disse rivolgendosi al nuovo venuto.
Germaine guardò la vecchia;nei suoi occhi una espressione di rifiuto istintivo.
Poi guardò nuovamente Sindial e gli sorrise,gettandogli le braccia intorno al collo.
Montague abbassò lo sguardo,annuì lentamente con discreta soddisfazione,poi guardò la Jardin:
-Madame…ammettete di esservi sbagliata…è molto meglio per voi…-
-Che intendete? Che volete che significhi?...il bambino…-
Ma già il delegato aveva chiamato Lagarde,per provvedere alla risoluzione burocratica della vicenda;sulla soglia aperta comparvero anche Ilia ed Alphonsine,sorridenti per la buona riuscita del confronto.
-Un momento,delegato…la maschera!- sibilò,nient’affatto vinta la megera.-Levategli la maschera,e vediamo se il bambino lo riconosce!-


La carrozza procedeva senza fretta verso la campagna:a bordo Alphonsine,il piccolo Germaine e Ilia Semonov.
Il giovane russo sollevò lo sguardo:il bambino dormiva col capo reclinato sul grembo della ballerina,che gli carezzava piano i capelli biondi;nello sguardo della giovane donna una strana venatura mista di compassione e rimpianto che la rendeva più bella del solito.
Gli occhi dei due adulti si incrociarono per un momento e un sorriso li unì,per un attimo e –forse- per sempre.
Ilia guardò quindi il suo taccuino e finì di rileggerne l’ultimo capitolo.

‘Oltre la maschera.

Il giudice Montague aveva messo a confonto Sindial con madame Jardin,la sua accusatrice:invano avevo tentato di dire la mia,invano mi ero precipitato a prendere Germaine dal suo ritiro a Saint Michel.
La ‘Suretè’ seguiva e anticipava le nostre mosse,pronta a interpretarle nel peggiore dei modi…
Ora ero seduto su una squallida panca,addossato a una parete spoglia della delegazione di polizia,in attesa degli eventi.
Accanto a me Alphonsine,come me impotente,costretta ad assistere al di là di una porta ad un triste,oscuro spettacolo.
Le voci all’interno si sovrapponevano;immaginavo che il delegato si divertisse sadicamente a soppesarle,fidando nel suo giudizio e pregiudizio…
Ma mi ingannavo sul suo conto:era un uomo molto più perspicace ed acuto di quanto non sembrasse.E aveva predisposto un piano ben più sottile per smascherare chi stesse mentendo…
Le voci infatti avevano risvegliato Germaine,l’orfano muto che dormiva,spossato da tante emozioni,in una stanza comunicante,la cui porta era stata lasciata opportunamente socchiusa.
Il piccolo ignaro testimone entrò nella stanza,si guardò intorno;e –chiamato ad assolvere il ruolo di innocente detentore della verità- con naturale affetto,come da sempre,si strinse a quello che aveva eletto suo padre…
Il gesto di Germaine non lasciava adito a ulteriori dubbi:il giudice fece aprire la porta,Alphonsine ed io assistemmo lieti allo scioglimento di quella inchiesta …
Ma la subdola accusatrice aveva ancora una freccia al suo arco;la peggiore.
Non poteva accettare che Sindial e la sua generosità trionfassero.
Prima che il giudice la allontanasse,sibilò velenosa:
-Un momento,delegato…la maschera!Levategli la maschera,e vediamo se il bambino lo riconosce!-
Rabbrividii,riconoscendo un furore omicida nello sguardo del mio principale.
Montague rimase interdetto.
-Avanti,che aspettate!- insistè la vecchia. –…che il bambino lo guardi in viso e lo riconosca!...-
Quasi rammaricato di dover procedere,il delegato annuì e chiamò:
-Lagarde!...procedete!-
Il graduato si avvicinò a Sindial:ero annichilito,temevo la reazione del mio amico….Un’altra volta la maschera gli era stata strappata,lo so bene;in quell’altra vita,davanti a tutti,era stato tradito.E la sua reazione era stata di inaudita ferocia…
Ora?avrebbe permesso al suo istinto di prevalere sulla ragione,sarebbe stato uomo o fantasma?
Prima che Lagarde potesse agire,il suo braccio d’acciaio si levò,bloccando la guardia,che rimase atterrita da tanta forza inattesa.
-Mi spiace monsieur- disse Montague –Ma è necessario…Non opponetevi,non costringeteci a…-
Alla voce pacata del delegato seguì un lungo istante di silenzio e tensione;poi con un gesto stanco,di resa,il braccio che avrebbe potuto spezzare il collo a Lagarde,lentamente si abbassò…
A quel punto avrei sospirato di sollievo;ma la tensione non era affatto allentata.
Lagarde scostò piano la maschera d’argento e arretrò,inorridito;Montague stesso volse il capo da una parte,per celare l’orrore e la ripugnanza.
Germaine impallidì,spaventato.Indietreggiò portandosi le manine sul volto e la vecchia fu abile ad attirarlo a sé,gridando:
-Vedete?...ecco la prova…il bambino non lo riconosce…ne ha paura!Ha paura di questo mostro sfregiato!...-
Sindial aveva guardato Germaine,nel suo sguardo dolcezza, rammarico,l’assurda infelice vergogna per una condanna iniqua.
Poi ricaduto sulla sua sedia,aveva chinatola testa.
Sconfitto ancora una volta dalla irrisione crudele del destino…
Con il gesto del capo Montague comandò a Lagarde di rendergli la maschera.
Intanto si schiarì la voce:
-Tacete,finalmente…-impose alla vecchia,il cui sguardo di odio trionfante diceva più di mille parole ;poi soggiunse: -Stando così le cose,mi vedo costretto a procedere…Istruirò il processo contro di voi,monsieur Sindial…-
L’imputato non reagì.
Non si avvide nemmeno della mano con cui Lagarde gli restituiva la maschera.
Mi stringevo accanto Alphonsine,che celando il viso sulla mia spalla,non aveva neppure voluto vedere fino in fondo la scena e trattenevo a stento un pianto rabbioso per la mia impotenza,quando accadde qualcosa di insperato.
Germaine sussultò alle parole del giudice,si divincolò dagli artigli della vecchia,e pronunciò –un po’ stentatamente- un ‘No!’ che pochi di noi avvertirono con chiarezza..
-No…-ripetè,con maggiore sicurezza,prendendo la maschera dalle mani di Lagarde e porgendola a Erik,prendendogli addirittura la mano e poggiandovi il pietoso orpello:
-Mio povero papà Henry…-
Sindial sollevò la testa e piano rimise la maschera a posto,guardando con stupita,incredula,crescente commozione quel bambino:
-Germaine…-
Con un gesto che non gli apparteneva ma che piano andava sorgendo spontaneo in lui,egli cinse il piccolo,stringendoselo contro…
Montague mi guardò negli occhi,scrutò dentro di me come avido di una risposta;immagino lo abbia fatto anche con gli altri presenti;quindi inaspettatamente decise:
-Lagarde,…provvedete alla scarcerazione di monsieur De La Revenge…e quanto a madame Jardin…Vi avevo avvertito che le accuse avrebbero potuto ritorcersi contro di voi…- proferì minaccioso.
-Io…io monsieur ho fatto solo quello che ritenevo giusto…-
-Falsa testimonianza,omissione in atti d’ufficio,calunnia…- cominciò ad elencare il delegato.
Non rimanemmo là ad ascoltare;ci facemmo intorno a Sindial,cercando di comunicargli la nostra solidale compartecipazione.
Finalmente egli si rialzò,ci affidò momentaneamente il piccolo Germaine e seguì Lagarde verso l’interno.
-Vengo con te?- gli domandò il bambino,con voce ancora insicura.
Sindial lo guardò,accennò a un sorriso stranamente triste e gli fece cenno di no.
Rimase con me e Sinette:lei non finiva di abbracciarlo e riempirlo di dolci premure,compiacendosi della voce ritrovata.Ed io la seguii,finchè un brivido,un ‘intuizione,un’idea che volevo rifiutare non mi attraversò la mente.
Li lasciai improvvisamente senza spiegazioni e mi infilai nel corridoio che portava alle celle.
Incrociai Lagarde e una recluta con lui:chiesi loro dove fosse Sindial. Sollevarono le spalle,indicando sommariamente la cella aperta.
Vi entrai:non c’era nessuno…
Per terra,la maschera d’argento…
La raccolsi:che significava? Dov’era Sindial?
Senza pensarci oltre indossai il soprabito e corsi fuori;quindi ancora una volta l’istinto mi guidò.
Fermai una carrozza e mi misi sulle sue tracce.
La corsa finì di lì a poco:i cancelli del cimitero di ***** erano ancora aperti.Entrai…
Non fu difficile trovarlo:era davanti alla tomba senza nome,a fissare dolente quella cornice di sassi.
-Sindial!-
Mi guardò,senza rispondere.
Lo raggiunsi,col fiato grosso:
-Sindial!...- lo chiamai ancora –Che succede?-
Lui scosse la testa…
-Guardo la mia tomba,Ilia Semonov…-
-Sindial…io vi ho ammirato profondamente,oggi…-gli dichiarai.-E..anche voi,dovete essere fiero di quello che è accaduto!-
Lui abbassò la testa.
-Sindial….avete visto? Quel bambino…-
Mi interruppe,parlando da una solitudine lontana:
-Avete visto il raccapriccio,la paura,l’orrore….li avete letti,negli occhi di tutti,nei suoi occhi?-
Assentii.
-Si…ho visto tutto,Sindial…-gli misi le mani sulle spalle,sfidando la sua ritrosia –Ho visto tutto:e ho sentito…ho sentito la voce di Germaine levarsi a difendervi,a testimoniare la vostra generosità!Se quel bambino parla,se quel bambino ha riavuto quello che gli era stato tolto il merito è vostro!-
Lui abbassò la testa,ammettendo che avevo ragione.
-Vostra moglie vi aspetta Sindial…la vostra vita vi aspetta…Non vi permetterò di rinunciare ancora!-
Così dicendo lo guardai;lui vide la maschera baluginare tra le mie mani…volse la testa e il suo sguardo percorse quel cimitero,forse soffermandosi altrove…
Mi prese la maschera dalle mani,senza indossarla,e mi rassicurò:
-Riportate Germaine alla villa…Tornerò,tornerò presto-‘


La vettura ebbe un breve scarto:erano arrivati.
Ilia guardò dal finestrino,ma le sue speranze furono disattese.
Il calesse col fiero Melas non c’era ancora…


Aurora aveva avuto un malore di routine,ma per essere più tranquilli –anche su suggerimento del dottore Lagrange- era stato convocato il ginecologo Parmentier che aveva ritenuto opportuno somministrare alla giovane donna in attesa un leggero lenitivo che la inducesse al riposo.
Quando sopraggiunse la carrozza con Ilia,Alphonsine e il piccolo Germaine il dottor Lagrange era ancora lì,in attesa degli eventi;fu informato dell’esito insperato del drammatico confronto e ne sorrise,incredulo;quindi aggiornò i nuovi venuti sugli eventi della villa;infine,volgendosi intorno,mentre Harun con dolcezza sollevato il bimbo ancora dormiente lo portava nella sua stanza,chiese del padrone di casa,il grande assente di quel momento.
Ilia abbassò gli occhi,sfuggente:
-E’ sulla via del ritorno…- si limitò a rispondere,tutto sommato più contento che a porgli la domanda fosse stato il vecchio professore e non Aurora,alla quale quella risposta evasiva non sarebbe di certo bastata.
I tre adulti si consultarono con lo sguardo e reputarono opportuno rientrare.
Ilia cinse le spalle di Sinette,stringendola quasi a riceverne il vitale conforto,più che a offrirgliene egli stesso;quindi proposero al professor Lagrange di approfittare della loro carrozza per raggiungere Parigi,visto che per ora la villa sembrava avvolta in un’atmosfera di sonno e silenzio…
Il vecchio professore assentì.
Pochi minuti dopo la vettura dondolando sul sentiero dei tigli si allontanò sempre più velocemente…
Alle loro spalle,si materializzò allora il calesse e la sagoma nera di Melas:Erik non era poi così distante…
Col mantello abbandonato dietro le spalle,guardò la casa,che gli appariva come la prima volta,avvolta nella luce sanguinolenta del tramonto.
Ne varcò il cancello,quindi se lo chiuse alle spalle,senza voltarsi.

Aurora riposava in balia di un forzato dormiveglia.
Di tanto in tanto sprazzi di lucidità interrompevano il suo sonno,ma le mancava l’energia per uscirne del tutto.
L’effetto del calmante,però,andava esaurendosi;e il suo riposo si animò di sogni.
Attraversava un giardino,facendosi largo nel fogliame,spesso graffiandosi tra i rovi di un roseto…
Un lago apparentemente calmo le si apriva davanti,cercava di guadarlo,ma le acque improvvisamente si chiudevano come una pania intorno al suo corpo…
Come una nota solitaria,si ripeteva lungo la linea di un pentagramma;sull’altro rigo un’altra nota voleva raggiungerla,allacciarsi a lei…
Finalmente riuscì a sottrarsi a quei sogni,respirò profondamente l’odore della notte;una musica le accarezzò le orecchie,aprì piano gli occhi.
Qualcuno nel salone suonava…Preludio nr 4,in si minore! La storia di due note che si cercano si intrecciano,sembrano separarsi per sempre…
Indossando frettolosamente la veste da camera raggiunse la sala della musica:Erik la chiamava,suonando il loro preludio.
In principio la giovane donna avrebbe voluto dirgli la sua gioia di ritrovarlo seduto al suo piano,ma frenò l’entusiasmo:egli le apparve triste,sconfortato come un guerriero dopo l’ennesimo scontro combattuto contro un nemico dalle forze preponderanti,immense.
Sedette vicino a lui,provò a fargli una carezza;Erik la guardò,smise di suonare poi,imitando il gesto consueto di lei,le afferrò la mano,la trattenne,poggiandovi il suo viso,baciandone delicatamente l’attaccatura del polso.
-Che cosa è accaduto?- domandò finalmente la donna,sollecita.
Lui scosse il capo:
-…si è tutto risolto…-
-Germaine?-
-E’ qui…E’ finita…- rispose,continuando a cullarsi nel palmo di lei.
-Dunque,perché così triste amore mio?-
-Il prezzo da pagare,Aurora…E’ stato così…così umiliante…-
La giovane donna scosse la testa,agitata e incapace di comprendere:
-Non puoi dirmi?-
Erik prese fiato,sospirò:
-Germaine mi ha riconosciuto,davanti al giudice…-
Aurora continuava a non capire;era felicemente sorpresa,ma avvertiva che tutto questo era costato tanto all’uomo che amava:
-Ha riconosciuto il mio volto…dietro la maschera…-
-Oh…- ora aveva capito,ora riusciva a immaginare quello che Erik aveva dovuto provare ancora una volta.
Lo guardò con tenera sollecitudine,esprimendogli la sua profonda commozione.
Lui allora le sorrise,con dolce disincanto,e soggiunse:
-E al tempo stesso è stato così…meravigliosamente inatteso….Non credevo possibile che l’umanità potesse prevalere sulla ripugnanza,l’amore sull’orrore…Quel bambino mi ha guardato dapprima terrorizzato…ma poi,sai cosa ha detto? ‘Mio povero papà Henry’…-
Aurora gli cinse il collo con le braccia;ma la rabbia lo pervase ancora,quasi sembrò sul punto di respingerla:
-Questo non cambia la mia condizione…sempre ,sempre per farmi accettare dovrò indossare questa maschera!...-
-Erik…-
Piano lei gliela sfilò,lo baciò delicatamente,vincendo il suo tentativo di sottrarsi a tanta tenerezza;alla fine Sindial non seppe trovare altro rifugio che l’incavo della sua spalla,dove pianse in silenzio,sciogliendo il dolore di una vita nell’abbraccio di quell’amore così straordinariamente gratuito.
-Come puoi amarmi così Aurora?-
-Amo tutto di te,Erik….-
Lui si strinse a lei a lungo,asciugando le lacrime tra i suoi capelli,abbandonandosi nel suo caldo abbraccio.
Poi sollevò la testa,indossò la maschera e fu di nuovo Sindial:
-La mia Aurora appassionata…che viene a trovarmi vestita da Carmen….- le disse,guardandola,ammirato.
Lei si schernì sorridendo.
Erik la strinse tra le braccia,poi osservò:
-E’ passata meno di una settimana,ma il tuo corpo sta cambiando…Il mio bocciolo di rosa si sta schiudendo…-
La giovane donna arrossì:
-Perché quando arrossisci diventi ancora più bella?- le domandò allora lui,abbassando la voce come una carezza.
Lei abbassò la testa,confusa; Sindial gliela prese tra le mani e le sussurrò sulle labbra:
-Promettimi che resterai sempre così…la mia bambina adorata- e la baciò piano,a fior di labbra.
-E tu promettimi che mi amerai sempre come ora…-
Lui scosse la testa con un sospiro e un sorriso malinconico:
-Mi dispiace,ma so già che non sarà possibile…-
-Perché?-
-Perché domani ti amerò più di oggi,e dopodomani ancora di più…-
Così dicendo la baciò ancora,le cercò piano la lingua con la sua,ne assaporò la dolcezza con carezzevole sensualità.
-…I tuoi baci….ogni volta che ne assaporo uno,ne desidero altri mille…-
Aurora aveva intrecciato le braccia dietro la sua nuca e si stringeva a lui:Erik la sollevò sulle braccia,ruotò per la stanza con lei come danzando.
Poi entrarono in camera e lui l’adagiò sul letto,stendendosi al suo fianco.
-Non potrei vivere senza di te,Aurora…nulla di tutto ciò che sono ora avrebbe senso,senza di te…-
 
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Evilsisters
view post Posted on 6/4/2008, 11:52




Quella mattina Ilia Semonov era seduto di buon ora davanti al tavolino di un bistrot:aveva davanti un bicchierino di pernod e lo buttò giù d’un sorso,con aria pensierosa.
Una voce lo richiamò:
-Non è un po’ presto per gli alcolici,monsieur?-
Alzando lo sguardo si avvide che all’angolo dell’edificio un uomo lo osservava,come in attesa.
-Oh…signor delegato di giustizia…- il giovanotto accennò ad alzarsi e nel contempo allargò le braccia come ad invitare il nuovo venuto.
-State pur seduto e non chiamatemi delegato…in questo momento sono solo monsieur Montague..-
Ilia lo guardò incuriosito,quindi gli indicò la sedia accanto alla sua.
-Perché non vi accomodate,monsieur Montague? posso offrire qualcosa?-
-Prenderò un caffè…-rispose quegli,senza farsi pregare- E’ un orario insolito questo per bere Pernod…-
-E’ una vecchia cara brutta abitudine che ho appreso nella mia terra,monsieur Montague…- ribattè infine Ilia.
-Siete …russo,non è vero?-
-Si signore…Andrè,servi un caffè al mio ospite!...Di San Pietroburgo…-
-Ah…ed è a San Pietroburgo che avete conosciuto monsieur Sindial…?-domandò col consueto tono indagatorio il giudice.
Ilia sospirò guardandolo.Montague abbassò lo sguardo:
-Perdonatemi…deformazione professionale…-
-Ecco servito il caffè…!- si intromise il cameriere.
Quando l’intruso si fu allontanato,Montague girando lentamente il cucchiaino nella tazza,senza guardare Ilia,soggiunse:
-L’ultima volta che ci siamo parlati,monsieur Semonov…voi mi avete raccomandato qualcosa,a proposito del piccolo Germaine…-
Ilia ascoltava senza interrompere.
Montague si schiarì la voce,senza smettere di girare la posata nella tazzina:
-…sottolineando che egli aveva già tanto sofferto…-
-Infatti…e vi confesso che mi ha conquistato il modo con cui avete condotto il confronto…-
Montague interruppe improvvisamente la sua meticolosa operazione,sollevò lo sguardo dritto verso Ilia e domandò:
-Ma che cosa,esattamente,ha sofferto quel bambino,monsieur Semonov?voi ne siete al corrente?-
Ilia si sentì un po’ sorpreso,incredulo.La risposta che stava per dare gli sembrava ovvia.
-Ha vissuto gli anni della guerra civile…è rimasto orfano della madre,del padre…-
Montague fece cenno di no,con la testa.Quella risposta non gli bastava.
-No,caro Semonov…c’è di più…e voi lo sapete bene…-
-Ma…monsieur delegato…io davvero non capisco dove volete arrivare?-
-Montague…sono solo monsieur Montague,in questo momento…non fatemelo ripetere…- disse un po’ indispettito il giudice.
Ilia lo osservò meglio.
Era sicuro che quel colloquio esulasse dalle recenti indagini;nasceva da una ricerca personale,un’ansiosa ricerca personale.
-Perché tanto interesse a una vicenda chiusa,monsieur Montague?-
-Perché se davanti al giudice quella vicenda è chiusa…non posso dire lo stesso per quanto riguarda l’uomo…-
-Cosa intendete?-
-Davanti alla legge monsieur Sindial risulta essere il redivivo De La Revenge,padre adottivo del piccolo Germaine,che lo ha pubblicamente riconosciuto …-
Ilia sospirò sollevato.
-Per quel che mi riguarda,però…a parte il segreto affetto che lega Sindial a Germaine,permane un mistero sull’identità e dell’uno e soprattutto dell’altro…-
-L’identità di Sindial?- domandò leggermente aggressivo Ilia.
-L’identità di Germaine,monsieur….Chi è veramente? Chi erano i suoi veri genitori…sua madre?dove ha vissuto negli ultimi anni? Come ha perso la parola?-
Ilia annuì,piano col capo.Poi guardò negli occhi Montague:
-Cosa cambierebbe per quel bambino se voi conosceste tutto ciò?-
Il giudice scosse la testa,ammettendo con dolore:
-Non lo so…forse nulla…ma forse per me..sarebbe una scoperta importante…-
Negli occhi di Ilia si accese il lampo di una qualche rivelazione.
Capì che al romanzo De La Revenge mancava ancora qualche capitolo importante e che forse-con il suo aiuto- sarebbe stato scritto dalla mano di Montague.
Di slancio avrebbe colto e stretto quella mano.
Ma poi si rese conto che in realtà attraverso lui Montague cercava un contatto con Sindial…


Erik era già sveglio e,appoggiato alla testiera del letto,guardava il giorno illuminarsi prepotentemente.
Dopo poco anche Aurora si destò.Si sollevò al suo fianco,carezzandogli amorevole il bel torace nudo e, appoggiandosi alla sua spalla,la baciò delicatamente…
Lui abbassò il capo verso di lei,sorridendole appena e ricambiandole il bacio sulla fronte.
-Sei riuscito a riposare?-
-Si…accanto a te...- la rassicurò.
-E ora…cosa pensavi?-
-Pensavo a Germaine…-
-Ora che riesce a parlare…potrà raccontarci qualcosa di sé…-
-Si…-assentì lui,piano.
-…ma qualcosa ti turba,vero?-
-Tu sai cosa…io non sono suo padre…-
Aurora riflettè:
-Nemmeno De La Revenge lo era…-
-Io non sono De La Revenge…-
-Erik…tu hai scelto di esserlo…Come De La Revenge,involontariamente,ha finito per essere…- la donna rabbrividì.
-Per essere me? È questo che intendi?- la interruppe lui,avvertendo il suo turbamento.
Aurora inspirò profondamente,poi gli rispose:
-In tutta questa storia esiste uno strano filo del destino che si dipana,si intreccia,tesse una sorta di trama,inattesa anche per noi…-
L’uomo annuì,senza replicare.
-Tu che intendi fare con Germaine?-
Sindial riflettè un po’,in silenzio,poi rispose:
-Se quel bambino mi ha scelto come padre …cercherò di esserlo…-
Aurora sorrise,abbracciandolo soddisfatta.


Dopo colazione,Aurora come di consueto versò il latte nella ciotolina di Leporello e chiamò il micino.
Sapeva che non sarebbe arrivato:da quando si erano trasferiti nella villa,amava trascorrere il suo tempo all’aria aperta,confondendo il trillo del suo campanellino col frinire dei grilli e il cinguettio dei passeri.
La giovane donna prese la ciotolina e la andò a collocare fuori, sul porticato.
Qui si imbattè in Germaine che cercava di familiarizzare col gattino,seduto sui gradini dell’ingresso;
il trillo leggero della sua risatina si univa per la prima volta al delicato coro delle voci mattutine del giardino.
Quando il bambino si accorse di lei smise di giocare e la guardò;poi piano sillabò il suo nome:
-Au-ro-ra…-
Lei gli sorrise
Il bambino si sollevò improvvisamente in piedi,imbarazzato,cercando di mostrarsi educato verso la nuova venuta:
-Buongiorno,…madame…- formulò,un po’ impacciato,con una voce ancora fragile.
-Buon giorno,Germaine…si,mi chiamo proprio Aurora…e questo birboncello qui –così dicendo sollevò il micino scherzosamente per la collottola,per deporlo tra le braccia del piccolo ospite- si chiama Leporello…-
Il bimbo esclamò di meraviglia e contentezza,stringendo tra le braccia il cucciolo.
-Leporello?...-ripetè,incuriosito e divertito.
La bestiola approfittò del suo stupore per sgattaiolare via nel prato:Germaine si pose all’inseguimento,chiamandolo.
-Leporello…vieni qui…-
Quel giorno trascorse così,serenamente.Con Germaine che,giocando nel parco, chiedeva i nomi delle cose e Aurora che,pazientemente,lo seguiva rispondendo alle sue piccole curiosità,ai suoi dubbi innocenti,alla sua meraviglia.
Sindial,chiuso nella sala della musica a riordinare le sue carte,di tanto in tanto li osservava dai vetri,rispondendo col cenno del viso al saluto che i due gli muovevano da lontano.
Al tramonto,stanchi,si ritrovarono,seduti all’ombra di un tiglio;allora,guardando verso lo studio,Germaine le confidò:
-Sai…lui non è proprio mio padre…-
Aurora non sapeva se approfittare di quel contesto per saperne di più o no.
-Lui?-
-Erik…il tuo marito…-
-Non è tuo padre?-
Germaine sollevò le spalle:
-Quello vero…è morto quando avevo pochi mesi.E anche lui,era morto…ma poi è tornato…!-
La donna lo ascoltava,incerta se interromperlo o meno.
Seguendo il filo dei suoi pensieri,il bimbo si domandò:
-Chissà…forse tornerà anche la mamma….-esclamò,poi guardò tra l’imbarazzato e il dispiaciuto Aurora,rannuvolandosi - E tu? Dovrai andare via?-
La giovane donna lo guardò con dolcezza,senza trovare risposta;gli carezzò i capelli,intenerita.
-Germaine!-
Harun era comparso improvvisamente sul portico e richiamava il ragazzo.Era l’ora del bagno e della cena.
Aurora lo congedò,con un sorriso,rimanendo pensosa a guardare il sole specchiarsi nel ruscello.


Prima di andare a dormire Germaine,come d’abitudine,fu accompagnato da Harun a salutare i suoi nuovi ‘genitori’.
Erik stava riordinando le carte sul piano,quando i passetti leggeri del bambino attrassero la sua attenzione.
Inspirò,prima di voltarsi a guardarlo.
- E’ ora di andare a letto?- gli domandò poi,un po’ rigido.
- Si…-
Sospirando,si chinò allora verso di lui;prima che potesse fermarlo il bambino gli aveva messo le braccia al collo,per dargli il bacio del congedo quotidiano.
-Non ti ho ancora ringraziato,Germaine…- disse allora l’uomo,trattenendo lo slancio inatteso del piccolo.
-Di cosa?-
-Dell’affetto che mi hai dimostrato,della tua devozione…filiale…-
Il bambino non riusciva a seguire quel discorso.
A un tratto lo interruppe,domandandogli sempre con quella sua vocina a tratti stentata:
-Posso… chiederti una cosa?-
Sindial tacque,guardandolo incuriosito,ma acconsentendo tacitamente.
-Quando eri morto…hai incontrato anche la mamma?-
L’uomo scosse il capo,incapace di rispondere.
Poi prese il bambino per mano e andò a sedere con lui sul seggiolino del piano:
-Ascolta…forse io non sono mai morto…-
-Ma io ho visto la tua tomba…ci ho vissuto accanto,aspettando che ti decidessi a tornare…-
Erik cercò di misurare le parole:
-Hai creduto fosse la mia…Germaine tu hai voluto credere tante cose…- gli disse fissandolo negli occhi,cercando di cogliere quel filo di reciproca consapevolezza che li tenesse uniti nel comune segreto.
Lo trovò.
Germaine arrossì,abbassando la testina,mordendosi le labbra.
-Come debbo chiamarti,allora?-
-Il mio nome è Erik,lo sai…-
-Va bene…- annuì il piccolo. –…Papà Erik…-
Sindial non seppe frenarsi,lo strinse incredulo tra le braccia,depose un bacio delicato su quei serici capelli biondi ,avvertendo per la prima volta un sentimento che gli era del tutto estraneo,ma che lo pervadeva per la sua naturale,coinvolgente dolcezza.
-Io…vorrei tornare là,qualche volta…- gli chiese allora Germaine – Puoi accompagnarmi tu?-
Ricomponendosi,Sindial acconsentì:
-Va bene…ci andremo senz’altro…-


Ilia aveva lasciato trascorrere circa una settimana,prima di tornare a Villa De La Revenge.
Inizialmente aveva creduto opportuno rispettare il desiderio di appartarsi che Sindial aveva dimostrato; del resto se i padroni di casa avessero avuto bisogno di lui,lo avrebbero fatto avvertire per tempo;ma i giorni erano trascorsi senza novità.
Si era dedicato allora al suo lavoro,sempre zelante e attento;e nel frattempo aveva metabolizzato quel suo strano incontro con Montague.
Finalmente,quando aveva ritenuto che fosse trascorso del tempo conveniente,prese l’iniziativa di riavvicinarsi al suo impresario,bussando una domenica mattina al cancello del parco.
Gli aprì Harun:ma i suoi occhi avevano già scorto di lontano la bella figura di Aurora adagiata sull’erba ai piedi di un tiglio,mentre sembrava intenta a spiegare qualcosa al piccolo Germaine.
-Monsieur Sindial è in casa,Harun?-
-Si,signore…-
Gettando un ultimo sguardo verso il bel quadretto idilliaco che il parco nel lussureggiare del maggio incorniciava con la sua bellezza,Semonov seguì il servitore all’interno.
Harun lo annunciò a bassa voce,bussando discretamente alla porta dello studio del padrone di casa:
Sindial andò incontro affabilmente al nuovo venuto.
-Come state Ilia?...sono contento di vedervi…-
-Buongiorno,Sindial…Vi trovo bene…- rispose questi,sorridendo ma con un ‘impercettibile sfumatura di formalità nella voce.
Non abbastanza impercettibile da essere trascurata dal padrone di casa,che intanto cercò di trarre dall’imbarazzo l’ospite.
-Meglio dell’ultima volta…Sedetevi…e aggiornatemi sulle novità…- gli disse invitandolo col gesto,ma rimanendo in piedi davanti a lui,appoggiato alla scrivania.
Ilia si accomodò e cercò di essere disinvolto come sempre:
-Grosse novità non ce ne sono…molta routine a Teatro…voi quando pensate di rientrarvi,monsieur?-
Erik si volse di spalle,celandogli l’espressione contratta del viso,quindi rispose:
-Non ancora…siamo in pausa estiva…non credo che la mia presenza sia indispensabile – quindi volgendosi di nuovo al segretario – E’ bene che voi vi facciate un po’ le ossa anche a dirigere,Ilia…-soggiunse.
Il giovanotto rimase incerto:a cosa alludeva Sindial? Non volle indagare,non in quel momento.
Aveva per la testa diversi pensieri…
-In ogni caso certe decisioni…lo spettacolo di inaugurazione della nuova stagione…i provini …la messa in scena…spettano a voi,monsieur…-
-In fine…tornerò in autunno,in tempo per tutto questo!- tagliò corto,col tono usuale Sindial.
Semonov ne fu quasi contento e sorrise tra sé,sentendosi finalmente meno a disagio.
I due uomini si scambiarono uno sguardo d’intesa,eloquente.
La voce di Harun che richiamava Germaine per il pranzo,fornì a entrambi l’occasione di cambiare argomento.
-Come sta Germaine?...-
-Continua a fare progressi…ormai controlla quasi perfettamente la voce…-
-Siete riuscito a…a sapere altro,da lui?-
-Altro?...-
-Qualcosa di più sulla sua vicenda?-
Erik squadrò inquisitorio Ilia:
-Credete che sia necessario affondare il coltello nella piaga?-
Ilia abbassò la testa.
-Non intendevo questo…ma…sapete…-
Erik lo zittì:
-Ho inteso…e i vostri dubbi non mi sono nuovi…ma se Germaine vorrà dirmi qualcosa…succederà senza che io gliela chieda…-
-Capisco…-
-Sembrate deluso…- allo sguardo attento di Sindial non sfuggiva nulla.
-In parte…-
-Vi dirò allora che Germaine mi ha chiesto di tornare sulla tomba dove lo abbiamo trovato…-
Semonov si illuminò:
- E voi avete acconsentito?...quando andrete?-
-Credo domattina …Forse domani…Semonov,c’è qualcosa che volete dirmi?-
-Ecco monsieur…ho fatto uno strano incontro e…-
I due uomini parlottarono brevemente tra loro,fin quando:
-Buon giorno Ilia…- Aurora fece il suo ingresso nella stanza.-Che piacere rivedervi…-
Il giovanotto le andò incontro,sorridente:
-E’ un piacere anche per me…vi trovo benissimo,Aurora…-
La giovane donna si era affiancata al marito,che le aveva cinto la vita,baciandole delicatamente la fronte.
-Grazie…Restate a pranzo da noi?-
-Mi piacerebbe,ma…-
-Avete già un impegno?...-
Il giovanotto tirò fuori l’orologio dal panciotto.
-Ehm si…e sono anche leggermente in ritardo…-
La padrona di casa si scambiò uno sguardo complice con Erik:
-Non vi tratteniamo,ma solo se promettete di tornare domani stesso!- scherzò,affabile.
-Bè,di fronte a un ricatto così gentile…-ribattè altrettanto prontamente il giovane russo.
Erik li osservava divertito,mentre continuavano a scambiarsi battute di cortesia.
-Se permetti caro…accompagno io Ilia…-
-Certo,andate…Semonov,noi…siamo d’accordo…-
Ilia annuì improvvisamente serio,quindi avviandosi verso l’uscita riprese a sorridere alla sua interlocutrice.
-Sono contento di vedervi di nuovo serena,anche la vostra salute ne gioverà,Aurora…-
-Grazie si…ma si trattò di un malore di routine..non state a preoccuparvi oltre…Se penso a quello che ha dovuto subire invece Erik…-
Ilia le toccò solidale la spalla:
-Non fu solo…siatene certa!...-la rassicurò.
Dopo una pausa,Aurora domandò:
-Il vostro impegno è…con Alphonsine?-
-Si…-
-Domani conducete anche lei…Mi farebbe piacere vedervi felici insieme…-
L’uomo sospirò,guardando lontano,poi soggiunse:
-Qualcosa ci lega…ma ci sono anche tante piccole cose che ci separano…Sono convinto che la nostra storia procederà sempre così…è il suo limite ma anche la sua sfida…-
Erano fermi ora davanti al cancello,Aurora lo guardò con tenerezza e gratitudine:
-Buona fortuna,Ilia…sappiate che siete il mio amico più caro…-
L’uomo si chinò sulla sua mano e sfiorandola appena si congedò.


Il cimitero era silenzioso e tranquillo in quel mattino di maggio;le aiuole erano punteggiate di primule e finalmente sugli alberi erano tornate le foglie.
Erik e Germaine si inoltrarono piano attraverso il vialetto,verso la spianata delle fosse comuni.
La piccola mano si stringeva a quella possente dell’uomo,cercando coraggio.
A passi lenti i due raggiunsero il piccolo tumulo senza nome e vi si fermarono davanti.
Germaine si strinse di più al suo accompagnatore e osservò l’altare di pietre rimasto intatto.Quindi si guardò intorno,come alla ricerca:
-Va’…ti aspetto..- lo incoraggiò Erik.
Il bambino si allontanò,alle spalle della spianata.Sindial rimase solo.
Dopo poco un passo lento interruppe il silenzio del luogo;un’ombra procedette verso Sindial,gli passò vicina:
-Buon giorno,monsieur De La Revenge…-salutò una voce asciutta,mentre una mano toccò appena il cappello.
-Monsieur Montague…- rispose Erik,per nulla stupito.
Il delegato osservò la tomba:annuì piano col capo,ma –sentendo avvicinarsi di nuovo Germaine- ebbe come un ripensamento e si affrettò a proseguire via.
Erik lo osservò interrogativo,per una frazione di secondo,poi concentrò la sua attenzione sul piccolo,che arrivava trafelato portando due nuovi sassi,che deposero insieme in omaggio a chi riposava per sempre.


Jacques Montague proseguì conservando a stento il passo sicuro che lo caratterizzava;ma non aveva potuto fermarsi…no,doveva prima mettere ordine nel suo cuore,capire…accettare che una verità inattesa divenisse realtà;e non morirne per l’emozione che gli procurava,un’emozione che gli toglieva il fiato,gli spezzava il passo.
Procedette fino al cancello del cimitero,salì sulla sua carrozza,sedette in silenzio.
Il vetturino domandò:
-Dove,monsieur ?-
Lui inizialmente faticò anche a capire la domanda;poi formulò un indirizzo e ripiombò nei suoi pensieri…
Quel bambino…quel bambino dunque era lo stesso di cui aveva ascoltato distratto la storia al cimitero…ed era quello dell’altare di sassi…
Quel bambino che gli adulti cui era stato affidato non avevano saputo tutelare,che per anni aveva vissuto di stenti tra i tumuli spogli delle fosse comuni…orfano di madre…e di padre…quel bambino con gli stessi occhi di sua sorella Fantine…
Montague si prese la testa tra le mani e cercò di montare i pezzi del puzzle,i frantumi che il passato sembrava restituirgli,come ossi di seppia rigettati dalla risacca…
Quando nel 1865 aveva ricevuto l’incarico di giudice nelle Indie Olandesi,Fantine non era voluta partire con lui;attendeva il ritorno di un giovane cui si era legata.
-Va’…noi ci sposeremo e ti raggiungeremo,Jacques…- gli aveva detto.
-Come te la caverai da sola,in questa Parigi così poco ospitale per noi…-
-Come se l’è cavata nostra madre…non preoccuparti,va’!- lo aveva rassicurato con un sorriso.
Era partito,dunque;ogni mese puntualmente aveva ricevuto sue notizie,e le aveva scritto ripetendole di raggiungerlo.
Poi la vita aveva avuto il suo corso.
Nel 1869,quando la Francia minacciava di entrare in guerra con la Prussia,Jacques era tornato a Parigi,a cercarla.
Aveva avuto difficoltà ad abboccarsi con lei;Fantine era diversa…non era più la stessa…
-Perché sei venuto,Jacques?-
-Per portarti via,Fantine…è là la nostra vera terra,te ne accorgerai tu stessa…-
-Questa è la mia terra,la mia città:qui resterò per sempre!- gli aveva risposto con una fierezza battagliera.
Allora lui aveva cominciato a capire.
-Che ne è di Eugene…?-
Fantine aveva velato appena lo sguardo:
-E’ morto…-
-Fantine,sei di nuovo sola?-
La donna aveva rialzato il capo,di nuovo con mossa orgogliosa,combattiva:
-No…non sono sola! Jacques io ho fatto una scelta…capisci?-
In quel momento non aveva capito granchè;ma poi prima di partire alcune notizie lo misero in guardia;e là,ad Haiti ebbe la conferma dei suoi sospetti.
Fantine aveva aderito alla Comune…
All’indomani dell’amnistia e della pacificazione,rientrato in patria,aveva potuto solo constatare che sua sorella era stata una delle tante martiri della libertà…
Ma nessuno,mai…nemmeno lei…mai…gli aveva parlato di quel bambino!
La carrozza ebbe uno scarto;erano arrivati.
Montague scese,inspirando forte.Il Quartiere Latino si risvegliava tra mille aromi…



Ila era seduto allo scrittoio dell’angolo che aveva adibito a studio.
La penna tra le mani,non sapeva cosa scrivere.
Qualcuno bussò alla porta,inatteso.
Sollevò lo sguardo:dalle finestre aperte scorgeva la torre campanaria,col suo orologio.Erano le otto del mattino:chi mai poteva cercarlo a quell’ora?
Qualcuno mugolò tra le lenzuola.Si avvicinò al letto e sussurrò piano:
-Sinette…-
La bella ballerina sporse la testa fuori dalle coltri.
-Ho sonno Ilia…-
-Va bene…io sono in anticamera:ha bussato qualcuno..-soggiunse a bassa voce;quindi carezzò la bella ballerina e in punta di piedi chiuse l’uscio alle sue spalle.
La mano sconosciuta bussò di nuovo.Finalmente la porta si aprì…
-Monsieur Montague…-
Montague era fermo sull’uscio;un po’ pallido,diverso dall’uomo fermo e sicuro che Ilia aveva conosciuto nell’esercizio del dovere.
-Posso entrare,monsieur Semonov?-
-Accomodatevi…Che è successo? Credevo che..-
Intanto Ilia chiudeva la porta alle loro spalle.
-Sedetevi…e raccontatemi con calma…Non avete incontrato Sindial al cimitero?-
-Si…si …- Montague riprese il contegno che gli era usuale –Ed egli mi aspettava…-
-E allora?-
-Quando ho capito che i miei sospetti si stavano concretizzando…mi è mancato il coraggio…-
-Scusate,monsieur…ma non mi è chiaro…-
Il delegato scosse la testa,sospirando:
-Avete ragione…io stesso non riesco a capacitarmi di…di quello che vedo,di quello che percepisco…delle mie reazioni…Vedete,io sono un uomo metodico;la professione che ho scelto non è stata un caso…mi piace procedere passo dopo passo,razionalmente,attraverso ogni inchiesta…Ricostruire il vaso rotto,frammento per frammento:vado avanti con calma,perché so che il segreto della comprensione del tutto è proprio in quello:mantenere la calma,il distacco…-
-Si…capisco…- Ilia fece per alzarsi,invitandolo a bere un caffè.
-No…non voglio niente…ho solo bisogno che mi ascoltiate…- lo trattenne quegli.
-Ebbene…vi ascolto…-
-Quando vidi per la prima volta quel bambino,Germaine,ebbi una sensazione strana:come se quel suo volto,i suoi occhi mi fossero familiari…E quando egli si abbracciò a Sindial e…lo riconobbe…fui certo che non mentisse…Non fraintendetemi:ho svolto anch’io delle indagini…Sindial non può essere De La Revenge…era già a San Pietroburgo quando qui avvennero i fatti della Comune…-
Ilia si schiarì la voce,mordendosi impercettibilmente le labbra.
-Ma se eravate al corrente…?-
-Vedete,l’accusa mossa contro di lui era innanzitutto di aver fatto del male a quel bambino…ed io dovevo appurare questa verità…-
-Si…-
-E quando il piccolo orfano si è rivolto la prima volta verso di lui,lessi in quegli occhi una fiducia impressionante,che mi convinceva a credere alla buona fede di monsieur Sindial-
-…Poi però avvenne l’increscioso episodio della maschera…La paura dipinta sul volto del piccolo,il rifiuto…mi trassero in inganno:ebbene si,anch’io giudicai male…mio malgrado…-
-Per fortuna i bambini sanno vedere oltre i nostri ottusi limiti…- commentò Ilia.
-Già…non solo ha dimostrato di provare profonda pietà per lui…ma addirittura l’ha riconosciuto davanti a testimoni…- proseguì Montague,concludendo:-…ed io ho applicato la legge,senza volerne sapere di più!-
-E avete fatto benissimo…avete applicato la giustizia,monsieur…contro quell’arpia!- sbottò Semonov,incapace di trattenersi.
Uno sguardo di complice solidarietà passò tra loro,poi Montague riprese il racconto che lo angosciava:
-Però,una volta archiviata la denuncia,ho chiesto un periodo di congedo…perché rimaneva da svelare il mistero di quegli occhi…-
Una porta si schiuse e un profumo di caffè anticipò l’arrivo di Alphonsine,con un vassoio e due tazzine.
-Oh scusatemi…vi credevo da solo…- disse Montague,imbarazzato.
Ilia guardò leggermente contrariato la nuova venuta:era il momento meno adatto per presentarsi,quello!
-Perdonatemi…- disse allora la ballerina,intuendo tempestivamente qualcosa – Credevo che avreste gradito una tazza di caffè…-
-Grazie mia cara…tu ehm…ricordi monsieur Montague?-Ilia le fece un’occhiata eloquente.
Montague si alzò e abbozzò un baciamano:
-Madamoiselle Segnier…-
-Se permettete…vi lascio soli…- disse congedandosi con un sorriso –Ilia,ti ricordo solo l’impegno a pranzo…-
Ilia sorrise,annuendo.
Quindi la vide sparire dietro la porta e non potè impedirsi di pensare,per una frazione di secondo,che a volte gli sembrava proprio che gli appartenesse…
Montague aveva sorbito il caffè,inseguendo i pensieri.Ilia ne bevve un sorso,quindi gli domandò:
-Ora…volete dirmi l’oggetto della vostra ‘personale’ inchiesta?-


Sindial prese Germaine per mano e piano lo andava sospingendo verso il vialetto che conduceva all’uscita del cimitero.
-Aspetta…- gli disse il bimbo e con la manina lo attirò verso la spianata delle fosse,quelle vere,in cui non c’era nessuna distinzione tra i poveri resti senza nome,tutti sepolti sotto un’unica distesa d’erba.
Qui il bambino si fermò,osservò a lungo il prato.E forse ricordò…
Erik avvertì la presa della piccola mano farsi più intensa.
-Che cosa c’è Germaine?-
-Tu…non lo puoi sapere…-
-Cerchi qualcun altro?-
Il bambino non rispose,nascose il viso nel mantello di Erik e pianse.
Una pietà sconosciuta,una condivisione incontrollabile toccarono il cuore di Sindial.
Per un attimo rivide un bambino innocente,maltrattato,irriso,esibito come una bestia in gabbia in un circo itinerante.
Cosa avrebbe pagato per riprendersi quell’innocenza perduta…
-Cerchi tua…madre,vero?-
Germaine annuì.
-Torniamo a casa,ora…e,durante il cammino…parlami di lei - sillabò piano,quasi incredulo Sindial.



Il caffè nella tazzina di Ilia era finito.
-Dunque…voi ritenete possibile che Germaine sia…vostro nipote?- domandò il russo al suo ospite.
-Non ritengo…Oggi ne sono stato assolutamente convinto…-
-Ma…perché allora non vi siete fermato?...-Ilia non terminò la frase,scambiò uno sguardo sofferto con il suo interlocutore,tacque.
-E ‘ una storia così…struggente,monsieur…-soggiunse.
-Già…vedete i pezzi del puzzle combaciano tutti…ma quando vado a incastrarli tra loro…mi accorgo che il puzzle stesso,in fondo è una mia creazione mentale:non ho prove di quello che vedo coi miei occhi! …e questo mi blocca,mi impedisce di…Io non voglio scavare nel passato di quel bambino rimuovendo macerie e dolori…io vorrei solo…-
Tacque un attimo;nei suoi occhi passarono le immagini di una tragedia vissuta a distanza,il dolore aggravato dall’impotenza di evitare il male che si scatenava violento sui suoi affetti più cari.
-Io…. vorrei solo poterlo abbracciare…-
Ilia abbassò lo sguardo;provava un’istintiva simpatia per quell’uomo.
-Perché siete tornato da me,a parlarne?...-
-Perché con voi sono riuscito a trovare le parole…per chiarire anche a me stesso,quello che vorrei davvero…-
-Il mio principale…-
-Il vostro principale è diverso da voi…ho imparato a soppesare bene l’animo umano,sapete? Sindial è molto più vicino a quel bambino,di quanto possiamo esserlo voi o io…Ma è altrettanto distante dagli altri uomini…e forse ha le sue ragioni…-
-Credete che non avreste potuto parlare con lui,come ora parlate a me?-
-Non lo so…- rispose Montague. –Vedete,ci siamo fronteggiati da due lati di una barricata;tra di noi c’è reciproco rispetto,forse…ma…-
-…Volete che sia io,a parlargli,ancora?-
-…No…io…ho scritto una lettera,per lui:avrei potuto dargliela,stamane,ma..…Vorrei solo che gliela consegnaste,personalmente…-
Così dicendo trasse dal giustacuore una lettera sigillata e la consegnò al giovane interlocutore.
-La riceverà oggi stesso…- lo rassicurò prontamente Ilia.
-Grazie,monsieur Semonov…non voglio disturbarvi oltre…- disse ancora,congedandosi il giudice,dopo una stretta di mano intensa e schietta.
Ilia rimase qualche minuto con la missiva tra le mani,pensoso.
Poi si alzò e rientrò nella stanza da letto.Depose la lettera nella tasca interna della sua giacca,che era appoggiata alla sedia,sedette di nuovo allo scrittoio,intinse la penna nel calamaio e questa volta le parole ne sgorgarono come un fiume…


Come promesso,accettando l’invito del giorno prima,Alphonsine e Ilia restarono a pranzo a villa De La Revenge.
Dopo mangiato i due uomini si ritirarono,col permesso delle dame,a discutere nello studio.
Sinette ed Aurora passeggiarono insieme nel parco.
-Il tuo stato comincia appena a indovinarsi,Aurora…- disse Alphonsine – Ma nel complesso hai una forma invidiabile…-
-Grazie…finalmente stiamo passando un periodo sereno…- confermò l’altra.
-In ogni caso,l’altro giorno in modisteria ho sentito che esistono busti capaci di nascondere la gravidanza anche avanzata…destinati proprio a chi lavora nel mondo dello spettacolo,capisci?-
Ora erano sedute sull’erba,a osservare il placido silenzio del meriggio estivo.
-Non credo che potrei sopportarli…- commentò Aurora-Ma,come mai tanto interesse?- insinuò con una punta di malizia scherzosa.
-Oh..curiosità!- finse distrattamente la ballerina.
-Curiosità o…previdenza?-
Alphonsine si inalberò un po’:
-Previdenza?...l’unica previdenza possibile è non rimanerci affatto!...Certo,sono previdente-soggiunse poi,calmandosi -ma a modo mio!-
-Ma…non mi avevi detto che,con Ilia…-
Alphonsine sospirò:
-Si…è bello stare con lui…ma…Ecco,io non potrei mai isolarmi come te,autoescludermi dalla vita,rinunciare al successo,agli omaggi degli ammiratori…-
-Ma…-
-Non interrompermi…so quello che vuoi dirmi…Ma io sarò sempre così,sarò Sinette,che ha bisogno di amore,tenerezza,amicizia…e sarò Alphonsine Segnier,la prima donna…che cerca gratificazioni,applausi..-
-E …Ilia? Non merita di più,secondo te?-
Alphonsine scosse la testa,sorridendo:
-Non credere che lui sia tanto diverso da me…Anche Ilia ha due amori,anzi:ha un solo grande amore,per la vita,per il mondo,per quello che vive ogni giorno e vede vivere agli altri,per tutto ciò che può diventare racconto,nei suoi appunti…Tutti i suoi slanci,la sua generosità ,il suo entusiasmo vanno in quella direzione…Se avesse voluto una casa e una famiglia,sarebbe rimasto dov’era,dove sono le radici del suo cuore…-
Aurora abbassò la testa,pensosa:
-Forse hai ragione…-
Alphonsine ne guardò il bel profilo sognante,sorrise appena.
-Anche l’amore,per lui,è l’illustrazione di un romanzo…una donna irraggiungibile,da sognare,da rimpiangere…-
La pianista arrossì.Alphonsine soggiunse,con compiacimento:
-E poi invece ci sono le nostre schermaglie irripetibili,le risate,i battibecchi…e le notti appassionate…Io vorrei solo… che fosse sempre così…- concluse abbassando la testa,con un sospiro.
Aurora la guardò negli occhi:
-Credo che lo sarà…hai ragione tu,Alphonsine…in realtà vi somigliate troppo per non restare sempre vicini….e sono convinta che continuerete a fare grandi cose,insieme…-
Anche Alphonsine sollevò lo sguardo e sorrise,guardando lontano.
-Si…ci sosterremo a vicenda…e magari,invecchieremo insieme…- si lasciò sfuggire,anche lei per un momento sognando ad occhi aperti.


I due ospiti andarono via ed Erik si ritirò nello studio,per leggere la lettera che Ilia gli aveva consegnato.
Con un tagli netto,ne tranciò la busta con la lama affilata del suo tagliacarte,quindi l’aprì:
“Non è facile,monsieur Sindial,esternarvi quanto segue,ma proverò…
Le circostanze che ci hanno fatto incontrare.naturalmente non facilitano il mio racconto;eppure,quelle circostanze svelano che il gioco del destino finisce per essere sempre vincente,nei rapporti che si intrecciano tra gli uomini.
Vi sembrerà strano,ma la storia mia e della mia famiglia ha parzialmente qualcosa in comune con la vostra;in parte io so cosa significa essere discriminato,guardato dall’alto in basso,valutato per l’etichetta che vi hanno appiccicato e non per quello che valete.
Ho scelto di esser giudice proprio per avere la possibilità di valutare le persone al di là delle apparenze:e mi sono ritrovato a dover valutare proprio voi,che vi siete ritrovato ad essere il ‘padre adottivo’ di un bambino;e a sostenere in suo nome un’accusa infamante.
Come il vostro segretario vi riferirà,so bene che le cose tra voi e Germaine non stanno come,apparentemente,ho voluto credere che fossero.
Come giudice mi è bastata la testimonianza di un innocente,per chiudere l’inchiesta..
Ora però quello che mi interessa è conoscere meglio la storia di quel bambino,di Germaine.
Dalla fiducia che ha dichiarato davanti a tutti di nutrire nei vostri confronti,sono sicuro che voi potreste ricavare ..
Che cosa vi sto chiedendo,monsieur Sindial?io stesso non lo so.
Vorrei poter conoscere il nome della madre di quel bambino,sapere qualcosa di lei ;in realtà vorrei sapere tutto,ma non vorrei mai che il piccolo Germaine dovesse ancora soffrire …
Perché questo?...per un sospetto,che ad ogni passo sembra diventarmi certezza:io credo che Germaine sia figlio a mia sorella Fantine…ch’egli sia mio nipote,l’unico parente che mi rimanga…
So che da poco voi avete iniziato a costruirvi una famiglia,quindi conoscete quanto essa sia importante nella vita di un uomo.Di quello che rimaneva della mia,avevo perso finanche le tracce…persino la possibilità di piangere su una tomba:ora invece mi si schiude la possibilità di riabbracciare una parte viva e cara di essa.
Vi chiedo di aiutarmi,monsieur
In fede.
Jacques Montague”

-Ti disturbo?-
Erik sollevò gli occhi dalla lettera:sulla soglia era ferma Aurora.
-Entra…tu non disturbi mai…- le rispose galante prendendole la mano.
-Eri così assorto …-
-Si…ho ricevuto una lettera che vorrei leggessi…-
Così dicendo le passò il foglio:Aurora lo lesse,reggendolo tra due mani.
Intanto Erik si avvicinò alla cartella di cuoio rosso in cui conservava i documenti,sulla sua scrivania e ne trasse quello che sembrava la bozza di un ritratto.
Quando Aurora ebbe finito di leggere,si volse a guardarlo;lui allora le porse l’altro foglio.
-Che cosa è,questo?-
Era un volto di donna.
-E’ forse…?-
-E’ la madre di Germaine…lui me l’ha descritta e insieme abbiamo disegnato questo ritratto…-
Aurora osservò quel volto,in silenzio.
-Si chiamava Fantine…-aggiunse Erik.
-Oh…ma allora…-
-Si…forse quello che Montague pensa è vero…-
Aurora provò un brivido di commozione e si abbracciò a lui,intenerendolo:
-Amor mio…-
-E’ tutto così..così triste e bello assieme,Erik…-
-Cosa mi consigli di fare,mia piccola saggia sposa…-le chiese sollevandole il viso e baciandole una lacrima che scorreva lungo la gota.
-Intanto…rispondere a Montague,inviandogli le informazioni che hai e…il ritratto.Poi…-
-…poi Montague e Germaine debbono incontrarsi…-
-Non…non lo perderemo,vero?- chiese Aurora,anticipando forse un dubbio che aveva attraversato anche la mente di Erik.
L’uomo scosse la testa e la strinse forte,come a rassicurarla.



Ilia era intento a controllare una serie di documenti,nella piccola stanza che aveva adibito a studiolo avventizio in teatro,quando un’ ombra si disegnò davanti a lui;sollevò lo sguardo:
-Sindial!?!...-
-Ben trovato Ilia…-
-Non vi aspettavo…- disse il giovanotto,alzandosi.
Era passato poco più di un giorno o due,dal loro ultimo incontro e gli era sembrato che il suo principale avesse ben poco interesse a rientrare in città:era assetato di solitudine,pago del ritiro dorato della sua casa,con la sua sposa…
-Infatti…diciamo che non era mia intenzione rientrare così presto…- confermò l’uomo,guardandolo – anche perché sapevo che il teatro era in ottime mani…- concluse,ammiccando appena.
Ilia chinò il capo,contento di quell’inatteso riconoscimento,inatteso perché così esplicito.
-Accomodatevi,prego…- disse,imbarazzato.
Erik sedette,poggiando il bastone di lato allo scrittoio e scrutando ironico il suo segretario.
-Che sciocco…- soggiunse quello – voi siete a casa vostra…-
Il proprietario dell’Opera sogghignò,scuotendo la testa.
-La mia casa,ora,è un’altra…anzi…solo ora posso dire di possederne una!..Ma perché siete rintanato in questa specie di sgabuzzino,quando avete a disposizione lo studio,di sopra..?-
Ilia non rispose.Si schiarì eloquentemente la voce,sorridendogli.
-Bene…ora che ci siamo scambiati i convenevoli – tagliò allora corto Erik,tornando serio – Ho un incarico da affidarvi…-
Il Russo pensò che finalmente si tornava alle vecchie care abitudini…
-Di cosa si tratta?-
-Credo possiate intuirlo:ho qui una lettera che dovrete personalmente consegnare al giudice Montague…-
La busta non era sigillata;col gesto Erik fece intendere al suo collaboratore che avrebbe dovuto leggerla.
-Si…-
-Resterete con lui, …e in base alla reazione che ne avrà,Ilia,agirete di conseguenza…-
Il giovane russo aggrottò un po’ la fronte,pensoso:era un incarico di responsabilità,anche più del solito.
-Capisco…ne avete già parlato con Germain?-
-Cenni.Una volta che avrete preso la vostra decisione,verrete a prendere il bambino –se lo riterrete opportuno- e con la diplomazia e la sensibilità di cui siete dotato,provvederete…-
Ilia avvertì una leggera sfumatura di rimpianto nella voce di Sindial;sollevò il viso verso di lui e lo rassicurò:
-In ogni caso,è da voi che tornerà…Siete suo padre!-
Erik abbassò la testa;una ruga gli solcò la fronte,ed egli soggiunse semplicemente:
-Ho piena fiducia che tutto sia fatto bene e al più presto…-
Poi inspirò,alzandosi con uno slancio nervosamente energico e si guardò intorno:
-Intanto…io darò un’occhiata a quelle carte che stavate esaminando e provvederò al teatro!-
Ilia stava per indossare il soprabito e uscire,quando sulla porta si fermò a domandare:
-E…anche madame Aurora è al corrente della vostra decisione?-
Erik aveva raccolto le carte e lo precedeva nel corridoio:
-Naturalmente…E’ una decisione che abbiamo preso insieme…-rispose,seccamente.
Il giovane sospirò,si ravviò i capelli frettolosamente e uscì.

Aurora e Alphonsine camminavano insieme lungo il boulevard d’Auteuil,osservando le vetrine;a un tratto la ballerina riconobbe la sagoma familiare di Ilia,incrociare la sua strada con la loro.
-Hey….signor segretario?- lo apostrofò –dove corri così compito e serio?-
Il giovanotto sollevò lo sguardo,sorrise del fortuito incontro,quindi scambiò un’occhiata furtiva con Aurora.
-Ho qualcosa da fare…-
Sinette commentò:
-Quando assume questo fare circospetto,Aurora cara,vuol dire che sta lavorando per il tuo illustre marito…-ma la risata le si attenuò,mentre guardava ora l’uno ora l’altra,che intanto aveva abbassato la testa,sfuggente.
-…E tu certamente ne sarai informata più di me…- soggiunse,con una punta di dispetto nella voce;quindi finse di interessarsi a una esposizione di quadretti floreali e volse loro le spalle.
-Se siete al corrente della mia ‘ commissione’.Aurora…approfitterei per.ehm - Ilia si schiarì la voce – per rassicurarvi,come già ho fatto con Sindial…-
-Grazie Ilia…siete sensibile ,premuroso…Ma fate la cosa che riterrete più giusta…-
-Si…Sinette?-
Alphonsine lo guardò con aria distratta.
-Ci si vede,Ilia …- lo congedò,rammaricandosi di lì a poco di essere stata troppo dura.
Il giovane si limitò a scuotere il capo,deluso e spazientito insieme,quindi proseguì verso place Vendome,senza voltarsi indietro.


Le due giovani donne rientrarono nel pomeriggio in teatro,coi loro acquisti.
Consegnata ai commessi la pila di pacchi e pacchettini,salirono insieme le scale verso l’ala abitabile e pensarono di trattenersi nel gymnasium,dal momento che dallo studio di Erik,in fondo,si levava un sommesso discutere.
Entrando,si accorsero che probabilmente Sindial era stato lì,a lavorare.
Sul piano alcuni spartiti sparsi senza un preciso ordine.
Alphonsine ne sollevò uno e lesse l’intestazione: ‘Amour e Psiche’
-Di cosa si tratta?- domandò ad Aurora. –naturalmente se mi è lecito saperlo…-soggiunse con una punta di facile ironia.
La pianista finse di non accorgersene;era chiaro che ad Alphonsine pesava quella palpabile esclusione dai segreti che legavano invece Sindial,lei ed Ilia Semonov;in parte le dava ragione.
Ma non spettava a lei decidere di metterla al corrente di tutto…
- E’ un balletto…- rispose invece,con entusiasmo.
E sedendosi al piano ne accennò l’overtoure.
-Conosci il mito?-
Alphonsine si fece attenta alla musica.
-Mi pare….-
Aurora,continuando a suonare,glielo riassunse brevemente.
-La musica è splendida…- commentò la ballerina,poi sospirò.
-Che cos’hai?- le chiese l’amica.
-Sindial deve aver pensato a te…nel comporla…-
-Bè…quando ha cominciato io ero ..-
Sinette la interruppe:
-Tu saresti perfetta per quella parte!-
-Io?...- Aurora rise.
Poi si rese conto che l’amica non stava scherzando e ribattè:
-Se vuoi conoscere la mia opinione,invece TU saresti perfetta…tu saresti perfetta per qualsiasi parte,Alphonsine…-
-Non dire sciocchezze…al massimo potrei fare il ruolo di Venere…Psiche è una bellezza eterea,quasi ehm..- la ballerina si fermò a cercare la parola giusta.
-Metafisica?- disse una voce maschile alle loro spalle.
-Erik!- esclamò Aurora.
Il nuovo venuto carezzò delicatamente il viso della moglie,poi riprese a interloquire:
-Avete ragione,madamoiselle Segnier…Psiche è una bellezza incorporea…-
Alphonsine abbassò il capo,con malcelato disappunto.
Nel dir così l’uomo iniziò a raccogliere i suoi spartiti,ma qualcuno ne richiamò l’attenzione fuori:
-Permettete…- disse allontanandosi.
-Intende metterlo in scena presto?- domandò ancora la ballerina,con un’espressione imbronciata sul viso.
-Credo ad apertura della prossima stagione…ma se volessi ascoltarmi… .-tentò di insistere Aurora.
-Un ruolo del genere è per te…o per una come Dolphine,al massimo,con quel suo corpo filiforme… -
-Alphonsine! Ma perché non vuoi accettare che è la danza che ti incarna nel personaggio?io so come sai trasformarti…-
-Il personaggio di Anitra mi calzava a pennello,Aurora…- proseguì ostinata Sinette. –Mi toccherà stare a guardare,mentre qualche giovane promessa della scuola ai provini si dimostrerà perfetta…-
-Una giovane promessa non s’improvvisa etoile da un momento all’altro!- contestò la pianista. –Tu sei la migliore ballerina di Francia,Alphonsine…tu devi dimostrare a Sindial che quella parte è tua!-
- Mia moglie non ha torto,madamoiselle Segnier…- Erik era nuovamente rientrato,facendole sussultare. –Accettate la sfida…mostratemi che potete essere voi,Psiche!-
Ripresasi dallo spavento,Alphonsine stava per rispondere,tirandosi indietro.
Poi però la parola sfida la eccitò:guardò alternativamente l’amica e l’enigmatico volto dell’impresario,che la fissava provocatorio.
-Ebbene…ne riparleremo ai provini,monsieur Sindial!- rispose fiera.
Erik non commentò,ma –considerato chiuso l’argomento- si rivolse ad Aurora:
-Vogliamo rientrare a casa?-
Lei si schiarì la voce,domandò:
-Con Ilia?...tutto risolto?-
-Si…-fu la laconica risposta dell’uomo.
-Ritorniamo,allora…tu,Alphonsine? Resti in teatro?-
La ballerina stava ancora pensando allo scambio di battute precedenti;avrebbe voluto parlarne con un amico,con il suo amico…Rielaborò allora quello che si erano detti tra loro Sindial ed Aurora e pensò che Ilia doveva essere a casa sua…
-Andate pure…si,io debbo riordinare un po’ gli acquisti fatti…- mentì.
Attese infatti che la coppia si allontanasse,per cambiarsi d’abito e precipitarsi al Quartiere Latino.


Quando Alphonsine bussò alla sua porta,Ilia stava guardando un volto sbiadito ritratto in una piccola cornice che aveva a muro:era sua madre.
Sospirò,alzandosi lentamente dalla poltrona,riponendo il quadretto al suo posto e,finalmente,andando ad aprire.
-Oh…la nostra primadonna… -disse accogliendo la nuova venuta,senza particolare entusiasmo. –Entra,accomodati…-
-Mi tieni il broncio,Ilia?- gli domandò lei,civettuola.
-Diciamo che ho rinunciato anche a questo…- rispose lui,con una punta di amarezza.
Lei finse di non coglierla:aveva troppa premura di parlargli del colloquio avuto con Sindial ed Aurora;voleva conoscere il suo parere,voleva conferme da lui.
Parlò quindi a ruota libera,raccontando quello che era successo ed esponendo quello che intendeva fare:
-Ad ottobre se riuscirò,sarò anche dimagrita…e ho pensato già a delle coreografie possibili…Ma,Ilia,tu non mi ascolti affatto!- concluse,rimproverandolo.
Effettivamente il giovanotto era rimasto ad ascoltarla un po’ distratto.
-…Che cosa ti aspetti che ti dica? Brava?-
Lei lo guardò,con una espressione di rimprovero nello sguardo,sospirando:
-Ti metto a parte dei miei pensieri,delle cose a cui tengo…cosa che tu non sempre fai…-
Questa volta lui ammise,lasciandosi sfuggire un sorriso imbarazzato,che anche Alphonsine aveva ragione:le aprì le braccia,la strinse:
-Lo sai bene che ai miei occhi,fin dal primo momento,tu sei stata la sola ‘primadonna’:sono contento che tu abbia accettato la sfida di Sindial…e so per certo che la vincerai,Sinette….-
Le diede quindi un bacio leggero sulle labbra,le chiese:
-Resta accanto a me,mentre scrivo ancora un capitolo del mio romanzo…Non ci metterò molto!-
Lei lo guardò negli occhi,annuì con un sorriso.
-A patto che questa volta tu mi legga quello che hai scritto…-
Il giovane fece lentamente di sì,col capo,accettando.

“Revenge – Il riscatto.

Ogni volta che concludo un capitolo,penso sia l’ultimo di questa storia;invece la mano del destino sembra divertirsi a precedermi,a versare sempre nuovo inchiostro sulle pagine bianche della vita.
Non può non chiamarsi Destino quello che ha intrecciato così abilmente i fili dell’esistenza di Sindial con quelli di Germain De La Revenge,il figlio del silenzio che viveva ai margini dell’umano,nel cimitero di *****.
Quel bambino,attraverso il protagonista di questo mio romanzo,ha ritrovato se stesso,la voce che aveva perso,la casa;ha incontrato un padre…
Ma a quanto pare sempre il Destino aveva in serbo ancora una sorpresa.
Germaine non ritroverà più sua madre,ma almeno ci sarà qualcuno che potrà aiutarlo a coltivarne la memoria.
E tutto è accaduto in maniera fortuita,casuale.
Per una coincidenza straordinaria l’uomo che avrebbe potuto distruggere il sogno di Sindial di rifarsi una vita attraverso un nome e una identità legale,il delegato Montague,svestiti i panni di giudice ha rivelato essere invece il protagonista di un passato sofferto,anch’egli uno sradicato a cui la vita aveva strappato tutti gli affetti,ma non la fame d’amore,non la sete di tenerezza:e sono state questa fame e questa sete che gli hanno permesso di riconoscere da un’espressione del volto,da uno sguardo amorevole,in Germaine,il figlio della sorella Fantine,trucidata durante la settimana di sangue del maggio 1871…Un nipote di cui ignorava persino l’esistenza.
Egli,dopo l’increscioso faccia a faccia con madame Jardin,si rivolse a me perché in qualche modo intercedessi presso Sindial,affinchè gli permettesse di avvicinarsi al piccolo orfano.
Temetti invero che il mio principale,spesso ostile verso il mondo esterno,credendo di proteggerne Germaine ,lo avrebbe escluso da ulteriori contatti con esso.
Sindial invece mi meravigliò,come spesso,come sempre.
Ebbe gran rispetto verso la legittima aspirazione del bambino a recuperare i veri legami familiari che la vita sembrava avergli negato;egli stesso fornì la prova che le supposizioni di Montague circa l’origine di Germaine erano giuste,realizzando un ritratto di Fantine,sua madre.
Quindi affidò a me un biglietto e quel ritratto:avrei dovuto consegnarlo a Montague e studiarne la reazione…quindi decidere.
Avvertivo chiaramente nel forzato distacco di Sindial la segreta paura di perdere quel bambino che aveva saputo insegnargli a essere padre;e immaginai che anche Aurora intimamente provasse pena all’idea di staccarsi dall’orfano che tanto le evocava l’infanzia calpestata dell’uomo che amava.
Ma entrambi furono stoici,attesero che tutto si compisse.
Mi recai dunque da Montague e gli consegnai la lettera.
L’uomo la scorse in fretta:poche righe essenziali,vergate da Sindial.
Quindi aprì il foglio che conteneva il ritratto:lo osservò intensamente solo un attimo,poi iniziò a piangere,un pianto dirotto,irrefrenabile;un pianto senza parole.
Non fu necessario altro.
Come d’accordo,mi prodigai perché a questo punto Montague e Germaine si incontrassero.
Ciò accadde proprio a Villa De La Revenge.
Li vidi scambiare poche parole,poi,quasi timidamente,li vidi cercare il reciproco abbraccio…In quell’abbraccio,in quel calore,per un momento mi sembrò di vedere materializzato un sorriso muliebre:da qualche parte una madre riposava finalmente serena,perché le persone che amava si erano finalmente ritrovate…”
Ilia interruppe la sua lettura ad alta voce:Sinette era commossa e turbata.
Stesa accanto a lui,sul letto,si abbracciò alla sua schiena,posò il capo sulla sua spalla e gli sfiorò piano la guancia con un bacio riconoscente.Allora il giovane chiuse il taccuino dei suoi appunti e le ricambiò l’abbraccio,tralasciando di leggerle gli ultimi righi.

“Sindial e Aurora preferirono non assistere a questo incontro.
Ma Montague mi fece promettere che li avrei rassicurati:Germaine li considerava la sua nuova famiglia,e sempre sarebbe stato parte di loro.
Così il cerchio si era chiuso.
Quell’oscuro presagio inscritto nel nome Revenge mi apparve finalmente chiaro:la parabola di Sindial,da reietto a fantasma a uomo si compiva.
La ‘rivincita’ altro non era che il suo definitivo ‘riscatto’…”


Erik ed Aurora erano rientrati alla villa;benché confortati dalle rassicurazioni di Ilia,ciascuno nutriva una punta di malinconia all’idea che per qualche tempo Germaine non avrebbe animato la casa con quella esuberanza infantile a cui si erano abituati.
Non ne parlarono,ma quella assenza per entrambi fu difficile da superare.
Aurora spalancò gli occhi nel cuore della notte.
Un buio opprimente la circondava,un buio che conosceva bene:una prigione di tenebre che le ottundeva il contatto col mondo…
Allungò la mano accanto a sé,ma Erik non era al suo fianco.
Rabbrividì,tentò di scuotersi,tentò di scendere dal letto e raggiungerlo:forse era intento a comporre…forse..
Si agitò;la terribile sensazione di cadere nel vuoto aumentò quel senso di umore freddo sulla schiena;tremò,si mosse convulsamente…
-Erik…-
Finalmente si svegliò.
Aprì gli occhi:era buio,ma non si trattava della cappa opprimente della sua cecità.
Era il buio della notte,entro il quale poco a poco cominciò a riconoscere le ombre delle cose.
-Erik!-
La giovane donna si rese conto che davvero lo sposo non era al suo fianco.
Si alzò dal letto e andò a cercarlo.
Nella luce irreale e impalpabile del lume a gas appoggiato sul piano,Erik aveva appena finito di annotare sul pentagramma un breve movimento musicale :riassumeva la vicenda di un bambino condannato dal destino a una dannazione e a un riscatto più grandi di lui,sulle barricate di una Parigi insanguinata dalla guerra civile,la Parigi protagonista della sua nuova opera.
In quella creatura musicale aveva proiettato una piccola parte di sé,ma anche molto di Germaine.
Si era ora fermato a riflettere,a mettere a confronto la sua infanzia negata e quella del piccolo orfano.
E si domandò che cosa il destino avesse voluto fare,incrociando le loro esistenze.
Forse la strana parabola della vita,dopo l’amicizia,dopo avergli insegnato ad amare una donna,ora gli aveva indicato un altro tipo d’amore,preparandolo al futuro,alla paternità.
Dimostrandogli che adesso si,era un uomo in grado di affrontare tutte le sfaccettature dei sentimenti umani…
Gli risultava difficile crederlo.
Il destino aveva sempre giocato con lui come il gatto col topo;il destino o Dio…
Gli era sembrato di poter toccare la felicità,raggiungerla,afferrarla…ma si era trattato di un inganno,pensò deluso ricordando il passato.
In quel momento una sagoma bianca si materializzò nell’oscurità.
-Erik?...-
Aurora gli andò incontro,chiamandolo per nome.
Sindial sospirò,scuotendo la testa,rimproverandosi.
Come poteva credere a un inganno? La felicità era vera,palpabile:era davanti a lui…
Era la sua sposa,la sua bambina adorata…la madre del suo bambino…
-Anima mia…non dormi?- le domandò,aprendole le braccia.
-Ho…ho avuto un incubo…- gli rispose,rintanandosi nel suo abbraccio.
E mentre lui la stringeva consolandola,gli raccontò la terribile sensazione provata nel buio.
-Non …non lasciarmi mai più da sola al buio,Erik…ti prego…-
-Perdonami…in genere c’è la luce della brace nel camino…o la luna…Stanotte non ci ho fatto caso:ho preso il lume sapendoti addormentata…-
-Ricordati di lasciare sempre una luce…-gli raccomandò,ma già tra le sue braccia quella strana paura era passata.
Lui richiuse il piano,impugnò il lume e presala per mano,rientrò con lei a letto.
Si stese al suo fianco,stringendosela sul petto,entrambi appoggiati alla testiera:il buio diradava,le stelle sbiadivano piano…
-Va meglio,ora?- le domandò,carezzandole piano il piccolo grembo pregno.
Aurora sorrise,rasserenata.
Poi propose:
-Forse…dovremmo parlare un po’…di lui-
Erik inspirò profondamente,senza ribattere,ma stringendola rassicurante.
-O… di lei…- proseguì Aurora.-Tu cosa …preferiresti? – gli domandò,un po’ imbarazzata.
Le rispose con un riso sommesso,a labbra socchiuse,dolce,intrigante,eloquente.
Non aveva preferenze…tutto era già perfetto,così perfetto da sembrare incredibile.
Le carezzò il viso,baciandole piano le labbra.
Ma di nuovo un brivido gli attraversò il cuore:forse era lì,l’inganno del destino? Sarebbe ricaduto sul piccolo innocente che Aurora cresceva dentro di sé?
Scacciò via questa insana paura…
Aurora non meritava una pena simile,nemmeno il destino più crudele avrebbe potuto infliggergliela!
-A cosa pensi?- gli domandò lei,avvertendo il suo turbamento.
Lui respinse ogni pensiero cattivo,mostrandosi di nuovo sereno:
-A nulla…-
-Forse stai pensando a un nome?Se fosse maschio io…lo chiamerei …- la giovane donna si interruppe,mordendosi le labbra,in un gesto aggraziato e infantile di cui Erik subì la seduzione,dimenticando definitivamente ogni altra cosa.
-Perché ti sei interrotta?- la incoraggiò con un sorriso adorante.- Va avanti…-
-Mi piacerebbe chiamarlo…Donatien…-e sorrise,arrossendo.
Per lei quel bambino era un dono,un dono inatteso del Cielo.
Lui si ripetè il nome a mente e sorrise:
-E’ un bel nome…- ammise.
-E se fosse femmina?...come la chiameresti?- gli domandò lei,un po’ trepida.
Temeva che Erik facesse qualche nome legato al passato…
Egli appoggiò la testa alla spalliera,socchiuse gli occhi riflettendoci un attimo,poi rispose:
-Aimeè…-
Aurora non disse nulla,non commentò:si limitò ad abbracciarsi più stretta al suo torace forte,grata e innamorata.

L’estate trascorse dolce e serena a villa De La Revenge;poi,in autunno l’Opera avrebbe riaperto i battenti e sarebbero iniziate le prove di “Amore e Psiche”,il balletto che ne avrebbe inaugurato la nuova stagione artistica.
Il grembo di Aurora ora era sensibilmente più cresciuto,benché gli abiti cuciti apposta con assennato buon gusto non evidenziassero più di tanto la sua condizione di attesa:conservava la grazia innata del passo e dei gesti e nel complesso il suo aspetto –a parte un’ indefinibile sensazione di composta bellezza che emanava da tutto il suo essere –non era cambiato molto.
Col passare dei giorni Erik era riuscito a sottrarsi ai pensieri cattivi che covavano istintivamente nel suo cuore:la vita accanto alla donna che amava scorreva perfetta,nella condivisione delle comuni passioni.
Aurora gli era vicina sempre;spesso,spazientito dalle piccole noie legate alla gestione amministrativa del teatro,sollevava lo sguardo e lei era là,pronta a schiudergli il suo sorriso.Ed era quella la misura della felicità.
Nelle ultime settimane di settembre iniziarono i provini,a partire dalla protagonista Psiche.
C’era molta attesa e tensione nell’aria.
Nel suo camerino Alphonsine camminava ansiosa avanti e indietro,ripetendo i passi e contando i minuti.
Non aveva voluto parlare con nessuno,nemmeno con Aurora,della coreografia che aveva pensato di eseguire;anzi aveva formalmente chiesto all’amica di non presenziare al suo provino;e aveva respinto persino Ilia,quando timidamente aveva bussato alla sua porta per darle l’’in bocca al lupo’ di rito.
-Non mi fai entrare,Sinette?-
-No…- gli aveva risposto,con poca voce.
Sapeva che anche Ilia segretamente dubitava delle sue reali possibilità di acquisire il ruolo di protagonista:ebbene,avrebbe dimostrato anche a lui di cosa poteva essere capace…
Ecco…era venuto il suo turno.
Respirò profondamente,guardò sulla toeletta un ritratto sorridente di Philippe che sembrava ammiccarle incoraggiandola;ricambiò il sorriso e finalmente uscì verso il palco.
La scena era quella drammatica dell’agnizione:Psiche –aizzata dalle sorelle invidiose- non rispetta la proibizione di vedere il volto dell’uomo che giace con lei tutte le notti;si arma di una freccia dello strale dello sposo ignoto,scopre piano una lucerna che teneva nascosta sotto una coperta,avanza per scoprire l’inganno e colpire il ‘mostro seduttore’….
…ma?Che accade? Egli non è un mostro…è una creatura splendida,è il volto dell’Amore stesso…
Incantata la fanciulla resta a guardarlo,la mano si poggia inavvedutamente sulla punta della freccia:Psiche s’innamora di Amore…e non si accorge che dalla lucerna reclinata una goccia d’olio bollente sta scivolando sulla carne dell’ignaro dormiente.
Egli si desta irritato e- scoperta la colpa della sposa –la respinge,sdegnato.
La sua spinta violenta sorprende la giovane …
Alphonsine comparve sulla scena:indossava una veste leggera,che le scivolava sul corpo senza evidenziarne le forme prorompenti.
I capelli erano raccolti con disinvolta trascuratezza in una coda che le scivolava dalla spalla destra sul seno.
Non impugnava nessun oggetto;solo il gesto ne lasciava intuire la presenza.
E l’espressione del volto…
Muovendosi leggera nella penombra del talamo,Alphonsine –Psiche aveva negli occhi e nel viso la medesima insana curiosità che aveva a suo tempo animato la ballerina,in quei primi giorni all’Opera,quando aveva cercato di conoscere il misterioso Sindial…
Eppure quella creatura che si muoveva leggera sul palco,non era Alphonsine;nei suoi passi c’era insieme alla curiosità,il dubbio,l’esitazione.
Il buio la rendeva trepida,fragile…incerta.E poi di nuovo l’urgenza di sapere la animava…
Ilia dalla platea sollevò lo sguardo verso Erik,che osservava i provini dal suo palco:si scambiarono una occhiata breve e intensa,entrambi toccati dalla medesima suggestione…Alphonsine aveva saputo evocare la vera ispiratrice di quel balletto,incarnandola e trasfigurandosi:Psiche si era rivelata come Aurora…
Eccola:ha scoperto l’amore …e rimane estasiata ,estraniata da ogni altra cosa…
Ilia si alzò in piedi e battè le mani,d’istinto.
Poi guardò di nuovo verso Erik,imbarazzato.
L’impresario col gesto invitò la ballerina a concludere la sua performance,fino all’ultimo passo,fino al momento in cui –respinta- Psiche incredula sente Amore fuggire via…Per un attimo Erik rivisse la scena del campo…
A conclusione della sua esibizione,Alphonsine si inchinò sbirciando verso l’alto.
Che cosa avrebbe detto Sindial?
Anche il proprietario del teatro e la ballerina si scambiarono un lungo sguardo silenzioso,
Poi finalmente egli parlò:
-Mille grazie,madamoiselle Segnier,ci avete gratificato con una prova impeccabile…è chiaro che l’assegnazione del ruolo di Psiche è un problema risolto… -la sua voce aveva tradito impercettibilmente,ma quanto basta,la gratitudine per quella grandiosa prova di Alphonsine.
Poi tornò al suo solito tono imperativo:
-Ora passiamo agli altri ruoli…!-

Aurora –rispettando la volontà di Alphonsine e per non cedere alla curiosità – era sopraggiunta in carrozza più tardi.
Ora si apprestava a salire le scale del teatro,quando una presenza virile le si affiancò,apostrofandola:
-Permettete madame Sindial?-
Si volse:era il giudice Montague,che le offriva il suo braccio.
-Oh…monsieur delegato…- lo salutò con un sorriso vagamente interrogativo e accettò il suo sostegno. -Siete già rientrato da Haiti?- gli domandò poi,non osando tuttavia chiedere notizie dirette di Germaine.
-Siamo sbarcati l’altro ieri…-rispose lui,con un sorriso.
-…Tutto bene?-
L’uomo annuì,serio,ma rassicurante.
-Credete che monsieur Sindial potrà ricevermi per qualche minuto?- domandò poi a sua volta.
Aurora respirò,leggermente in sopraffiato;non era la salita,ad agitarla,ma l’ansia di sapere quale motivo portava Montague là…
-Siete stanca? Andiamo a sedere nel foyer…?-
-No…va tutto bene:troveremo mio marito nel suo palco,credo…-

Alphonsine poteva avvertire i battiti del suo cuore: le sembrava impazzito al punto che se non lo avesse trattenuto sarebbe sbalzato fuori.Riuscì ad uscire di scena mantenendo il dignitoso contegno della professionista,ma appena dietro le quinte un sospiro simile a un singhiozzo carico d’emozione e gioia,le sfuggì dalle labbra,finalmente.
Ora non vedeva l’ora di godersi,nel segreto della sua intimità,quel momento di trionfo:era riuscita con le sue sole forze ad ottenere il ruolo di protagonista…Ce l’aveva fatta:era davvero l’etoile dell’Opera,la migliore ballerina di Parigi…nessuno avrebbe potuto più negarlo…
Le apparve per un attimo la sagoma sprezzante del padre,le tornò alla mente il sorriso orgoglioso di suo fratello:quell’uomo arido non avrebbe potuto scalfire la sua felicità,mai più…
Mentre pensava queste cose,sopravvenne Ilia.
-Alphonsine!-
Prima che lei potesse dire nulla,l’aveva afferrata tra le braccia e baciata con un trasporto irrefrenabile.Un bacio lungo,intenso,uno scambio di anime come non era mai accaduto tra loro…
Finalmente si staccarono,lui prese fiato:
-Sei…sei stata bravissima…- le disse.
Lei lo guardò negli occhi,accennando un sorriso.
-Grazie…-
Ma la magia tra loro era già finita:era durata l’attimo che entrambi -gettandosi ogni altra cosa alle spalle- erano riusciti a congiungere lo spirito più profondo che albergava nel loro cuore.
Poi il sospetto che Ilia la baciasse così per la somiglianza con Aurora,il dubbio che lei avesse ballato così solo per ottenere il riconoscimento di Sindial,insinuandosi nella mente reciproca,li separò di nuovo,ricollocandoli su questa terra.

Erik e Montague si strinsero la mano seri,quindi si appartarono lasciando Aurora nel palco a domandarsi che cosa mai stessero decidendo.
I provini intanto procedevano:la pianista annotava su un taccuino le prestazioni che riteneva migliori,non osando decidere per lui,benché questi le avesse dato carta bianca.
Finalmente la porta del palco si riaprì e Sindial la chiamò:
-Aurora,monsieur Montague si congeda…-
Con l’accenno di un baciamano,il delegato si inchinò a salutare la donna:
-A presto,madame…-
Quindi si allontanò di buon passo verso le scale.
Aurora cercò lo sguardo di Erik:l’ansia di sapere era ormai insopprimibile.
L’uomo le carezzò il viso,rassicurandola:
- Torna nel pomeriggio…-

Cigolando sulle ruote pesanti la carrozza di Montague attraversò il viale di villa De La Revenge,fermandosi con un leggero stridore.
La portiera si aprì,con uno scatto.Ne smontò Germaine,seguito dallo zio.
Era un Germaine diverso:cresciuto,consapevole,sicuro.
Sindial e Montague avevano discusso del suo futuro,a lungo;formalmente quel bambino era figlio adottivo di Erik,ma naturalmente suo zio,che lo aveva tenuto con sé in quei mesi e –anche visitando i luoghi natii- gli aveva restituito la consapevolezza di sé e delle proprie radici,aveva diritto a condividere le decisioni che lo riguardavano.Sarebbe entrato in una scuola prestigiosa,in autunno;e avrebbe gettato le basi per un avvenire solido e soddisfacente.
Ma…quale sarebbe stata la sua famiglia?dove la sua casa?
Questa decisione poteva spettare solo al bambino.
Ecco perché Aurora seguiva trepidante il suo sguardo,ora che lo volgeva intorno osservando e riconoscendo ogni piccolo angolo del parco.
Quindi quello sguardo incontrò gli occhi di Aurora e,un momento dopo,quelli di Erik.
Germaine sorrise.
Guardò lo zio,che chinò il capo,approvando;quindi corse verso i genitori che lui stesso aveva adottato.
Era cambiato,ma i suoi sentimenti erano rimasti gli stessi.
Aprì le braccia e corse loro incontro;i tre si strinsero tra loro,amorevolmente.


Il tempo scorreva veloce:la sera della prima rappresentazione di ‘Amore e Psiche’ era prossima,ormai;nelle ultime settimane Erik era stato completamente preso dai lavori di allestimento dello spettacolo,mentre Aurora rimaneva più spesso nella villa,a riposo.
La giovane donna aveva però promesso a Germaine -in licenza dalla scuola- che lo avrebbe accompagnato a Notre Dame,per la celebrazione di Ognissanti:in quei giorni la città era in festa e le campane di tutte le chiese sembravano rincorrersi di rintocco in rintocco.
-…e lui? Non verrà con noi?- le domandò il bambino quella mattina,alludendo ad Erik la cui immagine si rifletteva nello specchio mentre finiva di appuntarsi la cravatta.
Aurora guardò Sindial con una inespressa speranza,poi chinò lo sguardo:
-No…Erik ha…ha molte cose da fare,a teatro…- rispose,sbrigativamente.
La giovane donna,aiutata poi da Beatrice,montò in carrozza;Germaine le si affiancò.
Sebbenel’aria di novembre cominciasse ad essere pungente,il cielo era terso e per questo avevano preferito un landò scoperto,da cui poter guardare le vie decorate a festa e la gente che si recava alla messa solenne.
La carrozza procedeva piano,evitando sbalzi eccessivi;tuttavia,improvvisamente,Aurora ebbe un sussulto;anche Germaine se ne accorse e le domandò:
-Che succede?-
-Il bambino…- gli rispose lei,sorridendo –Ogni tanto si muove,scalcia…-
-Posso…posso sentire?- le domandò lui e senza sapersi trattenere,appoggiò delicatamente la mano sul grembo della donna.
Di nuovo la piccola vita si manifestò.
Germaine arretrò,sorpreso e meravigliato.
-Oh!...- guardò Aurora un po’ divertito,un po’ incerto –Mi ha dato un calcio?!?-
Anche la donna sorrise.
- Maman Aurora…-la richiamò lui,facendosi serio- Ma,lui per me… cosa sarà?-
La donna lo guardò serena negli occhi:
-Tuo fratello…o..tua sorella…-
Germaine arricciò un po’ il nasino.Era incredulo.
-Ma..io…- tentò di protestare .
-…e siccome tu sarai più grande,spero proprio che vorrai prendertene cura…-
Il bambino rimase un attimo a riflettere;si sentì orgoglioso di quell’incarico inatteso e rizzò fiero il busto accanto ad Aurora.
La carrozza intanto stridendo sulle ruote si era fermata:erano davanti alla cattedrale.
Germaine aiutò e sostenne a modo suo Aurora,insieme al vetturino.
Quindi i due entrarono nel tempio dedicato alla Vergine protettrice di Parigi,dove la statua argentea sembrò accoglierli con un sorriso…
Dopo la funzione,Germaine insistè perché andassero anche a teatro.
-Ti prego maman Aurora…Solo pochi minuti…-
Così Aurora lo condusse dall’entrata degli artisti dietro le quinte mentre l’orchestra provava e le ballerine si muovevano leggere sul palcoscenico;col cenno del dito gli raccomandò di fare silenzio e insieme sbirciarono le prove,di nascosto..
Poi come due monelli,un attimo prima che potessero essere scoperti,scapparono in punta di piedi verso l’uscita,dove li attendeva la carrozza;e dove scoppiarono in una risata complice,credendo di essere in salvo.
Ma avevano fatto male i loro calcoli.
-Aurora!-
Il richiamo imperioso della voce inconfondibile di Sindial li bloccò.
-Erik…- rispose lei con un filo di voce,sapendo di essere stata colta in castagna.
Aveva un leggero sopraffiato e si appoggiava alla maniglia dello sportello.
Sul volto di Sindial una espressione eloquente di rimprovero.
-Germaine voleva tanto vedere il teatro…- si giustificò lei.
-E’ vero:sono stato io!- la difese il bimbo.
L’uomo guardò tutti e due,senza parlare,ma con evidente disappunto;quindi col gesto del capo li invitò a tornare sui propri passi.
Il foyer era vuoto.Aurora sedette a un tavolino,riprendendo fiato piano piano.
-Germaine…va’ a chiamare il commesso,che porti qualcosa da bere…-
-Si ,subito…- il bambino scattò agli ordini,anche per farsi perdonare al più presto la marachella.
Rimasto solo con la giovane moglie,Erik scosse la testa e sedette accanto a lei,prendendole le mani:
-Come va?...ti senti meglio?-
-Si…non preoccuparti…-
-Non commettere imprudenze,Aurora…il tuo medico se ne è raccomandato specificamente…-
-Ma non è stata un’imprudenza entrare qui di nascosto e sbirciare le prove,Erik…magari sono solo un po’ stanca per la corsa…-
Lui le carezzò il viso e lei appoggiò la guancia al suo palmo,teneramente.
-Ti riaccompagnerò io alla villa…-
-Non voglio distoglierti…-
-Shhh…-le intimò con dolce determinazione.
E si chinò a sfiorarle le labbra con un bacio,che presto si prolungò nel reciproco abbandono.
Germaine ritornava con un vassoio e dell’acqua,ma si arrestò sorprendendoli in quella posa da innamorati e arretrò,defilandosi,per non disturbarli.


Finalmente venne la sera della prima.
Aurora si osservava allo specchio,non del tutto convinta.
Indossava un abito color seppia,con una modesta scollatura che le scopriva solo il collo e le spalle;benché il vestito celasse,ammorbidendole sotto il delicato panneggio,le sue forme trasformate,si sentiva ormai piuttosto pesante,e goffa.
Aveva pregato,intensamente e segretamente,che il momento del parto non coincidesse con quello della prima rappresentazione di ‘Amore e Psiche’.
Per fortuna sembrava che le sue preghiere fossero state ascoltate:il dottor Parmentier aveva indicato approssimativamente la data ‘fatale’ tra qualche settimana.Ma le aveva anche raccomandato di restare a riposo,non andarsene in giro in carrozza per le strade sconnesse della capitale,e questo,e quell’altro…
Così,a parte qualche sbirciatina corsara alle prove,non sapeva quasi nulla dell’allestimento;e avvertiva la sensazione che le si stesse preparando una qualche sorpresa…
Erik comparve alle sue spalle,cingendola e baciandole lievemente la spalla nuda.
Lei si volse verso di lui,sorridendogli:
-Sono pronta…Stasera sarà la grande serata di Alphonsine…?-
L’uomo annuì.
-Già…-
Aurora sospirò.L’uomo le carezzò il viso,domandandole:
-Tutto bene?-
La pianista nicchiò,con un mezzo sorriso.
-Sai…c’è stato un momento in cui..sono stata gelosa di lei?-
La guardò quasi senza capire,interrogativo:
-Gelosa?della Segnier?-
La donna annuì,a testa bassa:
-Ti ricordi? Quando successe tutto quel bailamme,per l’abito da zingara?-
Una riga solcò la fronte di Erik,che cercava di ricordare.
-Ah si…quando trovasti da ridire sul piano…mi avevi indispettito,e mi ritrovai a suonare …dopo tanto tempo!- e scosse la testa.
Poi soggiunse:
-E perché gelosa?-
-Perché le dicesti…’Voi siete bella e siete brava’…Sapevo bene che era vero,mentre io mi sentivo terribilmente…-
Erik la scrutò negli occhi,profondamente:
-Non avevi motivo di essere gelosa,non ne avrai mai…Io amo te Aurora- le sollevò il viso tra le mani – Io vivo di te…-

Lo spettacolo fu -come di consueto,ormai- splendido:il mondo del mito,tra realtà e immaginazione,aveva trovato spazio negli scenari grandiosi creati da Sindial.
E dove la cartapesta non bastava,ecco i giochi di luci ed ombra,gli effetti,gli inganni,gli illusionismi che lo avevano reso già ‘grande’ all’epoca del Malinskiy.
A conquistare definitivamente il pubblico,poi –oltre alle musiche ,che nella loro originalità lasciavano sempre confusi e ipnotizzati insieme- fu la performance di Alphonsine…
La ballerina trascinò con la grazia e l’intensità della sua interpretazione tutta la rappresentazione verso l’esito trionfale della conclusione.
Tra scrosci di applausi infiniti,che la costrinsero a uscire più e più volte a ringraziare il pubblico,finalmente ella potè sollevare significativamente lo sguardo verso il palco da cui Sindial e Aurora avevano assistito alla prima.
L’uomo era in piedi,alle spalle della giovane sposa,che rimaneva invece seduta:entrambi risposero all’inchino di Alphonsine,replicando a loro volta,con un breve cenno della testa lui e un applauso commosso lei:aveva capito l’omaggio irripetibile che l’antica rivale era stata capace di offrirle interpretando Psiche con le stesse movenze,lo stesso spirito con cui Aurora aveva saputo ispirare Erik…

 
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view post Posted on 6/4/2008, 11:53
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Fu una delle ultime sere di novembre.
Da alcuni giorni Aurora non andava più a teatro;la scadenza era prossima,ormai.
Tuttavia aveva sempre insistito con Erik perché fosse presente invece alle rappresentazioni di ‘Amore e Psiche’,a raccogliere i frutti del suo trionfo.
Così quando egli rientrò,quella sera,trovò la casa in trambusto:madame Levigny,la levatrice,il dottor Parmentier…
Il suo bambino veniva alla luce…
Fu difficile restare in attesa,col capo appoggiato alle lastre della finestra del suo studio,la bocca premuta sul pugno serrato,mentre in casa si svolgeva un andirivieni incomprensibile;mentre dalle stanze più interne gli arrivavano –appena soffocate- le grida di sforzo misto a dolore della sua sposa.
A un tratto,uno strano silenzio;tese tutti i suoi sensi,per tentare di percepire che cosa ancora capitasse;gli era sembrato di avvertire un debolissimo vagito…Poi ancora il grido prolungato di Aurora lacerò la sera.E il silenzio…
Qualcuno bussò piano alla porta.
-Entrate,Beatrice…-
La giovane domestica entrò,seguita dalla levatrice:ciascuna reggeva tra le braccia un piccolo involto animato.
-Sono nati,monsieur…Sono due!- annunciarono quasi all’unisono le due donne.
A Erik sembrò di essere tornato a respirare dopo un lungo sprofondarenel vuoto senz’aria;senza dir niente si avvicinò ai neonati,poi lo slancio istintivo fu frenato ancora una volta dalla paura,una paura che…
-Stanno bene! E’ andato tutto bene!- lo rassicurò la levatrice –Congratulazioni,monsieur…un maschietto e una femminuccia!-
Finalmente Erik scostò appena il lino che copriva il volto di uno dei due neonati;gli comparve un visetto tondo,dai lineamenti perfetti,straordinariamente bello nell’abbandono del sonno:
-Donatien…- allora formulò il padre,piano,come riconoscendolo.
Un tenue vagito si levò dall’altro involto;Sindial si volse a quel richiamo e piano sollevò il lino che copriva la piccola nata,tra le braccia di Beatrice.
La neonata sembrò guardarlo,come aspettandosi una carezza:Erik le sfiorò la guancia con un dito,sorridendo commosso:
-Aimeè…-
…Dunque nessun inganno,stavolta:era davvero la felicità…?
Poi riprese il suo contegno riservato e domandò:
- Posso vedere la madre?-
-Vi aspetta,monsieur…-
Ma Sindial non aveva nemmeno aspettato la risposta e col suo passo sicuro era già sulla soglia della camera da letto.
-Solo pochi minuti,monsieur…- gli raccomandò Parmentier.
Aurora aveva i capelli sciolti,abbandonati disordinatamente tra i cuscini;indossava una candida camicia da notte,il cui candore sembrava riflettersi sulle sue guance pallide.
Era spossata,sembrava assopita.Ma avvertì la presenza di Erik,aprì piano gli occhi e sorridendo gli porse la mano.Lui si inginocchiò di slancio ai piedi del suo letto e,afferratale la mano,seppe solo baciargliela con disperata tenerezza,con incredula gratitudine.


-Mi spiace monsieur…ma il dottore vorrebbe …-
La levatrice aveva toccato piano la spalla di Erik,invitandolo ad uscire nuovamente dalla stanza.
Era mattino,ormai.
Dopo poco,il cigolio familiare della carrozza di Ilia avvertì dell’arrivo del fidato segretario.
Questi trovò il padrone di casa un po’ spossato,seduto in maniche di camicia e gilet in una poltrona del salotto;gli andò incontro con un sorriso,tendendogli la mano,e –nello stringergliela –gli fece le sue congratulazioni.
-Sono felice per voi,monsieur…- esclamò,con sincerità. Poi soggiunse: -Io..ehm…ho portato madamoiselle Segnier con me…è di là,dai piccoli…-
Sindial assentì,con un’espressione che significava ‘Avete fatto bene…’
Ma non aveva energia per parlare ancora,per costringere l’immenso,assoluto,ineguagliabile senso di appagamento che aveva dentro di sè entro le limitate,ridicole,inadeguate formule della buona educazione.
-Permettete che mi versi un po’ di Porto?...-domandò dopo un eloquente scambio di sguardi il giovane russo.
Non aspettò di ricevere l’assenso:riempì due bicchierini e ne porse uno al suo amico-principale.
Lo sollevarono appena,bevvero all’unisono quasi,e non aggiunsero altro.
Poco dopo Sindial fu costretto a rientrare nei ranghi della normalità;accogliere Alphonsine,scambiare con lei ed Ilia una serie di convenevoli;quindi si cominciò a parlare dello spettacolo della sera precedente,dei commenti,degli allestimenti futuri.
L’attenzione del padrone di casa fu distolta da uno strano andirivieni che si andava verificando nella stanza di Aurora.
Un presentimento lo mise in guardia.Cosa stava succedendo?
Era già sulla difensiva,quando il dottor Parmentier gli chiese un breve abboccamento.
-Che succede,dottore?- domandò Erik,con gli occhi che fiammeggiavano.
-Monsieur…c’è qualcosa che…-
-Qualcosa?...cosa?-
-Era andato tutto bene…ma…madame..- il vecchio medico era evidentemente spaventato dall’espressione torva,minacciosa del padrone di casa.
-Volete parlare,per Dio?- lo ‘incoraggiò’ questi.
-Un’ emorragia,monsieur…non riesco a fermarla:la vita della signora è in pericolo…Mi sono permesso di chiedere un consulto e volevo per l’appunto…-
Ma Sindial lo aveva già respinto di lato,sbattendolo contro la parete come un fantoccio senza forze,per entrare nella stanza di Aurora.
Sulla soglia,madame Levigny in lacrime tentò di calmarlo,di contenerne la furia:
-Aspettate…non la turbate…-
Erik guardò l’anziana donna come si guarda un’estranea mai vista prima d’ora,un’importuna,ma pure con lo sguardo ne supplicò le risposte.
-Che cosa sta succedendo?-
-Una complicazione…forse sarà necessario l’intervento di un chirurgo…-tentò di rassicurarlo lei.
Lui guardò verso la sposa apparentemente assopita e si lasciò sfuggire:
-Il mio seme maledetto le ha fatto questo…-
Aurora aprì piano gli occhi:
-Erik!..-
Sindial si slanciò verso di lei.
Ma Aurora lo rimproverò.con un filo di voce:
- Non maledire i tuoi bambini…-
L’uomo era chino accanto a lei,le stringeva le mani:
-Tu…sei tu la mia bambina adorata…-
Le mani della giovane donna erano fredde;Erik si chinò a baciarle le labbra:il sapore di miele sembrava scomparso.
O no..no! Eccolo dunque l’inganno del destino,eccola di nuovo la sua sadica perfidia…Togliergli Aurora,derubarlo della felicità dopo avergliene fatta assaporare tutta l’ebrezza…
-Io non posso vivere senza di te,Aurora…- confessò,con voce rotta;quindi soggiunse,quasi furente:
-Verrò con te,ovunque andrai,non ti permetterò di lasciarmi!-
Un po’ fuori di sé,lei ripetè,quasi cantilenandoquel fraseggio che conosceva bene:
-Ovunque andrai…lasciami venire con te…-poi sembrò tornare lucida e gli domandò,preoccupata:
-e li lasceremmo soli?...senza conoscere la tua musica,la tua arte…l’Opera?-
Lui la strinse impotente,la baciò di nuovo,insistendo a cercare quel sapore perduto.
-Alla malora l’Opera,la musica…alla malora anche ..-stava bestemmiando quel dio in cui non credeva,che lo beffava ancora con compiaciuta crudeltà.
Ma lei gli mise una mano sulle labbra,prima che pronunziasse altre empietà.
Poi sembrò perdere di nuovo lucidità:
-…E’ buio…fa’ accendere il lume,amor mio…-
Meccanicamente Erik allungò la mano per accendere il lume sul comodino.Aurora sembrò attraversata da una insperata energia;gli trattenne la mano,lo strinse contro di sé e gli mormorò un’ultima richiesta all’orecchio….
Nel sentire quelle parole Erik arretrò,come se avesse subito una scossa,la guardò;la giovane donna ebbe un ultimo sguardo supplice,poi sembrò perdere i sensi.


Bussarono alla porta.
Il consulto aveva avuto luogo e il chirurgo aveva sollecitato un intervento immediato:il tempo a disposizione era poco…
Ilia trovò Erik seduto sul letto,come imbambolato;dopo aver gettato una rapida occhiata ad Aurora,il giovanotto si prese cura del suo principale,lo sospinse fuori della stanza,mentre intorno fervevano i preparativi dell’operazione.
Rimasti da soli,il Russo cercò di scuotere Sindial,di renderlo presente a se stesso.
Finalmente l’uomo sembrò come uscire dallo stato di ipnotica prostrazione in cui versava,ma solo per sillabare:
-Non…non posso perderla,Ilia…-
-Non accadrà,monsieur…- cercò di fargli forza il giovanotto,con gli occhi pieni di lacrime.
Erik guardò anche lui come riconoscendolo poco alla volta,quindi sembrò quasi aggrapparglisi e supplicarlo:
-Pregate,Ilia…pregate chi volete,pregate quel vostro Dio…ma…-
Ilia inaspettatamente ebbe un gesto di orgoglio,respinse quella supplica e disse,significativamente:
-Io pregherò senz’altro,monsieur Sindial…ma certe cose non potete demandarle a me…-
Erik lo fissò,ferito;poi lo allontanò da sé,con brutale sconforto e scomparve all’interno della casa.
Intanto il trambusto dei preparativi che precedevano l’operazione chirurgica sembrava essere cessato.
L’attenzione dei presenti,Ilia,Alphonsine,madame Levigny,Beatrice, era tutta verso quella porta chiusa dietro la quale si giocava l’esistenza di Aurora.
Il dottor Parmentier uscì con aria derelitta.Erik lo bloccò,spalle al muro contro la parete.
-Che cosa sta succedendo?- gli ruggì sul viso.
-Monsieur…l’emorragia…-
-Che cosa sta succedendo a mia moglie?...vivrà,vero?- così dicendo gli aveva stretto il collo,minaccioso,brutale,folle.
-Faremo il possibile…- tentò di dire ancora il vecchio medico.
Con gli occhi iniettati di sangue,Erik lo tenne ancora così,bloccato contro la parete;avrebbe potuto ucciderlo all’istante;poi lo lasciò andare,arretrò un poco,infine uscì.
Poco dopo il nitrito di Melas e il suo galoppo impazzito attraversarono il silenzio.
Ilia guardò disorientato Alphonsine,poi –pentito del suo precedente,incauto rifiuto - si avventò all’inseguimento tardivo di Erik:
-Aspettate! Sindial!-


-Ilia…basta scrivere,adesso…hai gli occhi cerchiati,povero amore mio!-
Alphonsine tolse la penna dalle mani del giovane scrittore,con un gesto dolce e determinato.
Lui d’apprima la guardò con un accenno di rancore,poi invece –di fronte alla dolcezza della sua espressione sollecita,insperatamente materna- ebbe una sorta di brivido;le cinse la vita,l’attrasse a sé,posò il capo sul suo seno e pianse.
-Piangi amore..è finita,ora..è tutto finito- gli disse,lei,consolandolo,accarezzandogli la bella testa e stringendosela a sé.


“Nostra Signora di Parigi…

Nel crepuscolo il calesse di Sindial attraversò una Parigi semi deserta.
Il rimbombo furioso degli zoccoli e delle ruote sull’acciottolio delle vie risuonò come un lungo tuono minaccioso.
Finalmente la corsa dell’andaluso si arrestò:erano davanti a NotreDame.
Inutilmente lo inseguivo col mio landò vecchio e lento.
Mi aveva chiesto di pregare per la vita di Aurora ed io …
Melas impennò,con la bocca che schiumava;avvolgendosi nel suo mantello nero,ritto contro uno strano cielo livido il suo padrone smontò.
Il vento di novembre sembrò confondere mantello e criniera in un quadro cupo,spettacolare.
Il portone della cattedrale era apparentemente chiuso;ma Sindial,fatti pochi passi,vi si avventò con rabbia scuotendolo.
E senza apparente motivo,i cardini cedettero…
La violenza che egli covava dentro sembrò domata da quel cedimento inatteso.
In realtà fu solo impercettibilmente sopita.
Entrato nel silenzio sacro del luogo,avanzò lungo la navata centrale col suo passo sicuro e guardò verso l’altare con aria di sfida…
…Pensai che in quel momento avrebbe voluto rinfacciare a Dio tutto il male che gli aveva così generosamente riversato addosso…
Ma forse poi pensò ad Aurora,ai minuti inesorabili che scorrevano.
Alla sua ultima,inattesa richiesta,quella che non aveva saputo riferire neppure a me:
-Prega per me…-
Non gli aveva mai chiesto nulla,Aurora…
Mi sembrò che stesse per cedere alla disperazione,vidi le lacrime salirgli sul volto.
Ma invece si fece forza,strinse pugni e mascelle e si volse alla statua d’argento della vergine;
venne avanti verso di lei,sempre con atteggiamento fiero,ma non riuscì a sfidare quello sguardo dolente e pietoso insieme;chinò gli occhi,sollevò una mano a toccare quel manto di metallo,a stringerlo,piano,nella disperata ricerca di una forza che sembrava mancargli…
Poi parlò,o forse m’illusi di sentirlo:
-Non so pregare…e non ho mai avuto una madre a cui chiedere nulla…Tutto ciò che ne ho ricevuto è stata una maschera…tutta qui la pietà che ho trovato in lei…-
Sul volto della vergine apparve il riflesso del ghigno sarcastico della sua maschera.Sindial la sfilò,piano:sollevò poi i suoi occhi addolorati verso la statua;il metallo lucente gli restituì negli occhi di lei,il luccichio delle sue stesse lacrime.
Chinò il volto,proseguì:
-Ho conosciuto la dannazione e l’inferno,prima di poter anche solo aspirare al Paradiso…Il cielo è lontano da me,non gli apparterrò mai,lo so….e lo sai anche tu!-
Ora aveva rivolto il volto sprezzante nella direzione dell’altare.
Anche la Vergine sembrò non guardare più verso lui che la supplicava.
Poi però la preghiera riprese:
-Ma so anche che mi hai concesso Aurora…lei è il mio paradiso,è la mia eternità…è la ricompensa che non merito;è il cielo,la luce…-
Pensando alla sua sposa l’espressione sul suo volto mutò,si intenerì;mi venne in mente la notte che ci apparve in abito bianco,quando celebrarono il loro matrimonio.Una sposa così bella meritava una cattedrale adorna di fiori,non la cappella appena illuminata di un luogo semisconsacrato…Forse anch’egli stava pensando quste stesse cose.
Ma per lo strano gioco dei riflessi la vergine sembrò sorridergli ;egli se ne sentì incoraggiato:
-Non permetterGli di portarmela via…Non puoi avere il cuore di lasciarGlielo fare…! Non portarmela via ora…!-
La sua voce sembrò risuonare nella cattedrale vuota.
-…Sindial-
Lo richiamai,timidamente. Ero alle sue spalle,lo avevo raggiunto.
Egli si ritrasse al mio tocco;si irrigidì. Serrò la mascella.
-Torniamo,Sindial?- proposi ancora.
L’uomo non mi rispose,annuì col capo,guardandosi torvo intorno;incredulo egli stesso di essere là.
-Precedetemi Semonov!- mi comandò,arrogante.Con quel suo tono incapace di chiedere aiuto e disperatamente bisognoso di riceverlo. –La strada la conoscete bene…-
-Sindial…- provai a interloquire,poi arretrai,lo lasciai di nuovo solo.
Che cosa disse ancora,cosa chiese alla Vergine non seppi che immaginarlo:una proroga?uno scambio?...o solo l’umana pietà di una madre verso un figlio cui il Padre ha negato tutto?
Trattenni a stento un singhiozzo e uscii.
Attesi sul sagrato,mentre intorno a me infuriava una tempesta di vento inquietante:pensai a mia madre,a quel suo violino che l’aveva accompagnata nell’ultimo viaggio….e gridai contro il cielo il mio dolore!
Gridai l’ingiustizia di una morte assurda,inconcepibile,iniqua….
Gridai al posto di Sindial,per lui;lui che ora a dispetto di tutto pregava… ed io che bestemmiavo l’insensatezza del destino.”

Sindial rientrò all’alba.
Alphonsine,Ilia,madame Levigny erano rimasti alla villa a vegliare,ma nessuno osò rivolgergli la parola.
Lui avanzò verso la camera da letto,con una espressione indefinibile nello sguardo…
Uno dei medici lo attendeva,mentre la cameriera lo aiutava a indossare la giacca.
-Monsieur Sindial…-
-Ebbene…?-
-Mi spiace…abbiamo fatto il possibile…-
Lo sguardo di Erik sembrò in grado di incenerirlo all’istante.
-… sua moglie non potrà avere altri bambini…-
Erik spalancò incredulo gli occhi,poi buttato all’aria il medico ignaro di tutto,entrò nella stanza di Aurora.
-Attendete!- cercò di fermarlo. –Non potete…-
Ma la porta era già chiusa.Nessun estraneo poteva più interferire con la loro felicità…


Epilogo
La primavera era matura,ormai.
Una nuova estate incedeva nel campi pieni di sole,col suo fascio di messi dorate.
Dai vetri della sua carrozza,lungo una strada consueta di cui aveva imparato a riconoscere ogni angolo e che gli manifestava giorno dopo giorno,mese dopo mese,stagione dopo stagione il trascolorare del tempo,un passeggero procedeva a piccolo trotto verso villa De La Revenge:era un uomo sulla cinquantina;elegante,ma sobrio,quasi estraneo alla ricercatezza;i capelli erano scuri,ma diradavano un po’ sulle tempie,dove era riconoscibile qualche filo argenteo.
Gli occhi erano ambrati,leggermente orientaleggianti;il sorriso un po’ sognante sul viso compiaciuto era lo stesso di sempre:nonostante il passaggio del tempo,non ci si poteva sbagliare:era Ilia Semonov,che nel percorrere quel breve usuale tragitto tirava un bilancio della sua vita recente.
Da quando si era assunto le responsabilità di gestione –rinunciando poco alla volta ad ogni velleità letteraria–il teatro dell’Opera aveva assorbito tutte le sue energie:però ne era soddisfatto.
Le stagioni artistiche si erano succedute di successo in successo:opere,balletti,concerti avevano allietato le sere dei Parigini,confortandoli ed educandone il gusto del bello…della vera bellezza…
Sindial lo aveva calcolato abilmente,questo progressivo cambio della guardia:Ilia si era ritrovato da un giorno all’altro a non essere più il segretario dell’impresario,ma il direttore del suo teatro…e non aveva certo potuto trarsi indietro.
Ma in fondo si era anche divertito,appassionandosi a quel lavoro al punto che gli sembrava difficile ora poterne fare a meno…
Il vetturino tirò le redini e la carrozza frenò sulla ghiaia del viale.
Il passeggero ne scese con il passo ancora elastico di un giovanotto,ma non aveva messo ancora piede sull’erba,che una voce femminile lo richiamò,entusiasta:
-Zio Ilia!...zio Ilia!-
Sollevò il cappello a salutare Aimeè,che per uno strano motivo lo aveva chiamato senza corrergli incontro,ma rimanendo immobile in una strana posa innaturale.
Harun intanto gli si fece accanto per prendergli bastone e cappello e dargli il benvenuto:
-Buongiorno monsieur Semonov…madamoiselle sta posando per un ritratto…E’ tornato il signorino Germaine…-
-Ah si…ne ero al corrente,grazie…- gli rispose con un sorriso appena imbarazzato il nuovo venuto.
In tanti anni stentava ad abituarsi all’attitudine perfettamente orientale di Harun di dire tutto con poche parole.
Avanzò verso i due giovani.
Germaine aveva ormai l’aspetto dell’artista gentiluomo: aveva legato i lunghi capelli biondi dietro la nuca,benché una ciocca gli velasse appena la fronte;i grandi occhi neri sapevano scrutare ogni particolare intorno,quasi abbeverandosene,per poi riprodurlo con una mano abile,con uno stile originale.Il fisico non era imponente,ma agile e nervoso.Emanava dal suo corpo una sensazione di forza sopita,che lo rendeva naturalmente attraente.
Ilia sbirciò alle sue spalle gli esiti del lavoro.
Poi sollevò lo sguardo sull’originale,trattenendo appena il respiro.
Era difficile abituarsi alla straordinaria somiglianza tra Aimeè e sua madre,soprattutto ora che nello sguardo della fanciulla brillava lo stesso,incantevole trasporto che tante volte Semonov aveva letto nell’espressione di Aurora.Quel trasporto destinato ad altri che a lui…come sempre,come ora…
-Vi ricordo che nel pomeriggio madamoiselle Segnier vorrebbe vedervi,Aimeè…- le raccomandò.
La giovane donna fece una smorfietta:
-Uff…non potete dire a zia Sinette che è arrivato Germaine?…-
-Glielo posso anche dire,ma non intendo subirne la furia al vostro posto…sapete che non ne ho più l’età né la forza…-
-Via,zio Ilia…se c’è qualcuno sempre in grado di fare sbollire quella furia,siete voi…e lo sapete!- interloquì Germaine,ironico.
Ilia incassò la battuta,con un sorriso rassegnato;poi soggiunse tentando di essere severo:
-Debbo ricordarvi che in questo caso zia Sin…hem,madamoiselle Segnier ha ragione:vostra sorella,Germaine,sta mettendo in gioco tutto il suo avvenire di ballerina…-
Germaine guardò Aimeè con un sorriso indulgente,tenero,complice,innamorato.
Ilia capì che c’era poco da aggiungere.Sospirò,scotendo la testa;poi chiese:
-Vostro fratello?-
-E’ nello studio…ha appena finito di fare i bagagli…-
-Allora…ha deciso?-
Ma non attese risposta.
Si avvicinò alla carrozza,ne trasse un astuccio,lo mise sotto il braccio ed entrò in casa.
Trovò Donatien nello studio di suo padre.Era di spalle,che sceglieva alcuni libri.
-Entrate,zio Ilia…mi aspettavo questa vostra visita!- disse con un tono leggermente ironico,senza voltarsi.
Se era stato difficile restare indifferenti ad Aimeè,ora la figura,il taglio dei capelli,il tono stesso della voce di Donatien provocarono un sussulto in Ilia.
Il giovanotto gli rivolse il profilo destro,con uno strano ghigno,spiegandogli con sprezzante bonomia:
-Ho visto la vostra immagine riflessa nei vetri della libreria…-
-Già…potevo immaginarlo…-
Finalmente Donatien posò sulla scrivania i libri che aveva scelto,mettendoli in ordine,poi guardò in volto il nuovo venuto.
Aveva solo vent’anni e non aveva conosciuto nulla della vita terribile di suo padre;ma al di là della innata freschezza,della apparente solarità della giovinezza,era identico a Sindial…Bello come un giovane Dioniso…
Dopo quel primo naturale sorriso,il giovane –fingendo di sistemare ancora i libri – tornò serio,scostante:
-Se siete venuto a dirmi che cosa debbo o non debbo fare,zio Ilia…vi prevengo:sprechereste il fiato!-
L’espressione della voce era secca,autoritaria.
-Non è esatto,Donatien…vengo a domandarvi se avete idea di ‘cosa’ state facendo…-
-Sto partendo,semplicemente…Ho vissuto finora in questa sorta di ‘eden’ dell’amore e dell’armonia:ora voglio VIVERE…-
Ilia fece un sorrisetto amaro:
-‘Eden dell’amore e dell’armonia’…non so se vostro padre apprezzerebbe l’ironia…-
-Mio padre…- c’era una sfumatura di rimpianto impercettibile nella voce del giovane –Mio padre... voi sapete anche quali sentimenti ho sempre nutrito per lui…-
I due si scambiarono una breve occhiata solidale:entrambi sapevano quanto fosse difficile manifestare il proprio affetto per Erik.In passato Ilia aveva raccolto le confidenze di Donatien:la sua ammirazione,la devozione che istintivamente provava per lui…
-D’altro canto,’Sindial’ come lo chiamavate voi,ha sempre fatto le sue scelte…senza tenere in conto nulla:non lo biasimo,ma…-
Qui Ilia si sentì ferito:scelte?...
-Debbo interrompervi,Donatien…mi spiace,ma voi di vostro padre avete conosciuto solo l’uomo appagato,l’uomo felice…Non vi ha sfiorato il dubbio che non sempre sia stato così?-
Il giovane abbassò lo sguardo.
Aveva a lungo atteso di conoscere anche quell’altro lato di suo padre,quello che intuiva nel dolore appassionato della sua musica,quello ‘nascosto’ dalla maschera.Pensava che forse,diventato uomo,avrebbe potuto guardare negli occhi Sindial e domandarglielo…
Ma questa occasione gli era stata sottratta.
E ora più che mai,l’istinto ribelle che sentiva covare dentro di sé lo spingeva ad andare via..
-Di cosa parlate,zio Ilia? Forse di questa?...-Così dicendo aveva tratto da un cassetto una maschera argentata.
Il Russo ebbe un tremito impercettibile.Donatien la fissava,senzaarrivare a comprenderla.
-Evidentemente mio padre non mi stimava sufficientemente maturo da conoscere il suo lato oscuro…-ironizzò.-E aveva ragione:io ho bisogno di spiccare il volo,con le mie ali…Non voglio ridurmi come voi,Ilia Semonov!-ribadì infine,superbo.
L’adulto incassò questa nuova provocazione;sapeva bene a cosa alludeva Donatien…
Aveva finito per dedicare la propria vita a Sindial e al suo Teatro,mettendo da parte quella antica aspirazione di scrivere…
Dopo aver metabolizzato piano l’amarezza,Ilia riprese a parlare con calma:
-Si…avete ragione:infatti io non sono qui per impedirvi di partire.E’ una decisione assolutamente comprensibile…sono qui per consegnarvi qualcosa…-
-Qualcosa?-
Così dicendo infilò la mano nella tasca interna della giacca e gli porse un manoscritto:
-Il…Il vostro libro,zio Ilia?!?...ma allora …-
L’uomo sorrise appena.
-Allora…lo avete finito?...credevo che…- Donatien esibiva tutto il suo stupore giovanile,misto a un entusiastico slancio.
-Mancava l’ultimo capitolo…- confermò Ilia.
Il giovane scorse velocemente le pagine:
-E’ in francese?-
-Certo…non dimentico le vostre difficoltà col cirillico..-
Donatien moriva dal desiderio di leggerlo subito,ma si contenne.E domandò:
-Perché lo date a me?-
-Quando si affronta un viaggio è giusto portare con sé un ‘vademecum’….e un bastone-
Ilia si era alzato ora e stava poggiando sulla scrivania anche una custodia che finora aveva tenuto celata al fianco della sedia.
-E quello?...-
-Questo…è il bastone:vostro padre mi ha detto di consegnarvelo…in un’occasione come questa…-
-Un’ occasione?...non capisco?-
-Quando avrete letto…capirete meglio…-
Donatien aprì l’astuccio con una delicatezza quasi rituale:all’interno il violino che era stato di Sindial..
Un singhiozzo sfuggì alle labbra del giovane;un singhiozzo subito controllato.Le sue mani sfiorarono piano le corde,poi sollevarono lo strumento,accarezzandolo.
In quel momento il giovane uomo non osò fare di più.Sollevò lo sguardo su Ilia,uno sguardo riconoscente;accennò un sorriso.
Ilia gli aprì le braccia e lo strinse forte contro di sé.
-Addio zio Ilia…e grazie!-
-Buon viaggio Donatien…e arrivederci!-

Ilia Semonov uscì a capo un po’ basso dalla casa.Ma di nuovo il richiamo di Aimeè lo distolse da pensieri cupi:
-Andate già via,zio Ilia..non restate a mangiare?- gli disse,correndogli incontro.
-Ho ancora mille cose da fare…verrò un’altra volta- così dicendo le carezzò piano una guancia,come per congedarsi. Lei lo trattenne:
-Zio…io vorrei parlarvi di una cosa…-
Le sorrise indulgente.Sapeva bene di cosa si trattava.
-A a che fare con l’appuntamento con zia Sinette?...- le domandò con un sorriso complice.
-Si…- ammise lei. –E non solo…- e qui arrossì.
Ilia le porse il braccio e si inoltrò con lei lungo il viale,dove la ascoltò parlare fittamente,a lungo.
-Credete che sia sconveniente?...è passato così poco tempo dalla perdita dei miei…-
-E cosa c’è di sconveniente,Aimeè:siete cresciuti come fratelli, vi accomunano lo stesso dolore,gli stessi ricordi belli condivisi insieme…-
-Io…ne sono innamorata!- dichiarò ancora la giovane donna,con passione.
-Ho visto…e lui vi ama in eguale misura…Dunque?-
-Ma…e zia Sinette? Lei dice che il matrimonio taglia la carriera di una ballerina…-
Ilia sospirò.La sua prima donna non aveva mai voluto rinunciare alla carriera;ed ora?Gli vennero in mente,con malinconia i fili d’argento che attraversavano da qualche tempo le sue chiome scure…
-Chiedetele di fare da madrina al vostro primogenito…e se è femmina promettetele di chiamarla Alphonsine!-
-Ma zio Ilia!- lo richiamò,arrossendo di nuovo Aimeè.
Ma non potè trattenersi dal sorridere insieme a lui.E approvare il consiglio.

Finalmente il nostro uomo stava per posare il piede sul predellino della carrozza,quando qualcosa lo fermò di nuovo…
Un suono,il suono dolce,struggente,caldo,appassionato di un violino.
Nella mano che lo suonava non c’era la sicurezza del padrone né l’abbandono assoluto di chi nella musica ha la sua sola compagna;c’era invece l’incertezza dell’approccio e la delicatezza del primo amore…
Ma la musica era la stessa.Donatien doveva aver cominciato la sua lettura ed ora si apprestava ad affrontare con animo diverso il suo viaggio…
Con un sorriso malinconico Ilia guardò la villa per un lungo momento,quindi montò in carrozza.
Era commosso.
Infilò una mano nella tasca interna della giacca,per prendere il fazzoletto,ma incontrò la minuta dell’ultimo capitolo del suo libro;inforcò le piccole lenti dorate che da qualche anno portava sempre con sé e iniziò a rileggerla,piano…

‘L’addio’

Non so quali preghiere riuscirono a penetrare il cuore implacabile di Dio o se fu semplicemente la perizia dei medici,ma Aurora visse…visse a lungo da veder i suoi figli crescere.
Li addormentò tra le sue braccia cullandoli sulle note della musica più bella,giocò con loro a nascondino nel parco della villa,trasmise loro la sua ineffabile grazia appassionata.
Dopo la nascita dei suoi figli,Sindial mi cedette poco a poco quasi tutte le mansioni a teatro,fino a investirmi definitivamente –quando me ne ritenne all’altezza- della direzione dell’Opera.
Lui invece volle vivere quella vita che gli era stata a lungo sconosciuta:volle conoscere le piccole gioie quotidiane,incantarsi ogni giorno a scoprire quanto potesse essere bella l’esistenza,anche attraverso i palpiti dei nostri affetti più cari.
Germaine,Donatien e Aimeè crebbero insieme,come fratelli.
Tutti e tre crescendo rivelarono le loro inclinazioni:Germaine aveva la mano dell’artista,dipingeva con una naturalezza che impressionava;Aimeè aveva la stessa grazia di Aurora ed entrò presto nella prestigiosa scuola di ballo dell’Opera,diretta da m.me Alphonsine Segnier…
Donatien aveva talento per la musica.
I suoi genitori lo sapevano bene;ma egli sembrava quasi vergognarsene…chissà,avvertiva il confronto con quel suo padre geniale,un padre che adorava ma nei confronti del quale nutriva una forma di soggezione muta,rispettosa.
Le sue prove le dava sempre in assenza dei suoi,a scuola prima,poi in collegio.
In famiglia si limitava ad essere un buon esecutore
Sindial non lo forzò mai:conosceva bene la ritrosia,la paura di esporsi,benché causate da motivi diversi.Era sicuro che l’arte che covava dentro l’anima di suo figlio sarebbe emersa nel momento giusto,man mano che il ragazzo,maturando,avesse rafforzato la consapevolezza di sé…
Il tempo passò.
E un giorno la proroga che Dio aveva concesso a Sindial sembrò scadere.
Aurora –che mi appariva sempre la stessa adorabile creatura,nonostante lo scorrere del tempo- un giorno rivelò,come d’improvviso,la sua fragile caducità.
Nel giro di una stagione,da quel giorno,il suo destino si compì.
Durante le dolorose ritualità che seguirono e di cui fui chiamato ad occuparmi,non vidi Sindial che per un attimo;e mi sembrò stranamente sereno…
Rientrai a casa come se un macigno mi gravasse improvvisamente sul petto e sulla schiena.
Mi guardai allo specchio.
Erano passati 20 anni…e quello ero io:un simpatico uomo di mezz’età,dall’aria vagamente straniera,il capo appena stempiato,i capelli color sale e pepe…
Una folata di vento inattesa mi fece sussultare.Improvvisamente nella stanza era comparso lui,Sindial.
-Monsieur…-dissi,stupito,quasi senza fiato.
-Vi ho spaventato,Ilia Semonov?Mi dispiace…- dal suo tono sembrava esattamente il contrario.
Era sempre uguale.
Almeno ai miei occhi non apparivano che la sua forza indomabile,il suo mistero,il fascino oscuro di quella voce inconfondibile:i segni del tempo mi sfuggivano…
-Ho da darvi delle incombenze,amico mio…prima di congedarmi da voi…-
Sentivo che non sarebbe stato il solito congedo,ma non osai indagare;non subito,almeno.
-Ho scritto una breve memoria riguardante il futuro dei miei figli…Finchè voi dirigerete il teatro,ne amministrerete i beni:sono sicuro che sonn riposti in ottime mani…-
Mi inchinai,non seppi fare o dire altro;ma montava dentro di me lo sgomento.
Era una separazione lunga…definitiva?
-Questi sono gli spartiti originali delle mie opere…li consegnerete ai miei figli,quando lo riterrete opportuno.-
Diedi una rapida scorsa.L’emozione mi pervadeva,levandomi le parole.
-Questo è il mio violino,Semonov:lo darete a Donatien…a tempo debito…-
-Ma…e voi, Sindial?-
Mi fissò con uno strano sorriso negli occhi:
-A me non serve più…-
Fuori cominciava a imbrunire.Rabbrividii.Lui mi tese la mano:
-Addio Ilia Semonov…-
-Aspettate…Sindial…ma…dove,dove andate?-
-Da lei,Semonov…non vedete che cala la notte?Aurora non ama rimanere da sola,al buio…-
Così dicendo,si avvolse nel mantello nero e disparve,così come era venuto…
Rimase solo il gelo,della notte che avanzava,del vuoto nel mio cuore.
Ho letto una volta che,secondo gli antichi,le anime che approdavano nell’Eliso conservavano le fattezze dell’epoca in cui hanno conosciuto la felicità…
E’ così che immagino Sindial ed Aurora.
E il loro Eliso è qui,nell’Opera.
E’ qui il loro oltre.
A volte percepisco quasi la loro presenza accanto a me nel palco da cui tante volte abbiamo applaudito insieme.Un sipario che si muove,mi ricorda il fruscio di raso del nero mantello di Sindial;una rosa che nessun artista ha raccolto dal proscenio,mi fa pensare alla delicata bellezza di Aurora.
Mi sembra ancora che possano danzare insieme,o suonare nel buio del gymnasium…
Due note che si intrecciano,si separano,si ritrovano… un Preludio che non abbia mai fine!

Edited by arielcips - 5/2/2009, 17:53
 
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Evilsisters
view post Posted on 6/4/2008, 11:58




COMMENTI FINALI

boleroazul25/7/2007, 22:47
Ariel....grazie per questa splendida storia :applauso: :phantom: :phantom:
(... Sindial mi mancherà :sniff: :sniff: :sniff: )


Mrs Butler 9225/7/2007, 22:50
Bellissima conclusione,ariel!Mille grazie per questa splendida storia! :phantom:
Kikiana26/7/2007, 10:37
Stupendo Ariel! Mi sono commossa...

:sniff: :sniff:


bellissima soprattutto l'ultima parte:

CITAZIONE Ho letto una volta che,secondo gli antichi,le anime che approdavano nell’Eliso conservavano le fattezze dell’epoca in cui hanno conosciuto la felicità…
E’ così che immagino Sindial ed Aurora.
E il loro Eliso è qui,nell’Opera.
E’ qui il loro oltre.
A volte percepisco quasi la loro presenza accanto a me nel palco da cui tante volte abbiamo applaudito insieme.Un sipario che si muove,mi ricorda il fruscio di raso del nero mantello di Sindial;una rosa che nessun artista ha raccolto dal proscenio,mi fa pensare alla delicata bellezza di Aurora.
Mi sembra ancora che possano danzare insieme,o suonare nel buio del gymnasium…
Due note che si intrecciano,si separano,si ritrovano… un Preludio che non abbia mai fine!
:cry:


spands7226/7/2007, 14:21
appena riesco ..... scusa, sono troppo commossa!


boleroazul26/7/2007, 16:20

(sono già in S.A.S...sindrome da astinenza sindialeica...è grave???)


jiujiu26/7/2007, 18:13
CITAZIONE Alla sua ultima,inattesa richiesta,quella che non aveva saputo riferire neppure a me:
-Prega per me…-
Non gli aveva mai chiesto nulla,Aurora…
Mi sembrò che stesse per cedere alla disperazione,vidi le lacrime salirgli sul volto.
:sniff: CITAZIONE Che cosa disse ancora,cosa chiese alla Vergine non seppi che immaginarlo:una proroga?uno scambio?...o solo l’umana pietà di una madre verso un figlio cui il Padre ha negato tutto?
Trattenni a stento un singhiozzo e uscii.
Attesi sul sagrato,mentre intorno a me infuriava una tempesta di vento inquietante:pensai a mia madre,a quel suo violino che l’aveva accompagnata nell’ultimo viaggio….e gridai contro il cielo il mio dolore!
Gridai l’ingiustizia di una morte assurda,inconcepibile,iniqua….
Gridai al posto di Sindial,per lui;lui che ora a dispetto di tutto pregava… ed io che bestemmiavo l’insensatezza del destino.”
questa parte mi ha colpito moltissimo... :cry: CITAZIONE -Questo è il mio violino,Semonov:lo darete a Donatien…a tempo debito…-
-Ma…e voi, Sindial?-
Mi fissò con uno strano sorriso negli occhi:
-A me non serve più…-
Fuori cominciava a imbrunire.Rabbrividii.Lui mi tese la mano:
-Addio Ilia Semonov…-
-Aspettate…Sindial…ma…dove,dove andate?-
-Da lei,Semonov…non vedete che cala la notte?Aurora non ama rimanere da sola,al buio…-
Così dicendo,si avvolse nel mantello nero e disparve,così come era venuto…
qui ho pianto tutte le mie lacrime... :sniff: :sniff: :sniff: :sniff: :sniff: CITAZIONE Ho letto una volta che,secondo gli antichi,le anime che approdavano nell’Eliso conservavano le fattezze dell’epoca in cui hanno conosciuto la felicità…
E’ così che immagino Sindial ed Aurora.
E il loro Eliso è qui,nell’Opera.
E’ qui il loro oltre.
A volte percepisco quasi la loro presenza accanto a me nel palco da cui tante volte abbiamo applaudito insieme.Un sipario che si muove,mi ricorda il fruscio di raso del nero mantello di Sindial;una rosa che nessun artista ha raccolto dal proscenio,mi fa pensare alla delicata bellezza di Aurora.
Mi sembra ancora che possano danzare insieme,o suonare nel buio del gymnasium…
Due note che si intrecciano,si separano,si ritrovano… un Preludio che non abbia mai fine!
e qui ho scoperte di averne ancora moltissime... :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto:

ho recuperato presto tutti i capitoli...premetto che qualcosa nei capitoli precedenti vi aveva realmente lasciata perplessa, e forse anche parte del finale stesso, ma ho letto questa storia, l'ho seguita con amore sin dai primi capitoli, dai primi passi di questi splendidi personaggi all'interno di questo forum come all'interno dell'opera...non saprei cosa citare per rendere meglio l'emozione che provo a leggere, e quello che ho già citato non mi sembra ancora abbastanza...alla fine di tutto questo blaterare, posso solo congedarmi da questa storia con un grazie, grazie ad ogni personaggio per quello che mi hanno dato...per avermi fatto sorridere, per avermi fatto riflettere, per avermi fatto sognare, per avermi fatto piangere e per avermi fatto compagnia...grazie alla solarità di aurora, grazie all'impegno di ilia, grazie alla determinazione di Alphonsine, grazie a Sindial( non master..non più) per essere cresciuto nel corso di questa storia ed essere diventato un uomo, un uomo capace di amare, un uomo migliore di quelli che lo avevano disprezzato... e grazie a te, mia somma...perchè con le parole riesci a creare mondi e persone, a descrivere sentimenti e richiamare emozioni...grazie infinite!!! :abbraccio: sarai sempre la mia somma! :occhilucidi:


spands7226/7/2007, 18:19
che belle parole Jiu.... :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: :pianto: (non mi sono ancora ripresa)!


gemini2116/8/2007, 21:20
Premetto che ho amato tantissimo questa ff e tutti i suoi personaggi, grazie Ariel per aver deciso di scriverla anche se per te la storia di Erik era già bella così come era. :wub:

Devo però ammettere che sebbene il finale sia senza dubbio commovente preferisco immaginare che sia finita in qualche altro modo, ma questa è più che altro una cosa personale, infatti non amo vedere i personaggi di una ff o di un romanzo invecchiare, gli eventi della vita che fanno il loro corso, mi lascia un senso di angoscia, mi ricorda troppo la vita reale. Preferisco invece immaginarli eterni, sempre lì ad aspettarmi quando vorrò rincontrarli. :)


sabry_aminta30/8/2007, 11:27
allora,eccomi a commentare...
no,non ce la faccio... :sniff: soffro troppo per la fine di questa storia magnifica,commovente,tragica,dolce,romantica,passionale... :wub:
ok,dell'ultimo capitolo,bellissimo e struggente ho solo una cosa da dire..
CITAZIONE Aurora non ama rimanere da sola,al buio…-
qui mi sono sciolta in lacrime :cry: è una frase breve eppure così significativa,e racchiude tutto l'amore di Sindial per la sua 'bambina adorata'...
grazie Ariel,per aver condiviso con noi questa storia,per avermi divertito e commosso,per avermi fatto sentire parte della vicenda..sempre! :bacio:

:ciao:

Forest Fairy14/2/2008, 17:10
Ho appena finito d leggere qsta storia T.T complimenti ariel è splendida ed Erik è finalmente felicee! e poi Donatien nn so voi ma cn ql carattere furbo scommetto ke somiglia davvero tnt al padre sia fisicamente ke artisticamente...( :sbav: :infermieri: :caldo: ecco cs penso d lui xD) La stirpee d Erik continuaaa evvaiii... mi è venuto un colpo al cuore qnd credevo ke Aurora stesse x morire sei una sadikaa...cmq semmai scriverai ankora nn vedo l'ora d leggeree la tua operaa hai molto talento ancora complimenti :D


Mgrace3/3/2008, 16:42

Finalmente un po’ di tempo per scrivere e soprattutto di ringraziare Ariel per questa bellissima storia che mi ha tenuto compagnia per molte sere. E’ vero, spesso per stanchezza riuscivo a leggere solo poche pagine, ma “Preludio n. 4” ha la consistenza e il sapore di un romanzo d’altri tempi.
Quello che mi ha colpito più di ogni altra cosa è l’amore per il personaggio di Erik che pervade ogni pagina; l’omaggio di una “fan” che, passo dopo passo, parola per parola, chiude magnificamente il cerchio della storia del fantasma.
Non credo fosse facile scrivere qualcosa di così compiuto, partendo da una storia preesistente che, in un certo senso, vincolava entro certi binari senza cadere nello scontato. Secondo me ci sei riuscita Ariel.
I personaggi sono tutti molto vivi, le descrizioni accurate e, per così dire, cinematografiche, cosicché, avendo nella memoria le immagini del film, non è stato difficile lasciarsi trascinare e seguire con commozione l’evoluzione dei protagonisti.
Lo ammetto, mi sono commossa e alla fine mi è scappata una lacrima. Che male c’è? ;)
Grazie Ariel, grazie davvero.
 
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gra70
view post Posted on 5/2/2009, 15:19




Ho appena finito di leggere questa FF e sono ancora immersa nelle atmosfere che Ariel ha saputo ricreare.
Leggendo talvolta mi capita di essere risucchiata nel racconto di vivere in prima persona tutte le avventure che vi sono descritte e questa volta è accaduto di nuovo. .. mentre leggevo non ero seduta alla mia scrivania davanti al Pc ma ero a Parigi con Erik ed Aurora...
Devo di nuovo fare i complimenti alla Scrittrice per come ha saputo rendere perfettamente il personaggio di Erik e per come ha sviluppato tutto l'intreccio della storia inclusi i personaggi "secondari" : Ilia, Alphonsine Mmme Giry...
Insomma great job Ariel!!!!!! :clap: :clap: :clap:
 
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Elfa Nihal
view post Posted on 11/2/2009, 13:32




Questo finale mi ha commossa terribilmente ...

CITAZIONE
A volte percepisco quasi la loro presenza accanto a me nel palco da cui tante volte abbiamo applaudito insieme.Un sipario che si muove,mi ricorda il fruscio di raso del nero mantello di Sindial;una rosa che nessun artista ha raccolto dal proscenio,mi fa pensare alla delicata bellezza di Aurora

La storia è meravigliosa e i personaggi sono fantastici, ancora una volta Grazie Ariel
 
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25 replies since 6/4/2008, 10:41   1040 views
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