Il ponte tra di noi, ff ispirata al Fantasma dell'Opera(1221 visite )

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babyphan
view post Posted on 4/4/2008, 22:17




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Care lettrici,
ho sempre avuto un debole per Meg...così eccomi a raccontarne l'immaginaria storia...


-Vengo con voi!-
-No,tu resta qui!-

Lo ha fatto di nuovo…di nuovo mi ha escluso dal suo segreto…
Stavolta almeno avrei potuto insistere,dire:ma perché mamma,perché no? Invece ho ubbidito,mi sono convinta che lo ha fatto solo per proteggermi…
Ma io non sono una creatura fragile e suggestionabile come lei crede.
Ho imparato ad essere forte e razionale per tutte e due.
…E’ forse per questo che nessun fantasma evocato dalla mia solitudine è mai comparso al di là del mio specchio?…


La folla finalmente si disperde,spaventata dalle fiamme.
Per fortuna il crollo del lampadario non ha fatto vittime;ed ora posso assumere una parte autonoma in questo melodramma…
Guiderò i gendarmi giù,nel sotterraneo:so come arrivarci…almeno credo!

-Da questa parte forza!...forse facciamo ancora in tempo!-
-Speriamo che la povera Christine Daaè sia viva…Non oso immaginare cosa quel mostro possa averle fatto…-

Perché la parola mostro mi fa sussultare? Una indignazione che non comprendo,una riluttanza strana…
Eccoci:siamo nel covo del Fantasma…Ma…è vuoto? Dove sono finiti tutti?
Cocci di vetro ovunque…ma non vediamo tracce di sangue…
-Laggiù,guardate:qualcosa si muove sull’acqua!-
Gli uomini della Suretè vanno da quella parte:sembra una specie di gondola…Ma è vuota!
Rimango improvvisamente da sola,mentre quelli corrono a seguire il corso della corrente sotterranea.
Su uno scrittoio c’è ancora la sua maschera bianca;la prendo tra le mani,fissando in quell’occhio senza luce…
Un rumore mi interrompe.E’ strano,viene da quella che apparentemente è solo una grande specchiera infranta.
Afferro una torcia:so cosa direbbe mia madre..No,non andare!...
Ma adesso lei non c’è…


Meg Giry si avventurò cauta e determinata insieme oltre lo specchio infranto.
Camminò lungo un corridoio di pietra scura,attraversato a tratti da folate di vento gelido:doveva esserci un’altra uscita,oltre quella del canale…
Era tentata di seguire le raffiche d’aria,ma a un tratto le parve di intravedere il barbaglio di una luce in un corridoio laterale.
Avanzò piano:giunse in una sala spoglia,ma perfettamente asciutta e apparentemente immune dalle fiamme, appena illuminata da un moccolo di candela morente sul braccio di un candelabro.
Su quello che appariva come uno scranno di pietra –residuo certo di qualche rappresentazione teatrale- sedeva un uomo,di schiena.
La fronte appoggiata ai pugni,i gomiti sui braccioli;lenti singhiozzi gli scuotevano le spalle ben disegnate.
La luce fioca gli illuminava il profilo sinistro.
Meg si avvicinò:così come appariva in quel momento,quell’uomo non le incuteva timore.
Accortosi della presenza di qualcuno l’uomo si volse;trattenne il respiro,come se per un attimo si fosse aspettato di veder sopraggiungere qualcun altro.
Meg vide il profilo destro,orribilmente sfigurato e soffocò a stento un verso di orrore e raccapriccio.
Allora lui,inaspettatamente,le indirizzò un ghigno ironico,che cozzava col bagliore di rabbia e umiliazione insieme che per un attimo gli aveva letto negli occhi:
-La piccola Giry!...Che sei venuta a cercare?-
-Voi…io…- stranamente le mancavano le parole.
Lui le volse le spalle,non degnandola più di un solo sguardo.
-Vattene…Tua madre sarà in pena…VATTENE,hai inteso?Non costringermi a farti del male…
Meg non voleva andarsene.
Ma sentì dei rumori e pensò che magari qualcuno avrebbe potuto seguirla e…
Ritornò sui suoi passi.
Appena in tempo per fermare un giovane ufficiale che si era messo sulle sue tracce:
-Oh madamoiselle…Tutto bene:il visconte e la Daaè sono in salvo!-
-Ah si?...- rispose Meg, imponendosi di sorridere come quando danzava davanti al pubblico annoiato delle matinèè.

Perché ho improvvisamente una stretta al cuore.
Se loro sono in salvo,lui piange…
Se mi ha lasciato andare così,lui…
Devo tornare da lui.Voglio tornare da lui.



-Cosa c’è da quella parte?- domandò il giovane gendarme.
Meg meditò su cosa rispondere,poi:
-Una uscita…ma non mi ci sono avventurata…-
-Avete fatto bene:vado a chiamare rinforzi…Lo staneremo,quel demonio!-
Senza riflettere l’ufficiale si precipitò verso i compagni rimasti indietro,senza nemmeno assicurarsi che la giovanetta gli stesse dietro.
Allora lei si inoltrò di nuovo nel corridoio buio e raggiunse la sala col trono…
Entrò col fiato sospeso,correndo:
-Presto!-
-Ancora qui?- fu la reazione brusca dell’uomo –Vuoi andartene o no.piccola intrigante?-
-Monsieur…stanno arrivando…se vi trovano…-
-Non mi troveranno vivo!- esclamò lui,stringendo tra le mani il micidiale laccio del punjab .
Meg intuì che se lo sarebbe infilato al collo…che voleva farla finita.
Sentì dei passi sopraggiungere.
Gettò via la torcia e contemporaneamente strappò di sorpresa il laccio dalle mani di quel derelitto.
-Dannata piccola impicciona!-
Nel buio lui le aveva afferrato un braccio e la strattonava con violenza.
-Fuggite…vi prego…-
Il sopraggiungere di passi mise in allarme anche lui.
Diede un ultimo spintone alla fanciulla mandandola a ruzzolare tra le gambe dei sopravvenuti e scomparve nel buio.
Mentre i gendarmi si chinavano solleciti su Meg,uno di loro tentò di inseguire il fuggitivo.
Esplosero alcuni spari.
Poi il silenzio.
-MEG!...Dio sia ringraziato! Vieni subito via…- era la voce inconfondibile di madame Giry,la maestra di danza.
-Mamma..sto bene…Non devi preoccuparti per me…-
-Vieni via,ho detto.-

Non sopporto quel suo tono pacato e perentorio insieme:controlla ogni emozione,anche quando si tratta di me,sua figlia.Come fossi una qualsiasi delle sue allieve…
Ma perché non riesco a ribellarmi.Perchè la seguo per le scale,mentre l’acqua nel covo continua a salire,cancellando ogni cosa…?
La maschera! Dove ho lasciato la sua maschera?...Debbo tornare a prenderla…non posso lasciarla così,non può scomparire ogni traccia di lui…


Madre e figlia risalivano insieme le scale,affiancate dagli ultimi gendarmi che vi si affaccendavano senza un preciso ordine:
-…L’incendio è quasi del tutto domato…per fortuna non ha toccato l’ala abitabile…In ogni caso stanotte alloggeremo in albergo…Voglio solo prendere il necessario…-
La donna elencava le cose da fare con lo stesso tono con cui impartiva le lezioni di danza:prima posizione,seconda,quinta,demipliez…
Meg si guardava intorno quasi senza ascoltarla:cercava disperatamente una scusa per tornare giù…
A un tratto,quando sembrava fossero meno al centro dell’attenzione,la madre le confidò con un inatteso entusiasmo:
-Sai Meg?...Christine è sana e salva,grazie a Dio…non mi sarei mai potuta perdonare se…-
Magdalene Giry pronunciò l’ultima frase piano,soffocandola tra le labbra.
Forte di quell’inaspettato momento di fragilità,la figlia protestò:
-Perché andare in albergo,mamma?...se è tutto finito…-
-Non sarà finito finchè non …- un’altra frase spezzata.
Meg chinò il capo:allora era finita…perché …quegli spari…il silenzio…le parole del gendarme:’Ho sentito un tonfo!è finito nel canale!’….
Erano finalmente nel backstage,ancora pieno di fumo e gente che si agitava,portando via dai camerini le ultime cose.
Carlotta Giudicelli era seduta come inebetita davanti alla porta chiusa del suo camerino.Suo marito lottava tra la vita e la morte,mezzo soffocato dal micidiale lazo del Fantasma.
La porta del camerino di Christine era socchiusa…

Se riuscissi a entrare nel camerino di Christine e calarmi di nuovo giù dal passaggio nello specchio?
Debbo solo riuscire a distogliere l’attenzione di maman..
E poi si tratterebbe di prendere la maschera dallo scrittoio…pochi minuti…-


-Meg cara,procura un po’ d’acqua per Carlotta…vuoi?-
-Certo maman…-
Era l’occasione giusta.Entrata nel proprio camerino Meg prese l’acqua e la consegnò alla cameriera personale della soprano.Quindi si fece precedere da quest’ultima e,un attimo prima di essere scoperta,si infilò da Christine…
Chiuse la porta a chiave alle sue spalle,schiuse piano la specchiera e –preso coraggio- affrontò il corridoio buio,tra lo squittiò frettoloso dei topi che cercavano ancora riparo all’incendio.
Non fu facile orientarsi in quel cunicolo squallido e maleodorante di muffa e fumo;ma finalmente l’aria sembrò aprirsi e con essa una scalinata che sembrava calarsi nelle viscere del teatro.
Meg rabbrividì:sembrava non esserci più nessuno,laggiù.

Forse sto commettendo una imprudenza;forse ho solo voluto dimostrare che posso sottrarmi al controllo di mia madre…

Intanto era giunta fin giù:la morsa fredda e inattesa dell’acqua le lambì le caviglie,facendola gridare di sorpresa.

Che sciocca…gridare per un po’ d’acqua…Non c’è nulla di cui aver paura ormai…
Eccola là sopra,la maschera:debbo fare presto,prima che l’acqua salendo la porti via.
…e questo? Che cos’è? Non l’avevo notato prima…


Sullo scrittoio del Fantasma,accanto alla maschera,un carillon infantile e grottesco insieme,sormontato da uno scimmiotto che suonava i piatti,attirò l’attenzione della giovanetta.
Lo prese e inavvertitamente innescò il meccanismo:una musica dolente nonostante il ritmo sincopato si diffuse nella grotta.
Una mano virile calando con violenza sullo scimmiotto stoppò bruscamente quella nenia,mentre una voce leggermente roca domandò sgarbata:
-Sei tornata un’altra volta,piccola guastafeste?...-
Meg tremò.
Ora era sola,in balia di quel povero folle…nessuno avrebbe potuto aiutarla…
Ma l’uomo sembrò vacillare,poi emise uno strano verso,una sorta di rantolo e rovinò sulla poltrona dello scrittoio,come un corpo morto.
Meg trattenne il fiato,sconvolta.
Pensò in fretta che a quel punto avrebbe potuto fuggire,ma gli vide socchiudere gli occhi,fissarli sul muro punteggiato di ritratti della sua amica Christine,mormorare a fior di labbra:
-Lasciami morire in pace…guardandola…-
La camicia immacolata dell’uomo si tingeva vistosamente di rosso.

E’ ferito…Morirà di certo…morirà qui,da solo come ha vissuto…
Che posso fare?Io…non posso lasciare che muoia,senza prestargli soccorso…





babyphan17/9/2007, 15:51
Dei passi lungo le scale avvertirono Meg del sopraggiungere di qualcun altro,ma troppo tardi:
-Meg!...perchè sei tornata qui?-
-Maman…io….- la ragazza stringeva tra le mani la maschera bianca,appoggiata di schiena allo scrittoio.
-Che cosa ti è venuto in mente,piccola mia?...- le domandò ancora la donna avvicinandosi e sottraendole la maschera dalle mani.

La guarda con dolore…rimpianto…perché?qual è il segreto che io non posso conoscere?

Un gemito alle spalle della giovanetta svelò la presenza del ferito.
Magdalene Giry scostò la figlia e lo osservò terrorizzata.
Poi afferrò Meg per un braccio,sospingendola:
-Dobbiamo andare via,immediatamente!-
-Mamma…ma…è vivo…-
-Lo vedo…- il sovraffiato sollevava il seno della insegnante di danza.
-Dobbiamo lasciarlo morire così?…- chiese supplichevole Meg.
Magdalene gli concesse un lungo sguardo addolorato,ma poi di nuovo si irrigidì:
-Non capisci che quest’uomo è un assassino,un folle? Vuoi forse che tua madre finisca con lui in carcere?-
-…E’ ferito,mamma…Lo credono morto,non lo cercano più…- insistè la ragazza.
-Ma potrebbero cercare noi due…- la resistenza di madame Giry scemava.
Alla fine,con un sospiro si avvicinò al ferito,ormai privo di sensi,gli aprì la camicia.
-Non è stata una pallottola…sembrerebbe un taglio…come una baionettata…-

…ci si è gettato lui sulla lama? O è stato un caso…alla cieca nel buio?

-Non sembra profonda…adesso cerchiamo di fasciarla …-
Così dicendo intanto madame Giry aveva sollevato la pesante gonna e strappato la sottoveste facendone alcune strisce di tela di lino.
–Dobbiamo sbrigarci…E tu mi devi promettere che –andate via di qua- dimenticherai ogni cosa e non ci tornerai più!-

Promesse,promesse…promettere e ubbidire…Certo mamma,posso promettere di dimenticare,ma tu sai bene che alla memoria non si comanda…vero?

La ferita fu medicata alla meglio e fasciata.Poi Magdalene disse ancora:
-Aiutami,cerchiamo di sollevarlo e stenderlo sul letto…là!-
Non era una impresa facile:era un uomo piuttosto alto,muscoloso.E Meg non voleva strattonarlo…
Finalmente riuscirono nell’intento.
-Ora abbiamo fatto quanto era umanamente giusto…non abbiamo niente da rimproverarci…-Concluse Magdalene dando un’ultima occhiata al ferito,che sembrava ora riposare..

Lo guardi ancora,mamma.Tu non lo odi,né lo disprezzi.Tu ne hai solo una strana,indefinibile,reverenziale paura…



-Vieni via,Meg!- il tono di madame era tornato quello pacatamente autoritario di sempre.
Meg lo accolse con un sorrisetto:in quel momento sentiva di poter essere più forte di lei.
Presto il segreto sarebbe stato svelato:e lei avrebbe avuto il coltello dalla parte del manico.
-Alloggeremo a villa de Chaigny,stanotte…-

Oh no…e perché? Io vorrei restare qui a teatro…Vorrei…

-Non mi sembra il caso,mamma…- Meg sentì la sua voce suonare stranamente determinata.
Madame stava per replicare,ma la fanciulla proseguì:
- …Lasciamo pure che Raoul e Christine abbiano la loro intimità…-
-Ma…Non ti ho chiesto una opinione,Meg:né voglio che tu…possa pensare a certe cose-

Nascondo a stento un sorrisetto:mia madre mi ritiene una bambina?possibile mai? Ancora?

- Restiamo nei nostri alloggi,maman…- chiese ancora con tono suadente la giovanetta -sai bene che non abbiamo niente da temere,noi due…- soggiunse significativamente.
Avevano raggiunto il camerino di Christine.
Si misurarono l’una con l’altra,ferme davanti allo specchio vuoto.
-Che cosa ti succede Meg?Stai discutendo le mie decisioni?-
-Non credi sia venuto il momento di trattarmi da figlia,maman…e non da allieva?-
-Come figlia,minorenne per giunta,hai un solo dovere:obbedire!-
-Ma ho il diritto di sapere,finalmente!- ribattè Meg,parandosi davanti alla porta.
Magdalene restò un attimo stupita da quella prova di forza inattesa.
Poi rispose,col solito tono distaccato e cortese di sempre:
-Non c’è niente che tu non sappia già…-
-No? Chi è quell’uomo?che ha a che fare con te? Perché mi hai sempre impedito di conoscerlo…mentre consentivi che lui e Christine…-
Un ceffone troncò le sue parole.
-Non ti permetto di insinuare…-
Meg si coprì la guancia arrossata,ma con mossa impertinente fece spallucce:
-Non ho bisogno di insinuare:è sotto gli occhi di tutti! Tu hai permesso che quell’uomo desse …’lezioni di canto’ alla tua pupilla…sapevi chi era…gli hai fatto da…’fattorina’…Perché?-
Magdalene aggrottò la fronte,prese fiato;quella raffica di accuse,da sua figlia poi…non se l’aspettava.
Abbassò il capo,riflettendo sulla risposta da dare;poi ammise:
-Mi ero ingannata su di lui…lo credevo solo un infelice…-
-Solo un infelice?...-
Magdalene rialzò la testa con forza:
-Si…un infelice che cercava conforto nella musica…un grande artista!- la donna fece una pausa,lo slancio difensivo perse energia -… che doveva nascondersi dietro una piccola soprano..-ora Magdalene sembrava commossa e stizzita insieme.
-Poi tutto è andato diversamente..-

Che cos’è mamma quella pena che non vuoi confidarmi,quel tormento che non osi confessare nemmeno a te stessa?

Ora Meg era meno aggressiva,più sollecita:
-Ma allora.. perché mi hai sempre tenuta lontana da lui…da…loro due…Se lo ritenevi solo un infelice?-
-Eri una bambina,Meg…lo sei ancora per me:non volevo che ti accadesse nulla di male…-
-Ma lui …quell’uomo,quell’infelice…perché avrebbe dovuto fare del male a me?Perchè avevi paura di lui,se…?-
Magdalene trattenne a stento l’emozione del ricordo:
-Io ti ho protetta…perché ti vedevo tanto simile a me,ma tanto più giovane e indifesa...-

Avevi paura che non sapessi tenergli testa,mamma,che subissi anch’io,come te…che…?

Meg non riuscì a formulare altre domande:sua madre l’aveva aggirata e,aperta la porta del camerino,le aveva fatto cenno di uscire:
-Basta…non voglio parlarne più…Ora è finita!-

Finita?...



babyphan21/9/2007, 16:25

Le due Giry erano rientrate nell’alloggio del teatro per prendere l’occorrente e trasferirsi a villa De Chaigny. La notte diradava ormai.
Meg indugiava,prendeva tempo.Non aveva nessuna voglia di andarvi;non aveva voglia di assistere alle smancerie naturali dei due innamorati…Né sopportava il compiacimento con cui vi assisteva sua madre…
-Sei pronta,finalmente?La carrozza è già qui…-


Che ne sarà di lui?...ed io? Che farò?Quasi quasi vorrei nascondermi laggiù…Ma non c’è nulla che possa fare:nulla…Ho tentato,ma è sempre lei ad avere il coltello dalla parte del manico…

Guardando sua madre con sordo,inespresso rancore,Meg sollevò la sua borsa da viaggio:
-Possiamo andare…-
In strada,prima di montare in carrozza,avvertirono ancora il crepitio sommesso delle ultime fiamme ormai sopite.
Aiutate dal vetturino,montarono finalmente:Meg lanciò ancora uno sguardo alla mole annerita dell’Opera…Quando un grido squarciò il silenzio dolente di quell’alba:
- I prussiani hanno preso l’Imperatore!...Marciano su Parigi!...allarmeee…-
A poco a poco le strade vuote si affollarono di una umanità che Meg non aveva mai visto prima:donne e bambini pallidi e smunti,vecchi…Il panico,il dolore,lo sgomento si diffondeva sui loro volti che poteva a stento intravedere,mentre sua madre la sollecitava a prendere posto e affrettarsi.
-Ma mamma…aspetta…-
Gli sguardi dapprima sbigottiti della folla,ora si fissavano straniti e via via aggressivi su quella bella carrozza e sulle due dame che si allontanavano con i loro bagagli.
-Bisogna fuggire prima che il nemico arrivi! Guardate quelle là…si sono già attrezzate…-
Il vetturino si rese presto conto che era necessario aprirsi la via prima che accadesse il peggio;frustò i cavalli,ma invano.
Da tutte le parti la vettura era aggredita;la folla si assiepava,gli occhi erano supplici e rancorosi insieme.
Qualcuno cominciò anche ad afferrarsi alle maniglie:Meg vedeva quelle mani annerite dalla fatica strisciare lungo i vetri.
-Mamma? Che succede?-
Ma madame Giry continuava a sollecitare il cocchiere:
-Fate presto,per carità..Fate presto…-
Finalmente con un guizzo inatteso,i due cavalli presero il trotto.
Quei poveracci erano troppo deboli per opporre una resistenza maggiore,troppo sgomenti essi stessi…Cedettero davanti alla determinazione mostrata dal vetturino.La carrozza si aprì la via verso Place Vendome.
Madame Giry sospirò sollevata e abbracciò senza una parola Meg.
Ma il sollievo durò poco.All’altezza della Senna,una voce gridò l’alt e la carrozza fu di nuovo fermata.
-Che succede capitano?- domandò il vetturino,con tutto il garbo di cui era capace.
-Chi siete e dove state andando?-
-Lavoro presso il visconte de Chaigny… conducevo delle ospiti alla sua villa…-
Il capitano si scambiò uno sguardo significativo con la sua soldataglia:erano militi della cosiddetta ‘Guardia nazionale’;le loro risate scomposte spaventarono inconsapevolmente Meg.
La portiera della vettura si aprì improvvisamente,mentre una voce richiamava la loro attenzione:
-Madame…madamoiselle…Scendete!-
Magdalene chinò il capo inducendo la figlia a fare altrettanto.Smontarono senza protestare e solo una volta giù Meg si accorse che all’uomo apostrofato come ‘capitano’ mancava un braccio;incuriosita sbirciò gli altri intorno e ne ebbe pena:fame e miseria si dipingevano sui loro volti,le divise erano logore e stinte,spesso ancora macchiate del sangue di ferite mal curate che avevano lasciato loro addosso tracce dolorose.
-Il vetturino non mentiva,capitano…eravamo dirette a villa Chaigny:non potremmo esservi condotte comunque?- domandò a voce bassa Magdalene.
L’uomo scosse il capo:
-Il vetturino è arruolato,la carrozza requisita…Dobbiamo evacuare al più presto donne e bambini,madame:il nemico marcia sulla città!-
Meg sollevò lo sguardo:lungo la Senna si accodavano sempre più numerose famiglie di sfollati che cercavano di mettersi in salvo prima dell’arrivo dei prussiani.
-Se volete unirvi a loro,madame…- propose,provocatoriamente l’uomo d’armi.
La maestra di danza serrò le mani sulla sua valigia;cinse le spalle della figlia e la sospinse nella fila accodandosi senza aggiungere altro.
Ripercorsero a ritroso il cammino già fatto in carrozza,superarono il teatro.
Quando lo ebbero alle spalle,Magdalene sussurrò alla figlia.
-Appena costeggeremo rue Scribe,ti infilerai nel vicoletto e raggiungerai l’Opera.-
-Ma…?-
-C’è un passaggio…ricordati il portone nr 8…Sali negli alloggi e aspettami.-
-E tu? Dove?-
-Fa’ come ti dico…Cercherò di mettermi in contatto con chi possa aiutarci…ma tu rimani nascosta,per carità!-

Mamma cara,ti guardo scomparire tra la folla...con ammirazione…Come sempre sai cosa fare,come sempre cerchi di proteggermi…Se solo avessi più fiducia in me,se potessi dimostrarti che so cavarmela…

Un cancelletto recingeva il portone nr 8.Meg lo riconobbe con facilità;entrando l’inferriata cigolò sinistramente;ma il portone di legno era ben oliato e si aprì senza nessuna difficoltà.
Una volta dentro,la fanciulla faticò un attimo ad abituarsi al buio;fuori la luce livida dell’alba era stata quasi accecante.
Intravide un corridoio davanti a sé e lo percorse,cercando di orientarsi;a un tratto la via si divideva in due;scelse di andare a destra,mentalmente ricostruendo che da quella parte dovesse trovarsi anche il teatro.
Ora il luogo le sembrava più familiare;cominciò a muovervisi con minore cautela.
Solo che improvvisamente ebbe la sensazione netta di non essere sola…
Era l’eco dei suoi passi che avvertiva,o erano altri passi che la seguivano..
Cominciò ad arretrare,a disorientarsi;una grata apriva la via verso una scala;i passi alle sue spalle ormai erano vicini:si inoltrò senza por tempo in mezzo per le scale e ben presto si ritrovò giù,nel covo del Fantasma.

Oddio…di nuovo qui…Com’è strano ora questo posto:vuoto e silenzioso.E buio…
Lui?dove sarà?...


Solo un morente tremolio di candele illuminava l’immensa cavità.
Fatalmente lo sguardo di Meg andò al giaciglio dove lei e la madre lo avevano lasciato poche ore prima:era vuoto!Non fece in tempo a riflettere sulla sensazione che ciò le provocava che una morsa la bloccò nel buio e una mano le chiuse la bocca,minacciosa.

Che stupida!...incauta:qualcuno mi ha seguita…e ora? Se riuscissi a liberarmi…forse potrei ancora salvarmi!

-Di nuovo qui,la piccola Giry…- La voce dello sconosciuto era inconfondibile,come il ghigno amaro della sua irrisione-sei tu vero che mi hai impedito di morire?Che mi hai restituito all’amabile vita…-
Così dicendo le si era parato davanti,lasciandola andare.
Meg aveva il capo basso, ruminava in silenzio la rabbia e la desolazione di tutta quella mattinata.
Inspirò,pensando a sua madre,mentre lo sentiva infierire:
-Proprio un regalo fantastico! Cos’è?volevi un gingillo diverso…da aggiungere alla tua collezione di bambole?-
Finalmente la rabbia esplose.
Senza pensarci sopra a pugni chiusi si avventò contro il suo petto:
-Finitela!...credete davvero di essere l’unico che abbia sofferto,soffre soffrirà…? Non sapete che a Parigi la gente muore per le strade,di fame,di soprusi…-
Il ‘fantasma’,rimasto sorpreso da quella reazione inattesa,domandò,sempre con arrogante disprezzo:
-Parigi?-
-Si…Parigi…la città che è qui sopra…il mondo non è questo covo,monsieur…Fuori,c’è il mondo con i suoi palpiti,le sue sofferenze…e le sue gioie…-
-Non vedo l’ora di apprezzarlo…certo aspetta solo me!- ribattè ancora lui,con sapida ironia.-Dunque ti ringrazio…mi schiudi le porte del mondo!-
La giovanetta scosse la testa.
Era furiosa,con lui ma anche con se stessa;le sembrava di non saper trovare mai le parole giuste…come con sua madre.
-E comunque monsieur…io non sono stata educata a lasciar morire qualcuno senza intervenire…fosse pure il peggiore degli uomini…-
Le verdi iridi dell’uomo emanarono un sinistro bagliore,poi sul suo volto si disegnò il solito compiaciuto sarcasmo:
-Meglio costringerlo a vivere,vero?...fosse pure la peggiore esistenza del mondo..-una fitta improvvisa gli troncò la battuta sulle labbra.
La giovanetta lo vide irrigidirsi,ripiegandosi su se stesso,con una smorfia di dolore.
-Lasciatemi vedere…- gli disse allora,con un tono determinato,costringendolo a sedere sulla poltrona dello scrittoio.
Sotto le fasciature,la ferita aveva ricominciato a sanguinare.
Meg inspirò.
Fece brevemente mente locale,quindi gli domandò:
-Avete un coltello?-
Ma non attese la risposta:si guardò intorno,aprì il cassetto della scrivania e vi trovò quello che cercava:un tagliacarte dal fine manico d’avorio incastonato in un’impugnatura d’oro sormontata da un macabro teschio…
Afferratolo,ne arroventò la lama sulla fiamma di una candela,che porse quindi all’uomo:
-Reggetela e fate luce sulla ferita…-
Prima di avvicinare la lama incandescente al taglio,Meg porse un fazzoletto al ‘fantasma’:
-Stringetelo tra i denti…-
Lui lo rifiutò con una mossa orgogliosa del mento.
La fanciulla prese coraggio e piano iniziò la penosa operazione.
Aveva quasi terminato quando avvertì la fiamma della candela quasi sfiorarle i capelli.
L’uomo,benché sofferente,la fissava con una luce di odio maligno negli occhi.
-Immagina che questa fiamma riduca il tuo grazioso faccino a un ammasso di piaghe…Saresti ancora così ‘solidale’ col mondo…’i suoi palpiti,le sue sofferenze,le sue gioie’…?- la scimmiottò concludendo con una risata crudele.
Meg ebbe paura.
Quell’uomo avrebbe potuto farle del male…aveva ragione sua madre…
Il ‘fantasma’ la scrutò:la vide impallidire,una stilla di sudore le imperlò la fronte.
Allontanò allora la fiamma dal suo viso,con compiaciuta soddisfazione:
-Concludi il tuo lavoro,piccola Giry…fai contenta la tua coscienza:salva la vita al peggiore degli uomini!-


babyphan25/9/2007, 21:42
Quando Meg ebbe finito di cauterizzare la ferita,la fasciò con delicatezza,quindi provò ad aiutare l’uomo a indossare la camicia.
-Ah via…lasciami perdere!- la respinse lui,ruvidamente.

Mi tratta come una importuna..Non conosce gratitudine né pietà.Ho capito perché mia madre lo ha rinnegato

-Cha cosa sei tornata a fare,qui?- le domandò lui,inaspettatamente.
-E’ stata mia madre a indicarmi il passaggio…-
-E dov’è lei,ora?-
Meg era agitata,temeva che a ricordare l’ultima volta che aveva visto sua madre le sarebbe venuto da piangere.E non voleva mostrare debolezza davanti a quell’individuo.
-Allora?-
-E’ andata a cercare…a cercare qualcuno che possa portarci via da Parigi!- rispose,tirando il fiato.
-Che cos’ha ‘Parigi’ che non va?...-
-Monsieur…c’è una guerra in corso e…e noi l’abbiamo persa:stanno arrivando i nemici e tutti cercano di mettersi in salvo…Mia madre ed io stavamo andando a villa De Chagny quando hanno requisito carrozza e cocchiere…e ci hanno accodato agli altri profughi…-
Meg aveva raccontato col cuore in mano quello che aveva vissuto poco prima;ma il suo interlocutore sembrava aver smesso di seguirla da tempo.Forse da quando aveva pronunziato il nome ‘de Chagny’?
-Mamma mi ha detto di aspettarla nel nostro appartamento, in teatro…-
-Va’ allora…cosa aspetti…Va’ via!-

Non si volta nemmeno a guardarmi.Non mi ascolta.Il suo pensiero è sempre altrove…

Meg risalì la scala e riemerse dai sotterranei.Era pomeriggio ormai;entrò nella sua stanza,chiuse la porta a chiave dietro di sé e si gettò sul letto,esausta.
La stanza era in penombra quando riaprì gli occhi:il fanale che pendeva davanti alla finestra la illuminava appena.
Si alzò dal letto,guardò l’orologio sul comò:segnava le nove..

Oh mamma…dove sei? Cosa è successo alla nostra vita in queste poche ore?E’ tutto cambiato?E’ tutto finito?

Meg si avvicinò al cassettone,si guardò nello specchio.Aveva i capelli scomposti,il viso pallido.Aprì il cassetto,cercando un pettine,per ravviarsi.
Poi,una insana curiosità la spinse a frugare tra le cose di sua madre;in fondo al cassetto trovò una scatola di legno,legato con del nastro di raso nero…
Il fiocco si sciolse,ma la scatola sembrava chiusa da tanto;Meg non riusciva ad aprirlo.
Finalmente forzandolo,cedette con violenza e tutto il contenuto schizzò fuori,come esplodendo.
C’erano delle lettere,un anello con una perla,un sonaglino…
Poi c’era un paio di scarpette da ballo,piccole e consumate…Meg pensò per un attimo fossero le sue,poi capì che dovevano essere le prime che sua madre aveva indossato.
Infine c’era una sorta di… di sacchetto di tela.Meg lo sollevò cercando di capire cosa fosse.Si accorse di due strani tagli che si aprivano paralleli su un lato…
Un rumore la distolse.Qualcuno saliva le scale.

Finalmente! Mamma è qui…


Frettolosamente infilò ogni cosa nella scatola,disordinatamente e richiuse il cassetto.Ci sarebbe stato tempo per le spiegazioni,dopo.
Schiuse quindi la porta e guardò verso l’ingresso del corridoio.I passi si avvicinavano:
-Mamma? Sei tu…- disse sollevando il lume a gas.
Una torcia brillò nel buio illuminando il volto poco rassicurante di uno sconosciuto.
Meg rabbrividì,si guardò intorno;l’uomo si accompagnava a qualcun altro.Doveva trattarsi di ladri,sciacalli che approfittavano dell’emergenza per entrare nelle case vuote e depredarle.
-Chi è là?-
Meg arretrò,spaventata.
-C’è una madamigella,Louis…sola e abbandonata…- Il tono di chi aveva parlato era maliziosamente irridente.
-Andate via!...qui non c’è niente da…-
I due si erano avvicinati intanto e la rimiravano.
-Perché vi agitate,madamoiselle… lasciate giudicare noi,no Louis?-
-Io direi che qualcosa di interessante c’è sempre,Jean…-
Così dicendo allungò una mano verso il viso di Meg,strappandole via uno degli orecchini.
La ragazza era spaventata,dolorante.Ma senza fiatare,sollevata la mano tolse l’altro orecchino e l’offrì ai ladri:
-Ecco,prendete allora…- e porse loro anche un bracciale.poi inavvedutamente aprì il colletto per estrarvi un ciondolo.
La vista della sua pelle rosea e intatta eccitò i due malandrini.
-Sicura che non vuoi darci nient’altro…magari se diamo un’occhiata noi,troviamo qualcosa…-
Meg tentò il tutto per tutto,gettò contro uno di loro il lume a gas,quindi cominciò a fuggire.
-Dannata bamboletta!- bestemmiò quello colpito,cadendo all’indietro.
Ma l’altro iniziò l’inseguimento.

Dio mio…dove vado? È buio…e loro non conoscono questo posto…Ma sono in due e…
Là,la scala che porta al back stage…se riuscissi a raggiungerla…
Oddio,sento il fiato di quella bestia sul collo…non ce la farò…mi è addosso…



Un sibilò scattò nell’aria.Meg si volse e vide l’uomo davanti a lei,pronto ad avventarsi,storcere gli occhi,impallidire,diventare cianotico…cadere a terra come un sacco vuoto.
La giovane donna lo guardò con raccapriccio,poi sollevò lo sguardo.
Nel buio,un’ombra possente si delineò.
La trasse via per un braccio.
-Voi…cosa avete fatto monsieur…?-

Mi ha salvato la vita…ecco cosa ha fatto…Allora,allora non è un demonio senza cuore…

-Ce..ce n’era un altro…- mormorò timidamente la fanciulla.
-Non hai da temere da nessuno dei due….- le rispose seccamente il provvidenziale salvatore. –Ora entra nella tua stanza e chiudi a chiave…-
-Io…ho paura…- confessò lei,timidamente.
-Rassicurati! Non entrerà più nessun importuno nel mio teatro…-
Meg aprì la porta del suo appartamento,accese il lume;un triangolo di luce illuminò il ‘fantasma’.
-Posso almeno ringraziarvi,monsieur?-
L’uomo ghignò.
-Saldo sempre i miei debiti,piccola Giry…- così dicendo,prima che la giovanetta potesse capire dove e come,disparve nel buio.


babyphan1/10/2007, 14:17
Meg non aveva nessuna voglia di mettersi a letto,dormire…
Sospirò,scoraggiata.
Quindi riaprì il cassetto e ne tirò fuori la scatola in legno,che conteneva i segreti di sua madre…
La sua attenzione fu attratta da un fascio di lettere;lo aprì,ne trasse fuori la prima.Era scritta in un francese non sempre graficamente corretto,inframezzato da parole straniere…Spagnolo forse?o Italiano…

‘Madame,
perdonate l’ardire.
Ma da quando vi ho visto danzare,il mio pensiero è solo per voi..Io stesso me ne rimprovero,ben altre dovrebbero essere le mie urgenze…Ma quella che più mi angustia è di potervi conoscere,parlare…
Concedetemi un incontro,dove e quando volete…
Mi firmo,servo vostro
G.M.


Chi sarà? Forse un ammiratore? La data manca…Ma certo mamma doveva essere molto giovane:danzava ancora…


‘Magdalene cara,
Ora che vi ho conosciuta meglio,sono ancora più irretito dal vostro fascino.Siete una donna sorprendente,così compassata in apparenza,così generosa e appassionata,invece…
Io purtroppo ho poco da offrirvi:sono …lo sapete cosa sono…
Ma vi prometto che tornerò a Parigi e,anche di lontano,penserò sempre a voi…Un pensiero che mi aiuterà,ne sono certo…
Mi firmo,sempre vostro

G.M.’


Meg cominciò ad appassionarsi a quella lettura,come fosse un romanzo,un viaggio all’interno di quella madre di cui sapeva così poco.Non si trattava delle lettere di un ammiratore qualsiasi:Magdalene le aveva conservate una per una,gelosamente.
Dunque qualcosa di più profondo la legava a quel G.M….

Mamma…come avrei voluto conoscere da te questa storia…Ma non appena ti ritroverò,tra di noi cambierà ogni cosa:non sono più una bambina,mamma.
Voglio essere la tua amica,la tua confidente…


‘Mia adorata…
Tornare e ritrovarvi,ritrovarvi e amarvi…E’ stato bellissimo.La mia vita s’è illuminata di una nuova luce:Dio,quanto vi amo,cara,cara,cara…!
Eppure debbo lasciarvi ancora…
Ora più che mai,debbo farlo:sono inseguito,perseguitato,braccato…
Non voglio coinvolgervi nella mia sorte.Ma vi prometto,amore mio,che tornerò.
Tornerò per sempre!
Vostro per tutta la vita
G.M.’

Amore mio…Lui amava mia madre,e ne era riamato.’Amore mio’..come suona bene,com’è bello…

.Il letto era ingombro di buste e fogli. Restava un’ultima lettera da leggere:era diversa dalle altre…
La carta era meno ingiallita,l’aspetto più ufficiale:sull’intestazione,una data.


Marsiglia,12 febbraio 1861


‘Signora Giry,
Parto,rientro definitivamente.
Credevo di poter andare via così,senza aggiungere altro al nostro ultimo incontro.
Tuttavia,poiché si tratta di un addio,qualcosa voglio dirvelo…
Quelle che avete accampato con me sono soltanto scuse:siete vedova,signora.
Potrei occuparmi di voi e della vostra bambina,se solo voleste lasciare quel teatro a cui sembrate affezionata più di ogni cosa al mondo…
Perché?
La verità è che voi non riuscite a staccarvi da…da quel povero infelice…
Peccato,madame…Avete rinunciato alla felicità.
Ma ve ne pentirete:egli vi trascinerà nella sua stessa rovina…e non ci sarò io,a fianco a voi,a salvarvi.
Addio,signora…Mi firmo sempre vostro

G.M.’


Ma cosa?...

Un rumore nel corridoio distolse Meg,spaventandola.
Si alzò dal letto cauta,guardandosi intorno in cerca di un’arma con cui difendersi.
Impugnò l’attizzatoio del camino e,col lume in mano,rimase schiacciata contro la porta in attesa.
Il rumore si avvicinava.A un tratto la maniglia prese a ruotare,abbassandosi…
La serratura scattò invano;la porta era chiusa a chiave.
-Aprite…aprite,per carità!- esclamò la voce di un uomo,visibilmente agitata.
-Chi va là?- rispose la fanciulla stringendo con determinazione l’attizzatoio.
-Madamoiselle Giry…sia ringraziato il cielo:sono Reyer,il maestro!-
-Maestro!- esclamò la giovanetta,con sollievo. Ed aprì la porta.
-Mia piccola Meg…-
I due si abbracciarono,entrambi impauriti e desiderosi di conforto.La giovanetta teneva ancora tra le mani l’attizzatoio:
-Cosa fate con …con quell’arnese in mano?-
-Dovevo pur difendermi…Ditemi:mia madre?-
Reyer tossì,schiarendosi la voce:
-Mi manda lei…dovete prendere la valigia e venir via..senza perdere altro tempo!-
-Ah…si…- Meg invece indugiava.
La valigia era già fatta,in realtà.Ma…dove stavano andando?
-Su,bambina…che aspettate!- disse il maestro,offrendosi di prendere il bagaglio.
-Nulla…solo…-
Meg si guardava intorno.
-Via,via…non c’è tempo…-


E se non tornassimo più,qui?..Un presentimento mi opprime…Qualcosa si sta spezzando per sempre:il passato è finito,il presente è così oscuro e minaccioso…La scatola! Non voglio lasciarla qui:la porterò con me…E’ l’unico legame,ormai…


Afferrata la scatola col suo prezioso contenuto,la fanciulla la pigiò nella sua borsa da viaggio,quindi si mise dietro al maestro che la precedeva verso l’uscita.


Un’ombra si mosse cauta dietro i due fuggiaschi,ne seguì non visto le mosse,i discorsi.
-Facciamo presto,Meg…- diceva apprensivo e spaventato il maestro - Non abbiamo molto tempo…-
-Ma perché,maestro…che succede?-
Ma l’uomo improvvisamente la zittì col cenno tremolante del dito;e le indicò la strada a ritroso.
Risalirono verso la parte abitabile,cercando di guadagnare l’uscita del backstage.
Arrancando,con un leggero affanno,Reyer rispondeva alle domande di Meg:
-Chi ci insegue,monsieur le directeur?perchè non possiamo uscire dall’ingresso principale?-
-La città è piena di esagitati…tutti cercano il capro espiatorio di questo disastro bellico…-
-Ma noi? Noi siamo artisti…cosa c’entriamo…?-
-Noi siamo …siamo più coinvolti di tutti…Il visconte …e poi vostra madre…-
Farfugliava frasi scomposte,scappando verso l’altra uscita.Ma anche qui,gli sembrò di essere stato preceduto.
Allora il pover'uomo si guardò intorno,disorientato.
-Venite con me!- gli disse determinata la fanciulla. –Vi porterò io,fuori di qui!-
Armatasi di torcia,lo precedette verso i sotterranei.


babyphan8/10/2007, 20:41
Raggiunsero il canale sotterraneo:la barca era lì,ma occorreva trovare anche il remo.
-Meg?...volete uscire di qui con..con quella?- domandava preoccupato Reyer.
-E’ l’unico modo,maestro…ma dobbiamo trovare il remo…aiutatemi a cercare…-
L’uomo si guardò intorno,allungò timidamente una mano in direzione dell’acqua,ma l’agitarsi frettoloso di un topo lo atterrì;ritirò la mano,si strinse nelle spallucce.
-Ehm…non saprei dove cercare…- si giustificò.
-D’accordo…allora mentre io mi guardo intorno…raccontatemi che cosa è accaduto a mia madre,dov’è ora?…-
Reyer strinse le mani,lisciandosele come incapace di rispondere.
Meg lo affrontò,lasciando da parte la ricerca del remo:
-Allora?-
-E’ …è stata…arrestata…- confessò finalmente,con una evidente reticenza.
-Cosa?...che dite?...e dov’è? Dobbiamo liberarla!-
-Calmatevi,calmatevi madamoiselle…in questo momento è alle Tuilleries…è riuscita fortunosamente a parlarmi,perché vi venissi a prendere e vi conducessi …-
-Dove?-
-A Versailles…il Visconte e sua moglie sono fuggiti là…-
Meg si strinse la testa tra le mani;ma ciò non le impedì di avvertire come l’eco di un sospiro.
Qualcuno li ascoltava.
-Spiegatemi perché..perchè mia madre è in prigione…-
-Madamoiselle….è stata trovata in compagnia di persone non gradite al …alle forze governative…sapete…anarchici,rivoluzionari…-
-Mia madre?-
-Era andata a cercare aiuto…-
-E voi?-
-Ero per strada…ho visto lei e un altro centinaio di donne e uomini…portati via…Mi ha riconosciuto e…-
La voce di Reyer sembrò spezzarsi.
-Maestro…voi…voi mi state nascondendo qualcosa…-
-E’ stata incauta…una guardia l’ha vista…l’ha colpita…-

Noooo! Non può essere così…non posso credere…Mamma,mamma…Non voglio immaginare di perderti in questo modo…

Un urlo di dolore sembrò lacerare il giovane petto di Meg.
Saltò sulla barca,ci si stese dentro e cominciò ad agitare inconsultamente le braccia,purchè si movesse.
-Che fatee?- Reyer aveva rialzato la testa e si rendeva solo ora conto di ciò che accadeva.
Una mano alle sue spalle lo sospinse sulla barca:era buio…Ancora più buio un attimo dopo,quando sospinta da una forza invisibile la barca finalmente si staccò dall’abbrivio e solcò le acque limacciose del canale…

Meg piangeva ancora disperata,quando finalmente si rese conto del movimento della barca.
Si volse;nel buio distinse appena la ridicola capigliatura del maestro.Ma pur senza vedere altro non ebbe dubbi.

Lui è qui

-Dove sarà maestro?-
-Vostra madre è…è caduta…ma si è rialzata,nonostante la ferita…e ha proseguito verso le Tuileries…Supplicandomi di venire qui,non dirvi nulla e portarvi via…Non mi perdonerà mai…
Io stesso non mi perdonerò…-
-Tacete…Guardate,laggiù…sembra …sembra la Senna!-
Il canale sbucava proprio sotto l’Ile de la citè:davanti agli occhi di Meg e di Reyer si erse spettrale la mole cupa di NotreDame.
Meg si volse,per scorgere finalmente il loro invisibile nocchiero.
Ma con un balzo,la sua ombra nera dileguò lungo le murate delle rive,prima che la fanciulla potesse davvero essere certa di non aver sognato.


Raggiunsero i giardini delle Tuilleries dopo una breve,affannosa corsa.I cancelli erano chiusi e i militari regolari impedivano il passaggio a chiunque.
Una piccola folla si era assiepata là davanti:i loro parenti,padri,madri,figli,fratelli;giovani,vecchi,donne,ragazzini;erano stati incatenati gli uni agli altri e pernottavano all’addiaccio nel cortile davanti all’ex reggia napoleonica.
Meg sbirciò tra le inferriate:c’era qualcuno steso a terra,soccorso appena dalla pietà dei compagni.
La giovanetta si accostò a una delle guardie:gli animi erano esacerbati dal senso di sconfitta ,dalla minaccia che avanzava verso la città:
-Vi prego…mia madre…potrebbe essere ferita…Permettetemi di vederla…-
-Vattene!...và,o arresto anche te!- fu la risposta.
-Allora arrestatemi!- stava per rispondere la fanciulla,ma il maestro la trasse indietro,con cautela.
-Venite…di qua…-
Aggirarono una parte delle inferriate:qualcuno aveva trovato un vecchio varco nascosto da una siepe di rovi:molti vi si erano infilati,almeno per accertarsi di come stessero i loro cari.
Di lì,strisciando sull’erba,incurante delle difficoltà,Meg si insinuò fino al ‘padiglione’ dei feriti.
Riconobbe subito sua madre.
-Mamma!-
-SSsssss…- le raccomandò Reyer.
Meg si avvicinò alla donna,le sollevò la testa,se la accolse in grembo,carezzandole i capelli.
-Meg..bambina mia…- sussurrò la donna.Era allo stremo…

Non così,non in questo luogo orribile…

Mentre pensava questo,qualcosa si agitò tra la folla;un vecchio gendarme che controllava quella zona sembrò afflosciarsi a terra,senza apparente motivo.
Quindi un’ombra si levò davanti a Meg;una mano ordinò loro col gesto il silenzio; due braccia forti sollevarono la donna,lasciata fortunatamente libera,date le sue disperate condizioni.
Tenendola tra le braccia,l’ombra nera avanzò verso il passaggio e,indifferente ai rovi,li affrontò di spalle,proteggendo col suo corpo la ferita;presto fu fuori,seguito dagli altri due…
I tre avanzarono nella notte:bisognava riguadagnare la barca.
Reyer guardava interrogativamente Meg,non capendo di chi e di cosa si trattasse;ma la giovanetta era intenta a guardarsi intorno,spiando che nessun malintenzionato intralciasse il loro cammino.
Scivolarono dalle scale delle murate verso il fiume;i loro passi risuonavano sinistri sul mantello stradale,amplificati dalle arcate dei ponti.
Finalmente furono in vista della barca;l’ombra vi adagiò con estrema delicatezza madame,quindi,un piede sulla barca,l’altro sulla riva fece cenno agli altri due di montarvi:e ripercorsero a ritroso il canale…Ma presto Meg si accorse che non era lo stesso di prima:

Dove stiamo andando?Egli è un salvatore o un infernale traghettatore?...forse tutto questo è solo un incubo atroce…forse anch’io sono agonizzante e questo è il mio viaggio verso il remoto aldilà..


La barca attraccò su una riva sconosciuta.Con la stessa delicatezza di prima,il ‘fantasma’ sollevò Magdalene:
-Sei tu,vero?...- sillabò in un sospiro la donna.
Lui chinò il capo verso di lei e pronunziò poche parole.
Meg le avvertì appena…
Guardandosi intorno,improvvisamente la fanciulla si accorse che davanti a lei si apriva il palcoscenico dell’Opera…
Qui,l’uomo adagiò Magdalene;Reyer si affrettò a coprirla con quello che rimaneva del sipario.
Meg la tenne ancora sul suo grembo, come cullandola con tenerezza indicibile.
-E’ l’unico posto dove avrei voluto morire...l’Opera,la mia casa…-Magdalene aveva gli occhi pieni di lacrime.
Il Fantasma si chinò appena su di lei,mormorò ancora qualcosa,poi disparve nel buio.
Reyer fece la mossa di seguirlo,fermarlo;nel buio il suo volto mostruoso lo atterrì,il suo sguardo inquieto e indomito lo dissuase.
Tornò indietro e con Meg vegliò la cara amica che pian piano moriva…



babyphan11/10/2007, 20:02
Il tocco lento e sincopato della campana si smorzava a poco a poco.
Tra i banchi della piccola cappella che aveva ospitato l’estremo addio a sua madre,Meg rimaneva seduta immobile,ferma in una rigidezza innaturale che malcelava una dolente spossatezza.
Fuori della cappella il maestro Reyer si intratteneva con gli Chagny,unici rimasti di un piccolo drappello di silenziosi e sfuggenti amici,giunti a rendere omaggio alla maestra di danza della più prestigiosa scuola di Francia…
-Non riesco a parlarle…è come impietrita…- confidava a bassa voce il direttore d’orchestra alla giovane coppia. –Eppure ho provato a spiegarle che il tempo e le circostanze…-
-Tempo non ce n’è più…- sentenziò Raoul,lapidario.Aveva il volto teso,lo sguardo lontano e triste.
-…Forse potrei parlarle io…- si offrì Christine.
I tre si scambiarono uno sguardo pensoso,poi col cenno del capo,il visconte diede il suo assenso,ma allentò di malavoglia la stretta intorno alle spalle della sua giovane moglie.


Christine entrò nella spoglia chiesetta e sedette silenziosamente accanto alla sua amica,quella con cui era cresciuta…

Meg sembrò scuotersi da una sorta di assenza dolorosa;i suoi occhi erano stranamente asciutti,ma il dolore e il vuoto della sua anima erano espressi con una evidenza che faceva quasi male…
-Meg…- Christine le prese una mano tra le sue,con tenerezza fraterna.
La giovane ballerina avrebbe voluto ritrarla;avrebbe voluto sottrarsi a qualsiasi contatto col mondo,soprattutto con quel mondo per lei ormai sepolto…
La soprano insistè,con dolcezza:
-Amica….Sorella…Credi che potrei lasciarti,ora? Proprio ora?..sarei un’ingrata,senza memoria…So bene che cosa stai provando…-

Già…tu conosci la perdita…peccato che a te è stato lasciato un ‘angelo custode’ che colmasse la tua solitudine…Quel tuo ‘angelo’ che ti ho invidiato tanto,ma nel quale io non riuscirei mai a credere…

-Piangi pure sulla mia spalla,lascia che io ti consoli,Meg:non tenere il dolore dentro…Vieni:durante il viaggio ti terrò la mano,ti terrò stretta…Avrò io cura di te..-

…Avrò cura di te:sono le uniche parole che avrei voluto dire a mia madre…Una bugia:non ho saputo farlo,non ho saputo dirle quanto l’amavo e l’ammiravo…E lei? Quante cose tra noi sono rimaste inespresse:quanti silenzi,quanto vuoto…Eppure so che mi ha amato:’Sei stata la cosa più bella della mia vita,Meg…volevo lo sapessi’…Lo ha detto:ed io sono rimasta muta,come sempre…

-Viaggio?- Meg si volse all’amica,come ritrovando improvvisamente la padronanza di sé –Dove andiamo?-
-Dobbiamo lasciare Parigi:Raoul qui è in pericolo…Gli investimenti dedicati al teatro,l’assenza dal fronte di guerra …lo hanno messo in cattiva luce tra i capi della guardia nazionale…Vogliono arrestarlo,farne un capro espiatorio per soddisfare la fame di riscatto del popolino…E noi siamo in pericolo con lui!-
Meg era incredula.Ma le passarono davanti agli occhi le immagini tristemente note delle rivoluzioni parigine,e di tutto il sangue innocente che avevano provocato nella storia.
-Sono pronta…La mia valigia?- domandò però improvvisamente agitata.
-L’ha presa il maestro:è già sulla carrozza…Vieni via,Meg…-
Lentamente,come sospinta da una corrente contro la quale era inutile lottare,la giovane Giry si lasciò sospingere dall’amica verso l’uscita.
Sulla soglia della chiesa però si volse improvvisamente indietro come richiamata da qualcosa:un vecchio affresco incrostato,su cui si riconoscevano appena schiere di angeli e demoni che lottavano tra loro.
Li scrutò,come cercando qualcosa o qualcuno:nessun volto le era familiare..

..A me non è rimasto né un angelo né un demonio…Solo l’ombra di un uomo,distante e ostile;eppure c’è qualcosa…qualcosa tra di noi…
Che sciocca..qualunque cosa sia…è tutto finito!Addio…Addio…


Finalmente una lacrima le inumidì gli occhi inariditi.
La asciugò in fretta,serbandone la consolante sensazione tra le dita,mentre –salita in carrozza –si lasciò alle spalle il suo passato senza voltarsi indietro.
-Via George…Lancia i cavalli al vento!- ordinò Raoul prendendo posto per ultimo sulla vettura,dopo aver anch’egli lanciato uno sguardo di congedo alla sua città – Dobbiamo essere a Marsiglia prima dell’alba di domani…!
Uno schiocco di frusta e le ruote si mossero d’apprima cigolando,poi macinando avide la strada.
All’ultimo momento Meg si volse indietro,guardando ancora una volta la chiesa e il piccolo cimitero dietro di loro:e non le sfuggì la vista di un landò nero che scivolava fuori dal cancello,alle loro spalle:a cassetta un uomo dalla pelle scura e grandi occhi levantini…


Il viaggio sarebbe stato lungo e scomodo:Raoul aveva pensato inizialmente di attraversare la valle della Loira,magari fermandosi presso la residenza di qualche amico;ma l’aria che tirava in giro era tesa e minacciosa. Si preferì dunque una via meno agevole,ma altrettanto poco frequentata,per evitare da una parte le avanguardie prussiane,che avanzavano a tappe forzate verso l’interno;dall’altra i ribelli della guardia nazionale che cominciavano a sollevarsi contro le truppe e lo stato regolare.
A Clermon Ferrand i fuggitivi pensarono di fermarsi a far riposare i cavalli e rifocillarsi anche loro.
Era già buio,anche se la giornata non era che a metà.L’autunno avanzava,nonostante un caldo strano che rendeva l’aria greve e carica di un sottile senso di oppressione.
Una lanterna faceva lume sull’insegna illeggibile d’una locanda:Raoul entrò a dare un’occhiata;gli avventori erano pochi e silenziosi:fece cenno alle due donne di entrare rimanendo sulla soglia ad accoglierle.
Meg era sul punto di entrare quando dalle scuderie -dove il cocchiere aveva portato i cavalli ad abbeverarsi e mangiare –si levò una serie di strepiti.La voce di un uomo che rimproverava aspramente qualcuno;quella di una donna che lo difendeva:
-Non deve stare qui…è un incapace e poi…mi spaventa le bestie…-
- …lo sai ,non è colpa sua…-
-Pòrtatelo in casa e fammi lavorare..che stia chiuso dentro…-
-Vieni Leandre…aiutami a servire ai tavoli…-
La donna uscì:era l’ostessa della locanda;la seguiva trotterellando rasente i muri un ragazzetto,la testa coperta da una sorta di sacchetto di tela,con due buchi:una maschera primordiale…
Meg rabbrividì.Inizialmente senza darsene una ragione.
Il padrone li rincorse fuori dalle scuderie,trafelato:
-Macchè tavoli? Mi vuoi spaventare i clienti?-
-E lascialo perdere…-
La donna troncò quel battibecco,rivolgendosi proprio alla piccola comitiva e impetrandone la attenzione e la magnanimità:
-Ha avuto un brutto male…povero Leandre …la Madonna del dolore me l’ha salvato…ma ne porta ancora i segni sul viso e si vergogna…- così dicendo se lo strinse contro il fianco abbondante celando dietro una risata bonaria tutta la paura di perderlo e il sollievo che ne aveva ricevuto.
I nuovi arrivati seguirono la donna all’interno e presero posto ai tavoli:
-Che vi servo,signori?...abbiamo del pesce pescato or ora …lo gradite? Queste belle signore si sentiranno subito meglio e…non è un cibo che appesantirà loro il viaggio…-
Era affabile madame Tourenne;e sapeva come trattare i clienti abituali e acquistarsene di nuovi.
Poco dopo Leandre recò loro i piatti ordinati e del vino,che versò abbondante nei bicchieri.
-Portane un po’ anche al mio cocchiere…- gli ordinò Raoul,allungandogli qualche moneta di mancia. Gli occhietti del ragazzino brillarono dietro la tela del sacco.
Poi Raoul prese la mano di Christine e vi intrecciò la sua,teneramente:si guardarono negli occhi,si sorrisero. E mentre si parlava del viaggio e del futuro,sembravano lontani da ogni cosa,come separati da tutti in un mondo di fragile vetro..
-Se non ripartiamo subito – disse Meg alzandosi da tavola – mi piacerebbe camminare un po’ lungo il fiume…-
Christine accennò il gesto di accompagnarla.
-Preferisco rimanere un po’ da sola..- la trattenne l’amica –Non datevi pensiero…- li rassicurò.


Passeggiava pensosa sull’erba delle rive quando avvertì avvicinarsi una carrozza dall’altro lato della strada.
C’era qualcosa di familiare in essa;rimase leggermente fuori dall’abitato;non ne scese nessuno,ma il cocchiere ne staccò i cavalli e si diresse alle scuderie della locanda;quindi entrò nel locale.La lucerna gli illuminò per pochi attimi il volto:aveva la pelle scura e gli occhi levantini…

Ho già visto quell’ometto…proprio stamane:che ci stia seguendo? E perché?..Forse dovrei avvertire Raoul,magari è una spia…un delatore…

Pochi minuti dopo trafelato lo straniero –un orientale di sicuro – uscì dalla locanda recando delle vettovaglie.
Si avvicinò al landò,bussando piano alla portiera.Questa si aprì e il vetturino vi entrò col suo carico di vivande.
-Meg?- la voce del visconte di Chagny la distolse – Siamo pronti…vogliamo ripartire?-
-Si…vi raggiungo subito… -disse la giovane donna.
In quel momento qualcuno smontò dalla vettura misteriosa.
Il vento stormì agitando i rami degli alberi:Meg intravide una figura alta e scura che,fatti pochi passi,si confuse nell’intrico degli alberi.
Di nuovo fu turbata,senza capire perché.


babyphan13/10/2007, 23:07

-Visconte…-
Raoul stava dando disposizioni al cocchiere quando Meg ne richiamò l’attenzione.
-Meg…Chiamatemi pure Raoul…sarei onorato di considerarmi vostro amico…-le rispose lui,cordialmente sincero.
-Grazie…- Meg chinò il capo,grata;poi abbassò istintivamente la voce e gli confidò -Raoul…ho l’impressione che ci stiano seguendo…-
L’uomo,scostandola un po’ dalla carrozza per evitare che Christine potesse ascoltare i loro discorsi,abbassò il tono e domandò:
-Ve ne siete accorta anche voi?-
La giovane donna rimase un attimo meravigliata dalla risposta;il visconte proseguì:
-Li ho notati subito…Si fingevano avventori usuali,ma il fisico,l’aria minacciosa…-
-Ma…di chi parlate?-
-Dei due uomini seduti al bancone…Sono sicuro di averli già visti a Parigi…-
-Due uomini?...- Meg non era sicura che si parlasse delle stesse persone;ma prima di poter indagare in tal senso,Raoul le stava esponendo le sue decisioni in proposito.
-Faremo finta di nulla per ora…Però io viaggerò a cavallo controllando la carrozza a distanza…-
-E…come lo spiegherete a Christine?-
-Dirò che è per lasciarvi più spazio…così potrete anche addormentarvi un po’…-
Meg annuì,quindi montò sulla vettura.
Era sicura che tutte le emozioni di quei giorni e la desolazione che portava dentro di sé avessero inaridito persino il suo bisogno di riposare;ma non fu così…
Poco dopo,cullate dal dondolio regolare delle ruote,lei e Christine dormivano entrambe.

Un orribile mondo in bianco e nero…il bianco lancinante e gelido dell’alba…il bianco del marmo delle lapidi…dell’intonaco squallido di una cappella in un cimitero di periferia..Il gelo della pietra bianca…
Il nero caldo e misterioso delle viscere scure del teatro…il buio tra le pieghe del sipario calato…il nero di un mantello…il nero di un’ombra fatta di carne…

Meg si agitò nel sonno.Quell’ombra fatta di carne la turbava:era attrazione e ripulsa,era fuga ed abbandono insieme.Il suo conscio diceva no,il suo inconscio insinuava ‘si’…Ma il suo conscio gridò: No!...No…-
-Meg…calmati…è solo un incubo…-
Christine era seduta accanto a lei e le carezzava con dolcezza il viso,cercando di calmarla.
-Ah si…scusami Christine….-
-Riprendi sonno cara…- le disse ancora suadente l’amica,quindi si stese anche lei.
E presto il sonno la assalì di nuovo;con nuovi incubi…

Un sacchetto di tela ruvida,due tagli paralleli…Un bimbo maltrattato…Povera creatura mia,dice sua madre…Ma qualcuno ride e lo prende in giro,tutti ridono con bocche aperte sguaiatamente…qualcuno gli strappa la maschera dal viso…
E quel volto…Oddio!...E’ quello d’un uomo dal profilo sfigurato!!!

-Mio Dio!- gridò ancora Meg.
E questa volta,con uno sforzo violento si sollevò a sedere,sottraendosi a quel sonno senza riposo.
Fuori albeggiava:sbirciò al di là delle cortine che riparavano l’interno della vettura da sguardi indiscreti e un raggio di luce debole si insinuò nella carrozza:Christine che dormiva ancora volse il capo dall’altro lato.
Meg guardò meglio:il paesaggio era diverso.
Non più la strada ripida che si inerpicava tra le alture del massiccio centrale,ma una strada che declinava dolcemente verso la pianura costiera,fiancheggiata da pini alti e resinosi;e sullo sfondo,addormentate tra i rigogliosi arbusti della macchia mediterranea,le casette chiare dei tipici paesetti provenzali.
L’aria era tersa e profumata insieme.
La luce del sole aveva svegliato completamente Christine,che si affiancò all’amica e con lei guardò fuori,aprendo completamente le cortine:e quando sul lato sinistro apparve in lontananza il mare,giù a valle,oltre la pianura,le due giovani donne sembrarono illuminarsi e risplendere,come se la giovinezza e l’energia che gli ultimi tristi eventi avevano tentato di sopire,esplodesse più forte di prima…
-George!...fermate un po’…- gridò Christine al vetturino.
Poi invitò Meg: –Scendiamo?...Raoul deve essere qui vicino…-
Smontarono insieme e si affacciarono dal muretto di pietra che dava verso la pianura sottostante: intravidero la strada che conduceva fino ad un paesino,abbarbicato su un colle,col suo castello.
E un ponte romano che scavalcava con tutte le sue luci un piccolo corso d’acqua.
-E’ bello qui…-esclamò Christine- Potremmo fermarci laggiù…-
Lo scalpiccio di un cavallo al galoppo alle loro spalle le riscosse;comparve Raoul.
-Perché vi siete fermate?- domandò,un po’ contrariato.
Ma poi smontò anche lui e,stringendo a sé la diletta sposa,guardò verso il paese.
-Quella è Beziers…Ancora poco e saremo a Marsiglia…-
-Non potremmo fermarci …è così bello…Solo un giorno…una notte?-
Il visconte celò con una smorfia appena percettibile il disappunto;ma non seppe dire di no.
-Dovremo essere molto prudenti…evitare di mostrarci vulnerabili…Meg,cosa ne dite?-
La giovane donna si riscosse:qualcuno chiedeva il suo parere?
-E’ un luogo incantevole,ma…-
-Oh ti prego Raoul…- si intromise Christine.
E tutto ciò che Meg avrebbe potuto dire o pensare per distoglierlo da quella iniziativa,divenne inutile,inascoltato.
-Andiamo allora:George!
-Aspettate Raoul!...posso cedervi il posto in carrozza? Mi piacerebbe procedere a cavallo…-
-Voi…montate a cavallo Meg?- chiese meravigliato l’uomo.
-Si…- ammise lei,un po’ confusa.
-Veramente …preferirei…-cominciò lui.
-Oh si Raoul,rientra nella carrozza….Hai cavalcato tutta la notte senza riposare…-interloquì Christine,sempre convincente.
-D’accordo…ma..Meg…mi raccomando!...-le intimò con uno sguardo che significava ben più di quello che Christine poteva intuire.
-Non preoccupatevi…-lo rassicurò lei.
Montando in carrozza il visconte sottovoce si raccomandò anche col cocchiere:
-George:occhi aperti!-

Meg montò sul palafreno fresco che aveva viaggiato attaccato alla carrozza.Era un baio giovane e agile,anche apparentemente mansueto.
Armeggiando con la gonna,non proprio adatta alla bisogna,riuscì a sistemarsi con discreta sicurezza;quindi afferrate le redini,spronò la sua cavalcatura verso valle,dietro la carrozza che si era già lentamente avviata.
Lungo la strada però l’animale che sembrava tranquillo iniziò ad aumentare l’andatura sempre di più:la fanciulla superò la carrozza e ...via giù per la discesa,che si insinuava in tornanti verso la vallata.
Meg era spaventata,ma non perse il controllo del cavallo.
Anzi a un certo punto,quando ebbe chiaro che l’animale subiva la sua presa,fu felice di poter godere di quella corsa contro il vento,via via al galoppo giù nella valle.
E presto eccola davanti al ponte di Beziers,pronta ad attraversarlo.
A quel punto frenò il cavallo che rizzò la bella testa e poi la scrollò,come divertito.
Meg lo riportò al trotto.
Il sole ormai era ben alto nel cielo:il ponte era assolutamente deserto.
Alle sue spalle sopraggiungeva la carrozza di Raoul e Christine:li precedette volentieri,sollevando il volto con fierezza,godendo dell’eco che l’acciottolio degli zoccoli creava nel silenzio del mezzodì.
Ma a un tratto avvertì qualcosa di strano nell’aria;l’odore amarognolo dell’insidia.Fermo all’estremità del ponte era un uomo,comparso dal nulla,in atteggiamento di minacciosa attesa:presto lo affiancò un secondo.E un terzo.
Meg guardò alla carrozza:aveva ormai imboccato anch’essa il ponte.
E si accorse con terrore che alle loro spalle era comparso un altro uomo a cavallo,che imbracciava con finta naturalezza un fucile da caccia.
Era una imboscata,ne era sicura. Come dare l’allarme? Tornare indietro?Ormai non c’era più tempo….
Improvvisamente un rumore assordante e violento atterrì tutti:correndo a precipizio sulle ruote sgangherate dalla irruenza dei cavalli,un landò nero imboccò a velocità irrefrenabile il ponte tanto che il ‘cacciatore’ a cavallo ne fu disarcionato.
La vettura proseguì affiancando e superando la carrozza di Raoul,costringendo il cocchiere a fermarsi,addossandosi pericolosamente al parapetto del ponte;intanto i cavalli imbizzarriti del landò proseguivano la loro folle corsa tra le grida del piccolo cocchiere incapace di trattenerli.Meg fece largo,osservando la scena.
Spaventati dalla possibilità di esserne travolti,gli uomini appostati all’altro capo del ponte si guardarono e fecero appena in tempo a disperdersi a destra e a sinistra;uno scivolò addirittura,cadendo in acqua.
Mentre la carrozza nera si allontanava verso la rovina,anche il cocchiere di Raoul –sollecitato prontamente da Meg- guadagnò l’estremità del ponte e a gran velocità entrò nel paese,mettendosi al sicuro sotto l’egida dei suoi ospitali e ignari abitanti.
Del landò nero e dei suoi sfortunati occupanti,però,per quel giorno non se ne seppe altro…

Edited by arielcips - 2/1/2009, 15:10
 
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gemini21
view post Posted on 4/4/2008, 22:18




Bravissima Babyphan continua così :applauso:
 
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babyphan
view post Posted on 4/4/2008, 22:20




babyphan16/10/2007, 20:22
Capitolo lungo....


Raoul,Christine e Meg trovarono alloggio nel dignitoso albergo della cittadina.
Gli unici commenti che si scambiarono,sollecitati anche dalle domande degli altri avventori e dei pochi paesani che avevano assistito alla scena,furono sull’incidente occorso all’altra carrozza,i cui cavalli imbizzarriti sembravano destinati a trascinare i malcapitati occupanti chissà dove,fino all’inferno.
Ritiratisi ciascuno nella propria stanza,Meg fu contenta di potersi concedere un bagno caldo e ristoratore;di cambiarsi d’abito e rinfrescare il volto e i capelli.
Ma tutto ciò non interruppe il corso dei suoi pensieri e dei suoi interrogativi.
Una volta pronta,qualcosa la spinse a trattenersi in camera e riaprire la scatola di sua madre:ebbe di nuovo tra le mani il fascio di lettere,ma la sua attenzione era concentrata sul sacchetto di tela,che –ignara- la prima volta non aveva nemmeno considerato.

…Una maschera,ecco cos’è…Chi si nascondeva dietro questo rudimentale schermo? E perché..perchè mia madre conservava questa tela come qualcosa di prezioso?...vorrei saperlo,vorrei che…chi la indossava mi raccontasse la verità…


Finalmente scese giù,per il pranzo.
Avrebbe voluto affrontare coi suoi commensali l’argomento relativo al pericolo scampato,ma sembrava che nessuno degli altri due si fosse reso conto di quanto realmente fosse successo;e quando tentò timidamente di alimentarne l’attenzione,larvatamente Raoul le fece intendere che non riteneva opportuno spaventare più del dovuto Christine.
Meg sospirò,un po’ spazientita.
Dopo pranzo,espresse l’intenzione di passeggiare un po’ per il paese.
Fu obbligata dalle convenienze a invitare anche Christine a farle compagnia;ma la giovane donna declinò l’invito.
Era stanca e desiderava ritirarsi con Raoul nelle loro stanze.
Così Meg rimase sola e padrona di se stessa…
Il paesino si inerpicava verso la vetta del colle,dove torreggiava un castello.Accanto ad esso la splendida cattedrale romanica:un po’ affaticata della salita,la giovane donna volle entrarvi.Lungo le spettacolari vetrate immagini della vita di Cristo,dalla natività alla passione.
Una Maddalena dal volto dignitoso,nonostante il dolore e i capelli sciolti,le ricordò sua madre;la madre dolorosa e sconfitta che aveva conosciuto solo gli ultimi giorni.
Sentiva che avrebbe dovuto piangere,piangere tutte le sue lacrime;invece solo poche stille di commozione le bagnavano le ciglia.
Si sentiva indurita,avvertiva dentro di sé una energia combattiva:la voglia di non subire…
Su una delle pareti delle navate,le apparve invece ritratta Santa Giovanna d’Arco,la santa guerriera…

Non sono fatta per l’attesa e la contemplazione mamma…e nemmeno per l’ubbidienza:forse tu lo avevi capito e per questo eri ancora più severa…Tentavi di controllare la mia natura…Ma io non accetto la vita per come viene:io combatto,combatterò…a costo di essere considerata una strega ribelle…

Uscì con passo determinato dalla Chiesa,si guardò intorno quindi si diresse verso le botteghe artigiane che si distribuivano lungo le vie interne.
Il primo fu un banco di pegni.
Ne uscì alleggerita della catenina d’oro che gli aggressori a teatro non avevano fatto in tempo a sottrarle;e una bella borsa di monete sonanti…
Quindi si diresse verso un’armeria.
-In cosa posso servirvi,bella signorina?- le andò incontro il commesso.
-Vorrei…vorrei un’arma per difendermi dai malintenzionati…-
L’uomo aggrottò un po’ la fronte:era così giovane quella acquirente e aveva un viso così gradevolmente infantile…
-Vediamo un po’..vediamo un po’ se posso accontentarvi…-le rispose,nicchiando.
Meg andò diretta verso le pistole in bella mostra su una parete e ne impugnò una:
-Questa per esempio- disse puntando davanti a sé.
-Ma…madamoiselle…è troppo pesante…io non so se…-
Il commesso si agitava a disarmarla,ma intanto l’attenzione della donna era stata attratta da qualcosa oltre i vetri.
Mentre il pover’uomo cercava tra le armi qualcosa di più adatto,lei troncò di netto la sua agitazione,posandogli la rivoltella bruscamente tra le sue mani:
-Torno subito….vogliate scusarmi…- e uscì come era entrata ,sparendo dietro l’angolo.

Un ometto non troppo alto,dall’aria discreta e tranquilla,camminava verso la fontana del mercato;si tolse il cappello e si chinò per bere l’acqua fresca e cristallina della fonte,quando una voce alle sue spalle lo fece sussultare:
-State bene!...come siete riuscito a fermarli,poi?-
L’uomo si volse:davanti a lui una graziosa giovane fanciulla dai biondi capelli legati a treccia.
-Come dite?- domandò,meravigliato.
-I cavalli…come siete riuscito a frenarli…Avevamo paura che voi e il vostro padrone vi foste sfracellati…-
-Non..non capisco a cosa alludete?..dovete avermi scambiato con qualcun altro…-
Così dicendo celò ancora il suo volto,chinandosi a bere.
Ma Meg lo aveva riconosciuto benissimo:era il piccolo mediorientale dagli occhi levantini che guidava il landò nero.
-Non eravate voi a cassetta del landò nero….prima del mezzogiorno?-
-Vi sbagliate,madamoiselle…-negò ancora lui.
Meg gli impediva il passo,osservandolo sospettosa.
Lui fece un piccolo inchino,poi,sgusciando come una serpe,la evitò e tentò di sgattaiolare via.
Meg lo vide che si allontanava senza che lei potesse saperne di più.
Si morse il labbro e poi lo apostrofò,giocando il tutto per tutto:
-Non mi sbaglio,invece monsieur…
L’ometto aveva già svoltato;Meg allora,dimentica di ogni cosa gli corse dietro,incurante dello stupore dei pochi passanti e dei bottegai fermi sulla soglia dei loro esercizi.
Svoltato l’angolo,la fanciulla ebbe davanti tre stradine,ma l’arabo sembrava essersi dileguato.Avanzò un po’,dubbiosa,con già sulle labbra il sapore della delusione,quando un nitrito soffocato attrasse la sua attenzione:alle sue spalle si apriva il cortile di un palazzo signorile.
All’interno un’aia e,un po’ discosta,una stalla.
La giovane con cautela scivolò alle spalle della scuderia e cercò di sbirciare all’interno attraverso una finestrella retrostante.
Nessun dubbio:ecco il landò nero.Ed ecco i cavalli,perfettamente mansueti,che si rifocillavano,sotto la sollecita vista dell’arabo.
A un tratto sulla soglia della stalla,in controluce, si profilò un’ombra scura:l’occupante del landò…
Alto,maestoso,avvolto in un mantello che ne amplificava l’arroganza dei gesti…
Lui e l’arabo parlottarono a lungo:probabilmente il domestico stava informando il padrone dell’incontro avvenuto in precedenza.La reazione dell’altro fu un gesto di stizza sprezzante;nel compierlo l’uomo rivolse per un attimo alla luce il suo volto…
-Ah!- fu l’esclamazione a stento strozzata di Meg.
Il latrare di un cane,il sopraggiungere di alcuni braccianti,le consentirono di allontanarsi,apparentemente indisturbata.
Ritornò sulla piazzetta,bevve anche lei alla fontana:turbata,si interrogava su quello che aveva scoperto…

Ci segue…Perché? E perché oggi ci ha salvato? È stato un caso fortuito?
No…niente è fortuito per lui.
Ma che intenzioni ha?...fino a quando veglierà,nell’ombra?


Un richiamo affettuoso la distolse dai suoi pensieri:
-Meg…eccoti finalmente…Posso unirmi a te?-
Era Christine…
Passeggiarono ancora insieme,intrattenendosi davanti alle vetrine di fiori e biancheria ricamata.
Il paesino si stava animando,anche per la presenza di un mercatino:nella folla Meg intravide di nuovo il piccolo arabo.
Soffermandosi tra il ciarpame di una bancarella,la fanciulla abbassò lo sguardo:vide dei vecchi giocattoli automatici,soldatini,ballerine…E improvvisamente le venne un’idea;approfittando della disattenzione di Christine,affiancò l’ometto e lo apostrofò:
-E’ difficile che io mi sbagli,signore…So bene che eravate voi…e so anche chi sia il vostro padrone…-
-Continuo a non capire di cosa volete parlarmi…- impallidì quello.
-Ebbene…ditegli che ho qualcosa che gli appartiene e…-
Ma nella folla l’uomo era di nuovo sparito;e intanto Christine la richiamava,sollecitandone la compagnia.


Era sera.
Rientrata nella sua stanza,Meg guardava giù il suggestivo panorama di Beziers,con quel ponte di marmo bianco che correva lungo un fiume di cristallo turchino.Ora il ponte era illuminato da tante torce quante le arcate che si rincorrevano da un ‘estremità all’altra.
Il cielo era terso e punteggiato di stelle:il paese avvolto in un alone di luce calda che lo separava dalle tenebre che pure lo circondavano.
La giovane donna sospirò,davanti alla malinconica bellezza dell’imbrunire.
Quindi si avvicinò alla cassettiera e iniziò a sciogliere i capelli.
-E cosa avresti di mio,piccola Giry?- una voce tagliente come una lama,ma profonda e inconfondibile la fece tremare.
Nello specchio davanti a sé si era materializzata improvvisa una figura familiare e ostile a un tempo.
Meg sussultò,voltandosi.
-Spaventata?...-la irrise lui – Così spavalda col mio servitore,ora tremi?-
Meg riprese il controllo,rispondendo:
-Il vostro servitore l’ho affrontato alla luce del giorno,guardandolo negli occhi…Voi mi apparite nelle tenebre,alle spalle..-
L’uomo ghignò;aprì il mantello e lo lasciò ricadere dietro di sè.Indossava un abito elegante;tutto nel suo aspetto era stranamente curato,molto diverso da quel loro primo incontro.
Quindi avanzò fermandosi davanti a lei a viso scoperto.

Che strano…quel suo volto non mi fa orrore più;c’è qualcosa in quegli occhi…un dolore infinito,un assoluto bisogno d’amore…che cancella ogni ripugnanza…

Su ripiano del mobile,appena visibile nell’alone del lume a gas,il nuovo venuto distinse la maschera bianca che aveva lasciato nel suo covo.
-Sarebbe quello…l’oggetto che mi apparteneva?- guardò il cimelio con disprezzo.
Meg si volse,come fingendo di guardarla,armeggiò abilmente,poi tirò fuori la maschera di tela di sacco:
-No…mi riferivo a questo,monsieur!-
Nella penombra la giovane donna lesse sul volto di lui una dolente sorpresa;nei suoi occhi passò come una tempesta di ricordi,rimpianti…
Colto all’improvviso,cercò di sottrarle l’oggetto dalle mani,ma lei le ritrasse,celandolo dietro le spalle.
-Hai ragione:mi appartiene…- sibilò lui,furente – E faresti bene a rendermelo!-
-Non prima di averne conosciuto la storia…e perché si trovava tra i segreti di mia madre…-
Lui la sfidò con lo sguardo,tornò irridente:
-Attenta,piccola ficcanaso…la curiosità uccise il gatto…
Meg sostenne il suo sguardo:
-Se aveste voluto farmi del male…ne avreste già avuto l’occasione …-
Lui arretrò scrutandola,sorpreso e quasi divertito.
-Se mi fossi d’ostacolo,non esiterei nemmeno un attimo…- la minacciò ancora.
-Intanto,mi avete salvato la vita…-
-Oh…non ho agito per te…- disse lui,infastidito,voltandole le spalle.
-…due volte,monsieur…monsieur? Come debbo chiamarvi,infine? Avrete un nome?-
L’uomo avanzò di nuovo verso di lei,misurandosi col suo sguardo;quindi le sollevò piano il volto con la mano.
-Non hai nulla di tua madre,piccola Giry….lei era bella e distante,discreta ma con un cuore generoso che schiudendosi rivelava un fuoco di passione insospettabile…Aveva classe,una classe inarrivabile…Eppure…-
Meg si sentiva ribollire il sangue:la stava volutamente mortificando.La provocava,umiliandola.
-…Eppure in te c’è una energia e una volitività che a lei mancavano.Sembri inarrestabile…non ti fermi finchè non ottieni quello che vuoi…non è così?- c’era una leggerissima sfumatura di ammirazione in quelle inattese parole;come un riconoscimento.
Meg chinò il capo.
L’emozione di quel colloquio la passava da parte a parte,proprio come lo sguardo di lui.

Qualcuno che legge dentro di me…che mi vede per come sono,e non per come dovrei o potrei essere.Mi prende in giro,lo so.Ma la sua mano sul mio viso è calda…e il suo sguardo magnetico potrebbe chiedermi qualunque cosa..



Quasi senza accorgersene la ballerina aveva smesso di tenere la maschera dietro la schiena;il braccio le era calato lungo il fianco,e lui con disinvolta naturalezza gliel’aveva tolta di mano,senza violenza.
Ora quell’assurdo sacchetto era tra le sue mani;l’uomo lo guardava,turbato…
-Vuoi sapere se ho un nome?...finchè ho indossato questa..no,non ho avuto un nome…ero un ‘fenomeno’…un’attrazione da circo…ero Il FIGLIO DEL DIAVOLO!-
Si volse verso di lei,pronunciando quest’ultima espressione con teatrale rabbioso compiacimento.
Meg deglutì.
L’uomo proseguì.
-Poi qualcuno…No,non qualcuno…Lei,solo lei,tua madre…indovinò che c’era un uomo,sotto questa maschera..un cuore,un’anima…per cui provare pietà…nonostante tutto…-
-Nonostante tutto?...- domandò Meg.
Egli la guardò;la sua voce aveva interrotto il filo dei suoi ricordi;gli era estranea,sgradevole.
Volle di nuovo spaventarla.
-Già…-disse sollevandosi e mostrandole tra le mani un cappio apparso come magicamente- Nonostante questo!- e glielo tese davanti agli occhi.
-Volete dire…che mia madre…?-
Lui tagliò corto:
-Tua madre mi tese la mano e mi aprì le porte di un reame…l’unico reame possibile per il figlio del diavolo,un reame buio,celato agli occhi di tutti,sottoterra,nelle viscere del regno della finzione e dell’arte!-
-…E’ mia madre che vi ha condotto all’Opera?...-
Egli annuì piano,poi soggiunse:
-Prima di allora,c’era solo degrado e abbrutimento nella mia vita….poi c’è stata l’arte,la musica…la Vera Bellezza!-

Hai fatto questo per lui,mamma…lo hai sottratto a un’esistenza indegna di un uomo…e ne hai fatto uno spettro,un’ombra…

-Dunque è lei che ha fatto di voi il…’Fantasma dell’Opera’?...- Meg non aspettò risposta,ma continuò : -Io..io vorrei sapere…se tra voi…-
L’uomo tornò a quel suo ghigno,sprezzante.
- Il legame tra noi…tu non potresti comprenderlo…Nessuno potrebbe!-
La giovanetta chinò il capo,non seppe insistere:
-E allora?...tutto quello che è accaduto poi?...voi e…Christine?-
Lui scosse il capo,ammonendola con l’indice:
-Ah no…ti ho detto la parte di storia che in qualche modo ti spettava…Il resto non ti appartiene!-
-Non mi avete raccontato proprio nulla,invece:voi,voi conoscete mia madre meglio di me…Ed io? Come,quando potrò conoscerla ? l’ho perduta monsieur…ho perduto tutto il mio mondo…-
Gli si era avvicinata lei,ora ;impetrava la sua attenzione,la sua comprensione.
L’uomo incrociò il suo sguardo...

In quella qualcuno bussò alla porta:
-Meg?...Perdonate,sono Raoul…posso parlarvi?-
-Raoul?-
Il ‘ fantasma’ sdegnato,commentò l’intrusione con una espressione irritata e sardonica.
Quindi si acquattò contro il muro e fece cenno a Meg di aprire:la giovane donna era indecisa:temeva che,distraendosi,l’uomo sarebbe nuovamente sparito.
Il gesto di lui fu imperioso:ubbidì.
-Si…cosa c’è?- disse schiudendo appena l’uscio.
-Perdonatemi:è senz’altro sconveniente bussare alla vostra porta…e a quest’ora…Ma volevo parlarvi di stamane…-
-Oh…alla buon’ora!- commentò lei,istintivamente,un po’ spazientita.
-E’ chiaro che ci siamo salvati per puro caso…ma ci seguono…e non credo che a Marsiglia sarà diverso…-
-E allora?-
-Ecco…io credo che…dovremo lasciare la Francia…-
-Lasciare la Francia? …per andare dove?-
Raoul sospirò,indeciso,avvilito.
-Ma intanto prenderemo la prima nave…Poi,in America…non so…Dovunque non possano raggiungerci…-
-Capisco…E quando ci congederemo?-
-No!...che congedarci? Già sottraggo Christine al suo mondo…così…poi farle perdere anche voi…Vi prego,non separiamoci…-
-Ma Raoul…io non posso permettermi di andare in America…Non ho…-
-Di questo non dovete preoccuparvi…il denaro è l’unica cosa che non mi manca!-
Meg sospirò,la fronte appoggiata alla mano:sarebbe stata quella dunque la sua sorte? Fare da dama di compagnia a Christine…?
-Meg…che sarebbe altrimenti di voi,qui da sola,in questo paese invaso,con la guerra civile…?-

Già…che sono io? Solo una ballerina senza lavoro,senza famiglia…Che cliche meschino mi hanno cucito addosso…


-Vi prego…siatemi amica:a Marsiglia dovremo essere ancora più prudenti…e imbarcarci senza lasciare tracce…-
Senza aspettare il suo assenso,Raoul si licenziò.
-Perdonatemi ancora l’intrusione e…mi raccomando:non una parola…-
La porta si chiuse piano;Meg tirò il piccolo catenaccio e poi si appoggiò con le spalle all’uscio,pensierosa.
-Quello sciocco bellimbusto ha trascinato Christine nel pericolo!- sbottò digrignando i denti l’ospite misterioso.
-Oh!-… esclamò Meg ,quasi dimentica della sua presenza.
-E’ dunque ancora per lei che siete qui?- domandò,conoscendo già la risposta.
-Veglierò su di lei sempre...- affermò lui,intenso.
Meg sorrise con amarezza.
Poi gli volse le spalle e,ripiegandola con lenta delicatezza,ripose la maschera di tela nella scatola.
-Credevo dovessi rendermela,piccola Giry…- c’era uno strano tono conciliante nella voce dell’uomo.
-No…appartiene a quel ragazzo che mia madre ha salvato…al quale era legata…-
Un piega attraversò la fronte di lui;rifletteva su quelle parole,né volle insistere ancora.
-Immagino non abbiamo altro da dirci,monsieur…- la voce di lei era dimessa,senza slanci.
-Ti sbagli…ho anch’io qualcosa da renderti…-
Così dicendo appoggiò sulla cassettiera i gioielli che i due ladruncoli le avevano strappato la sera dell’aggressione,la catenina d’oro che aveva impegnato quel giorno a Beziers e un libretto di risparmio intestato a lei con sopra una cifra abbastanza ragguardevole da permetterle una discreta autosufficienza economica.
Riavere i suoi preziosi le fece piacere,ma quel libretto di risparmio la irritò:
-E’ il prezzo del mio silenzio?- domandò provocatoriamente.
Lui la fulminò con lo sguardo.
-Sono risparmi di tua madre…Con quel denaro puoi sganciarti dai De Chagny e vivere la tua vita…-
Così dicendo l’uomo si avvolse nel suo mantello e fece per uscire.
Lei lo richiamò.
-E’…è un addio,monsieur…?- domandò.
Ma lui era di nuovo scomparso,lasciando solo l’eco del fruscio insinuante del suo mantello.




babyphan25/10/2007, 18:46
Meg si sporse dal balconcino della sua stanza e le sembrò di intuire la figura scura del 'fantasma'scendere per una scalinata interna e svoltare giù,verso la facciata dell’albergo.
Senza pensarci sopra,la giovane donna uscì dalla sua stanza e si precipitò in strada,nella speranza di sorprenderlo trovandoglisi di fronte.
Il piccolo spiazzo davanti all’ingresso era vuoto:la luna ne illuminava la pavimentazione grigiastra,con riflessi che sembravano quasi irriderla.
La fanciulla scosse la testa,delusa.
Poi avvertì dei passi,frettolosi.
Si volse,rianimata.
Le comparve davanti un uomo sulla quarantina,di aspetto gradevole,benché dimesso.
Era visibilmente agitato:
- Signorina!...- l’aveva apostrofata in italiano,probabilmente. –Madamoiselle!- si era poi corretto.
Meg non sapeva cosa fare.Intanto lui la raggiunse:
-Per favore…aspettate…non abbiate timore…-
La ragazza volle fidarsi.
Quell’uomo non sembrava malintenzionato.
-Ascoltate…Mia moglie ha un malore…Noi…Siamo attendati qui dietro,in carrozza:avrei bisogno di u medico…
-Mi spiace…non sono di qui,ma…Venite in albergo,monsieur…vi daranno una mano…-
L’uomo irrigidì amaramente la mascella:
-In albergo?...Non ci hanno voluti…-
-Ma…per quale motivo?- Meg non attese la risposta,ma generosamente insistè: -venite con me,monsieur…-
Quindi entrò nella hall e bussò prepotentemente al campanello.
-Madamoiselle…agli ordini…Posso fare qualcosa per voi?- rispose prontamente il banconista.
-Questo signore ha un’emergenza…Procurategli una stanza...e mandate subito qualcuno per un medico!-
L’albergatore sembrò contrariato;lanciò al nuovo venuto un’occhiata di disprezzo e stava per protestare;ma Meg insistè:
-Volete fare come vi dico?...O debbo disturbare il visconte di Chagny,per ottenere qualcosa?-
Il nome di Raoul sembrò essere una sufficiente garanzia;fu chiamato un inserviente e mandato dal medico del paese.
Intanto il nuovo venuto si inchinò grato a Meg,poi soggiunse:
-Grazie madamoiselle…ma non intendo approfittare della generosità di nessuno…Avevo solo bisogno di un medico…-
-Ma se vostra moglie non sta bene..non può rimanere una notte all’addiaccio…-
Prima che potesse terminare,il garzone era rientrato in compagnia di un signore anziano che bussava alla porta a vetri.
-Chi ha bisogno di me?- domandò.
-Oh,Dio sia ringraziato…seguitemi,vi prego…- rispose sospirando impaziente lo sconosciuto,sospingendo il medico via con sé,oltre la piazza.
Meg avrebbe voluto seguirli,insistere con lo sconosciuto perché accettasse l’ospitalità dell’albergo.
Ma non fece in tempo.
-Lasciateli andare,madamoiselle…- le consigliò,gratuitamente il padrone.
-Ma perché?...- domandò lei,senza capire.
-Sono stranieri…zingari!...E non hanno un soldo in tasca!-


Zingari?...

-Ma dove andate madamoiselle…!!!-

Lo sconosciuto viaggiava su un carrozzone chiuso,di quelli usati dagli artisti di circo;non era solo:strane figure di uomini e donne si aggiravano intorno.
Tutti pallidi,dimessi,ma al tempo stesso stranamente dignitosi.
Meg raggiunse il luogo dov’erano attendati in tempo per incrociare il dottore che ne ritornava,scuotendo la testa,seguito dallo sconosciuto marito a capo basso:
-Una donna in attesa non può ridursi così,per la fame…mi meraviglio di voi…-lo rimproverava.
-Monsieur…- li fermò la ballerina.
-Madamoiselle…-
-Come va?...-
Fu il medico a rispondere:
-Va bene..hanno solo bisogno di tenersi su,mangiare…Ho detto a questo signore di venire con me,gli darò qualcosa…-
L’uomo aveva un’espressione di profonda mortificazione sul volto.
Osservandolo meglio Meg ricordò di averlo già visto;poi finalmente lo identificò:
-Ma voi…Siete Ernesto Sillani…l’attore!-
Lui la guardò,gratificato.
-Mi…conoscete?- le domandò,accennando un sorriso.
-Vi ho visto recitare una volta…ero bambina…alla Comedie Italienne…-
Anche il medico si fermò,osservò meglio l’uomo,la giovane che gli parlava con tanto rispetto.
-Siete un attore,monsieur…?- domandò,un po’ a disagio.
-Un grande attore!- rispose per lui Meg -Mia madre lo riteneva insuperabile…-
-Vostra madre,madamoiselle…?Voi siete…?- domandò a questo punto Sillani.
-Mi chiamo Meg Giry…-
Il capocomico rimase a bocca aperta,per un attimo.
Poi si chinò,le prese la mano,accennò a baciargliela:
-La figlia di madame…Mia povera,cara...!-
Per un lungo momento rimasero significativamente in silenzio,mentre l’uomo le stringeva forte la destra e lei,a capo chino,tratteneva la commozione.
-Questo rovescio della sorte vi ha colpito tanto duramente…- commentò Meg,guardandolo.
-Non così tanto…Domani a Marsiglia ci imbarcheremo per Genova …Si tratta solo di arrivare in Italia,dove abbiamo già una scrittura !-
Fu il medico a richiamarli:
-Bene,allora…Non dimenticate monsieur la premura per la vostra signora…-
-Ah certo!- ribattè l’altro,scuotendosi. –Madamoiselle Giry…è stato un onore conoscervi:siete bella e generosa come vostra madre!- Disse ancora,congedandosi.
Si lasciarono davanti all’albergo.
Meg lentamente,rientrò;era pensosa,ma poi lo sguardo le si rischiarò.
Chiamò il garzone di prima,gli allungò una mancia e lo spedì di corsa al carrozzone con una cesta piena di generi di conforto.
-E se mi domandano chi li manda?-
-Dici…dici che è stato il tuo padrone:fila!-






Durante il viaggio in carrozza che li condusse a Marsiglia,Meg aveva a lungo riflettuto sul proprio futuro.
Finalmente credeva di aver preso la decisione giusta:non avrebbe seguito Christine e Raoul nel loro esilio senza meta:sarebbe rimasta in Francia,a rifarsi pian piano una vita.
Qualcosa sapeva fare,in fondo:e intendeva essere autonoma,a prescindere dal denaro che fortunatamente o fortunosamente era ora tra le sue mani.

Il passato…non mi apparterrà mai:mia madre me ne ha tenuta sempre fuori…Il futuro? Tutto quello che speravo è crollato…Vivrò nel presente,senza false illusioni:ma vivrò la ‘mia’ vita…Christine potrà ben farsene una ragione…E’ giunto il momento che impari a scontare anche lei le proprie scelte…

-Sei silenziosa più del solito,Meg…a cosa pensi?- la voce dell’amica interruppe il corso dei suoi pensieri.
-Penso a questi ultimi giorni,a come hanno cambiato la mia esistenza…-
-…Già…hanno cambiato le nostre vite…- ammise pensosa Christine.
Meg la guardò:era la stessa fragile Christine di sempre…una bambina smarrita,che passava da una mano all’altra,alla ricerca di qualcuno che potesse guidarla nell’intricata trappola dell’esistenza.
Quanto erano diverse loro due…Meg provava una sorta di insofferenza,ma al tempo stesso una istintiva tenerezza…Si aspettava che prima o poi Christine uscisse da quella sua acquiescenza infantile,una volta per tutte;e al tempo stesso era pronta lei stessa a sostenerla in questo difficile cammino.
La bella soprano guardava lontano,attraverso i vetri della carrozza,il mare:un mare cupo e limaccioso,quello del porto della città.
Per un attimo a Meg sembrò di cogliere nel suo sguardo un turbamento,un rimpianto.
Si sarebbe detto che Christine stesse cedendo a una fantasia oscura,deviante.
La ballerina soffocò un moto di geloso risentimento.
Era sicura,epidermicamente,che Christine stesse ricordando il suo ‘angelo della musica’…che aveva abbandonato laggiù,in quel suo lago oscuro nel fondo del Teatro…
-Mie belle signore,eccoci arrivati!- Raoul aveva un tono forzatamente allegro e rassicurante.
-Oh che bello…- esclamò sua moglie,gioiosa come una bambina alla fiera.
Smontarono davanti a un albergo dall’insegna marinaresca.
Il visconte si guardava guardingo intorno,temendo nuove insidie.
Meg cercò di catturare la sua attenzione.
-Dite Meg…-
-Vorrei parlarvi Raoul…-
-Entriamo in albergo…parleremo davanti a un buon piatto caldo…-
Sospirando leggermente spazientita,Meg accettò l’invito.
La locanda era calda e fumosa;attorno alla giovane ostessa una schiera di marinai,eccitati dal vino e dall’astinenza,gareggiavano sgomitando per ottenerne l’attenzione e i favori.
Una volta entrati Raoul si guardò intorno,circospetto; ma da un tavolo in un angolo poco visibile si alzò un gentiluomo e andò loro incontro.
-Felipe!- lo apostrofò il Visconte,sorpreso.
-Raoul,amico mio…-
I due si abbracciarono,calorosamente.
Poi Raoul fece le presentazioni:
-Mia moglie Christine,….Meg Giry,una cara amica…Il mio amico Felipe,duca di Lleyra…-
Il nuovo venuto non era molto alto di statura,ma aveva un aspetto altero e dignitoso che lo distingueva;aveva i capelli scuri,gli occhi grandi e dolci,una bocca piccola,quasi femminea,piegata in un cruccio sempre un po’ arrogante.
Accennò ad un galante baciamano alle due giovani donne,per poi trascurarle durante l’intera serata:a quanto pare per lui il ruolo femminile era di puro decoro.
Meg ascoltò parte dei suoi discorsi;si fece l’idea che Felipe fosse un aristocratico spagnolo,anche piuttosto reazionario:
-La situazione qui in Francia è insostenibile…la canaglia dilaga…pensano alle vendette personali,invece di fare fronte comune contro il nemico,alle porte….-
-Già…- fu il laconico commento di Raoul.
L’amico lo scrutò interrogativo,poi gli confidò:
-Il mio vascello è alla fonda…Aspetto un amico che mi ha chiesto di partire con me…-
-Dove siete diretti?- chiese interessato Raoul.
-A Ceuta….ma solo per un breve scalo…Ti vedo preoccupato,Raoul…Se posso esserti d’aiuto…-
- …Mia moglie,madamoiselle Giry ed io dobbiamo lasciare la Francia al più presto…pensavo di imbarcarmi domattina sul Vengeur…-
Felipè ghignò:
-Illuso…se ti stanno cercando,non riuscirai a imbarcarti su una nave di linea…- quindi abbassò la voce,soggiungendo qualcosa che Meg non riuscì a cogliere.
Qualcuno entrò spavaldo nella locanda;Felipe si fece notare,ma lo sconosciuto guardò con sospetto Raoul,ricambiato.
-Debbo andare…se vuoi approfittare,ricordati :’molo 113,ora sesta…-Disse lo Spagnolo e si congedò con la stessa falsa galanteria di prima dalle due donne,sparendo oltre la porta a vetri con il nuovo venuto.
Raoul aggrottò le sopracciglia,contrariato.
-Che c’è mio caro?-
-Ecco…Christine perdonami amor mio…ma credo tu debba sapere che…ormai la mia permanenza in Francia è ogni giorno più rischiosa:dobbiamo partire!-
-Non…non possiamoandare nella tua villa,a Chaix…?-
Il giovane aristocratico scosse la testa:
-Ci seguono…Credo tenteranno anche di impedirci di andare via…-
-Allora? Come faremo…?-
-Il duca,Felipe…mi ha offerto di imbarcarci sulla sua nave…-
-Oh…è gentile…-
Raoul non commentò.
Meg si accorse che qualcosa non lo convinceva.
-E’ gentile…ma c’è qualcosa che non va?- domandò Christine,timidamente.
-Ecco …può ospitare solo noi due…-
Il volto di Meg si rischiarò.
Era il momento di tirarsi indietro,l’occasione per sganciarsi dai due.
-A questo proposito,Raoul…io volevo appunto rassicurarvi che preferisco restare in Francia…-
-Dovremmo separarci da Meg?...oh no…- esclamò addolorata Christine stringendosi all’amica.
-Christine…non avrei potuto comunque seguirvi…- insistè la ballerina - E’ giusto invece che approfittiate voi due della generosa offerta del Duca…Io sarò serena che nulla più vi possa accadere…-
-Ma…Meg..- interloquì vanamente Christine.
-Un momento,Meg…non precipitiamo!...Non si tratta solo di questo…-
-C’è qualcos’altro che vi turba,Raoul?-
-Le persone a cui Felipe si accompagna…non mi piacciono:unirmi a loro sarebbe come dare conforto a chi mi perseguita…-
-E…dunque?-
Raoul stava per rispondere,quando la porta della locanda si aprì ed entrarono altri due uomini.
Non erano marinai,ma non sembravano nemmeno gentiluomini.
Avanzarono verso il loro tavolo e li fronteggiarono spavaldamente.
-Visconte Raoul di Chagny…che fortunata circostanza,incontrarsi a Marsiglia…-
Raoul si alzò in piedi,facendo scudo a Christine e nel contempo ponendo mano all’elsa della spada.
I presenti fecero largo e qualcuno,oculatamente,uscì alla chetichella.Altri,compresa la bella ostessa e i suoi affamati spasimanti,voltarono le spalle alla scena…



I nuovi venuti fronteggiavano Raoul spavaldamente,allungando nel contempo occhiate provocatorie alla donna che aveva con sé.
-Come mai qui nel sud,eccellenza? - lo apostrofò ancora uno dei due.
- Sono diretto alla mia villa,a Chaix…- mentì quello,temporeggiando.
-Davvero?...non sarete invece in partenza,eccellenza?- lo incalzò l’altro uomo.
Raoul si irrigidì,alterandosi:
-E se anche fosse?Cosa me lo proibirebbe?-
Uno dei due si volse a cercare la solidarietà degli altri avventori:
-Avete sentito?...parte! Il nemico invade la Francia e il nostro aristocratico ‘protettore delle arti’ scappa?...- gridò,ridendo sgangheratamente. Poi tornò serio e minaccioso:
-Ve lo impediremmo noi,vigliacco!- E così dicendo sguainò uno spadone che aveva al fianco,seguito a ruota dal compagno.
Raoul non si perse d’animo:rovesciò contro di loro il tavolo,dietro il quale si acquattarono Meg e Christine;poi,approfittando della sorpresa,ingaggiò il duello con i due.
-Non può farcela…è solo…- sussurrò Christine a Meg.
Questa scosse la testa,scoraggiata.
Il visconte era riuscito ad avere la meglio su uno dei due,ma l’altro,incalzandolo,lo aveva messo spalle al muro.Intanto il primo si era ripreso e indirizzava la sua attenzione verso la soprano:
-Venite fuori,pollastrella!Ce n’è anche per voi!-
Meg si sollevò piano,sostenendo l’amica,ma in quel momento un rumore inatteso e violento di vetri infranti atterrì tutti i presenti;una folata di vento gelido entrò dalla vetrata dell’ingresso e contemporaneamente il locale piombò in un buio inatteso.
Qualcuno soffiò all’orecchio di Raoul un richiamo appena percettibile: ‘Di qua!’ e contemporaneamente sospinse Meg e la sua amica verso un’inattesa via d’uscita.
Si ritrovarono fuori,sul retro della locanda.
George il cocchiere li aspettava con la carrozza già pronta.
-Il tuo intervento è stato provvidenziale,George…- lo ringraziò Raoul,convinto fosse stata un’iniziativa del fedele servitore a salvarli.
-Ho solo eseguito gli ordini di sua signoria…- rispose quello.
La risposta sorprese Raoul,che però non ebbe il tempo di approfondirla.

All’interno della locanda qualcuno aveva acceso una lanterna.
Riverso a terra,orribilmente cianotico per un cappio che gli stringeva il collo,giaceva quello dei due uomini che si era avventato sulle signore;l’altro si andava rialzando da terra,poi lo guardò inorridito e rabbioso;quindi investì l’ostessa:
-Da dove si esce,qui?-
La donna,osservando con raccapriccio il morto,indicò tremante una porticina che dava sul retro,verso la quale quello si precipitò senza aggiungere altro.
Raggiunse la strada in tempo per vedere la carrozza allontanarsi.
Con un gesto di stizza,ne maledisse gli occupanti,ma poi si guardò intorno,niente affatto intenzionato a desistere.


-Adesso …cosa faremo?- domandò Christine,ancora tremante per l’accaduto.
-L’unica è recarci all’appuntamento con Felipe…-
Christine guardò l’amica,con tenerezza e sollecitudine.
-Ti abbiamo trascinato nel pericolo,mia povera Meg…invece di darti protezione e sicurezza…-
-Non devi preoccuparti per me,Christine…e anche voi,Raoul …Non è me che cercano…-
Il Visconte non era convinto.
Meg insistè:
-Posso cavarmela…mia madre mi ha lasciato qualcosa…per fortuna…Resterò qui,in Provenza,intanto:poi,quando le acque si saranno calmate rientrerò a Parigi…-

La carrozza intanto aveva raggiunto i moli.
Si fermò.
Il visconte ne scese,guardingo.
-George,rimani nascosto qui…per ora!- si raccomandò col vetturino.
Quindi raggiunse il luogo dell’appuntamento.
Il silenzio e la solitudine lo accolsero,sinistri.
Si udiva solo lo sciabordio dell’acqua contro il legname scrostato di una vecchia barca abbandonata.
Raoul non capiva:l’ora era giusta…
A un tratto dalla barca si levò un gemito,appena percettibile.
Il visconte vi balzò dentro:un uomo vi giaceva riverso.
-Felipe!-
Il duca perdeva vistosamente sangue dal fianco.
-Raoul…ci..hanno..traditi…- disse con un filo di voce.
-Coraggio…ti porterò in salvo…-
Raoul sollevò l’amico sulle braccia e cercò di raggiungere la carrozza.
In quella una voce lo apostrofò:
-Inutile fuggire,Visconte:stavolta siete in trappola!-
Era di nuovo l’individuo che l’aveva affrontato nella locanda.
Raoul lo guardò,sudando freddo;poi cercò una via di fuga altrove.
Fece qualche passo indietreggiando verso il molo…
Sopraggiungeva qualcuno;lo sconosciuto persecutore ghignò:
-E’ finita per voi…Stanno arrivando rinforzi…-
Non finì di parlare che qualcosa si agitò,scura nell’oscurità e sembrò sopraffarlo.
Il visconte non stette a domandarsi di cosa si trattasse:approfittò per guadagnare la fuga.

Christine e Meg erano in trepida attesa nella carrozza;ma il tempo passava in un silenzio carico di tensione.
-Mio Dio…perché ancora niente?- domandò la soprano.
Meg rifletteva.Quindi decise:
-Aspetta qui…cercherò di saperne di più...-
-No…non andare…-
Ma la ballerina era determinata.
Qualcosa le diceva che Christine non avrebbe corso pericoli;qualcosa le suggeriva di sfidarli,per sapere la verità…
-Prestatemi il vostro berretto e il pastrano!- ordinò al vetturino.
Quindi intabarratasi alla meglio,cercò di scivolare lungo le pareti dei docks del porto silenzioso.
Aveva fatto pochi passi,quando inciampò in qualcosa:qualcosa di vivente…o almeno doveva esserlo stato.
La luna uscì da una nube e illuminò il volto contratto del malintenzionato che li aveva affrontati nella locanda:ma Meg non si soffermò a guardare quegli occhi sbarrati…osservò le sue mani che stringevano ancora inutilmente un laccio che gli serrava il collo…

‘-Veglierò sempre su di lei!-‘ E’ così che mi ha detto…
Dunque… E’ stato lui…E’ sempre alle nostre spalle…


Il rumore di un carro che avanzava lentamente cigolando con sforzo distolse la sua attenzione;sollevò lo sguardo preoccupata:era il carrozzone degli Italiani!...
-Per favore! Fermatevi!- invocò.
L’uomo alla guida non poteva riconoscerla,conciata com’era.
Tuttavia tirò le redini e smontò da cassetta,seguito da un altro giovanotto.
-…Che succede?...chi c’è?-
-Aiuto! Al soccorso!- gridò subito dopo la voce di Raoul.
I due smontati dal carro gli andarono incontro precipitosi e lo aiutarono.



Con il loro aiuto Raoul riuscì a portare il ferito sulla sua carrozza,mentre Christine si prodigava nelle poche cure possibili:appoggiargli il capo su un guanciale,bagnargli le labbra e la fronte con acqua…
Dal carrozzone era smontato anche Sillani.
Meg allora aveva tolto il berretto e si era fatta riconoscere.
Insieme avevano raggiunto la carrozza di Raoul.
Qui si erano significativamente scambiati uno sguardo mesto con gli altri presenti:Felipe era in fin di vita.
Fatalmente egli aprì gli occhi in quell’attimo e sorrise amaramente,come intuendo il tacito responso:
- Raoul… è…a te….che devi …pensare…Guermantes vi ha venduti!-
-Cosa? Che dici?-
Raoul si chinò sull’amico,che gli sussurrò,rantolando,quanto era successo: l’uomo a cui aveva offerto asilo sulla sua imbarcazione,aveva venduto ai rivoluzionari della guardia nazionale De Chagny e sua moglie,in cambio della impunità.
E quando Felipe aveva tentato di opporsi,lo aveva affrontato a tradimento,impossessandosi anche della sua nave.
-Dovete fuggire…salvatevi…e…vendicatemi!- detto questo,riversi gli occhi all’indietro,il giovane aristocratico spagnolo spirò.



babyphan6/11/2007, 20:47
Sillani si appartò brevemente con Raoul.
Meg li vide scambiarsi qualche parola,si avvicinò.
- …Da quello che ho capito siete in pericolo…Rimanete nascosti sul carrozzone…Manderò qualcuno dei miei colleghi a informarsi sull’imbarco e,se volete,farò fare tre carte di viaggio per voi…-
-Due,monsieur Sillani…- intervenne la giovane –Non è necessario che io…-
-Vedremo Meg!- la interruppe il visconte,piuttosto drasticamente.
-Ma non cercano me,Raoul…- tentò di ribattere lei.
Sillani scosse il capo preoccupato.
-Cercheremo di saperne di più…Mario,Nicola!...Adagiate il morto sul carretto del cibo e portatelo in centro…che almeno abbia una sepoltura….-


Christine,Raoul e Meg trovarono posto nel tepore un po’ soffocante del carrozzone che con estrema lentezza proseguì verso il porto di imbarco.
Raoul era molto provato dalle ore trascorse;non era ferito,ma i colpi sostenuti erano stati violenti.A poco a poco il lento dondolio del mezzo ebbe ragione delle sue resistenze e il giovane aristocratico si addormentò.
Christine gli reggeva il capo sul suo grembo e gli carezzava con dolcezza i capelli;quando fu sicura che dormisse,esclamò:
-Che terribile sciagura…per poco non ci prendevano in trappola!-
-Già…meno male che è intervenuto…- Meg si trattenne;aveva parlato senza riflettere,incautamente.
L’amica la guardò con una strana aria interrogativa:
-Chi?...a chi credi che dobbiamo la salvezza?..-
-A… al povero Felipe,certo…e ..ma anche a Sillani,che è intervenuto…-
La soprano scosse enigmatica il capo:
-No…Chi è intervenuto alla locanda?...-
Meg aggrottò le sopracciglia:

Perché me lo domandi,se pensi di saperlo benissimo?se desideri tu stessa che sia come immagini?

-Il vostro cocchiere,credo…- rispose,sfuggente.
Christine scuoteva ancora il capo,con un sorriso malinconicamente ambiguo sulle labbra.
-Perché?...- le domandò allora Meg ,inquisitoria – Tu chi credi che sia stato?-

Non ebbe mai la risposta.
Prima che l’amica trovasse le parole giuste,i due attori inviati in centro,rientrati,diedero conferma ai sospetti di entrambe.
-In città sono sulle tracce di uno o più assassini….due uomini sono stati strangolati,con uno strano laccio…E cercano anche il Visconte e le donne che lo accompagnavano:ritengono siano testimoni o addirittura complici del delitto!-
Meg e Christine si scambiarono uno sguardo significativo;in quella anche Raoul,destato dal trambusto,schiuse piano gli occhi.
La soprano impose col gesto all’amica di non fare parola del loro tacito,inconfessabile segreto.


-Le carte d’imbarco le abbiamo…ora dovete solo riuscire a farvi passare per attori…- disse scherzando con una leggera punta di amarezza Sillani.
-Christine ed io siamo gente di teatro…possiamo adattarci…-
-Visconte? Voi?-
Raoul era fin troppo riconoscibile.L’attore si scambiò un’occhiata con i suoi colleghi,quindi decisero di nasconderlo comunque;magari cambiandogli un po’ i connotati.
-Ci imbarcheremo di sera…Abbiamo tempo;speriamo di avere anche fortuna…-


Il sole era calato da poco e le ombre del crepuscolo si allungavano sul molo,quando la compagnia Sillani si presentò per passare la dogana e imbarcarsi sulla S.Michele,la nave che faceva la spola tra Marsiglia e Genova.
L’ufficiale era stanco,stracco e trasandato.
Aveva ricevuto però l’ordine di tenere gli occhi ben aperti,perché un noto aristocratico(traditore maledetto) tentava di prendere il largo…
Aristocratici? Quelli che aveva davanti erano solo dei pezzenti,guitti italiani…Che se ne tornassero al loro paese!
Fu comunque costretto a chiedere chi fossero :Sillani presentò se stesso;la sua signora,gravida e affaticata;l’attor giovane,l’attrice giovane;il vecchio; i caratteristi,e altre mascherine…
Gli occhi dell’anziano doganiere si ravvivarono alla piacevole vista di una ‘pierrottina’ che esponeva le sue belle gambe…
Meg arrossì imbarazzata,ma sorrise con falsa malizia all’uomo,sperando di ottenerne la benevolenza.
-E quello là?-
Steso su una lettiga,la gamba sinistra fasciata pesantemente,la fronte stempiata,il volto pallido,giaceva un irriconoscibile Raoul de Chagny.
-E’ mio fratello,monsieur…Antonio Sillani:poveretto,soffre tanto…-
Il doganiere non aveva intenzione di indagare oltre;il vecchio sulla lettiga era un bel pezzo di malaffare,meglio che morisse in patria...o sulla nave!
-Va bene,va bene…Avanti,avanti!-disse spazientito,restituendo i documenti ricevuti dopo averli timbrati senza nemmeno leggerli.





babyphan11/11/2007, 17:26
Il piroscafo San Michele era un vecchio veliero,riadattato a nave a vapore.
I passeggeri più ricchi e fortunati viaggiavano nelle cabine di ponte:niente di raffinato,ma almeno era garantita una certa riservatezza.
Tutti gli altri erano alloggiati in grandi cabine simili a camerate militari dove si stipavano –non senza qualche imbarazzo,nonostante fossero separati i maschi dalle donne – su esili letti a castello,piuttosto vicini l’uno all’altro:l’oblò era uno solo e non sempre era una fortuna capitarci vicino.
La compagnia Sillani naturalmente apparteneva a questo secondo tipo di passeggeri;e,per non destare sospetti,Raoul e Christine si adattarono all’idea di dormire separati,per la prima volta dopo tanto tempo…
Le due giovani amiche si ritrovarono a dormire vicine.
Dormire…Troppe cose erano successe,troppo incerto era il futuro perchè il sonno potesse accoglierle nel suo abbraccio rinfrancante…
Imbarazzate dalla ressa intorno,finsero di assopirsi,ma dopo poco Christine agitandosi nel letto attirò l’attenzione di Meg.
-Non dormi?- domandò questa.
-No…-bisbigliò l’altra.
Sbucarono da sotto le lenzuola e si guardarono intorno,con un sospiro.
-Mi fa pensare alla camerata della scuola di danza…-
-Già…Quelle poche volte che mamma mi ci ha lasciato dormire…- condivise Meg -Ti ricordi? Passavamo tutto il tempo a raccontarci i nostri segreti…-
-Quando succedeva ero felicissima…all’inizio mi sentivo così sola,all’Opera…-
-All’inizio…- ripetè pensosa Meg.
-Poi…- Christine volse il capo,turbata,malinconica – poi arrivò lui…-
-…il tuo ‘angelo della musica’?- le domandò l’amica,un po’ insinuante.
-Il fantasma!- rispose brusca,quasi sprezzante Christine.
-Perché lo chiami così?...lui…-
Christine preferì cambiare argomento;tornò ai ricordi belli…
-E ti ricordi quando rividi Raoul?…dopo tanto tempo:credevo non mi avesse riconosciuta,ma tu mi incoraggiasti…rammenti?-
-…già… C’eravamo ripromesse che ci saremmo raccontate ogni particolare della nostra vita amorosa……- Meg si lasciò trascinare nella conversazione -Al vostro primo appuntamento ero eccitata come si trattasse del mio…-
-Infatti…ti raccontai ogni cosa…il primo bacio..e poi…Il fidanzamento segreto!- Christine riviveva le ore liete con aria sognante. –Quei tre mesi di perfetta felicità…-
-Non pensavi ad altro che al matrimonio…a quando finalmente …- Meg arrossì appena. –Quanti sogni,quante fantasie…su come sarebbe stato…-
La soprano sospirò,con aria di accennato rimpianto.
L’amica avvertì una pena inespressa:istintivamente le domandò:
-E’ stato come ti aspettavi? Sei…felice?-
-Si…come potrei non esserlo?…Raoul è l’uomo che ho amato da sempre…E’ così dolce,sollecito,premuroso…-
Ma nel dir così Christine scosse la testa;sembrava rimproverarsi qualcosa.
Meg notò delle lacrime bagnarle le ciglia…
-Che cos’hai?- le domandò,abbracciandola.
-Oh Meg…sono una donna tutta sbagliata…sono dannata,ormai…-
-Ma…ma cosa dici,Christine?-
Ma l’altra invece di calmarsi pianse ancora di più,scuotendo la testa e farfugliando frasi sconnesse:
-Mi ha plagiata,avvelenata…il suo marchio demoniaco è qui…sulle mie labbra,sulla mia pelle…-
-FACCIAMO UN PO’ DI SILENZIO?-
Una voce nel buio le rimproverò.
Christine tremò,zittì.
Meg le suggerì:
-Usciamo a parlare sul ponte…vieni via…-
Si infilarono il soprabito e quatte quatte scivolarono nel buio,fino a raggiungere la murata esterna.


L’aria di mare era fresca;il salmastro sulla pelle sembrava restituire loro energia.
Si appoggiarono alla murata,osservando la scia bianca che la nave lasciava dietro di sé,illuminata dalla luna che a tratti usciva da cumuli di nubi.
-Ora…vuoi spiegarmi?-
Christine sollevò le spalle,come rassegnata.
-Si tratta di lui…del tuo ‘angelo’?..del..Fantasma?-
La giovane sposa annuì.
-Oh…se avessi immaginato il male che mi avrebbe fatto…io lo odio,lo ODIO!-esclamò,rabbiosa.
-Ma…che cosa ti ha fatto?...io credevo..Ti ha forse…?- Nella mente di Meg i pensieri più inaccettabili si affastellavano.Non osava credere che quell’uomo…
-No…non mi ha nemmeno sfiorata…ma …forse sarebbe stato meglio se…-
Un rumore inatteso di passi furtivi interruppe le sue confidenze.
Meg si guardò intorno:sul ponte superiore qualcuno le spiava,o almeno le sembrò.
-Vieni…- suggerì all’amica.
Arretrarono contro la parete dello scafo,sottraendosi alla vista altrui.Quando si sentirono abbastanza sicure,Meg domandò:
-Christine…io non capisco:vuoi spiegarmi?Che cosa accadde dopo che ti precipitò con sé giù nel suo covo?-
….

“ Fu terribile….Lui aveva mille ritratti miei,e statuine…persino una statua di cera:mi venerava,mi…mi voleva!
Mi costrinse a indossare un abito da sposa.
Non so bene cosa avesse in mente:almeno non lo seppi subito.
Temevo solo che avrebbe voluto prendermi,contro la mia volontà:tutto il bene che avevo provato per lui,tutta la pietà…Ora erano solo paura,ribrezzo…
E poi arrivò Raoul…
Allora compresi! Una trappola:quella era una trappola!
Erik lo aveva attirato apposta laggiù…gli serrò la gola col suo laccio assassino e mi ricattò:o la sua vita o il suo amore…
Capii…
Non voleva prendermi con la violenza;voleva che io stessa mi adattassi ad essere sua.
Perchè nella sua mente folle io gli appartenevo,da sempre…
Me ne convinsi io stessa.Accettai…E perché la mia resa fosse più evidente,infilai l’anello al dito e…lo baciai!”


Lo ha baciato…Mio Dio,perché rabbrividisco?...il cuore mi si agita nel petto…Vorrei che non fosse vero,vorrei non ascoltare oltre…

-E..e poi?-

“Poi…accadde l’inatteso…Lui…lui iniziò a piangere…pianse,mi respinse e…liberato Raoul gli disse di prendermi,portarmi in salvo…dimenticare,tacere,andare via…”

Lacrime irrefrenabili sgorgarono una dopo l’altra dalle ciglia di Meg,le solcarono il viso.

Pianse…Povero Erik!

-Allora prendeste la barca e fuggiste via?-
-No…prima tornai indietro…-
-Tornasti indietro? Allora ci ripensasti?...-
-Oh Meg!...io…in quel momento non seppi decidere nulla…Ma non volevo lasciarlo così:gli resi l’anello …e me ne andai,ma non mi risolvevo a …Lo guardai un’ultima volta…Aveva deciso per me,ancora una volta….-
Meg avvertì una sorda irritazione.Non poteva perdonare Christine per quella sua sprovveduta acquiescenza…
-Ma perché? Se no? Cosa avresti fatto?...Saresti rimasta con lui,per l’eternità sepolta nel suo covo?-
La soprano scosse la testa,con una espressione di spavento,raccapriccio.
-Oh no…non avrei mai potuto…-
-E allora?...Non capisco…-
-Tu non puoi capire…- Christine pronunciò queste parole col tono che Meg tante volte aveva sentito da sua madre.

Io…io non posso capire…perché?Io capisco che quell’uomo ti ha amata come tu non sarai mai capace di amare mai…E che tu lo hai ripagato volgendogli le spalle…

-Quel bacio,Meg…il calore del suo corpo,il fuoco amaro delle sue labbra…Io non riesco a dimenticarlo!...Soprattutto da quando ho intuito che lui ci ha seguito…-
-Ma…- Meg mentì – Non puoi esserne sicura…-
-No,ne sono sicurissima…riconoscerei quel laccio tra mille! E’ stato lui…Oh come vorrei che sparisse dalla mia vita…!’L’angelo della musica che canta nella mia testa,canta nella mia testa’…-
La ballerina provò un’istintiva compassione per l’amica,come sempre tentò di rassicurarla:
-Ormai siamo lontani dalla Francia…ce lo siamo lasciati alle spalle,Christine,sta’ tranquilla! Nessuno sa che ci siamo imbarcati con Sillani…-
La soprano sorrise,poco convinta.
O poco serena.
O incerta se augurarsi o meno che fosse vero…






babyphan15/11/2007, 17:50
-Madamoiselle Meg…venite…favorite con noi!-
Era mattina.
La ballerina passeggiava pensosa sul ponte inferiore della nave,quando si sentì apostrofare da Sillani.
L’attore le andò incontro,le fece posto a una improvvisata mensa che divideva con la moglie e i due figli maggiori.
-Ho procurato del latte e caffè e del pane…prego…-
-Grazie monsieur Sillani…io non so proprio…-
-Basta così,madamoiselle…-
-Chiamatemi Meg,almeno…-
-Basta così Meg…voi avreste fatto lo stesso…e forse già avete dimostrato quanto siete capace di generosità…-
La ragazza si sedette tra loro,avvertendo un calore e una familiarità che non conosceva;mentre assaporava il pane caldo inzuppato nel caffellatte,uno degli attori della compagnia –presa in mano una chitarra –intonò una canzone popolare,in una lingua che stentava a riconoscere.
La ballerina aveva sollevato il viso e ascoltava,rapita.
-Vi piace,Meg?- le domandò Sillani.
-E’ molto bella,ma…non ho capito cosa dice…-
L’attore che l’aveva intonata sedette accanto alla ballerina e provò a tradurgliela.
-Parla di un innamorato…un innamorato respinto che-raccolte le sue lacrime- le va vendendo come acqua sotto la finestra della sua innamorata…-
Intanto Meg aveva preso in mano la chitarra e ascoltando ne carezzava le corde.
-Sapete suonare anche voi?- domandò allora quello.
-Non so…ricordo che da bambina imparai una canzone…-
-Cantatecela,allora …-
-Ma non ne sono capace…Aspettiamo Christine è lei che…-
-Lasciate perdere…madame e suo marito sono sul ponte nobile…- soggiunse ammiccando un altro dei presenti.
-Bè…se riuscissi a ricordarla bene…-
La mano sulle corde era incerta,la voce appena accennata:

Plaisir d'amour ne dure qu'un moment
Chagrin d'amour dure toute la vie…



-Anche questa parla d’un amore impossibile…e di una innamorata respinta….- disse interrompendosi.
-Continuate…è così dolce…- la invitò il capocomico,prendendo posto accanto a lei,ignaro dello sguardo diffidente che la moglie aveva posato su quella avvenente ospite e sulla familiarità che la avvicinava a suo marito.
Meg cantò ancora un po’,ma vedendo avvicinarsi i suoi compagni di viaggio lasciò perdere la chitarra e andò loro incontro.
-Buon giorno Meg- la salutò cortese Raoul,che –pur continuando a fingersi un membro della compagnia- si era liberato però dell’improbabile travestimento usato per imbarcarsi.
-Buongiorno…-
I tre si appartarono,volutamente.
-Avete qualcosa da riferirmi?-
-Volevamo decidere sul da farsi,una volta sbarcati in Italia…Ho diversi amici da contattare,c’è solo l’imbarazzo della scelta…-dicendo questo sembrava volesse far partecipe la giovane amica delle future decisioni. –Potremmo recarci a Torino,a Firenze…a Roma!-

…mi sembra così strano pensare al futuro come a una scampagnata…Raoul sembra non avvertire il peso di quanto è successo alla vigilia dell’imbarco…la morte ingiusta di Felipe,la sua inascoltata sete di vendetta…

-A cosa pensi,Meg? – le domandò Christine,scrutandola.
-Penso …penso che è meglio sbarcare prima…sapersi davvero al sicuro…-
-Certo,avete ragione…- convenne Raoul,ma con un’occhiataccia sembrava voler richiamarla a quella complice omertà che avevano condiviso durante il viaggio.
-Credi ..credi che qualcuno possa averci seguito?- le chiese invece Christine.
Lo sguardo di Raoul si fece ancora più severo,più evidente fu il suo disappunto:
-Bè…ieri notte…- stava per rispondere.
Ma questa volta fu Christine a supplicarne con gli occhi il silenzio.

Non sopporto questa tensione,questi sotterfugi…Lui la tratta come una bambina,lei gli nasconde la verità…

Spazientita Meg,spaziò lo sguardo altrove,verso il ponte di prua.
Fu sicura che qualcuno li stesse osservando:un volto apparentemente innocuo,ma in realtà sfuggente,ambiguo.
Una spia?Un sicario?
-Là…c’è qualcuno…-
-Qualcuno che conoscete Meg?- le domandò Raoul.
Non rispose:preferì tacere,indagare da sola.
Si congedò frettolosamente dai due e,facendosi largo tra la ressa del ponte inferiore,guadagnò le scale che portavano alla prima classe.


I ponti erano affollati.
Difficile orientarsi,difficile individuare quell’uomo,così anonimo apparentemente.
Meg si accorse degli sguardi che i viaggiatori del ponte superiore le facevano;ne era irritata,imbarazzata.
In tutti,anche in quelli ammiccanti degli uomini,colpiti dalla sua ‘rustica’ avvenenza,c’era un sottile disprezzo…
Improvvisamente si sentì scoraggiata.
Si limitò ad attraversare il ponte,per ridiscendere dall’altra parte.Ma un’inattesa fortuna le si presentò:il desiderio di passare inosservata la spinse ad appiattirsi contro la murata interna;dall’oblò aperto di una cabina delle voci di uomini le giunsero.
-Ce l’ha fatta…praticamente sotto il naso:l’ho riconosciuto solo stamattina…-
-E’ a bordo anche lui?-
-Certo…-
-Ma…come?-
-…S’è infilato tra gli attori della Comedie Italienne…-
-Ah già…dovevo aspettarmelo…con madamoiselle Giry tra loro…Tale madre,tale figlia…-
Meg trattenne il fiato:parlavano di loro,anzi…di lei. E che cosa intendevano dire? Chi erano quegli uomini?
Si sporse un poco,cercando di distinguerne i volti:ma temeva di essere vista lei stessa.
Arretrò.
Decise di entrare nel settore delle cabine;magari dal numero sulla porta si sarebbe potuto risalire al nome degli occupanti…
Nella folla si era sentita a disagio,ma pur sempre protetta;ora il silenzio interrotto dal rumore dei suoi passi,che non riusciva ad attutire;il dedalo vuoto e opprimente dei corridoi;la consapevolezza della propria inadeguatezza,in caso di pericolo,la resero all’opposto imprudente.
A un tratto,sentì qualcuno avanzare nella sua direzione;le sembrò di riconoscere le voci dei due sconosciuti.
Si spaventò,arretrò:ma non c’erano vie di fuga…
L’avrebbero scovata…L’avevano ormai a portata di mano…
-Umpf!- una mano guantata di pelle nera le chiuse la bocca.
Un braccio la cinse come in una morsa:si sentì trascinata in uno stanzino buio,la cui porta si chiuse un attimo prima che gli sconosciuti sopraggiungessero.



babyphan16/11/2007, 23:29
Meg era atterrita,ma ,nonostante la mano che le serrava la bocca,non rinunciò a sbirciare attraverso le fenditure della porta di legno e scorse i volti dei due che aveva sentito parlare:uno era proprio quello che nella folla,benché anonimo,le aveva ispirato immediata diffidenza;l’altro era un gentiluomo,mai visto prima.
Quando la minaccia rappresentata dai due fu passata,Meg si divincolò cercando di sottrarsi alla presa dello sconosciuto.
Questi la girò verso di sé imponendole con lo sguardo il silenzio,quindi le liberò la bocca.
Nel buio Meg ne scorse solo il balenio degli occhi,sotto una maschera di raso nero che gli nascondeva la metà superiore del volto.
-Ma…voi?- domandò,nel dubbio.
Prima che lei continuasse,l’uomo –come indifferente alle sue parole- si limitò a sospingerla fuori del loro nascondiglio e guidarla nella semioscurità del corridoio verso l’esterno.
Poi,mentre Meg veniva assorbita nella folla,si dileguò...
La fanciulla non si perse d’animo:nonostante la brutta avventura precedente tornò indietro,lo seguì.
Questa volta con cautela e cercando di non commettere errori.
Ebbe l’impressione di vederlo precederla in un corridoio,vide una porta aprirsi e richiudersi.
Andò fino in fondo,lesse il numero sulla cabina,lo annotò nella sua mente;quindi tornò sui suoi passi e –trovatasi di fronte alla cabina degli altri due oscuri inseguitori –annotò anche quello.
Avrebbe scoperto chi li seguiva…avrebbe giocato lo stesso gioco contro di loro…
Ma come?

Rientrò al suo posto,sul ponte di terza classe.
Immaginò che ora avrebbe dovuto rispondere alle domande di Raoul e Christine…
Si finse stanca e,sedutasi su una panca col viso rivolto al sole,a occhi chiusi,aspettò che le ore passassero.
Al tramonto i passeggeri furono invitati a rientrare sottocoperta:il mare ingrossava…
Un marinaio le si avvicinò:
-Signorina?...Madamoiselle?-
-Si? Scusate…mi ero assopita…-
-E’ opportuno che rientriate – le disse,in francese;poi le sorrise:era evidentemente ammirato della sua bellezza.
Meg volle approfittarne:
-Voi…parlate la mia lingua?-
-Abbastanza…- la incoraggiò lui.
-Ecco…allora…io credo di aver visto sui ponti superiori delle persone che conosco,ma…Non saprei come …come esserne sicura…-
-Bè…esiste la lista d’imbarco…Ma i passeggeri non possono consultarla…-
-Oh!- Meg ebbe un’espressione mortificata.
-Se mi dite i loro nomi…posso provare a cercarveli io…-
-Ecco…non potrei dare un’occhiata alla lista?in realtà non ricordo bene quei nomi…magari leggendoli…-
-Madamoiselle…mi chiedete qualcosa di impossibile…-ribattè il giovanotto,probabilmente per alzare il prezzo di quella cortesia.
Meg civettò come meglio le riuscì:
-Vi prego…ve ne saprei essere assai grata e riconoscente…-
Negli occhi del marinaio una luce di eccitata euforia;si passò istintivamente la lingua sulle labbra,poi finse però serietà:
-Adesso rientrate…il mare sta ingrossando…e i ponti sono pericolosi!-
Ma nel dir così,con una certa familiarità complice la sospinse sottocoperta,ammiccando.

A sera la mareggiata crebbe.
L’imbarcazione beccheggiava:per i profani,muoversi era impossibile.
Christine e Meg si ritrovarono di nuovo vicino.
Ma la ballerina finse di dormire:non aveva voglia di confidenze,di condividere ambigui segreti…
Quando fu notte,assicuratasi che l’amica dormisse,Meg scivolò piano dalla sua branda e,un po’ incerta,cercò di guadagnare il ponte.
-Buona sera,madamoiselle…-
Il marinaio l’attendeva,con la stessa espressione ammiccante con cui si era congedato.
Si appartarono tra le paratie :l’uomo aveva un foglio tra le mani e lo sventolò davanti agli occhi della fanciulla.
-Oh…avete la lista?- disse Meg,piuttosto seria,cercando di prenderla.
Lui gliela sottrasse e,approfittando del beccheggio,attrasse la fanciulla a sé:
-Certo bellezza…e voi?mi sarete…grata?-
Meg sorrise,facendo buon viso a cattivo gioco.
-Ma…certo…- e tossicchiò,imbarazzata. –Ma prima fatemela vedere …-
Alla luce di una lampada a petrolio che illuminava malamente il ristretto spazio tra di loro,gli occhi di Meg scorsero l’elenco,cercando di scoprire i nomi dei viaggiatori nelle cabine di cui aveva memorizzato il numero:li lesse…le dicevano poco o niente…
Il marinaio,approfittando di un’altra onda,la strattonò,stringendosela contro.
Meg tossì di nuovo,per nascondere l’incertezza e l’imbarazzo.
-Ehi…ma stai poco bene?- le aveva tolto il foglio di mano e la osservava in maniera strana.
Meg pensò che magari poteva insistere con quella tosse,approfittando della evidente paura che l’uomo rivelava.
-No…cioè…- e tossì ancora - Non così male…-
-Un momento bellezza? Che vuol dire ‘non così male’? Sei malata o no?-
Lei finse di non poter più trattenersi;tossì ancora,irrefrenabilmente. L’uomo si staccò bruscamente dal contatto con lei,poi indietreggiando disse:
- Debbo rimettere a posto questo…-
Tossendo,Meg gli domandò:
-Vi aspetto?...tornerete,vero?-
L’uomo approfittò dell’urlo del vento per eclissarsi al più presto,quasi senza rispondere.
La ballerina non potè trattenere un sospiro di sollievo.
Poi ebbe la strana sensazione di essere osservata,come già la sera prima
Sporse la testa in fuori e le sembrò di intravedere una figura nel buio con una espressione di soddisfatta approvazione sul viso.
Poi l’ombra sparì.
Meg riflettè:sapeva chi era quell’uomo che la spiava…e conosceva anche il suo padrone.
Ora non aveva più dubbi!


-Fatemi entrare! Sono Meg Giry!-
Conosceva la strada ormai:e in quella notte di burrasca sapeva che non avrebbe incontrato ostacoli…
Così,senza esitare,era tornata alla porta della cabina dove aveva visto infilarsi il suo strano ‘salvatore’ e vi aveva bussato con sicurezza.
-Che succede?- le aprì il solito ometto,con la sua falsa bonaria cortesia – Come posso esservi utile,madamoiselle?-
-Fatemi entrare…voglio parlare col vostro padrone!-
-Nadir!- una voce richiamò autoritaria l’orientale,che stava già preparandosi a sostenere e respingere l’assalto dell’importuna.
-Padrone?...-
-Falla passare!-
Così l’uomo si fece da parte e Meg entrò nella cabina:piccola,ma accogliente.Abbastanza da contenere due poltroncine e uno scrittoio.
Seduto accanto ad esso,il misterioso occupante della cabina la scrutava con la solita arrogante aria di sfida.
-Oh…il signor ‘Dravic’…- esclamò lei,ironica.
-La nostra piccola Giry…- ribattè lui ,senza alzarsi .
-Dunque non mi sbagliavo…eravate voi?-
-E sei venuta fin qui a dirmelo?Potevi risparmiartelo..-
Era in gilet e maniche di camicia;la maschera nera gli pendeva a mò di foulard sotto la gola;i capelli leggermente scarmigliati…
Fermo tra loro due,Nadir osservava ora l’una ora l’altro senza proferir parola.
Il suo padrone gli fece cenno di lasciarli soli,con un’occhiata che sembrò essere anche un chiaro rimprovero.
Sospirando con rassegnata pazienza,l’ometto sembrò sparire

Rimasta sola davanti a lui,Meg lo aggredì:
-Perchè continuate a seguirci,a ossessionarci?...Avevate detto che era finita,li avevate lasciati liberi…-
La maschera ironica e ghignante sparì dal volto dell’uomo;si fece serio,gli occhi brillarono con veemente furore.
-Taci!...chi ti ha detto queste cose?-
Meg si morse le labbra,si trattenne.
Lui si alzò,le si parò davanti,la squadrò,le fissò le pupille inquisitorie negli occhi.
Non ebbe bisogno di risposte.
Poi la provocò ancora:
-E’ colpa tua,piccola Giry…hai voluto salvare la vita al peggiore degli uomini….ricordi?-
Meg ricordava bene il contatto con la sua pelle ferita…ricordava quella sua spalla nuda sotto le mani…
Bruscamente la voce di lui si fece solenne,come un giuramento:
-E…ed io,finchè sarò vivo,non permetterò che a Christine succeda nulla di male!-

Uno schiaffo mi farebbe meno male…ma perché?
Perché penso che non sarò mai amata così?


-Ah si?...E come?intendete forse strangolare tutti quelli che si metteranno tra di voi? E magari far ricadere la colpa su altri?-
Lui la afferrò per la gola,incollerito:
-Piccola sciocca…-
-Mi domando come mai non avete usato lo stesso metodo anche con me?- Meg sapeva bene di star dicendo solo sciocchezze,ma voleva attaccarlo,ferirlo.
-Non è stato ancora necessario…- ribattè lui. –Mi sei più utile da viva….-
La lasciò andare e le volse le spalle.
-Utile? Utile a cosa?...- domandò allora lei,preoccupata,seguendolo.
-Adesso anche tu conosci chi vi insegue…starai all’erta…e magari metterai sull’avviso quel..-
-Raoul è convinto che nessuno qui sappia di noi…-
-Appunto!-
Meg chinò il capo,rassegnata.

Dunque anche lui non vuole altro…Il mio ruolo sarà sempre quello del…servo di scena…

-Una volta in Italia…io mi separerò da loro due!- dichiarò allora,con forza.
-…Vedremo…- fu la risposta di lui.
Allora lei gli si parò davanti,a testa alta:
-Io non sono come mia madre,signor ‘Dravic’!...lo avete detto voi!-
Lui incrociò lo sguardo con quello di lei,non replicò.
-Nadir!-
Come comparendo dal nulla,il servo si materializzò di nuovo.
-Assicurati che madamoiselle torni sana e salva da dove è venuta…- così dicendo,girò sui tacchi,congedandola senza altre parole.



babyphan27/11/2007, 17:05
Al mattino il sole facendo capolino tra le nuvole illuminò la costa italiana in lontananza,così nitida che quasi si sarebbe potuta toccare:ma il mare era ancora ostile,tempestato di creste bianche su un’acqua verde livida e folate di vento freddo che facevano rabbrividire.Affacciata al parapetto,Christine si stringeva a Raoul…

Non resterò con loro,nessuno più può impormi cosa fare della mia vita…Il caro signor Dravic se ne cerchi un’altra di complice:forse tra lui e mia madre c’era qualcosa…qualunque cosa che poteva giustificare la remissività della mamma.Ma io no…

Meg passeggiò un po’ sul ponte,poi andò a sedere vicino a madame Sillani,che era intenta a lavorare a uncinetto il corredino per il piccolo nascituro.
-Siete brava,madame…- le disse,con spontanea freschezza.
-Oh…chiunque può esserne capace,mia cara…anche voi- rispose l’altra.
Meg non avvertì la nota di indispettita ironia che celavano quelle parole:le prese per un atto di modestia e anzi si mise a rimirare quelle calzine azzurre che l’italiana aveva già terminato.
-Che piccole…- disse giocherellandoci – Credete sarà un maschio?-
- Io…- stava per rispondere la donna.
-Un maschio bello come me,…o una femminuccia graziosa come voi,madamoiselle!- irruppe con generoso istrionismo Sillani.
L’aria della patria sembrava avergli restituito energia e anche quel pizzico di estrosa simpatia che ne aveva fatto un attore di successo,a Parigi.
-Ma che dite?- sorrise confusa Meg.
Indispettita madame Sillani raccolse le sue cose e si cambiò di posto.
-Dico che siete bella,oltre che generosa e coraggiosa…In Italia vi sentirete a casa!-
La giovane nicchiò.
-Già…non conosco nemmeno una parola d’italiano…-
-Dite davvero? Vostra madre non ve lo ha insegnato?…eppure…-
Meg non capì a cosa alludesse Sillani,né vi fu il tempo di parlarne oltre,perché si stava avvicinando Raoul.
-Oh visconte…stasera,se tutto va bene,metteremo piede sul suolo italico…-
-Oh …già…Speravo saremmo sbarcati prima…Avrei avuto modo di contattare qualcuno…-
-Raoul…-
-Dite Meg?-
-Approfitterei del fatto che siete solo,per…parlarvi di una cosa…-
-Si?...-
-Debbo lasciarvi parlare?- domandò Sillani.
-No,monsieur…restate anche voi…-
Meg riferì brevemente quanto visto e sentito il giorno prima –omettendo naturalmente i particolari dell’incontro con monsieur ‘Dravic’.
-Dunque…qualcuno ci segue? E chi?-
La fanciulla si guardò intorno.
-In questo momento non vedo nessuno…ma si tratta di un gentiluomo…ben informato su voi,su me…La cabina è intestata a monsieur Guermantes…-
-Guermantes? Ma se fosse lui,lo riconoscerei…Quando finirà questa storia?- sbuffò contrariato Raoul.
Sillani scuoteva il capo,senza commentare.
-Dove contavate di andare,visconte?- domandò poi,a Raoul.
-Alla fine avevo deciso per Roma….-
L’attore annuì.
-Io avrei un’idea,per disperdere le vostre tracce…ma…intanto dovete cambiare direzione di marcia…-
- E andare dove?..-domandò diffidente Raoul.
-La nostra scrittura è a Rimini…Dovremmo arrivare fino a Lucca e lì passare l’Appennino…
Sillani abbassò la voce e spiegò loro cosa aveva in mente…
-Fareste questo per noi?- domandò il visconte,colpito.
-Perché no?...i miei collaboratori sanno come trarsi di impiccio…e intanto voi sareste salvi!...che ne dite?-
Meg e Raoul si guardarono,riflettendo.


In serata la nave approdò sul molo di Genova.
I primi a scendere furono i viaggiatori dei ponti nobili.
Sotto intanto gli avventori di terza classe scalpitavano per essere finalmente sulla terra ferma.
Molti sfaccendati osservavano lo sbarco,curiosi.
E furono loro a notare tra gli altri un alto giovane elegante signore,dai capelli lunghi che,fermata ad uno schioccar di dita una carrozza,aveva aiutato a montarvi sopra una dama dalla folta chioma riccia,stranamente infreddolita e intabarrata in un pesante soprabito.
-Visconte de Chagny!- una voce chiamò il nobiluomo,un attimo prima che montasse anche lui in carrozza.
-Si?-
-Avete dimenticato la vostra spada!-
Con aria di sussiego l’aristocratico aveva impugnato la sua arma e,congedandosi dall’uomo che gliel’aveva tesa,aveva dato ordine al cocchiere di partire…
Meg vide la carrozza allontanarsi in fretta,né le sfuggì uno strano movimento tra i curiosi attardatisi a osservare la scena.


Speriamo che il piano funzioni…


Poi,benché pressata nella ressa,diede ancora un’occhiata verso i ponti alti,sperando di intravedere un’ultima volta il…signor Dravic.
Nessuna traccia di lui,né del suo ineffabile domestico.
Probabilmente erano già a terra.
Pronti a montare su un altro landò nero e a mettersi sulle tracce dei due innamorati…

Addio monsieur Dravic…o qualunque sia il vostro nome,fantasma dell’Opera…

Meg sospirò,disillusa…
Intanto la compagnia Sillani stava finalmente toccando il suolo natio:gli attori,improvvisatisi facchini,trasportavano su due carrozzoni –un po’ più ospitali di quelli su cui avevano viaggiato in Francia,tutto il materiale teatrale:abiti,scene,quinte…in pesanti casse di bambù.
Quando tutti i bagagli furono finalmente issati sui carri,madame Sillani prese posto coi figli nella carrozza più confortevole.Ernesto si mise a cassetta e,porta la mano a Meg,lasciò che sedesse accanto a lui.
La frusta schioccò nell’aria.La compagnia si mise lentamente in viaggio…



babyphan6/12/2007, 23:28
-Guardate,visconte:il campo dei Miracoli!-
Raoul sedeva accanto a Sillani,per quell’ultimo tratto di strada che avrebbero percorso insieme agli amici della Comedie Italienne.
Il giovane aristocratico aveva sollevato lo sguardo,rimanendo senza parole,estatico:davanti ai suoi occhi,bianca abbacinante contro il verde caldo di un prato sconfinato e l’azzurrità del cielo crepuscolare,si levava una torre di incantevole bellezza,enigmaticamente pendente da un lato. E accanto alla torre,come in un’aura di surreale distacco,il Battistero e il Duomo di Pisa.
-Christine!....vieni a vedere!-
Dall’interno del carro emerse il capo riccioluto della bella soprano.
-Anche voi,signorina Meg…Venite !- chiamò il capocomico,in italiano,scostandosi quel tanto per far posto anche al visetto della ballerina.
Erano stati dieci giorni di viaggio incantevole:liberi dall’incubo di essere inseguiti,da amici o nemici che fossero,avevano guardato incantati quel Paese così generoso di bellezze e di calore:
da Genova avevano percorso lungo la costa tutta la riviera e poi giù la Versilia,fino al Forte dei Marmi.
Tra città fiorenti e piccoli centri pieni di vitalità;tra l’odore del mare e dei mirteti che rifiorivano in quel maggio odoroso e suadente….e,soprattutto per Meg,nella serenità calorosa dell’amicizia degli Italiani,con cui aveva familiarizzato con istintivo e sincero slancio.
Lo stratagemma apparentemente elementare messo a segno da Sillani sembrava aver funzionato:due membri della Compagnia si erano prestati a quella messinscena di fingersi Raoul e Christine attirando su di sé l’attenzione degli inseguitori.
Per qualche giorno invece i De Chagny ,sbarcati nelle casse di imballaggio,erano rimasti nascosti sui carri da viaggio della Compagnia,per non dare nell’occhio.
Ma da quando si erano lasciati alle spalle la Liguria sembrò che tanta prudenza non fosse più necessaria:i due sposi avevano fatto sempre più frequentemente capolino,anche per cominciare a riallacciare quei contatti tramite i quali Raoul pensava di poter trovare a Roma una degna accoglienza per sé,la sua signora e Meg.
Quest’ultima,però,era sempre più decisa – benché a loro insaputa – a separarsi dalla giovane coppia e cercare la propria via e la propria strada.
Spesso si era attardata a scherzare con il giovane attore che suonava la chitarra,che le aveva insegnato alcune canzoni e col quale stava apprendendo un po’ alla volta a parlare quella lingua così calda e stranamente familiare,per lei…
Ma il vero maestro in questo era stato proprio Ernesto Sillani:viaggiando dopo il crepuscolo,mentre sul carro tutti dormivano,Meg sedeva a cassetta a fianco all’uomo e si imbeveva delle sue storie,delle sue conoscenze letterarie…
-Se imparassi bene la lingua,monsieur Sillani…potrei …chissà,potrei restare con voi? Esservi d’aiuto in qualcosa?- aveva timidamente provato a chiedergli una volta.
-Esserci d’aiuto?...ma Meg,voi siete un’artista dell’Opera Populaire…sareste voi ad onorarci della vostra presenza,nella compagnia…E poi,sono sicuro che potreste già ora imparare le parti da ‘attrice giovane’…alla vostra età si ha memoria ed entusiasmo da vendere!-
Lei gli aveva sorriso,inorgoglita da tutti quei complimenti gratuiti,dei quali –nella sua gioiosa ingenuità- non poteva cogliere che l’eco della devozione dovuta a sua madre,tutt’al più una traccia di bonarietà paterna,di benevolenza che l’attore maturo nutriva nei suoi confronti.
Da quando l’oscura presenza del signor ‘Dravic’ sembrava essere scomparsa,infatti,la giovanetta si era sentita come desiderosa di recuperare la solare spensieratezza della sua età:alle spalle i ricordi malinconici della Parigi assediata,alle spalle la magnetica malia del cupo signore dell’Opera,alle spalle il fragile simulacro di sua madre…

No…no,mamma:non riesco a gettarti alle spalle…Ma non voglio più ricordarti come negli ultimi giorni,mesi,anni…Vorrei scoprire la Magdalene gioiosa e innamorata che traspariva da quelle lettere…vorrei poter credere che,almeno in qualcosa,ci siamo assomigliate…

Spesso aveva tentato,in quelle conversazioni col capocomico,di tornare proprio sull’argomento;farsi raccontare come e quando aveva conosciuto sua madre,scoprire per quale motivo Magdalene custodiva quel legame così forte con gli Italiani,tanto da essere noto persino agli sconosciuti inseguitori che aveva sentito discorrere di lei sulla nave.
Ma stranamente,per un motivo o per un altro,non era mai riuscita a fare delle domande dirette.Tutto si esauriva in aneddoti,impastati di sorrisi e commozione. E ora,forse,non ci sarebbe stato più tempo.

No..non seguirò Christine a Raoul nel loro dorato esilio,in una vita che non mi appartiene.In un modo o nell’altro debbo scoprire chi eri,mamma…

-Questo è il luogo dell’incontro con Giacomo e Federico…- ricordò loro Sillani,dopo aver tirato le redini e fermato il suo carrozzone.-Tra poco li vedremo sbucare da dietro al Battistero…-
Il capocomico sembrava sicuro della riuscita dell’impresa.
Meg gli sorrise,rassicurata.
In quella anche madame Sillani,risvegliata dalla frenata del carro,aveva guardato fuori e di nuovo aveva colto quell’odiosa familiarità tra suo marito e la piccola Giry.
Indispettita aveva domandato,in un italiano stretto,con tono sgarbato:
-Hai detto loro che noi domani si prende la via di Porretta?-
-Ma certo…-aveva risposto l’uomo,redarguendola intanto con lo sguardo.
-Ricordaglielo bene: non siamo tenuti a fargli da balia,per quattro pagnotte che ci han dispensato!-
Questa volta Meg,che cominciava a capire la lingua,ma soprattutto aveva avvertito il tono della donna,la guardò:ne avvertì la totale ostilità,ma non seppe capirla…Volle comunque rimediare in qualche modo a quello strappo,esclamando:
-Madame Sillani…avete ragione:abbiamo approfittato anche troppo,di voi…Ma se questo può rasserenarvi,da domani faremo strade diverse!-
-…Non lo dite neppure,signorina…Io credevo che voi almeno sareste rimasta con noi!- si intromise Ernesto –Non si doveva lavorare insieme?-
Lucia Sillani guardò con ironico disprezzo il marito,scosse la testa e stava per rientrare,quando una voce richiamò l’attenzione sua e di tutti gli altri.
-Ola Ernesto!...sono qua!-
-Federico!...Venite!-
Un giovanotto bassino ed esile attraversò la grande spianata verde,raggiungendoli di corsa.
-Son solo…- rispose il nuovo venuto.Dalla tasca gli spuntava ancora la parrucca usata per fingersi ‘Christine’.
-E Giacomo?-
-S’è pensato di dividerci…per confondere ancora di più le acque…-
-Avete avuto problemi?-
-Bè…non è stata facile…Visconte,non so se vi converrà,andare a Roma…-
-Perché,che intendete dire?-
Il giovanotto fu fatto salire sul carro,dove brevemente raccontò le avventure sue e del compagno.
-E’ andata come avevamo deciso…e per un po’ tutto bene:siamo stati sempre sulla via maestra senza fermarci fino a Livorno,evitando di poter essere aggrediti…Ma sulla strada tra Livorno e Pisa,ci hanno raggiunto….Ovviamente han capito subito l’inganno…-
-Ma in quanti erano? Vi hanno fatto del male?...-
-Non hanno fatto in tempo,perché per nostra fortuna è sopraggiunta una pattuglia di Guardie a cavallo…ma Giacomo ha sentito i commenti che facevano,scappando via…-
-E?...che dicevano?-
-Bè…Uno diceva:’A quest’ora magari sono già sulla strada di Roma’ e l’altro gli ha risposto:’Magari…a Roma ci sono già pronti i nostri,a fermarli…’-
-Oh Raoul…-esclamò allora Christine –E adesso?-
Il Visconte ebbe un moto di rabbia:
-Andiamo lo stesso! Voglio affrontarli e farla finita:a Roma non saremo certo soli!-
Giacomo sembrò perplesso,si morse le labbra,insistè:
-Non è una buona idea,Visconte:sono agguerriti! Sono certo che se non fosse sopraggiunta gente,ci avrebbero comunque infilzato,non foss’altro per il dispetto!...-
Intervenne Sillani:
-Si,ma allora? Cosa consigliate…e dov’è ora Giacomo?-
-Ci siamo separati…lui girava un po’ a vuoto per confondere le tracce,poi ha detto che sarebbe andato alla Pieve di Lucca,sapete…dove abita la sua famiglia…Dice che ci si passa comunque per andare a Porretta…Io son qua con la vostra carrozza,Visconte…- e col gesto del capo indicò le spalle del Battistero.
Gli uomini erano pensierosi e incerti sul da fare.
Christine e Meg si guardavano e li guardavano.
La ballerina quindi smontò dal carro e avanzò verso la torre pendente.
Improvvisamente si volse verso Raoul e Sillani:ebbe l’impressione che avessero approfittato del suo allontanamento per parlare di qualcosa.Infatti vide il capocomico accennare verso di lei,brevemente,quindi parlare in tono concitato a Raoul,come a convincerlo di qualcosa.
Incuriosita Meg stava per riavvicinarsi,quando ancora qualcosa la distolse:un rumore sinistro e familiare insieme,un’ombra che si muoveva tra le volute della torre…un brivido…
-Meg!- Gli uomini avevano deciso.
Meg cercò di non pensare a quello strano sentore che aveva avvertito.Corse sull’erba verso Raoul e Christine che le venivano piano incontro.
-Meg…dobbiamo cambiare di nuovo direzione…Seguiamo la compagnia fino a Porretta,poi passiamo l’Appennino e andiamo a San Marino…-
-Dove?- quel posto non lo aveva mai sentito.
-San Marino…è una piccola repubblica indipendente,in territorio italiano…Ha spesso dato asilo a rifugiati,come noi…Sillani mi diceva che potrei incontrarvi degli amici…Antonio Della Porta,il Conte di Montecchio…- Raoul nel proferire questi nomi sembrava guardarla indagatorio.
La fanciulla ascoltava disorientata.
Persone e luoghi che non le appartenevano:l’unico pensiero era che ancora la sua strada avrebbe dovuto dividersi con quei due…
-E quando si parte?-
-Tra poco…il tempo di spostare i bagagli nostri e vostri sulla carrozza…Viaggeremo di nuovo comodi,almeno…-
Meg sorrise appena,molto poco convinta.

babyphan7/12/2007, 16:07
‘Quando carica d’anni e di castità
Tra i ricordi e le illusioni
Del bel tempo che non ritornerà
Sentirai le mie canzoni…’

La piccola carovana ripartiva.
A cassetta,a fianco di Sillani era seduto Michele e suonava alla chitarra una canzone che Meg non gli aveva mai sentito prima.
La giovane donna stava per salire rassegnata con la sua valigia nella carrozza dei Visconti,ma poi -come attratta magneticamente da quella musica malinconica – si volse indietro e corse affannata a montare accanto al vecchio amico.
-Posso viaggiare qui con voi,ancora una volta?-
-Ma certo…Michele:fa’ posto a Meg…! –
Il giovanotto aiutò la fanciulla col bagaglio e fece per cambiare di posto.
-Si,ma continuate a cantare..era così bella quella canzone…-

‘Ma non ti servirà il ricordo non ti servirà…
Che per piangere sui tuoi occhi che
Nessuno più bacerà…’


-A vostra madre piaceva tanto,ma non voleva più sentirla…dopo…-
-Dopo? Dopo quando?-
-Volevo dire…negli ultimi tempi…-
Michele aveva smesso di cantare.
Qualcuno lo aveva chiamato su un altro carro.
Sillani e Meg erano di nuovo soli.
-Monsieur Sillani…parlatemi ancora di lei,della mamma…Forse è l’ultima volta che ne avremo la possibilità…-
-Non pensate di rimanere con noi,signorina Meg?-
-Bè si…vorrei…Ma non so bene quale strada prendere…-
L’uomo la osservò,con paterna dolcezza.
La fanciulla pensò di potersi confidare:
-A volte penso che sia giusto separarmi dai miei amici e..cercare una via per me…Cercare di capire chi sono davvero,chi era davvero mia madre…-
-Vostra madre era una donna incapace di menzogne:era esattamente come la vedevate…-
-Ai miei occhi era spesso distante…distaccata…irrigidita in un ruolo che ci separava ,più che unirci…Vorrei averla conosciuta come l’avete conosciuta voi…-
L’uomo sembrò ricordare qualcosa di lontano,nel passato.
Meg credette di poter approfittare di quel momento per osare interrogarlo ancora.
-Io…Ho sempre sperato che qualcuno come voi,che l’aveva conosciuta da ragazza,potese parlarmi di lei…delle sue ore giovanili,delle performance in teatro…i successi,..ehm…gli ammiratori…-
Ernesto si volse a guardarla.
-Per esempio,tra gli Italiani che frequentava non c’era un…-
-Shhh…aspettate!-
Qualcosa aveva insospettito l’uomo,distogliendolo dalla conversazione.
Meg si guardava intorno.Erano giunti in prossimità di un’antica chiesa medievale.Sul sagrato una fontana il cui acchioccolìo sembrava coprire altri rumori,altri ancora crearne.
-E’ strano…Non c’è nessuno,eppure…
La luce di una torcia illuminò la carrozza dei De Chagny,davanti a loro:fu allora che Meg mise a fuoco un a sinistra immagine…
-Guardate…dalla cassetta posteriore!- gridò indicando a Sillani.
Era visibile una lunga scia di sangue che gocciolava dalla cassetta,lungo tutta la strada.
-Mio Dio!...mia moglie,i bambini…Michele!Attenti! è una trappolaaa!Ferma ferma…fermatee!-
Così gridando Sillani smontò dal carro e con veemenza riuscì a fargli cambiare direzione,affidandone le redini al suo collaboratore,prontamente balzato a cassetta:
-Andate via! Portate in salvo mia moglie….-
-Troppo tardi signori!-
Dal buio della piazza emersero alcune figure minacciose.
Nonostante ciò Michele proseguì nell’impresa,allontanandosi col carro della compagnia.
-Tenetevi forte,signorina…- aveva gridato a Meg.
Ma quest’ultima non era già più al suo fianco.I malintenzionati erano riusciti ad afferrarla prima che si mettesse in salvo e strattonandola davanti ai vetri della carrozza di Raoul,invitavano lui e la moglie a smontare:
-La corsa è finita,visconte…Il viaggio in Italia è già concluso.-
-Toglile le mani di dosso!- aveva gridato Sillani,alla vista di Meg così maltrattata.
Per tutta risposta la fanciulla lo aveva visto cadere,colpito con violenza da uno dei loro persecutori.
Raoul e Christine scesero lentamente dalla carrozza,guardando con odio Federico,che li aveva traditi.
-Quanto vi hanno pagato,Giuda?- sibilò Raoul,sprezzante.
Federico era pallido,avvilito.
Vedere Sillani cadere a terra così,lo aveva turbato.
-Che dovevo fare? Farmi ammazzare,come Giacomo?...- e così dicendo indicò il retrochassis della carrozza,da cui gocciolava macabro il sangue dell’amico ucciso.
Il visconte non si degnò di rispondergli;avanzò verso il sagrato,davanti alla luce.
-Posso guardare negli occhi il mio nemico,almeno?-
Dal buio si avanzò una figura alta,imponente:un uomo che si fermò a gambe aperte,in posa spavalda davanti al giovane aristocratico,con un ghigno strano sul volto.
-Eccomi,Visconte de Chagny…mi riconosci?-
-Guermantes?...Non eri fuggito in Spagna?-
-Ne avevo avuto l’idea,ma…dopo lo spiacevole incidente con Felipe mi è sembrato più redditizio restare sul carro dei nuovi vincitori….Ho promesso loro le teste di quanti più aristocratici vigliacchi riuscivo a catturare…e con te ho fatto en plein!Ben tre teste,in un colpo solo!-
Così dicendo,l’uomo sputò canagliescamente a terra.
-Mia moglie e Madamoiselle Giry non sono aristocratiche…Lasciale andare! – Raoul tratteneva a stento la rabbia,vestendola di un inane tono di supplica.
Guermantes iniziò a ridere,significativamente. E con lui risero minacciosi e selvaggi i suoi uomini.
Meg rabbrividì:ricordava bene quel tipo di risata,sulle labbra dei due sciacalli,all’Opera.
In quella,annunciati da un sibilo,due colpi sordi attraversarono l’aria.
Due uomini di Guermantes caddero a terra,prima ancora di capire di essere stati colpiti a morte.
Approfittando della concitazione che seguì,Raoul mise mano alla spada e affrontò il nemico,facendo scudo a Christine.
Dall’alto della loro carrozza,contemporaneamente un ‘ombra scura aprì il suo mantello a mo’ di ali gettandosi sugli assalitori.
Pochi attimi dopo il fracasso di una carrozza che avanzava a velocità dirompente attraversò il selciato,separando Christine e Meg dal luogo degli scontri:la portiera si aprì e qualcuno gridò.
-Montate dentro,in fretta!-
Christine non se lo fece ripetere due volte.La voce gridò ancora:
-Visconte,saltate dentro anche voi!-
Raoul tentò di infierire con qualche fendente ben assestato su Guermantes,poi rinculando,riconosciuta la sagoma di Christine all’interno e al sicuro,montò a cassetta anche lui.
E porse istintivamente il braccio all’inatteso soccorritore,perché saltato a bordo della vettura,potessero mettersi tutti in salvo.
-Vi devo la vita,signor….- stava anche dicendo a quello che gli appariva più simile a un brigante che a un gentiluomo,intabarrato in strani panni rustici,avvolto in un pesante mantello,mascherato il viso di nero…
Ma l’altro,ben poco interessato al galateo della cavalleria,voltandosi alle spalle si era accorto che Meg era rimasta per strada.
Con ammirata sorpresa,comprese che la giovanetta,invece di montare sulla carrozza,si era precipitata a prestare soccorso a Sillani.E accanto al capocomico aveva riconosciuto il corpo di Federico,nei tafferugli colpito a tradimento da quegli stessi che a tradire lo avevano indotto.
Il ‘brigante’ gridò qualcosa al suo collaboratore.
Entrambi si gettarono dalla carrozza come all’unisono,lasciandone le redini a Raoul,ancora incerto su chi e cosa fossero quei due diavoli scatenati,ma pronto a prendere il controllo del mezzo e portarsi il più lontano possibile dal luogo dell’agguato.
Meg intanto si rendeva conto di essere rimasta sola,tra i nemici:non erano rimasti in molti,ma la rabbia del fallimento sicuramente li aveva resi dieci volte più feroci.
-Lasciate perdere quel bastardo e alzatevi!- le stava gridando Guermantes,quando i soccorritori sopraggiunsero di nuovo,questa volta senza poter però contare sull’effetto sorpresa.
Di nuovo furono ingaggiati duelli tra i due nuovi venuti e i sopravvissuti persecutori di Raoul.
Meg si alzò piano da terra:qualcuno le gridò:
-Venite via,insomma!-
Lei era divisa:vedeva Sillani privo di vita,sentiva che anche i nuovi venuti stavano rischiando nuovamente per lei…
-Per Dio,salta sulla carrozza!- le ordinò,tra i denti,lo sconosciuto che si batteva con Guermantes.
Meg riconobbe quella voce:rabbrividì,doppiamente.
Ma non si risolse.
Allora quegli,approfittando di un momento in cui aveva avuto un insperato sopravvento sull’avversario,la afferrò per un gomito sospingendola verso la carrozza .
Nel far ciò,aveva abbassato la guardia:da terra l’avversario,armatosi di pistola,mirava contro di lui.
Fu Meg ad accorgersene,cogli occhi bassi ancora rivolti a Sillani.Ed ebbe finalmente un sussulto istintivo.
-No!- gridò e con la mano intromettendosi tra il suo salvatore e il proiettile fatale,ne deviò la traiettoria quel tanto da permettere all’uomo di salvarsi.
Un altro sparo esplose un attimo dopo.L’altro soccorritore aveva definitivamente neutralizzato Guermantes.
Meg si guardò la mano ,rossa di sangue scuro,irrefrenabile.
-Oh mio Dio…-
Questa volta lo sconosciuto salvatore la afferrò di peso,incurante delle sue insensate resistenze e,caricatala sulla carrozza,ordinò di spronare i cavalli al galoppo …
L’ultima cosa che Meg vide furono due occhi verdi fiammeggianti,poi finalmente svenne.
Buio e dolore si confusero in una sola desolata immagine...






Edited by arielcips - 2/1/2009, 22:09
 
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Una storia davvero avvincente,babyphan!
 
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babyphan
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babyphan11/12/2007, 14:19
Il fantasma!...è ferito,mamma,dobbiamo medicarlo,dobbiamo guarirlo…
Gli cauterizzerò io la ferita,si…lo farò io,al posto tuo…
Ma la fiamma della candela è così vicina,mamma…mamma mi brucia,mi brucia la mano…
Ah!


Strappandosi con uno sforzo violento a un torpore opprimente,finalmente Meg si svegliò.
-Dove sono?- domandò ad alta voce.
Ma non c’era nessuno intorno a lei a risponderle.
Mise a fuoco meglio il luogo ove era distesa: l’interno di una carrozza.
Un lieve chiarore filtrava dalle tendine accostate.
Si avvicinò al vetro e,con la mano sinistra,istintivamente scostò la cortina:solo allora si accorse della fasciatura che le avvolgeva tutto il palmo.
Aggrottando la fronte la fissò,tentando di ricordare cosa fosse successo:no,non era stato un incubo.
C’era stato l’agguato…Raoul e Christine erano fuggiti via,aiutati dal solito immancabile soccorritore…
Poi…poi la sparatoria,e il proiettile che le passava attraverso la mano… e Sillani riverso sul selciato:
-Sillani! Debbo andare da lui!debbo sapere…-
Finalmente aprì la portiera della carrozza:fuori era mattina e i raggi del sole,benché attutiti dalle fronde riparatrici di un boschetto che si apriva a radura intorno alla vettura,le ferirono lo sguardo,frenando la sua irruenza.
A poco a poco si abituò alla luce e,facendosi velo con la mano,riuscì a guardarsi intorno.
C’era un piccolo bivacco intorno al quale si affaccendava lesto e silenzioso un ometto che,anche di spalle ormai,aveva imparato a riconoscere: Nadir,il servitore del signor’Dravic’…
In piedi,di spalle,in maniche di camicia,intento a radersi davanti a uno specchio che pendeva da un sostegno di fortuna,Meg riconobbe anche lui,il padrone…
I suoi occhi e il suo ghigno parvero irriderle attraverso lo specchio.
Poi l’uomo asciugò il volto e,indossata una maschera nera,si volse verso di lei.
-Nadir!...la nostra piccola ospite è sveglia…preparale qualcosa…- disse,avanzando con spavalda arroganza verso di lei.
Meg scosse il capo,disorientata.
Poi balbettò:
-N no…io..non voglio niente…Solo…dove siamo?-
-Sull’Appennino…abbiamo da poco lasciato Porretta…-
-Su…sull’Appennino?...ma…ma ci sarebbero voluti almeno tre giorni di viaggio,mi ha detto Sillani…-
-E aveva ragione,quel guitto….-rispose indifferente Dravic,mentre infilava il gilet.
-Come’aveva’? Perché? Che vuol dire?...Dov’è ora?-
-Dove l’abbiamo lasciato,presumo…- fu la risposta volutamente strafottente dell’uomo,che dopo aver indossato il gilet, si avvolgeva il foulard intorno al collo.
Intanto Nadir si era alzato e aveva porto alla giovane donna una tazza di tè,dall’aroma avvolgente,quasi irresistibile.
-Bevetelo,madamoiselle…vi farà bene…-
Nella voce dell’orientale una sfumatura di sollecitudine,sottolineata anche da uno sguardo amichevole.
Meg non seppe dirgli di no e nel tendere la sinistra si accorse che l’uomo ne osservava la fasciatura:
-Stasera dovremo cambiare la medicazione…vi fa ancora male?-
Lei guardò la mano,come se si ricordasse solo ora della ferita:
-No…ma,siete stato voi?…è guarita in fretta….-
Nadir sorrise e,abbassando la voce,la ragguagliò:
-Madamoiselle…avete dormito tre giorni…perdonatemi,ma dovevo ridurre al minimo la vostra sofferenza,e la vostra resistenza…durante l’operazione…-
Meg allora guardò offesa e indispettita verso il signor Dravic:
-Che vuol dire?...dunque sono passati tre giorni? Mi avete rapita,drogata…Mi avete impedito di aiutare l’unico amico che…-
-Smettila,piccola Giry:non essere melodrammatica!-
-Io..io non vi permetto di trattarmi a questo modo:voglio che mi rispettiate,signor Dravic!-
-Credi che a me abbia fatto piacere questo cambio di programma? Una coatta perdita di tempo,per soddisfare gli slanci filantropici di madamoiselle Jean d’Arc!...-
Si fronteggiarono di nuovo,ostinati e orgogliosi entrambi.
-Voi…voi…- Meg avrebbe voluto ribattergli qualcosa.
-Io sono quello che sono…E tu continui a metterti sulla mia strada,a intralciare le mie decisioni!Bevi il tè e monta in carrozza:dobbiamo riprendere il cammino…-
Per tutta risposta Meg gettò tazza e contenuto per terra,davanti a sé e,incrociate le braccia,sillabò:
-Non mi muoverò e non verrò con voi da nessuna parte…Io voglio tornare da monsieur Sillani!-
Lui sembrò volerla incenerire con lo sguardo,ma poi preferì reagire con l’indiferenza:
-Bah! Fa’ come credi…- sbottò,sprezzante e,scostatala ruvidamente, montò in carrozza.
-Nadir,leva il campo e partiamo!-
L’orientale si affrettò a sbrigare le ultime faccende,agitandosi intorno a Meg che a quel punto ritenne opportuno spostarsi,per mantenere la sua ostinata determinazione,senza essere sballottata di continuo dall’ometto.
Era ferma al centro della radura,sempre a braccia conserte e viso imbronciato,quando -annunciati da un cupo brontolio di tuono- un primo e un secondo gocciolone,seguiti da un terzo e un quarto e un quinto e giù da cento altri,la avvertirono dello scatenarsi di un insolito acquazzone primaverile…
-Venite via,madamoiselle:state tranquilla…anche il vostro amico capocomico è stato soccorso…- le sussurrò ancora Nadir,andandole incontro e riparandola con un pesante telo incerato.
Parzialmente rasserenata la fanciulla accettò il suo consiglio e,finalmente,montò sulla carrozza.
A bordo,il signor Dravic non le rivolse nemmeno un’occhiata.
Guardava con quel suo accattivante malinconico distacco le gocce di pioggia rincorrersi sul vetro del finestrino…e oltre,chissà dove….

Il viaggio proseguì segnato solo dal monotono battere della pioggia sul tetto della carrozza.
Nessuna parola fu scambiata tra i due viaggiatori per ore.
Meg ogni tanto sollevava lo sguardo su quell’uomo misterioso,di cui a stento conosceva il nome de plume e al quale - nonostante tutto- doveva ancora una volta la vita.Ma poi lo riabbassava,guardando fuori,domandandosi cosa ne fosse stato di Ernesto Sillani,di Raoul,di Christine…
Non poteva accorgersi degli sguardi che ogni tanto,seguendo chissà quale pensiero,anche lui le destinava:pensosi,interrogativi.Di scatto interrotti,quasi prepotentemente,per dirigere gli occhi fuori,all’inseguimento dell’eterno illusorio sogno…
La carrozza si inerpicò a un tratto per un sentiero scosceso,che la recente pioggia aveva reso però estremamente sdrucciolevole.
Improvvisamente,nonostante la perizia del cocchiere,il mezzo ebbe uno scarto,frenò,sembrò retrocedere.
Meg fu sbalzata contro il suo compagno di viaggio,dal quale si ritrasse immediatamente.
-Che succede Nadir?- gridò quegli intanto,afferrandosi alla portiera e sporgendo la testa fuori.
Con uno sforzo estremo il servitore riuscì a riprendere la marcia ma,uscito dall’impasse,fermò la carrozza,smontò da cassetta e venne a parlare con il padrone.
Meg li sentì borbottare qualcosa,ma tutto ciò che comprese furono le imprecazioni di Dravic,contro il tempo e il destino,nonché i rimproveri verso il piccolo orientale.
Poi l’uomo rientrò e le fece cenno di smontare,senza proferire parola.
-Cosa accade?- chiese la giovane timidamente a Nadir,avendo ormai dato per certo che il servitore fosse l’unico a prestarle attenzione.
-E’ meno pericoloso se per un tratto proseguiamo a piedi…i cavalli non sono abituati a questo terreno accidentato…-
-Dove..dove siamo diretti,se posso chiederlo?-
-Nadir! Ti pago come servitore,non come dama di compagnia!- li interruppe ostile e sarcastico Dravic.
-Certo monsieur…- rispose pacato e docile l’orientale.
Meg scosse la testa,domandandogli con meravigliata disapprovazione:
-Perché permettete che vi tratti così?-
L’ometto la guardò da sotto in su,con un enigmatico sorriso negli occhi:
-…chissà?forse dovrei porvi la medesima domanda?-le disse,alludendo alla ferita alla mano.
Meg sussultò,ma non ebbe tempo di rispondergli,perché incalzata dall’avanzata dei cavalli,sospinti verso la salita.
Non fu facile arrampicarsi al di là di quel primo sperone di roccia;l’abito della giovane donna era per metà incrostato di fango e,nella parte superiore,ancora impregnato di umidità e di pioggia.
Per non scivolare la giovanetta doveva spesso fare forza sulle mani e a un tratto,un movimento falso,le costò una fitta alla mano ferita.
-Fa’ attenzione!- la rimproverò il suo compagno di viaggio,ma con inattesa sollecitudine le si avvicinò,le prese la mano e osservò la fasciatura:
-Nadir!... arrivati al gradone superiore rimonta il campo…e cambia questa medicazione…-
Il sole tramontava dietro grossi cumuli che il vento andava disperdendo,quando finalmente la piccola comitiva si fermò.
Solerte Nadir sistemò i cavalli,liberandoli dal giogo della carrozza;quindi montò un piccolo focolare e vi accese il fuoco,illuminando la radura che imbruniva rapidamente.

babyphan17/12/2007, 19:39
-Precedetemi sulla carrozza,madamoiselle….vorrei controllare la vostra ferita…-
Meg non desiderava altro che riposarsi,finalmente.E vedere cosa era successo alla sua mano…
Quando il servo stava per salire,lo sentì che si fermava:
-Dite,padron Erik…-gli udì rispondere.Poi avvertì un confabulare appena percettibile…

Erik…Erik! È questo dunque il suo nome…il suo vero nome,immagino…Erik…Oh che sciocca che sono…

Nadir era entrato reggendo una lucerna che sospese a un apposito gancio,quindi con una delicatezza quasi muliebre sollevò la mano della giovane donna e sciolse piano la garza che la fasciava.
Man mano che la benda scivolava via,il volto di lei diventava sempre più teso e pallido:la ferita le sembrava orribile,la mano mostruosamente lacerata…
-Oh…mio Dio!- esclamò a un tratto,con voce rotta.
L’orientale si affrettò a tranquillizzarla:
-No…non spaventatevi,madamoiselle…si cicatrizzerà del tutto e…piano piano non si vedrà più…-
Ma lei scuoteva il capo,incredula,disperata:
-…sono sfregiata per sempre…oh,dove potrò presentarmi…non potrò nemmeno più esibirmi…nulla…-
-Calmatevi…calmatevi,via…non è come credete…-
La portiera si aprì,sullo stipite comparve Erik.
-Già pentita del tuo bel gesto,piccola Giry?...-
Lei allora tacque,soffocò quel pianto ingiusto quanto inutile…
-Siete libero di crederci o no…ma -nonostante tutto-io…lo rifarei…-gli dichiarò,a bassa voce.
L’uomo le sedette a fianco,approfittando del fatto che il suo servitore si era momentaneamente allontanato;quindi le prese la sinistra,osservandola serio;infine sollevò lo sguardo sulla giovane.
-Non ho bisogno di crederci…lo so..-
Le reclinò delicatamente il palmo e,prima che lei potesse capirlo,appoggiò sul dorso niveo profanato dal nero sangue rappreso la sua mano calda,stringendo piano,in segno di riconoscenza.
Meg era incredula;quel gesto inatteso la rincuorò,anche se permaneva in fondo al suo cuore il terrore di dover nascondere l’orrido sfregio per sempre.
Nadir rientrò e il suo padrone si allontanò di nuovo,consentendogli di terminare la medicazione e la fasciatura.
-Nadir..nella mia valigia c’erano dei guanti di raso nero…potreste aiutarmi a recuperarli?-
Il servo la guardò,stupito e mortificato a un tempo per lei.
-Madamoiselle…-
Meg comprese;spalancò la bocca,la coprì con la mano esclamando:
-Oh no…la valigia!...tutte le mie cose…sono sul carro della compagnia!e adesso?-
Poi guardò l’abito che aveva indosso.E pensò che non aveva più nulla con sé…
Come leggendole nei pensieri,l’orientale la rassicurò ancora:
-Il padrone ha provveduto ad acquistare abiti e biancheria…a Porretta…-
Ma Meg pensava alla scatola preziosa di sua madre,alle lettere…alla maschera di tela grezza…
-Nadir!-
Il povero ometto tardò a rispondere.
Avrebbe voluto rincuorare quella fanciulla:ne provava una crescente ammirazione e si rammaricava a vederla così disperata;ma il richiamo risuonò ancora,più autoritario di prima.
La lasciò sola,con un sospiro.


Potrei continuare a piangere per ore..non cambierebbe nulla.
No.Debbo reagire.Ingoierò le lacrime:come una medicina,quel loro sapore amaro mi è diventato quasi familiare…La medicina quotidiana…



Mentre i due uomini sembravano intenti ad altro,Meg scivolò alle spalle della carrozza,si arrampicò sul bagagliaio.Riflettè un attimo,poi capì dove cercare,prese quello che le serviva e ridiscese.
Dopo poco la portiera della vettura si aprì e comparve la fanciulla:aveva indossato abiti puliti,s’era ravviata i capelli e li aveva legati in una lunga treccia.
I due uomini alzarono lo sguardo su di lei,poi si scambiarono involontariamente un’occhiata.Rimasero comunque in silenzio.
-Ho preparato qualcosa,per cena,madamoiselle…è quasi pronto…-
-Grazie…-rispose lei,sistemandosi vicino al fuoco.
L’ometto la servì.Poi si avvicinò al suo padrone che però lo rimandò indietro,procrastinando per ora la cena.
In piedi,a discreta distanza dalla giovane donna,l’orientale consumava anche lui il suo pasto.
-Perché non sedete accanto al fuoco…?- lo invitò gentile la fanciulla.
-Non è il posto per me…- le ricordò lui.
-Vi prego…- insistè Meg.
Nadir si avvicinò e sedette a gambe incrociate di fronte a lei.
-Quante cose sapete fare…Guidate i cavalli come un auriga romano,maneggiate le armi con destrezza,cucinate meglio di una buona massaia…-
-La necessità aguzza le virtù…- rispose lui,senza batter ciglio.
-…Io so fare ben poco...-
I passi di Erik,la sua comparsa alle loro spalle,li zittirono.
Nadir fece per alzarsi.
-Sta’ pure comodo…non vorrei mai interrompere un così familiare convivio…- il tono era vagamente sarcastico.Tuttavia l’uomo sedette accanto al servo,davanti al fuoco e si servì di una tazza di tè,con estrema semplicità.
-Di cosa conversavate,così amabilmente?- domandò poi.Sembrava scisso tra il desiderio di condividere quel momento di calore umano e la consapevolezza di esserne irrimediabilmente escluso.
-Facevo i complimenti al vostro servitore…-
-Già,madamoiselle voleva confondermi…Faccio solo il mio dovere…-
-Bè…quello che vi si chiede non è poco…- sottolineò lei.
Erik lo guardò:
-Nadir è insostituibile…- ammise.
L’orientale chinò il capo,inorgoglito e confuso.
-Mio signore…è un onore per me,servirvi…- sussurrò,ma non così a bassa voce che Meg non potesse sentirlo.Chinò gli occhi,domandandosi cosa si nascondesse dietro tanta devozione…
Il verso di un chiurlo singhiozzò di lontano.
-La notte avanza…- sentenziò Erik,scrutando affascinato le stelle tra i rami degli alberi.-Prepara la stanza della nostra ospite,Nadir..-
L’orientale si alzò.Anche il suo padrone fece per allontanarsi,di nuovo.
-Io…io vorrei sapere dove siamo diretti….- riuscì a domandare Meg,trattenendolo.
Lui si volse a guardarla.
- Tu potresti dircelo…Noi seguiamo solo delle tracce…-
- Io vorrei raggiungere la compagnia di Sillani…credo andassero a Rimini,ma non so se..non so cosa ne è stato di lui…-
-Spiacente…- la interruppe lui –Ma preferirei tu rispondessi alla mia domanda…-
-Mi state chiedendo …? Vi ho già detto che non faccio la spia,signore…E comunque non posso sapere se Raoul e Christine abbiano deciso di unirsi ancora alla compagnia teatrale o proseguire per San…- Meg si trattenne,mordendosi le labbra – Proseguire per la loro meta…- si corresse poi.
Gli occhi di lui brillarono nell’oscurità.Ma non replicò nulla.
Meg si fece di nuovo coraggio:
-Monsieur…io sto bene,ormai…datemi un cavallo e permettetemi di raggiungere i miei amici…-
-E proseguire da sola? Ci vogliono quindici giorni di viaggio,per valicare l’Appennino…seguendo la via maestra…-
-E noi? Che via stiamo seguendo?-
Lui ghignò,significativamente,scuotendo la testa.
-L’unica che mi sia concessa…da sempre….-
Meg sospirò,disillusa.
Nadir intanto scese dalla carrozza,invitandola a prendervi posto.
- Viaggerai con noi,piccola Giry…rassegnati:e ora va’ a dormire…-
-Buon notte,madamoiselle…- le augurò l’orientale,a mezza voce.
-Buona notte…ma, e voi?- si guardò intorno.I due uomini avevano approntato dei giacigli di fortuna,vicino al fuoco.L’ultima cosa che vide fu Erik steso,la testa sulle braccia incrociate,le gambe appena sollevate,gli splendidi occhi rivolti all’azzurro infinito,spalancati nella notte…



babyphan18/12/2007, 16:39
Meg abbassò la tendina della portiera e si stese sul ‘letto’ che le aveva approntato Nadir.
Ma più che riposare il corpo,non riusciva:era tesa,pensierosa…desiderosa di riacquistare la propria autonomia.
La vita l’aveva divisa da Christine e Raoul…allora che senso aveva inseguirli,insieme a quell’uomo?Era un’altra la sua strada:trovare se stessa,trovare sua madre…
Si girò e rigirò,sperando in un po' di pace;ma un’idea insana le frullava in testa.
Approfittare del sonno di quei due e tentare di fuggire…
La luna era sorta da poco.
La ballerina schiuse piano la portiera laterale,quella che affacciava alle spalle del bivacco.Stette in silenzio,inspirò,preparandosi al passo successivo,quando –un po’ soffusa –una voce dall’altro lato della carrozza si levò:
-Non dormite,padrone?-
Un sospiro.Poi la risposta:
-No,Nadir…-
-Eppure dovreste…-
-Già…dovrei…-
-La inseguite sempre..quella vostra chimera…-
-Non è una chimera,Nadir!...Una chimera è un sogno,un’illusione:lei è carne che palpita…-
Fu il servo,a sospirare.
-Dovunque sia,ora…Perdonatemi,signore…,ma qui,e ora,voi…-
-Qui e ora…?...mi credi cieco?So bene che la nostra piccola ospite è coraggiosa e bella,quanto e più di sua madre,forse…-
-Ecco…- lo interruppe il servo.
Ma l’uomo proseguì,impietoso:
-Ma…come a sua madre,Nadir…io le ripugno,le faccio orrore!-
Meg sussultò e trattenne il fiato:non poteva farsi scoprire,non in quel momento…
Dopo una pausa,durante la quale forse Nadir aveva attizzato il fuoco,la giovanetta sentì di nuovo la voce del servo:
-Ne siete così certo?-
Erik sorrise,amaro.
-…Come le ripugna la sua stessa mano…-
-Permettete,padrone…quella ragazza,come sua madre,vi ha salvato la vita…Voi continuate a commettere lo stesso errore di sempre!-
-Taci Nadir…so distinguere l’amore dalla pietà...Riconosco il ribrezzo negli occhi,anche in quelli più amorevoli…-
- E la vostra chimera,allora?-
-Lei?....anche lei ha provato orrore,lo so…ma …ma mi ha baciato,Nadir,capisci?Ha baciato me…ed era pronta a restare con me,se solo…-un sospiro più forte,quasi un singulto troncò il ricordo.
-L’avete lasciata andare…era libera di scegliere …- insistè il servo.
-Ho deciso io per lei!-esclamò Erik con rabbia,poi abbassò la voce,turbato,quasi parlando tra sè-…io…io ero il suo ‘angelo’…lei si fidava di me… E lei era il ‘mio’ angelo:era la musica…quella musica che è morta per sempre!-

Mio povero Erik…quanto rimpianto nella sua voce…Ma,ora più che mai so che debbo andare via,separarmi da lui:il suo dolore,la sua pena…mi toccano il cuore,troppo profondamente…non so cosa possa significare,ma sento con certezza che è un pericolo…

Lo scambio di battute era cessato da un po’.
Meg discese silenziosa i gradini della carrozza,senza richiuderla alle sue spalle,per evitare di far rumore.
Piano,sollevando la veste perché non frusciasse sull’erba,si diresse verso i cavalli,che pascolavano poco distanti,legati a degli alberi.
Prima di affrontare il buio della notte,guardò verso i due che dormivano.
Una lingua di fuoco sollevandosi dalla brace illuminò il volto di Erik,svelandone anche il profilo deforme.

Crede davvero che io provi orrore?che io provi ribrezzo?Forse la prima volta che l’ho veduto,forse quando non ne conoscevo che questo aspetto…Ora invece…

Meg si sentì irresistibilmente attratta verso di lui.
Come se dovesse congedarsi,almeno con un gesto.
Con cautela si chinò sull’uomo e piano gli sfiorò il profilo destro con la punta delle dita…Una debolissima carezza…

Addio …

Egli sembrava dormire,profondamente.
Meg finì per convincersi che quel suo gesto era stato solo per accertarsi di ciò.
In silenzio,raggiunse i cavalli,ne liberò uno e fece per montargli in groppa.
-Non sai proprio rassegnarti,vero piccola Giry?!?-
La mano inflessibile sulla sua,la voce tagliente,il tono severo come una staffilata:Erik era fermo davanti a lei.L’aveva scoperta!
Dopo un primo sussulto,Meg però reagì,cercando di liberarsi della sua stretta.
- Se non sarà questa notte,ci riproverò domani e anche doman l’altro..A meno che non mi leghiate! Lasciatemi andare!-
Lui le liberò la mano,fece un passo indietro:
-Accomodati,non ti trattengo…Ma per quanto tu possa correre,non arriverai mai prima di noi:facciamo la stessa strada,piccola Giry… preferisci percorrerla da sola?…-
In quella il verso strano,prolungato come un ululato,di qualche animale notturno,o forse di un cane …certo non di un lupo…lacerò l’aria.
Meg rabbrividì.
Per l’uomo parlò invece lo sguardo irridente,sarcastico.
Senza aggiungere altro,la ballerina legò di nuovo il cavallo all’albero poi a testa bassa diede una pacca rassegnata all’animale,sospirando.



babyphan19/12/2007, 23:37
La seconda giornata di viaggio fu più agevole:la strada che avevano scelto correva lungo il versante del massiccio lungo ampie curve a gomito,senza mai inerpicarsi troppo.
Ma alla fine del secondo giorno, osservando una carta si resero conto che rispetto alla meta si erano avvicinati ben poco.
Questo indispettì Erik,che fu più chiuso e taciturno del solito,inducendo gli altri due viaggiatori a fare altrettanto.
Il terzo giorno,studiando la medesima cartina,Nadir provò ad apportare una variazione all’itinerario,affrontando la salita in modo più diretto.
Meg avvertiva la stanchezza,il disagio;le pesava quella condizione di ‘ospite’ forzata.E quel percorso così accidentato la provò definitivamente.
Quella sera non si unì nemmeno ai due uomini per la cena,cadendo in un sonno profondo,ma ristoratore..

Era appena sorto il sole quando,approfittando del daffare dei due compagni di viaggio,scivolò piano giù dalla carrozza e si guardò intorno.
L’aria era come impregnata ancora della rugiada brumosa del mattino;il silenzio intorno era appena interrotto da frulli di uccelletti silenziosi.
Ma la montagna lussureggiava nell’incipiente estate,rigogliosa,splendida.
E dall’alto di quei monti selvaggi,intatti era possibile spaziare lo sguardo lontano,nel verde di foreste inestricabili,su pascoli verdeggianti incontaminati…


-Madamoiselle?...prendete una tazza di te?..Madamoiselle?- Nadir aveva bussato alla portiera,accorgendosi in ritardo della assenza dell’ospite.
-Dov’è andata,ora?- gli domandò irritato il padrone,assicurandosi con un’occhiata della presenza dei tre cavalli.
-Mah…non credo lontano…vado a cercarla,se permettete…-
-No,andrò io…tu smonta il campo e sii pronto a partire…Per Dio,quanto tempo perso!-
Erik seguì le tracce lasciate da Meg al suo passaggio nell’erba e finalmente,sollevando lo sguardo,ne intravide la sagoma appoggiata di spalle al tronco di una quercia.Le si avvicinò con passo determinato,tanto che lei lo sentì ma, volgendosi ,gli fece cenno di non far rumore;quindi gli andò silenziosamente incontro e,presolo per mano,lo condusse con cautela al suo punto di osservazione.
L’uomo era sorpreso,leggermente a disagio di fronte a quella delicata familiarità.
Tuttavia vi si adattò e seguì con lo sguardo la mano con cui Meg gli additava la sua scoperta.
A pochi passi da loro una cerva magnifica si abbeverava a una pozza nell’erba,insieme al suo cerbiatto…Di tanto in tanto l’animale sollevava il capo maestoso,guardandosi intorno con dignitosa attenzione,quindi con estrema tenerezza congiungeva il suo labbro muschioso al musetto delicato del piccolo…
Erik avrebbe reagito come sempre,spazientendosi di quella pausa non prevista;ma ritraendosi con l’intento di condurre via la giovanetta da quella vista,si soffermò per caso a guardarle il volto,per un attimo:Meg con un sorriso rapito,dolcissimo, seguiva con tenera sollecitudine tutte le mosse della madre verso il suo nato.
Allora l’uomo guardò ancora nella direzione della cerva.E gli sembrò come se una nebbia impalpabile diradasse davanti ai suoi occhi:la luce del giorno illuminava una scena d’amore delicato,naturale.Che toccava il cuore.
Quasi con rammarico,l’uomo sussurrò:
-Dobbiamo andare…- accompagnando l’invito col gesto di cingerle le spalle e sospingerla via.
-Oh…si…-gli rispose la fanciulla,stranamente docile.Docilità che turbò nuovamente Erik, tanto che preferì lasciarla andare avanti da sola,fermarsi,volgersi a dare un ultimo sguardo a quell’immagine idillica;ma era già sfumata…
Tuttavia da quel momento egli non riuscì più a essere distante e indifferente di fronte
al mondo che lo circondava.
Nadir fu il primo ad accorgersi di quell’impercettibile cambiamento.
Ma esso non sfuggì neppure a Meg…


La deviazione apportata da Nadir diede inizialmente insperati vantaggi: i viandanti prossimi ormai all’estrema altezza della loro arrampicata erano certi che di lì a poco sarebbe cominciata la discesa che li avrebbe condotti a destinazione,sull’altro versante dell’Appennino,verso la riviera romagnola.
Una brutta sorpresa li attendeva però alla fine della salita:nessuna strada.Solo una pietraia impraticabile …
-Dannazione! E ora?...Nadir,monta a cavallo e torna indietro…Deve esserci per forza una strada in discesa!-
-Si,signore…- ubbidì l’orientale,allontanandosi di lì a poco al galoppo.
Meg lo vide andare via,seduta piuttosto mogia sui gradini della carrozza.Dopo poco,quindi,ricordando quanto gli aveva visto fare,cominciò ad armeggiare intorno a un focolare approssimativo.
-Che fai?- le chiese Erik,brusco.
-Cerco di rendermi utile..-
Lui annuì,senza aggiungere altro.Lo vide scomparire tra gli alberi,pensò preferisse stare solo.
Dopo poco però le era accanto con della legna secca:
-Non caverai mai nulla da quella –le disse indicandole due ramoscelli freschi con cui la ballerina cercava di appiccare il fuoco-…lascia,fai fare a me!- soggiunse e,utilizzando una pietra focaia,presto ottenne una scintilla che si trasformò in un falò scoppiettante.
Meg rimase a guardare le fiamme:
-Il fuoco mi affascina…è così vitale,non trovate?- domandò poi.Ma si accorse con un attimo di ritardo di aver detto qualcosa di improprio:tra loro due improvvisamente si materializzò l’incubo dell’incendio dell’Opera…il ricordo atroce della catastrofe…che aveva segnato l’inizio della fine…
Anche Meg aveva perso tutto,in quel frangente:la vita sua stessa aveva subito una svolta inattesa,definitiva..
La ballerina sospirò,significativamente;poi lo guardò,istintivamente,con rabbia.
-So cosa stai pensando…so anche come mi giudichi…- la sfidò lui,sprezzante.
Meg scosse la testa,con espressione incredula e contrariata,tornando a guardare il fuoco:
-Voi credete di sapere sempre tutto…-
-Un folle omicida…un mostro assassino…Non è così?- insistè invece quello.
La ragazza si alzò,affrontandolo a viso aperto:
-Siete l’uomo che non ha esitato a uccidere chiunque gli creasse ostacoli,che ha rapito Christine Daaè, che ha distrutto l’Opera…ma siete anche quello che mi ha salvato la vita,si è preso cura delle ultime ore di mia madre…Voi amate e odiate,senza misura…senza controllo!-
Quelle parole forse lo avevano toccato nel profondo.
Egli reagì con la solita arma di difesa,il sarcasmo:
-Quanta saggezza….in una ragazzina che fino a ieri pendeva dalle gonne di sua madre…E cosa ne sai tu,di amore e di odio?-

Vorrei rispondergli che ne so abbastanza…abbastanza … da soffrire al pensiero del suo tormento, delle sue lacrime e da desiderare di poter anch’io un giorno essere amata con quella stessa intensità…Ma mi mancano le parole,mi manca il coraggio…

Approfittando della impasse di Meg,Erik si allontanò sprezzante.
In quella il rumore di un cavallo al galoppo li avvertì del ritorno di Nadir.
Il servitore non portava buone notizie:non esisteva una discesa praticabile:l’unica via da percorrere attraversava una serie di vallate e altrettanti piccoli centri abitati:la meta sembrava sempre più lontana…
Soprattutto,le recenti abbondanti piogge avevano creato una interruzione nel valico:i valligiani stavano provvedendo solo ora,che il sole aveva sì frenato l’avanzata dello smottamento,ma anche indurito la terra,rendendo il loro lavoro assai difficile.
Erik imprecò con sfrenata irruenza,incurante della presenza di Meg,anzi quasi compiacendosene:
-Per Dio…ci toccherà rimanere qui…ad aspettare che liberino la strada…-
La fanciulla si chinò a controllare l’acqua che aveva messo a bollire,dimessa e docile,ma evidentemente intristita da quel fare arrogante,esibito a posta per ferirla.
-Potremmo fermarci in uno dei paesini qui intorno…- propose Nadir –E’ gente di campagna,semplice…ospitale…-
Il padrone lo fulminò con lo sguardo.L’orientale non insistè.


babyphan28/12/2007, 15:54
La primavera lasciava il posto all’estate:l’Appennino ammantatosi di un verde caldo e sensuale addolciva i versanti dei monti che si stagliavano sull’azzurro terso del cielo di giugno;scendendo verso valle il verde lasciava il posto al biondo delle messi,al rosso acceso dei tetti lustri di piccole casette.
La natura era al colmo del rigoglio e della gioia;spesso la notte erano comparse nei cespugli più bassi,o tra gli alberi,le prime lucciole.
Ovunque un profumo inebriante di fiori che si aprivano,di erba che cresceva,di vita che si rigenerava.
Costretti ad un forzato soggiorno,i tre viaggiatori consumavano il tempo come potevano:per Nadir il da fare non mancava mai in realtà e svolgeva tutte le sue mansioni con silenziosa sollecitudine.
Erik si faceva vedere poco:spesso si inoltrava nell’intricata foresta che li circondava,quasi mimetizzandosi in essa,per poi ricomparire altrove,magari sullo sperone di una roccia,intento a osservare l’infinita lontananza della valle;oppure prorompere al galoppo del cavallo che portavano legato dietro la carrozza,al rientro da chissà quale percorso.
Meg spesso si prestava a condividere qualche incombenza con Nadir;oppure anche lei si allontanava lungo sentieri appena ombreggiati,ai margini della radura,magari alla ricerca di fiori,o frutti di bosco…
Una di quelle mattine la giovane donna era intenta a raccogliere fragole e lamponi:ne aveva trovati tanti prolungando la sua passeggiata ben oltre i soliti confini;quasi senza accorgerselo infatti si era ritrovata alle spalle del bosco oltre il quale cominciavano i primi campi coltivati.
A un tratto,sollevando lo sguardo al di là di un nodoso ramo di quercia,le parve di vedere qualcuno;scostò appena dei rami di salice che,come una cortina,chiudevano la vista sulla scena al di là e le apparvero un frutteto e,poco distante,un piccolo maggese erboso.Ma soprattutto scorse un uomo e una donna…
Lei portava senza fatica un cesto di frutta,ma il giovanotto si era offerto di aiutarla;ne era nata una vezzosa schermaglia,che aveva consentito ai due di isolarsi ancora di più dalla zona abitata.
Meg non ne capiva i discorsi,ma le risatine di lei e il tono di lui erano abbastanza eloquenti:il rito del corteggiamento…l’amore che ritorna a primavera per tutti,anche per gli uomini…
La fanciulla lasciò cadere piano il sipario di foglie di salice e sedette,rimanendo sospirosa a riflettere.

…E’ ben triste osservare la vita degli altri…e non viverla,di persona…


-Sei molto pensosa,piccola Giry…cosa ti rende così?-
Erik le era apparso davanti come sempre inaspettato:gli alti stivali perfettamente lucidati,gli stretti pantaloni alla zuava,il gilet impeccabile sulla camicia immacolata appena aperta sul petto, la maschera nera attraverso cui i begli occhi verdi sembravano risplendere…
Istintivamente lei pensò di trattenerlo.
-Sssh…- gli disse,andandogli incontro.
-Che c’è?hai scoperto qualche altra famigliola boschiva?- le domandò lui che,per nulla trattenuto dal suo timido tentativo,procedette verso la cortina di salice e la sollevò.Meg allora gli si affiancò,temendo che l’uomo potesse inavvertitamente scoprirsi,scoprire i due innamorati…
Al di là del ramo non c’era più nessuno:ma si avvertivano ancora le risatine della donna,alzarsi al di là del maggese.Erik scrutò indagatorio Meg.Poi ci fu uno strano silenzio,carico di incandescenti vibrazioni…come se tutto il campo di fronte a loro ansimasse di passione…
Infine ricomparve il giovanotto,che recava in spalla la giacca e il cesto;e di lì a poco comparve anche lei,si appoggiò all’uomo che la cinse ora con calda,intima familiarità sotto il suo braccio protettivo…
Si allontanavano così,con una nuova luce negli occhi e nel sorriso…
Meg era turbata.Sentì che stava arrossendo,mentre Erik si volgeva di nuovo verso di lei:
-Per fortuna sono andati…- commentò lui.Tra le mani Meg ebbe l’impressione gli fosse apparso il terribile plasso…
-Oh…Non fategli del male….- supplicò.
Lui ghignò,leggermente interrogativo.
-Perché dovrei?- poi sembrò quasi rimproverarla con una strana malinconia negli occhi: ‘E’ questo che pensi di me?’ ma non soggiunse nulla:tra le mani aveva i finimenti del cavallo…
Consapevole dell’errore commesso,Meg volle fare qualcosa per farsi perdonare.
Si accorse che aveva lasciato il suo cesto di lamponi nell’erba,tornò indietro a cercarlo,quindi corse dietro a Erik che intanto la precedeva di buon passo.
-Aspettate!...- lo fermò.
Lui si volse,piuttosto indifferente.
-Provatene uno…li ho colti qui,nel bosco…-disse porgendogli uno di quei frutti con l’accenno di un sorriso.Era leggermente affannata per la corsa,le gote rosse,il seno che si sollevava a riprendere fiato.
Meg non poteva sapere che quella fragola che aveva in mano aveva lo stesso colore delle sue labbra;non poteva immaginare quanto Erik fosse stato turbato dalla scena che avevano spiato insieme,quanto fosse turbato ora dalla profferta istintiva di quel frutto,nella piccola mano a cui doveva la vita…
Eppure il sospiro che era sfuggito alle labbra dell’uomo,per un attimo,non avrebbe fatto dubitare nessuno…
Dei passi nell’erba annunciarono la presenza del servo orientale:
-Giusto tu,Nadir!...la nostra piccola ospite ha procurato il dolce,per la cena di stasera…- la voce di Erik era tornata tagliente,autoritaria. –Occupatene tu stesso…Ma fa’ in modo che non si allontani più così tanto dal nostro bivacco!-

La cena fu consumata in uno strano silenzio,e in fretta.
Poi Meg si ritirò sulla carrozza,si spogliò e si stese su quel letto di fortuna,con gli occhi al soffitto.Un rovello le si era insinuato sotto la pelle:


…anche lui,come me,ha sempre vissuto osservando la vita,sfiorandola…mai vivendola…Escluso,reietto,solo…Ma allora,perché…No, non debbo pensare…Dormirò …Starò immobile:girarmi e rigirarmi non ha senso…dormirò…



Ma era ben sveglia quando sul fondo della carrozza il fuoco disegnò le fantasmagoriche figure dei suoi compagni di viaggio.Ben sveglia quando di nuovo li sentì parlare:
-Non avete nemmeno assaggiato questi frutti di bosco…via,provatene uno!- disse Nadir sollevando il cesto verso il padrone.
Erik allungò la sua mano e piano assaporò una fragola.
-Che vi succede,padrone? Siete strano?-
Gli rispose con un tono esasperato:Meg si sentì ferita.
-Questa ‘vacanza’ sta durando troppo…quando apriranno la strada? Domani torna in avanscoperta! Dobbiamo assolutamente rimetterci sulle tracce dei De Chagny…e liberarci di lei…-
La fanciulla vide chiaramente il gesto del capo con cui l’uomo alludeva alla carrozza dove fingeva di dormire.
-Si direbbe che…ne siate spaventato…- commentò Nadir,misurando ogni parola.
-Infastidito.E’ più esatto.E’solo una tenera sciocchina vezzosa…- ribattè con forzato distacco Erik.
Ma nelle sue parole per la prima volta c’era una sfumatura di indulgente rammarico.
Poi allungò la mano e ingoiò questa volta con un gesto maschio e prepotente un’altra fragola,prima di stendersi al suo posto,nell’erba.
Nadir continuò a lavorare intorno al fuoco,silenzioso e solerte.
Quando la brace fu sopita,finalmente si stese a dormire anche lui.
Il suo padrone sembrava agitato.Si rivoltava nel giaciglio,come una belva inquieta.
Nessuna chimera rapiva i suoi pensieri,quella notte…




Edited by arielcips - 2/1/2009, 22:22
 
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view post Posted on 4/4/2008, 22:35
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Cosa accadrà ora?
 
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babyphan
view post Posted on 4/4/2008, 22:36




babyphan3/1/2008, 20:26
Meg aveva preso sonno molto tardi.
Fu risvegliata dallo scalpiccio degli zoccoli di un cavallo che sopraggiungeva,dal suo nitrire spazientito alla tirata di cavezza.
Dall’interno della carrozza sbirciò fuori:il sole era già alto.
Nadir era rientrato dal suo giro di perlustrazione e ora riferiva le notizie al padrone.
-Ho appurato molte cose nuove,signore…La prima è che la strada riaprirà domani stesso..-
Erik gli volgeva le spalle,ritto in piedi,intento a radersi come ogni mattina.
-Prosegui…-
-La seconda è che…l’ultima carrozza a passare,prima della frana è stata quella della Commedie Italienne…- Questa informazione sembrò lasciare indifferente l’ascoltatore,tuttavia Nadir proseguì. –Pare si siano fermati in paese qualche tempo…il capocomico era convalescente,ma vivo…Hanno ritenuto opportuno non affaticarlo…-
-Dite davvero? Sillani sta bene?- proruppe Meg,uscendo dalla carrozza.
Nadir tacque,piuttosto disorientato.
Erik scrutò Meg attraverso lo specchio,poi gli ordinò:
-Rispondile,che aspetti…? –
Il servo si schiarì la voce e proseguì:
-Aveva riportato ferite gravi…ma per fortuna fu soccorso in tempo…-
Parlando tra sé,Meg concluse:
-Ora saranno a Rimini…chissà se potranno onorare il contratto…-
A voce bassa,Nadir soggiunse rivolto al padrone:
-Ho ancora qualcosa da riferirvi…- così dicendo tirò fuori dalla tasca interna del soprabito una piccola custodia. –Guardate cosa ho trovato nella vetrina dell’unico magazzino del paese?-
Erik si volse,dimentico di ogni cosa,prese la custodia tra le mani,la aprì quasi devotamente,ne estrasse con la delicatezza di un amante il prezioso strumento:
-Il mio violino…- esclamò,carezzandone la cassa.
-Già…-
Aggrottando le sopracciglia,contrariato,Erik richiuse bruscamente la custodia;guardò interrogativamente Nadir.
-Nella fuga scambiammo carrozza,se ricordate…Pare abbiano impegnato lo strumento,per procurarsi denaro liquido…-
-Da quanto tempo?-
-Hanno un vantaggio di almeno dieci giorni…-
L’uomo imprecò,il violino parve gemere tra le sue mani.
-…Ha impegnato il mio violino…- commentò,con dolente rammarico.
-Permettete,padrone:la contessa non si è mai vista…l’unico a comparire è stato il visconte...-tentò di confortarlo il servo.
Allora gli occhi di Erik si accesero di furibonda rabbia:
-Quell’incapace…ha svenduto il mio violino!- ripetè,questa volta con un tono di violento disprezzo.
Quindi porse lo strumento al servo,soggiungendo:
-Riponilo! Ormai non può più servirmi…-

Nadir ubbidì.
Si imbattè di nuovo in Meg che aveva seguito senza commentare parte dei loro discorsi,appoggiata alle scale della vettura.
-Permettete?- le chiese e fece per arrampicarsi sul portabagagli.In quella qualcosa spaventò il cavallo rimasto brado a pascolare,forse una vipera.Il servitore si precipitò all’inseguimento,lasciando il violino nelle mani della giovanetta.
Fu più forte di lei schiuderne la custodia e osservarlo,facendone vibrare le corde.
-Quello strumento non deve suonare…-
La voce di Erik la richiamò,con un tono inatteso:dolente e pacato,insieme.
La giovanetta alzò gli occhi su di lui.
-Perché?...-
Lui la guardò,senza rispondere.
Allora Meg insistè:
-Suona solo per lei,per Christine?...-
Gli occhi di lui si accesero del solito bagliore;le parole sembrarono mancargli.
-Io sono lo spirito e lei la voce…uniti in un’unica musica…-
Meg abbassò lo sguardo.
-Credete che lei non sappia…che la state seguendo,che le siete sempre sul collo?-
L’uomo si inalberò:
-Deve saperlo! Voglio che lo sappia!...lei deve sapere che sono sempre vicino…che quando vorrà potrà tornare da me…-
-Ha già fatto la sua scelta…-
-No…non ha scelto…Era troppo confusa per capire davvero cosa faceva…Ma lo capirà,capirà che non può vivere senza il suo spirito…E tornerà da me!- così dicendo prese il violino tra le mani e lo sollevò,trionfante: -E solo allora questo violino suonerà di nuovo…-
-E siete disposto ad aspettare…?-
-Tutta la vita,piccola Giry…e anche oltre!- e così dicendo le restituì lo strumento,che lei depose nella custodia,chiudendola.
Ma per un attimo in quello scambio le loro mani si sfiorarono.
E Meg tremò…e le sembrò che tremasse anche lui…

Nadir rientrò trafelato.
Li trovò entrambi turbati e silenziosi. Erik,assicuratosi con uno sguardo che il cavallo era stato recuperato,si allontanò come suo solito.
Rimasti soli,il servo si avvicinò a Meg:
-Sapete,madamoiselle?...Ho scoperto la sorgente di un qualche fiume…poco più giù…Forma dei piccoli salti e uno specchio d’acqua…E’ molto bella…-
-Dite davvero?...Credete sia prudente andarci?-
-Vi accompagnerò fino a un certo punto e vigilerò che nessuno si avvicini:fidatevi!-

Era davvero un posto da favola:l’acqua rispecchiava l’azzurro del cielo e saltava trasparente tra massi levigati.
Apparve come d’incanto davanti agli occhi di Meg,rallegrandole la vista.
Piano la giovanetta ne guadagnò le sponde,rese vellutate da una tenera erbetta.
Sedette a osservare l’acqua,poi più forte di tutto desiderò bagnarsi…Era tanto che non lo faceva…
Si guardò cauta intorno:Nadir era fermo a cinquanta metri,di spalle,che controllava che nessuno si avvicinasse…
Si sarebbe spogliata in fretta e sarebbe entrata in acqua:nemmeno il servo a quella distanza l’avrebbe notata…
Sfilò via piano le calze,sollevò la veste:la temperatura del torrente era fresca…
Slacciò la pesante gonna e se ne liberò,rimanendo con una leggera sottoveste.
Sfilò anche quella,abbassandone le spalline,coprendosi timidamente il seno nudo;poi sciolse i capelli e finalmente si immerse nell’acqua…

Aspettare,aspettare…Fino alla morte,e oltre…Ma la vita non è attesa:la vita io vorrei coglierla,come un frutto maturo e assaporarla…e gioirne…e condividere la gioia con…
con chi possa apprezzarne il sapore,insieme a me…


Così pensando Meg giocava nell’acqua,ruotava su se stessa,si abbandonava,nuotava e poi di nuovo piroettava,sollevando con le mani altri spruzzi che brillavano nel sole.
Poi cominciò istintivamente a cantare:

Plaisir d'amour ne dure Q'un moment
Chagrin d'amour dure tout la vie




Cantava con la sua voce appena accennata,lieve;e danzava nell’acqua,leggera e aggraziata.
Volteggiando,improvvisamente lo vide!
Erik era fermo tra gli alberi,a pochi metri da lei,e la osservava…
Istintivamente Meg si coprì,risultando paradossalmente ancora più desiderabile:i capelli le ricadevano sul seno e il sole alle sue spalle vi creava una sorta di aureola dorata.
La giovanetta rimase immobile in quel gesto di difesa;ma vi era anche attesa in lei,che –a occhi bassi- non si risolveva a muoversi né a parlare.
Erik continuò a scrutare,senza una parola,senza battere ciglio,tutti i muscoli tesi a contenere il desiderio che tutti e cinque i suoi sensi alimentavano ,come tizzoni in un camino…
Con un gesto improvviso,poi,l’uomo le volse le spalle e si allontanò,alla stregua di un lupo che rinunci senza apparente motivo alla sua preda…


L’esigua comitiva si ritrovò a cena.L’aria era calda e profumata.In lontananza di paese in paese si inseguivano rintocchi di campane,come le lucciole si inseguivano tra i cespugli e i rami meno alti degli alberi.
Presto le colline brulicarono di fuochi lontani.
-Che succede,Nadir?- domandò Erik,sorpreso dall’animazione che sembrava fervere nelle valli intorno.
-E’ la notte di San Giovanni,signore…nei paesi cattolici è una festa importante…-
-Ah…la notte di San Giovanni…! – esclamò Meg.
Ricordava:da bambina le avevano insegnato tante cose,in proposito.I falò accesi,le danze,e poi…ogni fanciulla da marito si consacrava quella notte al santo,confidando di essere presto sposa…
- Spegni il fuoco al più presto…sarà prudente.E tu,ritirati nella carrozza,appena finito di cenare!- commentò invece secco Erik.
-Ma…- tentò di obiettare la fanciulla.
Tuttavia tacque:sapeva che sarebbe stato inutile protestare.
-Aspettiamo che sia buio…-suggerì Nadir- Il nostro falò non darà nell’occhio più degli altri…-
Il suo padrone sembrava spazientito,ma non ribattè.
Così,finito di desinare,Meg approfittò per allontanarsi fino al ciglio della radura e guardare il brillìo della festa,laggiù,lontano.
Dopo poco,Erik le si accostò.
- …A volte mi piacerebbe restare quassù,per sempre…- gli confidò lei.
-Ti credevo ansiosa di raggiungere i tuoi amici guitti…Anzi:mi domandavo perché tanta fretta…-
-Ero preoccupata per monsieur Sillani…-
-Si?..-
-E’ stato molto buono con me,sempre…Non mi sarei mai perdonata se…a causa mia…-
Erik la interruppe:
-No:c’è dell’altro…non tergiversare!-
Meg sollevò la testa.
Era irritante il modo con cui quell’uomo presumeva di leggere nei suoi pensieri.Gli rispose con energia:
-Si…è proprio così! Quell’uomo conosceva mia madre,monsieur…l’aveva conosciuta da ragazza,quando ancora era una ballerina…Speravo che mi avrebbe aiutato a conoscerla meglio…- concluse,con una sfumatura di rimpianto verso quello che aveva perduto.
Poi si volse verso Erik,guardandolo:
-Quello che ho invano sperato anche da voi…-
L’uomo le restituì lo sguardo e per un lungo momento tacquero entrambi.
Meg era certa che lui stesse come lei pensando a quella mattina,a quando l’aveva scoperta a bagnarsi…Arrossì,senza poterlo evitare:ma si impose di sostenere quel suo sguardo cocente.
-Va’ a dormire,piccola Giry…! - le intimò allora lui,ma quasi istintivamente la sua mano aveva afferrato una ciocca dei biondi capelli della ragazza, fragranti e serici come l’erba.
Allora Meg appoggiò piano la mano sul suo torace,avvicinandoglisi pericolosamente,le labbra appena dischiuse.
Anche lui chinò la testa verso di lei,sospirando:sarebbe bastato così poco…
Ma si ritrasse,ripetendole con violenza,col proposito feroce di spaventarla:
-Va’ via… Torna nella carrozza e serra l’uscio a chiave…!-

Anche quella notte Meg,fuggita sulla carrozza,dormì un sonno agitato.
Poi,a un certo punto,non poteva dirlo con certezza,ma nell’aria le parve di avvertire un suono,una musica…un richiamo.
Le sembrava il suono di un violino che ripeteva l’antico ritornello:

… Plaisir d'amour ne dure qu'un moment
Chagrin d'amour dure toute la vie…



Si svegliò del tutto:il suono era sparito.Forse lo aveva solo sognato…o forse…
Schiuse piano l’uscio della carrozza e scivolò fuori:nel buio il bagliore alterno della brace illuminava le sagome dei suoi due compagni di viaggio.
Tutto taceva.
Si,era stato solo un sogno…
A piedi nudi,con indosso solo la sottoveste,la giovanetta raggiunse nuovamente il ciglio della radura,che declinava dolcemente verso la valle.
I fuochi pian piano si spegnevano.Anche le lucciole diradavano:ma l’aria era un effluvio di essenze e i grilli sembravano accompagnare col loro eterno reiterato canto il lento volgere delle stelle lassù,nel firmamento.
Una stella cadente attraversò il cielo,con un sibilo cosmico.
Meg aveva tanti desideri…Ma gliene venne in mente uno solo…

Che strana malia mia ha preso? Io ne ho paura,ma anche desiderio… potermi stringere a lui,anche solo una volta…anche solo stanotte…

-Meg!- la sua voce inconfondibile la fece sussultare.E la confuse:Erik non l’aveva mai chiamata per nome.
- S si…Sono qui…- gli rispose.
Era apparso come sempre dal nulla.
-Ti avevo detto di rimanere in carrozza…-
-Io…non …non riuscivo a dormire e…-
Lui avanzò fino a lei.
Nei suoi occhi un dolente desiderio,che sembrava destinato a prorompere contro ogni ragione…
-Amo un’altra donna,Meg…- le dichiarò.
La ragazza abbassò la testa,gli volse le spalle,triste.Lo ascoltò rassegnata ripeterle:
-L’ho amata da sempre…voluta per sempre…aspettata per sempre…-
Né potè cogliere lo sguardo di lui sulle sue spalle nude,sui capelli sciolti,sui fianchi..Non poteva aspettarsi che lui soggiungesse improvvisamente:
-Ma per Dio …stanotte voglio solo te!-afferrandole il braccio,rivoltandola verso di sé.
Meg allora gemette,di paura e desiderio insieme.
Poi,dopo un attimo in cui i suoi occhi sembrarono scavarle dentro l’anima,egli la attirò a sé e la baciò…

Tremo.Dovrei respingerlo.Dovrei sottrarmi a lui…Ma ora so che cos’è il fuoco amaro delle sue labbra… non voglio smettere,oh no…

Quel primo bacio caldo,intenso,inarrestabile sembrava destinato a non fermarsi mai. Ma improvvisamente Erik si ritrasse,scuotendo il capo,furente a testa bassa,come un toro che sta per caricare.
-Vattene bambina,tornatene nella carrozza….-
-No…-
-Oh… …-la afferrò di nuovo,ricominciò a baciarla,fatalmente la attirò sull’erba…

E’ su di me,sento il peso caldo del suo corpo ,sento la sua stretta e …mi manca il respiro,ma non riesco a smettere di baciarlo…


-Perché non mi fermi?…-
-Perché non voglio….-

Poi…poi nessun’altra parola,ma il suo respiro e il mio,fusi insieme…Le sue mani che mi scoprono la pelle…Tremo e lo desidero insieme.Sento che presto mi farà sua…

-Io…non ho mai …-gli sussurrò piano Meg.
Egli allora sollevò il capo e la guardò con una dolcezza che non gli aveva mai vista…
-Sei ancora in tempo…poi,non ci sarà più ritorno…-
Per tutta risposta,la giovane donna gli cinse il collo,vi si avvinghiò e gli cercò le labbra con le sue:non ci furono altre parole.
L’uomo iniziò a carezzarle piano i capelli,e con un languore caldo la coprì di baci.Le sue mani la sfiorarono con delicata sensualità accendendo in lei il desiderio di lui,di essere presa.Meg si lasciò andare a poco a poco:il suo corpo con naturale abbandono si aprì sotto di lui,che progressivamente tornava ad essere incalzante,focoso come prima.

…Dio,è dentro di me!...Sto soffrendo,ma lui mi stringe con forza…mi prende piano piano,poi sempre più forte ..sono spinte ritmate,costanti,lente e prolungate…ed io le seguo,io e lui,siamo solo una cosa,mi aggrappo al suo collo,sento che sto per impazzire…MI afferro a lui,lo bacio,per non gridare ….gridargli che è bellissimo e che sono sua e che lo amo e che sarà ora e per sempre….



babyphan8/1/2008, 12:45
La notte sembrava essersi cristallizzata,come per un inquietante incantesimo.
Presto al gemito irrefrenabile di Meg fece eco l’urlo roco di Erik,che lacerò l’aria come una staffilata.Il limite era stato valicato,la porta del piacere spalancata per entrambi…
Si strinsero febbrilmente l’uno all’altra,come alla ricerca di un appiglio reciproco in quell’abisso vorticoso, estremo,assoluto.
Poi a poco a poco il parossistico ritmo dei loro respiri si calmò.
A entrambi sembrò di approdare a una riva di pace,di dolce abbandono.La stretta tra loro si allentò:Meg pregustò il momento della delicata intimità…
Col fiato che si andava placando,Erik steso di fianco a lei,cingendola ancora,domandò:
-Era questo che volevi, piccola Giry?-
-Io…credo di sì…- gli sorrise,stringendoglisi vicino -Non sapevo molto dell’amore,ma ora…-
La reazione di lui la ferì.
Ritraendosi la investì con una sferzata di sarcasmo:
-Amore? Credi che questo sia amore?…Se confondi il desiderio con l’amore…davvero tua madre non ti ha trasmesso nulla!-
Meg si irrigidì,inizialmente tacque.Poi,offesa da quel tono provocatorio, reagì inalberandosi:
-Tu…Voi…voi vi riempite la bocca quando parlate di mia madre,di Christine…Come fossero non donne,ma dee,degne di un piedistallo di marmo…-
Lo vide corrucciarsi,annuire.Proseguì:
-Davvero?E cosa vi hanno dato?Rinunciatarie,irresolute…sappiate che una vera donna sa quello che vuole! Una vera donna non rinuncia!-
Il fuoco brillò di nuovo negli occhi di Erik.Tentò di smorzarlo ancora con l’arma dell’ironia:
-E chi sarebbe,la vera donna?...tu,piccola Giry?-
Lei sostenne la sua provocazione,ribattendo con uno sfrontato sorrisetto di sfida:
-Lo sto diventando…Il vostro…’desiderio’ mi ha indicato la strada…-
Erik emise di nuovo un sospiro inequivocabile.Meg non poteva saperlo,ma era proprio quella sua spavalda,ribelle,naturale volitività a fargli ribollire il sangue nelle vene,insieme alla virginale grazia della sua bellezza…Guardandola ora,l’uomo dovette impedirsi di ubbidire all’istinto che lo spingeva ad afferrarla di nuovo e di nuovo farla sua…
Il buio andava diradando.L’alba avanzava.
Si sollevò da lei,bruscamente.Si ricompose in silenzio.Poi una doccia fredda le sue parole,scarne:
-Dirò a Nadir di scortarti fino a valle…raggiungerai finalmente i tuoi amici Italiani,a Rimini.
Meg provò dentro di sé un gelo assoluto,ma seppe assentire,ammutolita.
Poi,chinando il capo,nascose le lacrime che irrefrenabili,ma tacite avevano cominciato a rigarle le guance.
Non potè vedere il volto di Erik,mentre la scrutava tormentato e dolente, né la sua mano che accennava a una carezza per consolarla.
Meg rialzò la testa,sfidandolo ancora:
-Potete mandarmi in capo al mondo,monsieur Dravic:io da stanotte appartengo a voi!-
Con rabbia il gesto dell’uomo si trasformò in un pugno serrato nel vuoto:poi egli indietreggiò,chiamando:
-Nadir!-
Infine si allontanò,sparendo nella foresta.

Non ci fu altro congedo,tra loro.
Allontanandosi a cavallo a fianco di Nadir,Meg sentiva chiaramente che nascosto da qualche parte egli la stava osservando.Magari dietro le cortine della carrozza,o nel fitto degli alberi.Lei aveva lanciato un ultimo sguardo verso il bivacco dove la brace ormai fumava a vuoto,quindi con la solita ribelle energia era montata a cavallo senza più voltarsi indietro.
Avevano percorso in silenzio tanta strada:paesi,vallate,pianori.
La giovane donna però non aveva visto nulla,se non l’acciottolato sotto gli zoccoli della sua cavalcatura.
Finalmente Nadir cercò di richiamare la sua attenzione:davanti a loro era comparso l’Adriatico…
Meg sollevò il capo e lo sguardo:era una lunga striscia di sabbia bianca ad allungarsi infinita davanti a lei,laggiù…battuta da un mare verde cupo,selvaggio,aperto…
-Ancora poca strada,madamoiselle,e saremo a Rimini…Vedete? Dovrebbe essere laggiù…-
-Non occorre che mi scortiate fin là,Nadir…ritornate dal vostro padrone:so badare a me stessa…-
L’orientale,nonostante il carattere avvezzo a simulare ogni espressione sul viso,sembrava rammaricato;né si decideva a rientrare…
-Preferirei invece…-
-Non credo che il vostro signor Dravic vi abbia dato disposizioni diverse dalle mie…Non contravvenite,dunque…-
L’orientale sospirò.
Quindi trattenuto il suo cavallo,estrasse dalla tasca interna della giacca un involto di banconote.
-Tenete queste,possono servirvi…-
Meg osservò il danaro con aria quasi incredula e poi,con un gesto quasi di ripugnanza,lo restituì.
-Dite al vostro padrone che può tenersele!-
-Vi prego,madamoiselle….capisco che può sembrare offensivo…ma davvero vi necessiteranno…-
-Riprendeteveli! …o li getterò a mare!-
Nadir sospirò,rassegnato.
-E ora andatevene…- gli disse ancora lei,con la voce leggermente spezzata.
-Aspettate…ho ancora un’altra cosa…se permettete…- Così dicendo tirò fuori un astuccio di raso,all’interno del quale erano due guanti ricamati finemente in merletto ecrù. –Li ho trovati su,in montagna…Mi pareva che li avreste graditi…-
Meg aveva le ciglia umide.
Prese i guanti,li indossò;le sembrò che la mano fosse tornata quella di prima…
-Ma vedrete che non ne avrete bisogno a lungo…- soggiunse con un sorriso appena accennato l’ometto.- La ferità si rimarginerà,sparirà la cicatrice,senza lasciare traccia…-
Meg seguiva altri pensieri.
-Siete gentile,Nadir….ma debbo contraddirvi…La mia non è una ferita che si rimargina…- gli sorrise con dolce malinconia.
Quindi lo congedò: -Andate e non datevi altra pena per me…per fortuna credo di avere ancora degli amici…-
L’ometto annuì e,voltata la testa al suo cavallo,riprese la via del ritorno.
Improvvisamente lei lo richiamò:
-Nadir!-
-Si?-
-State attento a lui…- mormorò,quasi pentita del suo pensiero.
Quindi sollevò il braccio,fingendo semplicemente di salutarlo.
Ma Nadir capì perfettamente…



babyphan9/1/2008, 18:00
Gli edifici di Rimini biancheggiavano a poche centinaia di miglia ormai.
Bastava attraversare la foce di un piccolo corso d’acqua,valicando un antico ponte romano e si sarebbe entrati in città.
Meg era rimasta un attimo a guardare il sito da lontano,poi dando di speroni al cavallo,affrontò l’ultimo tratto di strada.
All’imboccatura del ponte,il cavallo ebbe uno scarto inspiegabile;Meg lo trattenne,ma un contadino che le si era affiancato col suo carro trainato da buoi ridacchiò tra i denti.
-Atenta signiureina quasch'è l'è al pont dal dievel!- borbottò,nel suo dialetto,incomprensibile alla ballerina.
-Prego?-
-Il ponte del diavolo!- ripetè quello a voce alta e scandendo meglio,ma sempre in italiano,le parole.
Questa volta Meg aveva compreso,ma la frase non le disse molto.
Sollevate le spalle,piuttosto spazientita,lanciò il suo morello al galoppo,lasciandosi dietro il vecchio e le sue battute insensate.
La cittadina conservava il fascino dell’antico splendore,anche se ormai non era più da secoli una signoria,ma solo un ameno sito di villeggiatura per i pochi che potevano permetterselo e un centro di scambi commerciali,tra la pianura e il mare.
La ballerina venne attratta dalla lunga striscia di sabbia battuta dalle onde e dalle casette colorate di un quartiere caratteristico,che seppe poi chiamarsi San Giuliano.
Il mare mugghiava,agitato da un vento di ponente carico di effluvi salmastri.Era verde,cupo,nonostante la luminosità del cielo.

Verde e selvaggio…come i suoi occhi..

Smontata da cavallo,sotto gli sguardi incuriositi dei passanti e di chi si intratteneva sul lungo mare,la giovane donna si fermò,guardandosi intorno.
Quindi si avvicinò a due militi dall’aspetto rassicurante e domandò loro nel suo italiano ancora incerto,dove fosse il teatro comunale.
-Prego signorina…è da quella parte:permettete che vi accompagniamo?-
-No…non importa…grazie…- rispose lei,imbarazzata dall’eccessivo interessamento dei due uomini.
Quindi tenendo ancora il cavallo per la cavezza,osservata con una certa aria divertita un po’ da tutti,si diresse verso il luogo indicato.
Camminava lungo il corso principale,quando un incontro insperato la confortò:
-Madamoiselle? Vi ricordate di me?-
-Michele?...-
Si trattava del giovane attore che spesso le aveva allietato il viaggio cantando e accompagnandosi con la chitarra.
-Che piacere incontrarvi…-
Michele le strinse la mano,con calore,sorridendole.
Eppure Meg ebbe l’impressione che l’antica familiarità avesse subito una incrinatura,e si domandò se quell’uomo non le leggesse per caso sul viso i segni del recente passato…
-Venivo a cercarvi in teatro…-
-Teatro?...ah già…Aspettate,lasciate che mi occupi io della vostra cavalcatura…-
Così dicendo le prese di mano le redini e,affiancatala,condivise la strada con lei.
Camminarono a lungo,finchè non si trovarono nei pressi di un palazzo signorile.
Qui Michele emise un sibilo lungo e prolungato e dopo poco comparve un giovanissimo stalliere che sparì come era apparso portando via l’animale nelle scuderie.
-Ecco…è qui che alloggiamo,per ora…-
Meg si guardò intorno.C’era qualcosa di strano e un presentimento negativo la fece rabbrividire.
-Non è un teatro..-
-Venite…E’ la campana che annuncia il pranzo…-
Precedendola,Michele la introdusse in una grande sala,una sorta di refettorio dove persone sconosciute si accomodavano su altrettanti tavoli.
Finalmente si avvicinarono ad una tavolata più rumorosa e allegra delle altre.
Michele richiamò l’attenzione degli astanti:
- Amici…guardate chi ho con me?-
I presenti,intenti a distribuirsi il pane,si voltarono,finalmente.
E con lo stesso calore frenato del loro compagno la salutarono.
-Madamoiselle Giry! Come state?...prego prego…accomodatevi tra noi:una sedia ..una sedia!-
Nella confusione un po’ fracassona creatasi,Meg cercò disperatamente di incontrare il volto di Sillani,ma incrociò innanzitutto lo sguardo della sua signora.
-Madame Lucia…- le sorrise,incerta.
A sua volta quella le sembrò sfuggire il suo sguardo e piuttosto rivolgerne uno carico di rammarico e disappunto al malcapitato Michele.
-Ben arrivata,madamoiselle…- disse finalmente la donna,sedendo e facendole cenno di prendere posto.
Quando entrambe furono sedute,anche tutti gli altri finalmente si sistemarono e sopraggiunse una sorta di cameriere a servire la minestra.
Meg sorbiva piano un cucchiaio dopo l’altro,guardandosi intorno.
Finalmente vide che a un capo del tavolo sedeva,un po’ in disparte un uomo che faceva dondolare piano una piccola culla di legno:Ernesto Sillani…
Stava per richiamarne l’attenzione,col gesto,con la voce;ma uno sguardo eloquente della signora Lucia la frenò.
Consumò il pasto senza parlare oltre.
Del resto nessuno le chiese nulla,al di là dei primi convenevoli.
Terminato il desinare,madame Sillani si alzò da tavola e le fece cenno di imitarla.
Meg –chiedendo permesso agli altri,che si scambiavano occhiate enigmatiche- con un sorriso imbarazzato la seguì.
La donna salì a quelli che sembravano appartamenti superiori e la invitò ad entrare nel suo alloggio.
Qui,chiusasi la porta alle spalle,restò momentaneamente in silenzio.
Meg riflettè,a capo basso,poi si schiarì la voce:
-Madame..mi accorgo che il mio arrivo qui…vi ha colto un po’ di sorpresa…E’..è strano,perché in tutto questo tempo io non ho fatto che domandarmi di voi…della sorte toccata a vostro marito…del vostro bimbo…-
L’Italiana le fece cenno con la mano di abbassare i toni.
-Basta così,madamoiselle…Ernesto aveva ragione,in questo:siete un’ottima attrice…sapete toccare le corde giuste…al momento giusto!-
-Non capisco…-
-Non capite cosa? Che a causa vostra per poco mio marito non ci rimetteva la pelle? Lo abbiamo salvato per i capelli..ma…Non permetterò che gli facciate ancora del male!-
-Io non …-
-Sentiamo:cosa vi aspettate ancora da lui?...Ridotto com’è a stento vi riconoscerà...-
-Madame..vi prego…Spiegatemi!-
La donna sospirò,con sussiego.Poi,come rassegnata,raccontò.
-Ernesto è stato a lungo tra la vita e la morte…Ed io ho potuto assisterlo solo in parte,perché poi è nato Mario…Grazie a Dio il patron che ci aveva contattati ha preso a cuore la nostra sorte e ci ha alloggiati qui…in questa Opera Pia…-
-E la vostra scrittura?-
-Scrittura? Ora come ora quello sciocco rubagonnelle non è in grado di sostenere nemmeno un atto…Mi spiace bella signorina:Ernesto Sillani ha perso tutto il po’ di smalto che ancora gli rimaneva…-
Meg finalmente comprendeva:quella donna covava verso di lei un rancore ben più profondo di quello che poteva immaginare.Sollevò la testa,guardandola schietta negli occhi ed esclamò:
-Mi spiace che pensiate questo di me,madame.Ma mi spiace ancora di più che abbiate una così povera considerazione di vostro marito.Quando si accorse dell’imboscata,egli non ebbe un solo momento di esitazione e pensò immediatamente a salvare voi e i vostri figli!...Se ha avuto attenzioni particolari nei miei confronti,fu solo per l’amicizia che lo legava a mia madre…e quanto a me..-
Le parole pronunciate da Meg infastidirono la signora Lucia.La irritarono.
-Quanto a voi…vi ho già conosciuta e valutata,mia piccola gatta morta!-
-Quanto a me…mi ero illusa di aver trovato presso la vostra Compagnia una sorta di seconda famiglia…ma evidentemente non è così.Gradirei solo riavere le mie cose…se è possibile.-
-Certo che le riavrete:non siamo ladri,né zingari!- ribattè piccata e invelenita quella,sparendo nell’interno delle stanze.
Ne rientrò dopo poco con la borsa da viaggio di Meg.
Quest’ultima si asciugava in fretta gli occhi,ricomponendosi.
Poi presa la borsa,la aprì,cercandone febbrilmente il prezioso contenuto.
-Controllate…controllate pure…C’è proprio tutto!- esclamò dispettosa madame Sillani.
La scatola della mamma era ancora lì,sigillata come l’aveva lasciata.In una tasca c’erano poi le credenziali bancarie che le aveva consegnato Erik.Le trasse fuori:
-Vorrei in qualche modo sdebitarmi con voi,madame….Vedete,mia madre aveva pensato già al mio futuro…e se mi ero legata a voi,non era certo per secondi fini…Ditemi come posso…-
La Sillani la osservò,incredula.
Quindi cominciò a ridere,cattiva.
-Non ditemi che fate sul serio,signorina Giry…O debbo pensare che siete molto meno furba di quanto sembravate…-
Meg la fissò contrariata e offesa.
La donna cominciò a dubitare della mala fede della giovanetta.
Smise di ridere,ma con tono sprezzante le comunicò:
-Quel denaro non vale un fico,né in Italia né altrove…Non sapete che la Francia è nel caos?-
A questa notizia,la poverina sussultò,emise un’esclamazione di sgomento e impotenza insieme.No,a questo proprio non aveva pensato…
Tuttavia,raccolte le sue cose e la dignità,fece per prendere la porta.
Madame Sillani le volgeva le spalle,mordendosi nervosamente le labbra.Inaspettatamente la richiamò:
-Un momento…-
-Si?- si fermò l’altra,con un filo di speranza nel cuore.
-Il visconte? Ne sapete nulla?..- chiese allora madame Sillani,con affettato sgarbo.
-No..-
-Potreste raggiungerli:sono a San Marino,mi pare…-
Meg riprese la valigia,aprì la porta:
-Si….ci penserò….-
-Signorina!- la fermò ancora donna Lucia.
Quindi la raggiunse:Meg per un attimo sperò che ci avesse ripensato,che la accogliesse nella compagnia.
Ma madame Sillani,benché molto meno invelenita,non arrivò a tanto:
-Se avete voglia di lavorare…posso indicarvi un posto,dove andare…- così dicendo si avvicinò allo scrittoio e appuntò un indirizzo su un foglietto che consegnò alla fanciulla.
-Grazie…- disse quest’ultima,dandogli una occhiata veloce. –Credete che potrei…salutare vostro marito,prima di andare via?-
La donna aggrottò le sopracciglia.
Ma alla fine annuì,congedando la ragazza con un gesto spazientito della mano.
-Lo troverete nel cortile…-


Ernesto Sillani era pallido e sulla fronte recava ancora la profonda cicatrice della ferita infertagli.
Sembrava improvvisamente vecchio e lontano,il nonno del bimbo che dormiva sereno nella culla,a cui attendeva con sollecitudine e con un sorriso dolcissimo sulle labbra.
Meg si domandò se fosse stato davvero opportuno fermarsi…E stava quasi per tornare sui suoi passi,quando fu proprio lui a richiamarla.
-Andate già via,madamoiselle Giry?-
Lei si schiarì la voce.
-Si…io…-
-Senza salutare il vostro amico?-
Con slancio gli si avvicinò,sedette accanto a lui,gli si strinse vicino.
L’uomo l’accolse sotto il suo braccio.
-Ora che so che state bene…ora sono sicuro che guarirò…-
-Oh monsieur…- Meg era tentata di lasciarsi andare finalmente,sfogare tra quelle braccia paterne il suo bisogno di calore,la sua delusione,la sua fragilità.
Ma si accorse per tempo che quello non era più il Sillani di prima,che era un uomo indebolito,che stava riacquistando a fatica le forze e l’equilibrio necessari almeno per riprendere il suo ruolo di artista…
La fanciulla si limitò ad abbracciarlo:
-Il vostro bambino è proprio bello…Rimettetevi presto in forze,monsieur,promettetemelo:lo dovete a lui!- si raccomandò,quindi presa la sua borsa,ritrovato il cavallo nella scuderia,montò in groppa e si allontanò al galoppo.



babyphan10/1/2008, 13:50
Meg aveva tra le mani il biglietto di madame Sillani.Ferma sulla sua cavalcatura si guardava intorno,pensosa:davanti a lei di nuovo il ponte romano….Poteva uscire dalla città e tentare di raggiungere San Marino:là avrebbe trovato i De Chagny,avrebbe risolto i suoi problemi…ma …a che prezzo? Non osava confessarselo,ma sapeva bene che dov’era Christine avrebbe trovato prima o poi anche ‘lui’…

Non potrei sopportare più quella loro tacita intesa…no,quell’amore esclusivo.Quell’amore da cui mi ha escluso,senza pietà…

Si volse indietro:alle sue spalle il quartiere di San Giuliano…Era là che si trovava il locale cui l’aveva indirizzata l’ineffabile donna Lucia…Un locale nel quale?cosa le avrebbero chiesto di fare? Servire ai tavoli…o…

Star qui a domandarselo non serve…Meglio andare a constatare di persona…

Ritornando sui suoi passi certo la fanciulla non immaginava di essere attentamente seguita dallo sguardo di qualcuno,là,proprio sul ponte.Qualcuno convinto che lei avrebbe ripreso la via di San Marino e che –senza che se ne accorgesse- aveva l’incarico di vegliare su di lei e la sua incolumità…
Contrariato per l’inatteso cambio di programma,l’ignoto angelo custode montò a cavallo e valicò il ponte del diavolo…


La contrada di san Giuliano era vivace e accogliente;tante piccole botteghe vi si affacciavano,un viavai di folla indaffarata l’animava.
Meg era scesa da cavallo e, conducendo l’animale per la cavezza, si guardava intorno.
A un tratto,dal piano rialzato di un palazzotto le giunse ben distinto il clangore di lame che cozzavano,furiosamente.
-Avanti avanti…attaccami…puoi riuscirci!- sentì tuonare da un vocione maschio –En guard!-
-Non ce la faccio…no…- gridava una vocetta giovanile.
Col suo solito spirito combattivo Meg cercò con gli occhi il portone che conducesse al salone soprastante.
Non fu difficile.Le apparve una grande sala,sulle cui pareti risplendevano armi di ogni tipo,scudi,elmi,corazze.
In quella armeria un uomo piuttosto imponente duellava con un ragazzetto,incalzandolo a ritmo sostenuto.
Meg si fermò a osservarli;incredibilmente a un tratto il piccolo,che sembrava destinato a soccombere ebbe un guizzo e rovesciò le sorti della sfida,mettendo l’altro spalle al muro…
-Touchè!...hai visto che ce l’avresti fatta?che ti dicevo…Oh buona sera..-
I due si erano interrotti,scherzando affabilmente;e ora si rendevano conto della presenza della nuova arrivata.
-Buona…sera…- disse Meg,nel suo italiano impreciso.
-Cercate qualcuno,madamoiselle? – le domandò l’omone,in un francese piuttosto grossolano.
-Io…-
- I tiratori sono andati già tutti via…-
-E’…è una scuola di scherma,questa?-
-Certo…la migliore della riviera!-
-Mi piacerebbe prendere delle lezioni…-
L’uomo la guardava stupito,un po’ incredulo,bonariamente divertito.
Osservava la pesante borsa che Meg aveva trascinato con sé fin lassù.
-Sembrate appena arrivata…Dove alloggiate? Da queste parti non ci sono alberghi…-
-Io…ehm…cerco una sistemazione…mi hanno dato questo indirizzo…-
Così dicendo allungò il foglietto all’uomo che lesse,un po’ diffidente.
-Ah…Il gallo d’oro…E’ qui vicino,magari vi accompagno..Permettete che mi presenti:Andrea Bonfanti,maestro d’arme…e questi è il mio allievo migliore,Enrico,mio figlio…-
-Molto lieta… Marguerite Giry…-
Al sentirle fare il suo nome,l’uomo sembrò colpito,come se non fosse la prima volta che lo udisse.
Impossibile,si disse Meg;Parigi e l’Opera erano così lontane…
-Avete detto?- le domandò,per essere certo di quanto aveva sentito.
-Marguerite..anzi Meg Giry…- e gli porse la mano.
Lui non mostrò più nessuna emozione particolare.
Si limitò ad abbozzare un baciamano,quindi fece cenno al figlio di prenderle la borsa e insieme la accompagnarono alla locanda,poco distante.
Lungo la strada,Meg tornò a domandare:
-Voi…sareste disposto a darmi qualche lezione,monsieur…di scherma dico…-
L’uomo grugnì qualcosa di poco chiaro.
-Vi pagherei…naturalmente…se solo voleste dirmi quanto e…se …-
-Eccoci arrivati!- fu l’unica risposta di Bonfanti,come se sfuggisse di proposito al discorso.
Meg lo osservò,indispettita.Quindi lo precedette al di là dell’ingresso che quegli le aveva aperto.


Entrando in quel ritrovo Meg ebbe l’impressione di qualcosa di sgradevolmente familiare.
Le tornò in mente la taverna di Marsiglia,dove avevano incontrato il povero Felipe…rabbrividì;ricordò anche il volto cianotico del morto,con il plasso serrato intorno alla gola.
Arretrò istintivamente:quel luogo non le piaceva affatto…
-Che vi succede?- le domandò il maestro d’armi.
Qualcuno entrò intabarrato in un mantellaccio e andò a gettarsi in un angolo oscuro della locanda.
-Non immaginavo un ambiente simile…-rispose Meg.
-Non fatevi una cattiva opinione…Il padrone,Sebastiano,è un brav’uomo…Venite,ve lo presento…-
Istintivamentela ragazza sarebbe voluta andar via.Ma si fece forza e seguì lo spadaccino..
Lo vide avvicinarsi a un uomo di mezza età,alto,piuttosto segaligno,dal colorito chiaro,come dovevano essere stati i capelli,che teneva legati a codino dietro la testa,alla maniera repubblicana.
I due parlottarono un po’,poi col movimento del capo Bonfanti la additò al suo interlocutore;le sembrò che impallidisse leggermente.Quindi venne avanti tendendole la mano:
-Madamoiselle Giry?-
-Si…-
-Andrea mi diceva che cercavate alloggio…chi vi ha indicato la mia locanda?- c’era una strana diffidenza nella sua voce.
-Me l’ha indicata madame Sillani,sapete…e,veramente mi ha detto di rivolgermi a voi…per un lavoro…-
-Lavoro? Qui?-
-Si…ehm..sfortunatamente ho assoluto bisogno di lavorare…L’unico denaro di cui dispongo sono franchi..depositati a Parigi…-
I due uomini si scambiarono un’occhiata di intesa.
-Ecco…non saprei che lavoro offrirvi…-
-Posso…posso provare a servire ai tavoli…se credete,potete mettermi a lavare i piatti…-
Le guardarono le mani,delicate,avvolte nei guanti ricamati.
-Va bene,va bene…ne parleremo più tardi …adesso magari vi faccio vedere la vostra camera:Maria!-
Comparve una ragazzina dal viso ridente e solare,incorniciato da una treccia di capelli neri legati a crocchia sul capo.Si inchinò con un sorriso davanti a Meg dicendo:
-A servirvi…-
-Accompagna la signorina di sopra…mostrale la stanza accanto alla tua...Rivolgetevi pure a lei,se avete bisogno di qualcosa…-
-Prego!- la invitò Maria.Meg la seguì per una scaletta esigua,che le ricordò chissà perché quella di legno del backstage dell’Opera.

Bonfanti e Sebastiano rimasero a confabulare anche animatamente.Poi furono interrotti dall’acquirente rintanatosi nell’angolo più oscuro della locanda.Questi sembrò far loro una proposta piuttosto energica,allungando una borsa di denaro al padrone;ma Sebastiano inizialmente la rifiutò,come offeso.
Il nuovo venuto insistè;alla fine l’uomo la prese con riluttanza.E annuì rassegnato all’ultima disposizione che il nuovo venuto gli stava dando.
Si sentirono dei passi sulle scale e lo strano consesso si sciolse,prima che Meg potesse averne sentore.



babyphan12/1/2008, 18:30
La stanza sulla locanda era piuttosto piccola.
L’unica finestrella dava sui tetti bassi delle case adiacenti:si sentiva di lontano il rumore della risacca,ma il mare non si vedeva.
Era un ambiente pulito,ma chiuso,claustrofobico.
Meg non potè fare a meno di pensare agli spazi aperti che si era lasciata alle spalle sull’Appennino…
Per quella sera Sebastiano le offrì la sua ospitalità.
Avrebbero discusso il giorno dopo sul da farsi.
Meg non insistè,ma avvertiva chiaramente intorno a sé una attenzione strana,mista di diffidenza e di attesa.Da quando aveva detto il suo nome,era come se gli Italiani fossero impacciati nei suoi confronti;privi di quella calorosa spontaneità che invece li contraddistingueva…
Era stanca,non aveva voglia di trovare spiegazioni in quel momento.
Si stese ancora vestita sul letto e cadde in un sonno profondo.

Il bosco è avvolto in una nebbiolina leggera…è l’alba…gli alti fusti degli alberi si stagliano scuri,in un intricato dedalo…Cerco un sentiero,i miei occhi sembrano confondersi tra questa nebbia,il marrone rugoso delle cortecce,il verde dell’erba alta,delle fronde…
Un’ombra laggiù:è lui…riconosco il passo,riconosco la sagoma inconfondibile delle sue spalle,disegnata dal mantello nero…cerco di raggiungerlo…ma…ora non lo vedo più…
Il suono di un violino…mi chiama in un’altra direzione:è un canto d’amore,dolce,familiare…
‘Plaisir d’amour ne dure q’un moment…’
-Erik!- vorrei chiamarlo,ma la voce è strozzata.-Aspettami Erik!-


Altrove,Meg non poteva saperlo,ma qualcuno suonava davvero il violino;e sempre quella musica,quella canzonetta popolare,come se lo strumento fosse stregato e non sapesse produrre altro suono..
-Padrone!-
-Alla buon’ ora!quanto tempo ci hai messo?-
-Perdonatemi…sono qui da un po’ e…non volevo interrompervi…-
Erik aggrottò le sopracciglia,sdegnato.
-Che è successo,allora?- domandò spazientito.
Brevemente Nadir lo ragguagliò sui movimenti di Meg.
-…E ora è alla locanda detta del Gallo d’oro,presso un certo Sebastiano Accorsi…-
L’altro aveva ascoltato riflettendo,pensieroso;poi,quasi meccanicamente aveva di nuovo impugnato il violino,ripetendo per l’ennesima volta lo stesso motivo.
-Mi auguro che madamoiselle non corra pericoli…- insinuò sottovoce Nadir.
-Che diamine!...ti ho mandato a posta a sincerartene,pezzo di…- sbottò il padrone,rabbioso.
-Credevo vi interessasse solo sapere se avrebbe raggiunto o meno i De Chagny…- ribattè con falsa sprovvedutezza il servitore.
-Tornerai là e la terrai d’occhio:ogni movimento…ogni incontro…E’ una mina vagante,e la sua presenza non sfuggirà a nessuno…-
-E voi?...-
-Io …so già dove andare.Mi terrai informato e quando lo riterrò utile ti raggiungerò…-

Plaisir d’amour ne dure q’un moment…
Chagrin d’amour dure tout la vie…
-Erik!-
Si ferma,si volta….mi guarda:con quello sguardo che mi devasta il cuore…
-Erik!-


Meg si svegliò nello sforzo di gridare.
E capì con rammarico che si era trattato di un sogno.
Ora riprendere sonno sarebbe stato impensabile.
Si rigirò nella piccola stanza,poi schiuse piano l’uscio:non sapeva bene che fare…
Le giunsero dal basso delle voci.
Qualcuno si era attardato a parlare col padrone.
-Non avrei mai pensato che la figlia di madame Giry un giorno sarebbe stata mia ospite…-
-Cosa ti fa essere così orgoglioso? Così soddisfatto?Non sappiamo niente di lei:potrebbe anche essere una spia..!-
-Una spia? E di chi?Ma come ti può passare per la testa un’idea simile?-
-Intanto Sillani è finito in un’imboscata per colpa sua!-
-Oh…tu stai a credere a donna Lucia…quella vede col fumo negli occhi ogni gonnella che si avvicini a suo marito…-
-Lucia non mi è mai stata simpatica.Però la storia che ci han raccontata è vera…Loro si diedero alla fuga,ma la ragazza scomparve…Dov’è stata finora?magari Guermantes l’ha tirata dalla sua…-
Meg aveva fatto qualche passo fuori,per cercare di distinguere meglio quelle voci:aveva capito chiaramente che parlavano di lei,aveva sentito pronunciare il nome di sua madre,di Sillani,di sua moglie Lucia,di Guermantes!
…Ma i due uomini discutevano fitto fitto,e la sua conoscenza dell’italiano non era tale da consentirle di comprendere…
Sebastiano sbadigliò.
-Che pensi di fare?..credi che dovremmo avvertire anche lui?-
- mah…forse è la cosa migliore..E nel frattempo?-
-Nel frattempo…bè,tratteniamola…-
-E dei soldi di quel tale? Che ne faccio?-
-Assegnale un lavoro qualsiasi…e la paghi…Tanto danni non ne avrai…-
-Già…andam a dormir,Andrea…è tardi,e sono stanco…-
-Buona notte Sebastiano…-


babyphan15/1/2008, 15:26
Meg era rientrata nella sua stanza;ma quelle quattro pareti le sembrarono ancora più strette e soffocanti.
Aprì un cassetto e ne trasse la scatola dei segreti di sua madre.
Sciolse il nastro che teneva legate le lettere e ricominciò a leggerle,cercando di ricostruire almeno con l’immaginazione quello che esse non raccontavano…
Una storia d’amore..Una storia iniziata in sordina ed esplosa poi,in tutto il suo caldo entusiasmo…ma poi interrotta,senza un apparente motivo…’Amore mio’,la chiamava:era italiano!
Ma…chi era? G.M…

Fuori finalmente sorgeva il sole.
Spossata da quell’angoscia insonne,la ragazza si vestì e silenziosamente uscì dalla stanza;si guardò intorno e finalmente individuò il portone del retrobottega.Ne sollevò con cautela il paletto che lo teneva serrato e scivolò nella strada.
Richiamata dalla voce del mare,cercò la spiaggia…
Era sconfinata e il sole sorgendovi rendeva il bianco della sabbia accecante.
Meg la attraversò tutta,dirigendosi verso l’acqua.Il vento le scompigliava i capelli biondi,trattenuti solo da un nastro.L’aria salata sul viso le aprì il respiro.Ora sarebbe stato più facile riflettere,decidere cosa fare…
Una barca di pescatori giaceva semi sepolta nella rena.Meg si sedette a osservare il mare.

Quanti segreti intorno a me…Possibile che io sia a un tempo nota ed estranea a tutti?
Quali sono gli amici?quali i nemici?...
E il segreto che ho dentro di me?Il segreto di un amore impossibile,di un amore rifiutato...il segreto di due solitudini che si rincorrono,senza incontrarsi…?


Una profonda malinconia le opprimeva il cuore.
Una voglia sconsolata di lasciarsi andare e piangere la sua umiliazione,la sua sconfitta…
Appoggiò la testa sulla mano,in un gesto di sconforto,chiuse gli occhi,rinunciando a guardare avanti come aveva sempre fatto…
In quella sentì una mano carezzarle una spalla,un braccio cingerla,con tenero affetto.
-Erik?- pensò,sapendo già che non poteva essere vero.
Sollevò il viso:
-Ernesto?...voi?-
Era Sillani!
Senza parlare sedette accanto a lei e la tenne stretta,paternamente.
-Mia povera signorina…-
-Monsieur Ernesto…sono così confusa…-
-Vi capisco…lo sono stato a lungo anch’io…La ferita,la perdita di coscienza…la lotta per vivere…E poi il ricordo di quella creatura …mio Dio!-
-Di chi parlate?-
-Di colui che mi ha salvato…Un angelo dall’aspetto di demone..ricordo solo due occhi come tizzoni ardenti e un viso senza volto…-
Meg rabbrividì…
-Ho faticato a riprendermi:ma –credetemi- sto molto meno male di ciò che può sembrare…-
Meg lo osservò meglio.
Lo sguardo non era più così assente come quando s’erano incontrati l’ultima volta..
-Che volete dirmi?-
-Che per proteggere l’incolumità mia e dei miei…mi sono rassegnato a un nuovo ruolo…-
-Ma allora?-
L’uomo le fece cenno col dito di non rivelare nemmeno alla sabbia e al mare il suo segreto…
La fanciulla chinò il capo.
Tacque.
Lui le domandò:
-Che cosa ne è stato di voi?Vi hanno trattenuta quei manigoldi?vi han fatto del male?-
Meg scosse il capo:
-No…grazie a Dio degli sconosciuti salvatori … lo hanno impedito…-
-E perché non siete andata dai visconti?perchè siete qui a Rimini?-
-Volevo assicurarmi che stavate bene…e…speravo vi ricordaste di avermi offerto un posto nella compagnia…-
Il viso dell’uomo si oscurò:
-Ora come ora,la compagnia non esiste più!Giacomo,Federico…morti...Credevo che non avrei più dovuto temere per i miei cari…invece…-
-Mi spiace…- si scusò con slancio Meg – è stata colpa nostra…-
L’uomo scosse la testa.
-E’ una storia molto più lunga,madamoiselle…-
-Quanto …quanto più lunga?- osò finalmente domandare Meg.
-Risale a venti anni fa…quando in Italia si combatteva ancora per l’Unità…E’ una storia di esilio,di latitanza,di fughe…-
-E..voi che parte avevate in tutto questo?-
-Io ero e sono soltanto un attore:ma sono Italiano! E quando i miei compatrioti mi han chiesto di aiutarli,non mi sono tirato indietro!...ho garantito loro una copertura,a Parigi…Mettendomi contro quel maledetto Guermantes,il capo della polizia…-
-Monsieur Sillani...ditemi:come c’entra mia madre in tutto questo?-
-Vostra madre era un’amica…e aveva un cuore generoso,appassionato…E’ stata sempre pronta ad aiutare me e i miei amici e….-
Qui l’uomo tacque,rivelando una lieve reticenza;poi soggiunse:
-…e noi eravamo pronti a ricambiarla,non appena ne avesse avuto bisogno… Come siamo pronti ad aiutare voi,sua figlia!-
Meg lo guardò,cercando di interpretare anche quello che non diceva.Allora l’uomo le chiese:
-Che cosa avete deciso,di raggiungere i vostri amici o restare qui,da Accorsi?-
-Sapete anche questo? Che vostra moglie mi ha mandato da lui?-
Sillani guardò lontano,con un sorriso stanco:
-Abbiamo discusso molto:amo Lucia e la sola idea di farla soffrire è il mio più grande rammarico…ma lei è esageratamente gelosa…Alla fine mandarvi da Sebastiano è stato un compromesso…-
-Capisco…Per ora mi sembra ben disposto…ma:ditemi la verità..Conosceva anche lui mia madre?-
Sillani annuì.
-E quel Bonfanti,il maestro d’armi…-
L’attore fece ancora cenno di sì.
-…E perché allora non si fidano di me?-
Sillani corrugò il viso,contrariato.
-Ne siete sicura?-
Meg scosse il capo,con un sorriso rassegnato:
-Nessuno di loro si fida di me,Monsieur Sillani…Non sono sicura di aver compreso,ma dubitano che io possa essere una spia…-
-Una spia?... Voi?-
Meg annuì più volte,col capo.
-…Non lasciate che lo pensino…confidatevi,raccontate loro ogni cosa:sono gente di cuore…Hanno avuto tanta devozione per vostra madre:a voi non potranno che volere bene…- le consigliò Sillani,infervorandosi.-Nessuno che abbia un cuore può evitare di volervi bene,signorina…-
Il suo slancio fu così convincente,il suo abbraccio così caldo e disinteressato,che Meg si sentì confortata;si sentì più forte.Si sentì coraggiosa,vincente…


babyphan16/1/2008, 17:51
-En guard!-
Riflessi nelle lame lucenti delle spade i volti di un uomo e di una donna si fronteggiavano;poi cominciarono i primi tentativi di affondo,simili a una danza rituale,quasi un corteggiamento.Poi le spade si incrociarono,sprigionando clangore e luce;infine la donna tentò di colpire,ma –come sempre accadeva- si scoprì:
-No,madamoiselle!...E’ sempre lo stesso errore!...dovete colpire quando siete sicura…non dovete mai scoprirvi!..Ripetiamo!-
Meg sbuffò,furiosa con se stessa;ma non si arrese.Entrò di nuovo in posizione,si tirò indietro il braccio,si concentrò,come quando doveva provare un balletto.
E la lezione ricominciò…

Tutto aveva avuto inizio due settimane prima,quando Meg era rientrata dalla passeggiata in spiaggia.
Entrando nel locale aveva trovato il signor Sebastiano intento a ripulire il bancone;si era schiarita la voce per avvertirlo della sua presenza.
-Permettete che vi dia una mano?- e senza aspettare risposta aveva indossato un grembiule e si era messa a spazzare tra i tavoli.
L’uomo si era fermato ad osservarla,tentato di intervenire.Poi aveva lasciato fare,seguendo con indulgente attenzione i movimenti della ballerina…
Alla fine le si era avvicinato e,levatale la ramazza si mano,aveva detto:
-No,signorina…non è questo il lavoro per voi…-
Meg si era morsa le labbra,indispettita.E un po’ delusa.
-Posso imparare,monsieur…- aveva tentato di insistere.
-Certo…ma se poi vi mettete a fare la cameriera che faccio della povera Maria?...Per questo c’è lei…Maria!-
La giovane arrivò,solerte e sorridente come sempre;impugnò la scopa e in quattro e quattr’otto rimise in ordine la sala…
Meg s’era seduta a un tavolo.
Non aveva interloquito più per molto tempo,riflettendo su cosa e come dirlo.
Più tardi s’era fatto vedere di nuovo Bonfanti.
I due avevano confabulato un po’,quindi Sebastiano l’aveva chiamata e le aveva proposto di pagarle un tot al giorno se avesse ricopiato l’inventario della merce che aveva in cantina.
Meg aveva guardato entrambi,poi aveva detto loro:
-Vorrei mostrarvi una cosa,signori…A tutti e due…-
Così dicendo,anche se le costava dolore e vergogna,sfilò piano il guanto dalla mano sinistra e mostrò loro la cicatrice…
-Dio mio…chi vi ha fatto questo,signorina?- domandò inorridito Bonfanti.
-…Un uomo…un uomo che non avevo mai visto prima,che ha tentato di rapire me e i miei due compagni di viaggio,per riportarci in Francia…forse…o per riportare in Francia le nostre teste…-
I due Italiani si guardarono negli occhi,toccati profondamente,inorriditi e al tempo stesso furenti.
-Il suo nome…credo sia…Guermantes…- soggiunse poi Meg,rimettendosi il guanto e chinando la testa,con un sospiro.
-Guermantes! Maledetto assassino!-sbottò allora Sebastiano,tenendo fra le sue la mano di Meg.
-Dannata canaglia…vigliacco!- aggiunse rabbiosamente Bonfanti.
-Voi…lo conoscete?-
I due si scambiarono un’occhiata,quindi risposero con schiettezza:
-Si!-
-Io…credo che voi possiate aiutarmi quando vi chiedo di lavorare…quando vi chiedo di insegnarmi a maneggiare una spada…- riprese le giovanetta guardando l’uno e l’altro uomo.- Voglio imparare a difendermi signori…voglio imparare a badare a me stessa!-
Allora i due uomini le avevano sorriso,stringendola nel loro complice abbraccio,incoraggiandola


Aveva cominciato subito le lezioni con Bonfanti:questi aveva notato che era dotata di un talento straordinario,ma pure –essendo una principiante e forse a causa di una naturale impulsività- Meg non era mai riuscita,neppure una volta a batterlo…
-Questa volta ci riuscirò…- si disse la ballerina.
-En guard!- ne richiamò l’attenzione il maestro d’armi.
Meg non sprecò energie in assalti inutili;attese,come le era stato insegnato.E intanto meditò la mossa con cui contrattaccare…
Andrea fu costretto a scoprirsi,per incrociare le lame;meg era tentata di affondare subito,ma temporeggiò,perché lo spadaccino avanzasse di più,si sentisse sicuro.
E finalmente,al momento opportuno,Meg si lanciò in avanti e lo colpì:
-Toucheè!...Brava!...Bravissima!...ora dovete continuare:freddezza e ragionamento,signorina…e cuore al momento giusto:è questo il segreto!-
Meg era entusiasta!
-Per oggi basta così…- le disse il maestro – E’ ora di rientrare al Gallo d’oro…-
-Ma è presto?...possiamo continuare?Per una volta che stavo riuscendo…-
Bonfanti fece cenno di no col capo.
-E’ proprio per questo…voglio che riflettiate su come siete riuscita…e domani lo rifacciate!-
Un po’ delusa la giovane donna si andò a cambiare e poi prese la strada verso la locanda.
A un tratto si accorse di aver dimenticato i suoi guanti.Tornò indietro a cercarli.
Li trovò nello spogliatoio e stava andando a salutare il maestro,quando si accorse che parlava con qualcuno…E parlava in francese!
-Complimenti…ho assistito alla lezione:siete un ottimo maestro!- disse una voce che le sembrò familiare.
-E’ madamoiselle Giry che ha talento…Ma veniamo a noi:posso sapere perché avete cercato questo incontro?-
-Al Gallo d’oro non potevo farmi vedere…E volevo notizie ulteriori…-
-Qual è il motivo di tutta questa attenzione?- domandò sospettoso Andrea. –Chi siete,chi vi manda?-
-Vi ho già detto che non posso riverlarvelo,ma vi assicuro che tutto quello che faccio è a fin di bene…Ho portato altro denaro,immagino che ne abbiate bisogno…Che lavoro sta facendo?-
-Aiuta Sebastiano…serve ai tavoli,dà una mano nelle pulizie:ma non è cosa per lei…è chiaro!diciamo che è più quello che disfa…Ma perché questi soldi non glieli date direttamente?-
-Non li accetterebbe…-
-Non potrete continuare a pagare per lei in eterno…-
-Certo…merita di più che servire ai tavoli di una locanda di provincia…senza offesa per il vostro amico…Ma il quanto e il fino a quando non costituiscono un problema per chi mi manda…-
Meg si acquattò contro il muro.Aveva riconosciuto quella voce:era Nadir!
Aspettò che i due uomini si congedassero.Che Nadir sparisse come era apparso,da qualche porta laterale.Che anche Bonfanti si ritirasse e la precedesse al Gallo d’Oro.Quindi,entrata nel locale,cercò i due uomini nel retrobottega e li affrontò:
-Credevo di potermi fidare di voi!-
-Signorina Giry!...- i due stavano riponendo il denaro ricevuto in cassa.
-Non voglio quei soldi,capite! …vi restituirò lira su lira!- e così dicendo aprì il suo portamonete e cominciò a sistemare sul ripiano i soldi avuti.
Bonfanti e Accorsi si guardarono,poi la trattennero:
-Ferma,signorina..quelli sono vostri!-
-Non è vero: è con quel denaro che mi avete pagato!...non lo voglio!-
Accorsi prese due involti di banconote dal cassetto e glieli mostrò:
-Questo è il denaro che abbiamo ricevuto,madamoiselle…E’ qui dentro….-
Meg aggrottò le sopracciglia.Sebastiano si spiegò meglio.
-Dopo quello che ci avete raccontato,credevate davvero che Andrea potesse farsi pagare le sue lezioni?...vi passavo quei soldi per darvi la soddisfazione di pagare…e lui me li riportava qui:ecco!
Lo mettevamo da parte per darvelo tuto insieme,quando davvero ne avreste avuto bisogno!-
La fanciulla rifletteva;era ancora contrariata e piena di disappunto per quello che aveva scoperto.
Ma comprendeva che i due uomini non la stavano tradendo.
-Io non lo userò mai!...tenetelo voi…-disse,rifiutando anche solo di sfiorarlo col gesto della mano.
-Ma…signorina…-
-Tenetelo…-ripetè imbronciata – vi ripagherà dei guai che combino come cameriera…- così dicendo uscì dalla stanza.
Accorsi la inseguì.In quella un avventore provò a fermarla,allungando anche le mani.
-Mi spiace…ma non posso servirla- disse lei respingendolo- Sono solo una ballerina senza lavoro!-
-Una ballerina? E facci vedere,bela fiola!Balla un po’…- ribattè quello,sospingendola nel centro della sala,prima che Accorsi potesse intervenire.
-Balla si…balla!-
Meg si vide circondata da sguardi affamati e da mani che battevano il tempo,incitate dal tipo che s’era alzato in piedi e sembrava capeggiare quegli scalmanati. La giovane donna deglutì:finora i suoi anfitrioni l’avevano tenuta protetta da tutto ciò. Ma si rese conto che se voleva davvero dimostrare di sapersela cavare da sola,doveva affrontare quella situazione:anzi…era un’occasione che le veniva offerta!
-Ballerò…Si,ma qualcuno deve suonare per me!- così dicendo afferrò una chitarra e si guardò intorno.
Un giovanotto afferrò lo strumento e si propose:
-Lo farò io!- era Michele…
Le fece l’occhiolino e cominciò a cantare una vecchia ballata popolare che Meg conosceva.
Su quelle note la giovanetta improvvisò prima dei passi un po’ incerti,poi continuò con sempre maggiore sicurezza:i presenti –incantati dalla grazia delle sue movenze,si ammansirono uno dopo l’altro.
Ed alla fine dell’esibizione applaudirono con calore.
Meg si inchinò,sorrise loro e poi,come solo una vera artista sa fare,disparve prima che l’incanto potesse essere spezzato.



Edited by arielcips - 4/1/2009, 22:05
 
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view post Posted on 4/4/2008, 22:36
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babyphan
view post Posted on 4/4/2008, 22:39




babyphan17/1/2008, 18:25
Approfittando dell’inatteso rapimento del suo uditorio,Meg era scappata su per le scale –quelle scale che le avevano ricordato profeticamente il backstage dell’Opera’ –verso la sua stanza.
-Aspettate signorina…- la inseguì Michele,cercando di aprirsi un passaggio,contemporaneamente a Sebastiano;entrambi la raggiunsero a breve distanza.
Accorsi era mortificato:
-Mi dispiace madamoiselle Giry…non accadrà mai più…io non permetterò che…-
Michele entusiasta;e sorpreso:
-Non accadrà mai più? Ma la signorina è stata bravissima!Deve invece accadere…e tutte le sere!-
Disorientata la ballerina guardava ora l’uno ora l’altro cercando di capire che cosa dicessero.
Fu Michele a prendere il sopravvento:
-Signorina Meg…noi dobbiamo rifarlo! …certo provando un repertorio…senza improvvisare come stasera,ma…Riempiremo il locale tutte le notti!...Vedrete:ci faremo stilare un contratto e…-
-Ma…ma cosa state dicendo?- domandò,pur cominciando a capire;e soprattutto cominciando anche a piacerle l’idea.-Intendete parlare di…una scrittura?-
Michele le sorrise,ammiccò verso di lei,poi verso Sebastiano.
Questi tentò di obiettare:
-Ma madamoiselle Giry è…è un’artista;voi non sapete che scuola ha fatto,da quale teatro proviene…-
-Meg…Non eravate disposta a entrare nella compagnia di Sillani,forse?Diteglielo anche voi…-
-Bè…si…Si, Sebastiano!almeno farei una cosa che so fare…Non dovreste pagarmi inutilmente…-
-Ecco..Brava signorina!- ripetè Michele,compiaciuto.
-Però…però dovete garantirmi…-
-State tranquilla Meg:vi proteggerò io…il rispetto non vi mancherà!- si intromise ancora il giovanotto,prevenendola.
Sebastiano sospirò,rassegnato.E finì per cedere.
Ma Michele pretese che si stendesse un preciso contratto,parandosi anche ad ‘agente teatrale’ della sprovveduta partner.E solo quando tutti e tre i contraenti l’ebbero firmato,rafforzando l’intesa con un amichevole brindisi,si congedò da entrambi,lasciandoli finalmente liberi.
Sebastiano riponeva bottiglia e bicchieri,quando Meg ne richiamò l’attenzione:
-C’è un’ultima cosa,monsieur Accorsi…-
-Ditemi signorina…-
-Se e quando quella persona tornerà a chiedere di me o vi porterà altro denaro…voglio che mi avvertiate:voglio che mi ci facciate parlare personalmente!-
L’Italiano assentì,poco convinto.

I giorni successivi Meg fu presa da una strana euforia:le sembrava di essere finalmente padrona di sé,delle sue scelte.
Lavorava,tirava di scherma…e il passato era come sbiadito all’orizzonte….Sbiadito,non cancellato.Il tempo che dedicava all’azione era così intenso che non le consentiva di riflettere,di ricordare.
Ma dentro di lei permaneva il segreto di una notte d’estate e di un amore negato.
Si era accorta da piccoli ammiccamenti,sorrisi,occhiate che le attenzioni di Michele non erano solo di natura lavorativa;il giovane le si era affiancato con entusiasmo e –se solo lei gli avesse offerto un piccolo incoraggiamento –probabilmente le avrebbe dichiarato anche la propria devozione….
Ma in quei momenti lei si tirava indietro;improvvisamente avvertiva delle fitte inattese alla mano che si rimarginava… e la ferita nel suo animo sembrava riaprirsi.
Non osava confessarlo nemmeno a se stessa.Ma aveva chiesto di incontrare Nadir da una parte per poter sfidare ancora il suo padrone,ma dall’altra per poterne avere sia pur minime notizie…
E finalmente,una sera che si allenava nella scuola di scherma con il figlio di Bonfanti,quest’ultimo entrando le fece un cenno con il capo.
Meg sospese l’allenamento e lo seguì.
L’orientale attendeva diffidente in una stanzetta;avvertiva che c’era qualcosa di diverso dal solito.La porta si aprì,Andrea entrò poi,spostandosi di lato,mostrò alle sue spalle la giovane donna.
-Buona sera,Nadir!- lo salutò lei,un po’ sfrontata.
Quegli aggrottò impercettibilmente la fronte,ma non battè ulteriormente ciglio.Rimase in attesa.
Meg prese due fasci di banconote e glieli porse:
-Potete riportare questi al vostro padrone…io non ne ho bisogno!-
L’uomo li prese.Ma non parlò.Si limitò a guardarla,in atteggiamento di ascolto.
-Ditegli pure che sto lavorando…anzi,vi prego:stasera siate nostro ospite al Gallo d’oro...-
L’uomo allora guardò alternativamente la fanciulla e Bonfanti,senza capire.
-Tutte le sere c’è spettacolo…Non avete letto?-
-Ma..madamoiselle…voi…- l’uomo non riuscì a trattenersi.
-Io ho imparato a badare a me stessa!...- ribattè lei,fiera.Quindi gli volse le spalle.

Ora …ora lui saprà…E che cosa potrà accadere? …Nulla:non sono io quella che gli interessa…
Anzi…Questo mio gesto ha sancito la nostra definitiva separazione…Ah mio Dio Erik…Il pensiero di non rivederti più,di non sapere…perché?perchè?


Non poteva certo sapere Meg che Erik era molto più vicino di quanto immaginasse…


Quella sera l’esibizione fu più intensa del solito.Michele era riuscito a convincere Meg a duettare con lui anche nel canto,nonostante la giovanetta continuasse a dire che non ne era all’altezza:
-Non ho la voce impostata…non so cantare…-
-Ma via…avete una voce particolare,fresca…lasciatevi persuadere…-
E così Meg aveva danzato e cantato insieme al giovane,nell’entusiasmo della folla.
Il Gallo d’oro non era mai stato così pieno.Nel buio quella sera c’erano tanti volti sconosciuti.Ma anche qualcuno noto…
Mentre piroettava graziosa intorno a Michele,scambiandosi con lui strofe amorose,Meg credette di riconoscere Nadir;ma lo vide sparire improvvisamente.

Corri,corri a riferire…

Col tormento riacceso dal pensiero di Erik la giovane donna aveva danzato con uno strano slancio…e a un tratto qualcosa l’aveva turbata…
Non poteva sbagliare;là nel buio,tra tanti occhi…
Li avrebbe riconosciuti ovunque…Gli occhi color verde selvaggio come il mare,che la fissavano proprio come quel giorno,alla sorgente;di più,ora erano come offuscati da un fremito nuovo;sembravano dirle:attenta,tu appartieni a me…

No…non è possibile sia lui…Non è lui che può pensare questo…

Turbata la ballerina s’arrestò,sembrò dimenticare i passi,tremò disorientata.
Michele le fu vicino,la sostenne.
E la fiamma negli occhi di smeraldo avvampò…
-Va tutto bene,Meg?-
-Io…non so…-
-Fate largo!Fate largo…lasciatela respirare!-
Si creò una strana confusione nel locale;qualcuno si avvolse nel mantello e uscì;qualcun altro invece si avanzò per vederci chiaro.
Anche Nadir fece per uscire,seguire il suo padrone,attenderne disposizioni;ma si scontrò con un uomo e,sollevando gli occhi su di lui,sussultò.
I nemici erano di nuovo in caccia…


Ritiratasi nella sua stanza,Meg si era stesa sul letto e aveva preso sonno.
Ma era un sonno agitato.
Rivide la scena di quella sera,giù nel locale;e alla realtà si sovrappose una strana visione da dormiveglia;Erik che si materializzava davanti a lei,nel suo mantello nero;che la fissava con quegli occhi che avvampavano di desiderio…Che l’afferrava e stringendola contro di sé la baciava appassionato:
-Stanotte per Dio io voglio solo te!-
Poi la sollevava e la portava via,per le scalette di legno,su nella stanza.E qui nel suo letto,l’amava con tutto l’ardore di cui era capace:
-Appartieni a me…!-

La giovanetta si svegliò di soprassalto.C’era qualcuno nella sua stanza,ne era sicura.
Alla luce fioca che filtrava dalla finestrella,vide infatti un’ombra nel buio:
-Erik!-
Le rispose un gemito:
-Madamoiselle…- poi l’ombra sembrò accartocciarsi,piegarsi su se stessa.
Meg balzò dal letto e sostenne l’ignoto ospite.
-…Nadir?...che vi succede?-
L’uomo tossì piano.Meg lo aiutò a stendersi sul letto.
-Avvertitelo…-balbettò.-Avvertite il padrone…-
-Che vi è successo Nadir?-
Ma ritraendo le mani,si accorse che erano sporche di sangue:l’uomo era ferito e perdeva conoscenza rapidamente.
-Dove…dove lo trovo?-
-Al ponte…- Dicendo questo con uno scatto inatteso il ferito si rialzò.
-Ma…dove andate?-
Quasi rantolando,le disse:
-Andate da lui…lui saprà dove trovarmi…ma fate presto!-

La notte era buia,senza luna.Uno strano silenzio avvolgeva le cose:persino il fiume sembrava sussurrare il suo eterno lamento e il mare,laggiù,era stranamente piatto e inerte.
Erik fissava le acque del fiume che a malapena si intravedevano nella tenebra,quando il silenzio fu interrotto dal galoppo di un cavallo che avanzava.
L’uomo sollevò lo sguardo:doveva essere Nadir,finalmente.
Ma invece vide sopraggiungere lei…Lei che non poteva saperlo,ma quella sera gli aveva fatto provare qualcosa che credeva rimosso…destinato solo a una donna,una soltanto…. il morso velenoso della gelosia che stringe il cuore e accende il desiderio….
-Dannata bambina!-
Meg lo aveva visto;aveva trattenuto la sua montatura,fermandosi,quindi gli andava incontro,incerta.
-Ebbene? Dov’è Nadir?- le domandò,con forzato sgarbo.
-Lui…è ferito:mi manda a cercarvi…-
-Ferito?-
-Si…e gravemente…ha detto che voi saprete dove trovarlo,ma….dobbiamo far presto-
Erik aggrottò un attimo le sopracciglia,pensoso. Meg si aspettava che sarebbe montato a cavallo e via,in città.
Invece l’uomo le fece cenno di smontare e,prese le redini del morello,lo legò a fianco al suo.
-Ma…dobbiamo affrettarci…-provò a dire la fanciulla.
-Vieni!- le intimò lui e,presala per mano,la precedette giù verso la riva,al di sotto del ponte.
Qui Meg si accorse che si aprivano delle arcate sotterranee.Erik vi si addentrò,sicuro.
All’interno un dedalo di corridoi,umidi di acque che scorrevano sonore.
-Come…come potete essere sicuro di…-
L’uomo tirò fuori da una tasca interna una cartina della città;vi buttò un rapido sguardo,quindi presala ancora per mano avanzò nel buio…
-Dammi una carta di qualsiasi città ed io ne imparerò tutti i segreti…il ventre oscuro del sottosuolo non è mai stato un enigma,per me…anzi!-
-Allora è così che ...-
-Ssssh…ora taci!...-
In quel momento si avvertirono dei passi al di sopra delle loro teste;Erik attirò Meg in uno stretto andito,coprendole la bocca per zittirla e stringendosela contro.
Il cuore della giovanetta batteva come impazzito;abbassò gli occhi,temendo di incrociarli con quelli di lui.Ma poi non potè farne a meno,lo guardò:lui aveva tutti i muscoli tesi nello sforzo di percepire il minimo pericolo,la testa sollevata di lato,col bel profilo che l’ombra ridisegnava contro il muro.
Si volse anche lui,le disse:
-Andiamo!-
E di nuovo,le prese la mano e la guidò.
Finalmente si fermarono davanti a una scaletta in metallo;vi si arrampicarono e un cancelletto schiuse loro l’accesso a quella che doveva essere la cantina di un edificio.
-Dove..dove siamo?-
-Non ha importanza…- Erik si guardava intorno,ansioso.
Un gemito appena percettibile si levò nel buio.
-E’ qui!- disse Meg,indicando il ferito.
Erik si chinò sul servitore:era esanime.Ma in qualche modo aveva tamponato la ferita da solo,fasciandosi con strappi di lenzuola.Le lenzuola di Meg.
-Nadir…- esclamò Erik,addolorato.
Lo sollevò sulla braccia con una delicatezza insospettabile e fece cenno a Meg di riaprirgli il cancelletto.
Quindi,con la fanciulla che lo assisteva alla meglio e quel corpo senza vita che gli pesava addosso,egli ripercorse tutto il cammino fino al ponte.
-Aiutami:dobbiamo metterlo sul cavallo!Montaci tu prima…-
-Si…-
Così lo sistemarono alla meglio,poi Erik legò il fedele collaboratore al collo dell’animale,fissandolo alla meno peggio.
-Ce la farà?- domandò Meg.
-Lo deve.Non mi perdonerei mai se morisse!- fu la risposta angosciata di lui.
Erano fermi l’una davanti all’altro,si fissavano:nessuno dei due sapeva trovare le parole né si risolveva ad andare.
Lei sollevò il viso,lo guardò quasi implorandolo con gli occhi,schiuse piano le labbra;e lui ricordò che quelle labbra avevano il sapore delle fragole mature…
Meg sentì le mani calde di lui posarsi sulle sue braccia;tremò.
Poi l’uomo l’attrasse a sé e,stringendola quasi da farle male, la baciò.
La baciò come se non dovesse fermarsi mai…
Invece bruscamente la allontanò da sé,sospirando.
Meg gli disse:
-Non è solo desiderio…non ci credo …-
Lui strinse i denti,deglutì,espirò piano.
-Bada a te piccola Giry…Addio!-
E montato sul suo cavallo nero,sparì trascinandosi via il compagno morente.

babyphan23/1/2008, 11:32
Meg rientrò in punta di piedi nella locanda;tuttavia si accorse che c’era qualcuno nel retrobottega che parlava…
Erano le solite voci di Andrea e Sebastiano;ma c’era anche qualcun altro con loro.
-Lo so anch’io che l’idea dello spettacolo è stata un’imprudenza…ma tu non conosci quella ragazza…-
-In ogni caso ora non può più stare qui…è troppo pericoloso:per tutti!-
-E allora? Che consigli?-
-Deve venire anche lei su…Sperando che non la seguano…-
-Chi la ospiterà? Tu?...-
Vi fu una pausa.La voce sembrò tremare appena.
-No…io….Andrà da Raimondo,dove sono anche gli altri…-
-Prima o poi la incontrerai…-
-Accadrà quando dovrà accadere!- rispose l’altra voce,energicamente.-Adesso vado via…Fate a modo!-

Chi c’è laggiù? Ancora parlano di me,decidono di me…Di me chi? La figlia di madame Giry,la piccola Giry…Io sono Meg,io sono una persona!Perchè non riesco a dimostrarlo?Perchè?

Finalmente rientrò nella sua stanza;e cominciò a fare i bagagli…

-Signorina..ma..cosa sono queste valigie?-
-Non lo sapete Michele?...Vado via…-
Michele guardò lei,poi Sebastiano che sopraggiungeva.Anche questi rimase sorpreso.
-Che succede?-
-La signorina dice che parte…-
-Come?-
-Non è così,Sebastiano? Non avete già deciso per me,l’altra notte?-
-Shhh…silenzio,per carità!- i primi avventori del mattino entravano già.
Sebastiano invitò i due giovani a seguirlo nel retrobottega.
Rimasti soli,Meg lo investì:
-Non è forse vero che stanotte avete ricevuto visite,monsieur Accorsi?-
-Signorina,per carità…calmatevi!Michele,diteglielo anche voi…-
Ma Michele era abbastanza impotente;e mortificato,all’idea di perdere quel fortunato sodalizio.
-Non saprei…di cosa parlate…-
-A quanto pare sono un’ospite indesiderata…della quale dopo un po’ è meglio sbarazzarsi,come di un pacco postale…-
-Non siate precipitosa,signorina:qui si tratta di pericoli gravi…dai quali vogliamo essere sicuri di potervi proteggere:quell’uomo…è di nuovo sulle vostre tracce!-
Meg aveva il viso contrariato e sembrava non volere sentire ragioni:
-Quell’uomo? Quale?- domandò indispettita.
-Guermantes!- rivelò Sebastiano,a bassa voce.
-Ebbene? Non esistono leggi in questo paese che mi possono tutelare? Non posso ricorrere alla giustizia?-
-Madamoiselle….voi…non avete più documenti,niente di valido,davanti alla legge italiana…Siete una fuoriuscita…e lui può accusarvi di qualunque cosa!-
-E voi? Non potete testimoniare che io…?-
La risposta dei loro sguardi fu eloquente.
-Dannazione!- la fanciulla imprecò,tra lo stupore e il disagio dei due uomini.-Va bene,allora speditemi pure altrove,come una zavorra…- e così dicendo riprese le sue valigie.
-Calmatevi ora…Andrete via,ma stanotte,durante lo spettacolo!-
-Durante?-
-Durante?- domandarono i due giovani all’unisono.
-Si…Maria prenderà il vostro posto,così potrete uscire indisturbata,senza che nessuno vi segua…Andrea vi scorterà fino a destinazione…-
La giovane restò un attimo a pensare,poi annuì lentamente.
-E sia…posso almeno sapere qual è questa destinazione?-
-Meglio di no…anche le mura hanno orecchie…ma posso dirvi che non resterete sola…vi troverete degli amici!-

Meg sospirò,rassegnata.Lei e Michele rimasero da soli.
Il giovanotto le si avvicinò,le prese timidamente una mano.
-Mi dispiace,madamoiselle…-
-Michele,posso chiedervi un favore?vi prego è qualcosa di riservatissimo…-
-Chiedetemi quel che volete…ormai avrete capito che vi sono devoto e..-
-Portereste una lettera a Sillani?ma dovete assicurarmi che la consegnerete a lui,lui solo…che non passi da altre mani!-
-Io gliela porterò…ma,sapete bene che ormai…con la testa…- e fece il segno con le mani intorno alle tempie.
-Non importa:voi dategliela nelle mani!...Promettetemelo!..-
-Se…se mi promettete che…potrò venirvi a trovare…appena possibile…-
Meg gli sorrise,indulgente.Quel giovane la inteneriva,ma non avrebbe mai potuto contraccambiare i suoi sentimenti.
-Come vorrete…- gli rispose.
Quindi,prese carta e penna e scrisse brevemente un biglietto;fece in tempo a chiuderlo e a consegnarlo al suo compagno,prima che Sebastiano o altri potessero accorgersene.E sperò che almeno quella impresa giungesse a buon fine.


Lo spettacolo iniziava alle nove;Michele aveva già la chitarra in mano;Maria aveva indossato una parrucca bionda e si preparava a ingannare la folla…
Meg aveva indossato invece abiti maschili e un cappello che le coprisse la treccia bionda;il giovanotto stentò a riconoscerla,poi le si avvicinò e le fece scivolare tra le mani un altro biglietto,sussurrandole: -Au revoir…!-
La ragazza gli sorrise,poi uscita dal retrobottega,raggiunse Bonfanti che aveva già caricato i suoi bagagli su un muletto e l’attendeva con i cavalli.
Il viaggio non fu molto lungo,ma la strada era impervia;fu solo alle prime luci dell’alba che i due giunsero in vista delle mura della piccola repubblica.
-Eccoci…è quella San Marino…Ora attendete un attimo qui…-



Mentre l’uomo si allontanava,Meg trasse dalla tasca il biglietto di Sillani e lo lesse avidamente:

“Mia cara,
le decisioni prese dai miei amici non devono indispettirvi.
San Marino è sicuramente il posto più sicuro per voi…Vi ritroverete i vostri compagni di viaggio e …sarete tra amici.Vedrete che anche gli altri assilli che vi tormentano,forse troveranno una risposta proprio tra le mura della vecchia città…Vi prometto che verrò io stesso a trovarvi,appena possibile.
Badate a voi!
Con affetto,Ernesto.”

-Signorina?...seguitemi!- Bonfanti era già tornato.
Entrarono in città dalla porta settentrionale.Era una rocca cinta di mura,all’interno della quale però si aprivano in ordine le strade fino alla piazza che sovrastava tutta la vallata sottostante.
I due si fermarono davanti a un palazzo sul cui portone campeggiava un fregio nobiliare.
Smontati da cavallo entrarono,attraversarono una corte spaziosa e si diressero verso un’ampia scalea che conduceva all’ala abitata.
Sulla scala veniva loro incontro un uomo sui cinquant’anni,sobrio nella sua eleganza,non particolarmente alto,stempiato,con la barba argentea.
-Andrea!- disse,aprendo le braccia all’amico.
-Raimondo!- rispose quello,ricambiando fraternamente l’abbraccio.
Meg era rimasta ferma,qualche gradino più in basso.Il padrone di casa domandò di lei con gli occhi all’ospite,che li presentò:
-Madamoiselle Marguerite Giry… Il conte Raimondo Santacroce…-
-Onoratissimo,madamoiselle…-disse quello,chinandosi e sfiorandole la mano con le labbra.
Meg si sentì un po’ a disagio a ricevere quel gesto d’omaggio così,in quelle sue vesti maschili.
Ma prima di poter dire nulla,sulle scale apparvero Raoul e Christine;e quest’ultima –senza riuscire a trattenersi- corse per le scale e abbracciò l’amica ritrovata con slancio fraterno.
-MEG…oh mia piccola Meg…che gioia,che gioia!-


I primi momenti insieme furono occupati dai reciproci convenevoli,spesso concitati,interrotti da abbracci e incredulità.Poi a Meg venne consentito di ritirarsi,per prendere possesso delle stanze che il conte le aveva destinate.
La giovanetta si ritrovò di nuovo sola: questa volta le era toccato un alloggio nobiliare,con un camino immenso alla parete,il letto a baldacchino, armadi finemente intarsiati in legno pregiato…Una sala da bagno personale…
La stanza guardava a nord ovest attraverso un alto verone:per prima cosa Meg scostò le cortine che lo velavano e guardò giù,nella vallata.
I suoi occhi scrutavano ogni anfratto di quella sconfinata pianura che si apriva sotto di loro,ogni piega delle rare colline,fino a fermarsi ad ammirare un picco ripidissimo,su cui sembrava arroccarsi un castello minaccioso…

Dove sarai,ora…Erik,amor mio? Che ne sarà di Nadir…e di te,solo,senza il suo prezioso sostegno?...

Una cameriera bussò alla porta mettendosi a disposizione della fanciulla;l’aiutò a disfare e sistemare il guardaroba; a rinfrescarsi,a cambiarsi per il pranzo.



Il pranzo,cui presenziò anche Bonfanti,fu sostanzioso e piacevole;ma Meg sapeva che presto o tardi avrebbe dovuto rispondere alle domande dei suo commensali.
-Siamo stati così in pena per voi,Meg…- esordì Raoul -Eravamo già in salvo,quando ci rendemmo conto che eravate rimasta là…-
-Io…non potevo accettare che Sillani…-
-E poi?...che cosa successe? Vidi bene che i nostri ‘salvatori’ tornarono indietro per voi…-
Meg si deterse piano la bocca,quindi rispose:
-Ci fu uno scontro a fuoco…nel quale…rimasi io stessa ferita e…persi i sensi…-
-Ferita?...o mia povera Meg…-
La giovanetta tentò di minimizzare.
-Niente di mortale…ma…-
-Quell’assassino le ha squarciato la mano…-
Chistine tremava di raccapriccio:
-Oh…-
-Diteci…e poi?- la incalzò invece Raoul.
-Mi risvegliai…ospite sulla carrozza dei nostri salvatori…Ero stata salvata,curata…-
-Ma…chi erano?-
Meg si schiarì la voce,riflettendo:
-Un uomo d’affari slavo…e il suo servitore…Il signor Dravic…-
-Ma…Come mai…?-
Meg cominciava a spazientirsi.Ma ritenne opportuno mantenere la calma e dare risposte credibili,per chiudere definitivamente quel discorso.
-E’ stato per ammirazione…Credo che il signor Dravic abbia riconosciuto Christine sulla nave…dove viaggiava anche lui…Non saprei dire altro…-
-Non vi ha dato altre spiegazioni?-
Meg chinò il capo,facendo segno di no.
-E ora? Dove sono?-
-Mi scortarono fino a Rimini…ma poi hanno ripreso la loro strada:forse dovevano imbarcarsi di nuovo…-
Raoul scuoteva la testa.
-Mi spiace non averlo potuto ringraziare a dovere…-
Christine fissava enigmatica Meg,senza commentare.
A fine pranzo il conte prese la parola:
-Signorina…ora che siete qui,vorrei pregarvi di usare –come già fanno i vostri amici –alcuni piccoli accorgimenti …Fuori da queste mura nessuno deve conoscere la vostra reale identità:per prima cosa adotterete un nome italiano…e imparerete a rivolgervi ai vostri amici coi loro nuovi nomi: Renato Visconti,Cristiana sua moglie e…?-
-Margherita…? Margherita …Desideri.-
-Margherita Desideri?...va bene!-



babyphan24/1/2008, 15:49
I convitati si alzarono da tavola,ma prima di potersi ritirare nella sua stanza,Meg si trattenne con Raoul e Christine ancora un po’.
-Sapete Meg…io vorrei rintracciare quel signor Dravic…Anche perché debbo rendergli il suo bagaglio..-
-Oh…lo avete voi?- domandò la giovane,fingendosi sorpresa.
-Si…-
-Davvero caro? Non ne sapevo nulla…- si intromise Christine.
-Era sulla carrozza su cui siamo fuggiti:ho fatto conservare tutto in una stanza,sopra…speravo che ci avrebbe raggiunti insieme a voi,Meg…Anche perché…-La voce gli si abbassò in un tono mortificato. –Purtroppo…debbo anche scusarmi con lui …io…-
-Cosa caro?-
-Ero a corto di liquido…sono stato costretto a impegnare qualcosa di suo…-
-Non ne sapevo niente…perché non me lo hai detto? Avremmo potuto vendere un mio gioiello…-
Raoul prese il viso della moglie tra le mani,appoggiò la fronte sui suoi capelli;non sopportava di vederne quello sguardo.Si sentiva umiliato,inadeguato,inutile…Dov’era finito il patron dell’Opera,solare e vincente?
Senza aggiungere una parola,si allontanò dalla sposa,ritirandosi nel giardino.
Christine guardò Meg,poi guardò lui.
Sembrava incerta sul da farsi:l’amica immaginò che si sarebbe precipitata a raggiungere il marito,bisognoso di conforto.
E in quell’impasse,approfittò per congedarsi e rientrare nella sua stanza.

Era lì che guardava lontano,verso quella rocca avvolta nelle nebbie,di fronte alla sua finestra,quando dopo un flebile bussare la porta si aprì ed entrò Christine.
-Meg!-
-Oh…Christine…dimmi…-
-Io…io vorrei sapere la verità…a me puoi dirla,sai?-
-La verità?- domandò la ballerina,apparentemente senza capire.
-Si…era lui,vero?...il fantomatico signor Dravic!-
Meg si mostrò sorpresa.
-Lui?...non saprei…-
-Era …il fantasma…!- affermò più chiaramente la soprano.
-Mi ha detto di chiamarsi Dravic…e non so altro!- ribattè allora indispettita Meg.
Christine si volse su se stessa,guardò anche lei fuori:
-Tu certo…non lo hai mai visto...Ma…non hai mai dubitato?-
-Non capisco,Christine? Sembra quasi che tu…tu ti stia augurando che sia lui:perché?-
-Perché?...ma,Meg…io….credevo avessi capito…- rispose l’altra,quasi cercando un appiglio nell’amica,incapace lei stessa di comprendere.
-No…davvero…- Meg si sforzò di essere rigida.
-Io…- Christine chinò il capo,poi ammise: -Sapere che lui veglia su di me...-
-Tu…hai un marito..che veglia su di te!-
La soprano stava per ribattere,giustificarsi. Poi guardò l’amica,con sospetto:
-Perché mi rispondi così?...non…non ti riconosco…-
Meg girò la testa dall’altra parte.Non voleva che Christine scoprisse il suo segreto,non lei…
-Dimmi… che aspetto aveva?-
-Non saprei…alto,scuro di capelli…-poi tossì appena – Porta spesso il volto coperto da una maschera nera,perché …ha il profilo destro sfigurato…-
Christine l’abbracciò di slancio:
-Dici davvero?...allora è lui!- esclamò,entusiasta. Poi domandò subito dopo: -E ora? Dov’è?-
Meg sospirò:
-Non lo so…Non so più nulla! Sono lieta che le mie parole ti abbiano restituito entusiasmo…ora però,se permetti,gradirei stare un po’ da sola e riposare…- c’era amara ironia e insofferenza profonda,nel suo tono,mentre indicava la porta all’amica.


In realtà non aveva nessuna voglia di restare chiusa in quella stanza…Si affacciò e scorse nel giardino il suo ospite parlottare con Bonfanti:quest’ultimo sollevando lo sguardo la vide e la salutò.
Meg allora scese giù e li raggiunse.
-Cara Margherita…stavo appunto congedandomi…Ma non mi risolvevo a partire senza salutarvi…-
-Siete gentile…-
Raimondo si ritirò discretamente,lasciandoli soli.
Passeggiarono un po’ nel giardino inglese,guardando il paesaggio.Meg era malinconica.
-Vi vedo turbata,Margherita…che cosa c’è?-
La ragazza sospirò:
-Mi mancheranno i nostri allenamenti…mi mancherete tutti voi,Andrea…-
-…Anche a me,se può confortarvi…-

Perché ogni volta che mi sembra di aver trovato una collocazione,debbo andar via,spezzare i legami,ricominciare…?Mi piacerebbe essere come quella rocca laggiù:solida,forte,turrita,irraggiungibile…


-Che cos’è laggiù,quella rocca?-
-E’ San Leo…Un antico fortilizio…secondo la leggenda fu la prigione di Cagliostro…-
-Cagliostro?-
-Si…il ‘mago’…vi rimase rinchiuso fino alla morte…ma quando la cella fu aperta,non vi trovarono nessuno,nemmeno le sue spoglie…Una vera magia!-
Bonfanti rise,strappandole un sorriso un po’ forzato.Poi le strinse la mano nelle sue e la incoraggiò:
-I momenti brutti passano,signorina…e voi siete forte! E potete contare su tanti amici…-
Questa volta il sorriso di Meg fu più convinto.
Ma poi lo vide andar via e provò ancora l’amarezza della separazione…



Dall’altro capo del giardino le giunsero delle risatine inconfondibili;sollevò lo sguardo…Eccola là,Christine che piroettava leggiadra intorno a Raoul,sollecitandolo a uscire dal suo torpore;si abbracciavano,celiavano,lui la inseguiva,lei si lasciava raggiungere…Per poi stringerla sotto il suo braccio e andar via con lei.


Ipocrita!Ipocrita!Ipocrita!...


Meg covava una rabbia sorda.
Rientrò in casa da una porta laterale e si trovò inaspettatamente in una sala d’armi:sulla parete rilucevano le migliori lame di Toledo…
La fanciulla ne impugnò una e vi si specchiò;poi sollevò lo sguardo:la vetrata rifletteva la sua bella sagoma.
Allora si pose in guardia e finse di duellare con se stessa.
-Davvero elegante come stile…ma non è meglio affrontare un avversario in carne ed ossa?-
Una voce maschile risuonò alle sue spalle;si volse,per un attimo sperando…
Era un uomo meno alto di Erik,robusto;indossava sul viso la maschera da scherma.
Delusa nelle aspettative,ma eccitata dalla sfida,Meg-credendo si trattasse del padrone di casa-
sollevato il braccio sinistro,le gambe ben piantate in terra,chiamò:
-En guard!-
E i due cominciarono a battersi.
Il tiratore era esperto,non aggressivo;parava ogni colpo di Meg,senza affondare a sua volta;questo irritava ancora di più la giovane che continuava a infierire irrefrenabile,scoprendosi ogni volta di più.
-Questa,signorina…è rabbia!- disse infine l’uomo,disarmandola a mandando la sua spada a cadere lontano.
Meg si fermò,le braccia aperte,indispettita ma ignara sul da farsi.
-Non..non vi sbagliate…signor ..Raimondo!-
L’altro si era fermato,le fece cenno con la testa di raccogliere l’arma e intanto sollevò la maschera:
-Non sono Raimondo…- disse.
Era un uomo sui sessanta anni,il viso circondato da bianchi e folti capelli raccolti in codino,alla maniera di Sebastiano;la barba curata,gli occhi nerissimi e splendenti.
-Sono il conte di Scandiano…Signorina?-
Meg fece qualche passo indietro,poi gli porse la destra:
-Margherita…Margherita Desideri…-
L’uomo la guardò,esitando a prenderle la mano.
In quella entrò nell’armeria il padrone di casa:
-Oh…siete qui signorina…I vostri amici vi attendevano per mostrarvi la città…-
-Oh…perdonatemi –disse allora Meg,congedandosi.
Ma prima che uscisse dalla sala,il nuovo venuto le consigliò:
-Mai con rabbia,signorina…



La vita nella piccola città arroccata si rivelò presto noiosa per Meg:la sua condizione di ospite,la convivenza con la coppia De Chagny,l’inattività,l’attesa,tutto la rendeva insofferente.
La notte,la lunga notte estiva,calda,afosa,lucente la trovava spesso desta,affacciata alla grande finestra della sua stanza,a osservare insonne la vallata;a scrutare nell’ombra nella speranza di scoprire un volto amico…Che ne era stato di Nadir? Era salvo? Ed Erik?
Si era rassegnata a quel domicilio coatto con l’inconfessabile speranza che,almeno,dov’era Christine,presto o tardi,sarebbe stato anche lui…
Ma nessuna traccia vi era dell’uomo che aveva acceso il suo acerbo desiderio,che aveva colto il fiore del suo primo turbamento,che aveva sciolto il nodo della sua segreta femminilità …

Cosa provo davvero per lui?...io non lo so! Il desiderio,la forza invincibile del suo magnetismo si fondono con una compassione profonda:annegherei nei suoi occhi,per riemergere negli abissi del suo dolore,per toccargli quelle ferite inconfessabili di cui porta le cicatrici,curargliele,lenirne la pena…Ma poi penso che mi ha rifiutato,e una rabbia sorda sale e vorrei gridargliela in faccia…Ma lui non c’è…non c’è…non c’è…

Raimondo Santacroce era un ospite discreto e sollecito a un tempo:Meg poteva circolare nella sua residenza senza limitazioni.Spesso aveva trovato un po’ di svago nell’armeria,dove il padrone di casa non aveva disdegnato di misurarsi con lei;ma la fanciulla avvertiva che era solo un passatempo,per quell’uomo.
Avrebbe voluto incontrare ancora quel conte di Scandiano con cui aveva incrociato le lame il primo giorno;invece nelle settimane che seguirono anche lui sembrò sparito,dileguato…
Chi la cercava invece era Christine;ma Meg temeva di rimanere sola con l’amica,ben sapendo dove il discorso tra loro sarebbe andato a parare…
E’ pur vero che la coppia faceva una vita piuttosto ritirata,ultimamente;e non era raro assistere di lontano a battibecchi e tensioni tra i due.

Proprio una di quelle notti di veglia capitò a Meg di cercare frescura in giardino e imbattersi,senza volerlo e per fortuna non vista,nei due coniugi.
-Vuoi per favore dirmi dove stavi andando,Raoul?...-
Sbuffando,spazientito il giovane rispose:
-Da nessuna parte,Christine…cercavo la stanza di quel Dravic…i suoi bagagli…-
-E perché,se è lecito?-
Nessuna risposta.Il visconte scuoteva la testa,amareggiato.
-Che cosa succede?perchè non puoi parlarmene?sono tua moglie!-
-Abbiamo bisogno di denaro,Christine…- sillabò infine lui,con evidente reticenza. -Mi domandavo se…-
-Raoul! Tu..tu non vorrai derubare ancora il nostro salvatore!-
-Io…non l’ho mai derubato!-
-No?...credevo avessi approfittato di qualche suo prezioso per…-
-Non era un oggetto prezioso…era un violino…-
-Un violino? Raoul!...hai rubato il suo violino?-
-Christine..perchè parli così?...sono io,quello a cui stai dando del ladro…-
-Ma…non capisci che per un artista la musica è il bene più prezioso?come puoi essere così così…-
Raoul si irrigidì,sollevò il capo con fierezza:
-Non potevo lasciare scoperto il conto di quell’alberghetto…-
-Ma certo…che disonore,per il visconte di Chagny!- ribattè la soprano,sprezzante.
Il visconte strinse le mascelle,ferito;quindi soggiunse:
-Non potevo far morire di fame mia moglie…-
-..in fondo per un aristocratico è solo l’onore che conta…Morire di fame?Che intendi dire?-
-Intendo dire che non abbiamo più niente,Christine:gioielli,denaro,crediti…Niente!-
-Raoul!...e…e come?-
-Non lo so…ma non sopporto questa situazione…Non la tollero più!-
-E…cosa intendi fare?-
-Prima o poi debbo tornare in Francia!-
-Tornare…-
-Tornare,si…ma da solo!...è venuto il momento di farlo…-
-Ma…Raoul! …e se riprendessi a cantare? Magari potremmo recuperare del denaro,quanto basta per…-
-No!...no…Volevo dirtelo in un momento migliore,purtroppo l’occasione si è presentata ora:debbo partire…-
Gli occhi di Christine si riempirono di lacrime:
-Non lasciarmi sola…-supplicò.
-Ma non sei sola…c’è madamoiselle Giry con te! Ora che finalmente ci siamo riuniti,parto …sereno..
Meg si era addossata alla parete:quello che aveva sentito le apriva davanti agli occhi scenari odiosi e prevedibili…Raoul lontano,Christine sola ...e lei chiamata ancora a quell’insopportabile ruolo di comprimaria!

Il visconte aveva abbracciato la moglie,teneramente,confortandola;quindi l’aveva sospinta verso la loro stanza;prima che potessero accorgersi della sua presenza,Meg fu costretta a nascondersi:aprì una porta a caso ed entrò in un’ennesima camera degli ospiti.
Cercò di abituarsi al buio;dalle pesanti tende filtrava un leggerissimo raggio che le consentì di avvicinarsi e aprirle;ora la stanza era investita dall’alone lunare.
Davanti al letto Meg riconobbe la sagoma di un baule da viaggio…
Si avvicinò:sapeva bene che era quello di Erik.Lo sfiorò appena,titubante;poi sempre più convinta ne cercò la serratura…Riuscì inaspettatamente a farla scattare,aprì piano:un odore che le era epidermicamente familiare la investì….Camicie di seta,giacche finemente lavorate,foulards…La sua mano carezzava ogni cosa,le sue dita stringevano ,il suo viso ,le sue labbra assaporavano quella desiderata assenza.
Poi,dalla tasca di una giacca spuntò un foglietto.Lo prese,ma era troppo buio per leggervi cosa vi fosse scritto.
Si fece forza:avrebbe volentieri sottratto una di quelle camicie per tenerla con sé…Ma richiuse piano il baule e,silenziosamente,rientrò nella sua stanza.





babyphan6/2/2008, 10:24
Rientrata in camera,Meg osservò il foglietto alla luce della sua lampada.Era solo un appunto,benché vergato in una grafia elegante:erano indicate diverse località in Italia;poi era stata cerchiata San Marino.E c’erano dei nomi,collegati tra loro…Anche il suo,Giry;collegato con una freccia a una serie di iniziali,tra le quali non le sfuggì una G.M. e accanto alla G. M ,era leggibile il nome San Leo …

Sapeva già che saremmo venuti qui…Aveva fatto i suoi calcoli,perché lui conosceva i legami tra mia madre e…e questi italiani.Dunque G. M. potrebbe essere qui,a San Marino..O forse è lassù,a San Leo…lo potrei incontrare…Perché Erik non mi ha mai detto una parola,perché?

Sollevò lo sguardo.
Di fronte a lei,come sempre l’ombrosa sagoma della rocca di San Leo.E tutto intorno la vallata rigogliosa che si allungava a perdita d’occhio.
Non ne poteva più di quella gabbia dorata,voleva uscire,fuggire via…



Qualche mattino dopo, a colazione, Meg avvertì una certa animazione.
Raoul e Raimondo parlottavano tra loro.Christine sembrava più svagata del solito.Di lì a poco sopraggiunse –ospite atteso a quanto pare – quel conte di Scandiano .Gli uomini sembravano intenti a scambiarsi più di un parere.Poi Raoul guardò Christine;e il conte di Scandiano osservò brevemente Meg.
-Care signore- disse Raimondo,finalmente – Non crediate che vi stiamo trascurando…-
Si scambiarono diversi convenevoli.
Quindi il padrone di casa soggiunse:
-Probabilmente il soggiorno forzato vi comincia ad annoiare…Domani,come di consueto,apre la stagione di caccia…Ed è buona abitudine iniziarla con una scampagnata collettiva…vedrete i dintorni,sono bellissimi!-
-Oh…è un invito insolito…-
-Certo…non tutte le dame sono ammesse a condividere le passioni di noi uomini,ma come vi dicevo,ad apertura di stagione è quasi un rituale…avervi per compagne…-
L’idea di andare a caccia francamente ripugnava a Meg;ma il pensiero di uscire da quelle mura anguste,magari di allontanarsi,chissà raggiungere quella rocca maestosa e lontana le aprì uno spiraglio nel cuore.
-…Io accetto volentieri!- disse infatti con slancio.
Poi guardò Christine;ma Christine guardava Raoul.
Sapeva bene che il giorno dopo lui non ci sarebbe stato;stavano organizzando la sua partenza,il rientro in Francia…Per questo era arrivato il conte;era lui a manovrare buona parte dei collegamenti,in quel pericoloso frangente.
Meg lo intuì e si ritrovò a osservare quel nobiluomo,piuttosto schivo,quasi da sembrare arrogante;eppure così coinvolto e sollecito verso le loro disavventure.
Scandiano sembrava notarla appena;il suo sguardo si soffermava solo impercettibilmente su di lei,tanto che quando le capitò di intercettarlo,inaspettatamente Meg si sentì arrossire e chinò subito i suoi occhi.

Christine e Raoul si congedarono quella sera;nonostante la sorda irritazione che da giorni Meg covava nel suo cuore verso l’amica,non potè non avvertire lo strazio di quella separazione.Raoul amava teneramente la sua sposa,e la sua devozione era ricambiata con altrettanto slancio:in quell’occasione Meg fu sicura che Christine non aveva altri pensieri,se non quello angoscioso di veder andar via l’uomo che amava,vederlo partire verso l’ignoto…e non poter far nulla per lui…
Fu straziante sciogliere quel loro abbraccio;fu desolante adattarsi all’idea che quel puntino laggiù,che ormai scompariva tra le ombre del crepuscolo era proprio Raoul…
Ora Christine era di nuovo sola;più che mai…

Forse finalmente questo la indurrà a crescere…Ora non c’è nessuno che le faccia da padre,fratello,maestro…angelo…sposo…


Erano pensieri cattivi i suoi,Meg lo sapeva.
Ma nutriva verso quella sua amica un sentimento contrastante,da sempre…E ora più che mai:perché adesso,senza poterselo nemmeno confessare,ne era gelosa…Fatalmente.

Debbo smettere di pensare a questo…Io ho la mia ricerca da seguire...Magari G. M. è proprio lassù…

L’ apertura della caccia era un evento per la piccola repubblica,cui partecipavano tutti i maggiorenti.
Tuttavia presto nell’immensa vallata i gruppi si disperdevano.
Così,dopo poco,Christine e Meg si ritrovarono in una piccola comitiva,costituita dal loro ospite e poche altre coppie,nonché diversi gentiluomini armati che non avevano visto prima.
La soprano indossava un’ampia gonna sportiva e montava all’amazzone su una mansueta cavalla che procedeva lentamente dietro agli altri.
Meg invece ,vestiva dei pantaloni e portava i capelli legati;montava un cavallo nero agile e nervoso e spesso si inoltrava nei boschi,avanti agli altri.
Aspettava il momento in cui nessuno avrebbe più fatto caso a lei….per poter inerpicarsi verso la sua meta.
A un tratto i cani sembrarono fiutare una preda:forse un cinghiale.
Tutta l’attenzione si spostò sull’inseguimento…
A Meg sembrò arrivato il momento giusto.Diede di sprone al suo nero morello e via,in direzione della rocca.
Il percorso era piuttosto intricato:in realtà la giovane donna non seguiva un sentiero,ma solo una direzione,tra alberi sempre più fitti.
A un tratto le parve di avvertire lo scroscio di un corso d’acqua.Cercò di avvicinarsi alla fonte di quel rumore…
E finalmente si ritrovò davanti a un torrente,piuttosto inaridito.
Era chiaro che scendesse proprio dai fianchi acuminati della rocca:allora lo seguì.
Improvvisamente cominciò a delinearsi un sentiero; e alla fine di esso,un ponte.
Un vecchio ponte in pietra,oltre il quale si apriva una salita.Finivano gli alberi e la roccia minacciosamente sembrava pendere sugli incauti visitatori.Era quella la strada verso la cupa prigione …
Il cavallo ebbe uno scarto,si sollevò sulle zampe di dietro,come avvertendo un arcano ostacolo.Ma Meg non si lasciò intimorire e,valicato il ponte,si avventurò lungo la ripida erta.

In cima alla salita,si trovò di fronte alla mole ostile di una sorta di fortezza;tuttavia intorno ad essa c’erano due o tre casupole:un fabbro con la sua bottega aperta sulla stradina;alcune donne dall’aspetto contadino che rientravano nelle loro abitazioni.Meg ebbe l’impressione di un tuffo nel passato medievale e alzò gli occhi alle torri del maschio immaginando di vedere qualche armigero…
Ma la fortezza sembrava vuota.
La fanciulla smontò da cavallo e proseguì a piedi.Il fabbro la chiamò:
-Ehi…signorina…chi cercate?-
Cercando di neutralizzare il suo accento,la ragazza provò a rispondere in italiano:
-E’ possibile visitare…la fortezza?-
L’uomo guardò verso la torre.
-Se vi fanno entrare…-
-E’…abitata?-
-Sissignora…Ma se cercate il cardinale di questi tempi…non lo troverete…-
-Il cardinale?-
-Si,Montefeltro…ormai non viene più…-
-Montefeltro?-
-I signori Montefeltro,signorina…ma della famiglia è vivo solo il cardinale Giovanni,che sta a Roma…Ormai la rocca la danno agli ospiti,per quanto ne so…-
-Giovanni Montefeltro…G.M….- pensava intanto emozionata Meg.
Si era affacciata sulla soglia una donna,forse la moglie del fabbro.
-Vieni a mangiare,Checco!...-
Meg salutò la nuova venuta,cercando di ingraziarsela.
-Buon giorno,signora…Voi non sapete se…il castello sia abitato?Vorrei visitarlo…-
-Qualcuno l’abbiam visto,ma stamattina è uscito …provate …-rispose quella,guardandola con diffidenza.
Quindi si ritirò dentro il marito.

Meg rimontò a cavallo e si incamminò verso il pesante portone che introduceva alla corte interna del castello.
Era solo accostato.Allora la giovane donna entrò.
Smontò poi da cavallo e legò l’animale ad uno degli anelli sulle pareti di pietra.C’era uno strano silenzio,intorno.Però in fondo alla corte si apriva un arco e un ingresso.
Vi entrò.Alle pareti alcune nicchie spoglie;altre invece ospitavano ritratti in marmo degli antichi proprietari.La giovane donna osservava quei volti di pietra,domandandosi se qualcuno di essi rassomigliasse a quello dell’uomo il cui cuore aveva palpitato per sua madre.
La dimora sembrava deserta;però nessuno le impediva di entrare,salire verso l’ala abitabile,sincerarsene…
Così Meg si inoltrò per le antiche scale,raggiungendo il camminamento che dava verso la torre di guardia.
Le sembrò di intravedere finalmente qualcuno.Sedeva di spalle su una panca di pietra ,intento ad osservare con un cannocchiale qualcosa laggiù.
-E’ permesso…posso?...- domandò timidamente la giovane donna.
-Così siete arrivata,finalmente…- le disse una voce familiare.
Meg non capiva ancora,girò intorno al sedile di pietra e lo sconosciuto si volse verso di lei,posando il cannocchiale e rivolgendole un accenno di sorriso …
-Nadir?...-
-Vi ho seguita dalla vallata…-soggiunse quello,sollevando il cannocchiale.
Meg guardò in giù:da quel punto era possibile vedere ogni cosa.
In fondo riconosceva le mura di San Marino e persino il palazzo di Raimondo e le sue finestre…Giù a valle,i gruppi di cacciatori,come formiche ordinate si disperdevano dietro invisibili prede…E poi c’erano le comitive di dame,raggruppate nelle radure,in attesa…
Meg si volse all’uomo:
-Come state?-
- Ancora un po’ impedito -disse,facendo il gesto di alzarsi.
-Non fate sforzi…- lo rassicurò lei,trattenendolo. –Io,non immaginavo di trovarvi qui…- ammise poi.
-Davvero?...cercavate il mio padrone,immagino…-
Meg arrossì,ma confessò:
-No…neanche lui…Credevo di …- era tentata di confidarsi,ma si morse le labbra,tacque.
Poi,dopo un pausa di silenzio,domandò:
-Lui…? Dov’è?-
Nadir accennò alla valle:
-E’ giù…Vedete,da qui si controlla tutto il territorio…ogni movimento,ogni passaggio:per ora posso fare solo questo….Il padrone invece esce all’alba e …-
-..E si mette in caccia,vero?- concluse Meg.
-Lui sa che siete in pericolo,madamoiselle…-
-Che intendete dire?-
-Che i vostri nemici sono ancora in agguato…-
-Se vi riferite a quel Guermantes…non è me,che cerca…Io…non ho nemici…-rispose la fanciulla,un po’ sprezzante.
-Ne siete sicura?- ribattè l’orientale.
Poi sollevò il cannocchiale e osservò la scena di caccia.
-Oh!...- gli sfuggì.
Meg cercò di mettere a fuoco,dall’alto.Poi gli ingiunse:
-Fatemi vedere!-

Erik era in groppa al suo cavallo nero:il vento gli allargava il mantello come ali sulle spalle,il volto era coperto dalla maschera nera.Si muoveva nella valle con sicurezza,attraversando balze e salti,giù,verso la radura.
A un tratto,fu palese che qualcosa lo aveva attirato.Il cavallo ebbe uno scartò,si fermò. A poche centinaia di metri da lui,sola a piedi,sul ciglio di un sentiero,Christine stringeva tra le mani dei fiori di campo,pensosa.
Poi la giovane donna sollevò lo sguardo.Meg non poteva vederlo,ma seppe immediatamente che i loro occhi si stavano incontrando,in quel momento.
Il cuore le tremò…
Il cavallo di Erik ora avanzava lentamente verso Christine.
Erano soli,l’uno davanti all’altra,dopo tanti mesi…Era il momento! Nulla avrebbe distolto l’attenzione di lui dalla sua chimera che si materializzava ora davanti a lui,là….

Eppure,improvvisamente,inaspettatamente qualcosa distolse l’uomo.
Meg puntò il suo cannocchiale in direzione di quel ‘qualcosa’:non riusciva a veder bene,poi finalmente lo distinse…
…Una cerva col suo piccolo…
…La canna di un fucile brillò tra i rami.
Meg gridò: No!
Contemporaneamente,un attimo prima del colpo fatale,Erik aveva spinto il cavallo in direzione del cacciatore,spaventando la preda…
Quando Meg ebbe di nuovo il coraggio di guardare,non c’era più traccia della cerva…




babyphan8/2/2008, 23:16
Meg aveva posato il cannocchiale,visibilmente turbata.
-Ora…voglio andar via!- esclamò
-Perché? –le domandò meravigliato Nadir.
La giovane donna scosse la testa,quasi in lacrime.
-Non voglio incontrarlo…io non….non sopporto quello che sta succedendo…- confessò finalmente.
Nadir si alzò a fatica per andarle dietro.
-Permettetemi di dirvelo:voi madamoiselle non sapete attendere…- la redarguì. –Non bisogna farsi prendere dalla rabbia,dalla furia…mai!-


Mai con rabbia,signorina…


Lei si fermò un attimo.
-Siete..la seconda persona che me lo dice…- riflettè.
Ma poi ribattè,agitata,proseguendo verso l’uscita: -Ma purtroppo io sono così…-
Nadir accennò un sorriso enigmatico:
-Già..-
-Addio Nadir…riguardatevi…-
-A presto,madamoiselle…-
Meg non stette a interrogarsi sul senso di quel congedo;montò sul suo cavallo e diede di sprone giù,per la ripida discesa,verso la valle.
Il sentiero era davvero scosceso e Meg lo affrontò con la sua solita irruenza.
Fatalmente nell’ultima curva il cavallo ebbe uno scarto più violento degli altri e la disarcionò.
Non fu una caduta grave;la giovane si rialzò,un po’ malconcia e a piedi guadagnò il ruscello per lavarsi i graffi dalle mani e sciacquarsi il viso.
Ma in realtà ferma sulla riva ne approfittò per dare sfogo alla sua pena:aveva voglia di piangere per la cerva e per il suo piccolo,aveva voglia di piangere per sé,per il suo sogno d’amore spezzato…per il dono rifiutato della sua innocenza…
Ma la rabbia amara sembrava trattenere persino le lacrime…
Poi sollevò il volto…e lui era là,a cavallo ,avvolto nel suo mantello nero,dall’altra parte del torrente,e la osservava.
-Che cosa fai qui…?-
Lei sollevò le spalle:
-Il cavallo mi ha disarcionata…-
Erik attraversò il torrente e smontò vicino a lei.
-Sei stata su alla rocca?- le domandò,sollevandole il viso con la mano.
-Si…- ammise lei.
-A cercare cosa?- le domandò ,brusco.
-Oh…non temere…non avevo idea di trovarvi Nadir… o te,signor Dravic…-
-Il mio nome è Erik!- la corresse lui,piccato.
-E il mio è Meg!- ribattè lei,indispettita.
Si misurarono come sempre,con gli sguardi.
Ma in quella un fruscio distolse entrambi:istintivamente lei si strinse a lui e guardò.
Veloci e spaventati per l’inarrestabile fuga passarono la cerva col suo piccolo e disparvero nella foresta…
-E’ salva?!- esclamò allora Meg -…ma…come?-
Poi lo guardò: era stato lui…aveva messo a rischio la vita,aveva messo da parte Christine,per impedire che il cacciatore colpisse…
Lui prevenne ogni suo gesto di gratitudine,voltandosi,respingendola. Sul viso un’espressione disorientata e dolente.
-…E’ stato più forte di me…- sillabò,quasi giustificandosi.Poi si irrigidì e domandò:-Perché Christine era sola?-
Meg avrebbe voluto ribattere,come al solito,che non faceva la spia.
Ma le sembrò inopportuno,e inutile.
A voce bassa,senza entusiasmo,rispose:
-Raoul è rientrato in Francia…-
Lui prese fiato,come volesse domandare oltre.Ma tacque.
-Del resto..qui Christine è al sicuro..- insinuò con malizia lei.
-No…non lo è…- rispose invece schiettamente Erik. –E nemmeno tu…-
-Perché dici questo?- domandò lei guardandolo negli occhi.
-Perché il vostro inseguitore è di nuovo sulle vostre tracce… E’ lui che ha quasi ucciso Nadir…-
-Guermantes?...ma gli Italiani…-
-Gli Italiani…-ghignò,un po’ sprezzante.- Ciechi,illusi idealisti….combattono solo a volto scoperto..-
Meg lo scrutò,interrogativa.
-Guermantes è …come me…infame,traditore…Non è il nemico adatto,per quei…’patrioti’!-
-Erik…- Meg pronunciò il suo nome con dolcezza;dolcemente provò a rimproverarlo –Tu…non sei quello che dici..-
Lui la fissò,con gli occhi di brace:
-No?...credevo di essere il peggiore degli uomini,piccola Giry!-
Lei gli sfiorò piano il torace,con un mesto sorriso.Poi,disarmante,dichiarò:
-Io…ti amo…-
Lui non riuscì a trattenersi;le prese la testa tra le mani,carezzandole piano i capelli.Poi le disse:
-Sai che non è possibile,Meg…Ora più che mai,non lo è…-
Ma intanto le baciava piano la fronte,gli occhi.Come se due persone si dibattessero in lui.
Quindi si chinò a cercarle anche le labbra.

Voi non sapete attendere,madamoiselle…

Meg sospirò profondamente.Ma si tirò indietro,gli sfuggì.
-Non è possibile?…allora...- Così dicendo arretrò,corse via ,raggiunse il suo cavallo e vi montò in groppa.
Erik fece il gesto di inseguirla,fermarla.
Ma poi la lasciò correre via al galoppo sul piccolo ponte di pietra.
E le sentì gridare,nel vento:
-Ma non rinuncerò!-


Dopo poco Meg si riuniva alla comitiva dei cacciatori.
Qualcuno di loro imprecava ancora.
-Se quel demonio non mi fosse comparso davanti,ora avremmo di che banchettare!-
-Tonio…smettila…Abbiamo preso il cinghiale!-
-…A rischio di farsi accoppare…e poi? Pouf! Scomparso…bel tipo!-
Raimondo le andò incontro:
-Oh..Margherita…eccovi…Stiamo rientrando….-
Meg gli sorrise,poi sbirciò verso Christine.L’amica era visibilmente turbata.Ma silenziosa,chiusa.
Mentre rientravano a Meg si affiancò il conte di Scandiano:
-Dove siete stata,durante la caccia?Non vi ho vista…-
-Ho preferito allontanarmi…non sopporto la vista di..delle prede…Sono stata alla rocca di San Leo…-
-A San Leo? A che fare?- le domandò l’uomo,con sospetto.
-La vedo sempre dalle mie finestre…speravo di poterla visitare…-
Quello le rispose con durezza,non smettendo di guardarla con ostile diffidenza:
-Non c’è niente da vedere a San Leo….ed è pericoloso che vi allontaniate così,signorina…Spero non debba ripetersi più…-
La fanciulla si sentì mortificata da quel rimprovero.Abbassò la testa,contrariata:
-Non accadrà…se lo ritenete così pericoloso…-
Poi però non attese risposta e,dato di sprone al suo cavallo,si distanziò da quell’uomo che le incuteva sempre una sensazione di disagio e soggezione insieme.


Ci fu un ricco banchetto allietato da innumerevoli portate di carne.Confusione,chiacchiere,convenevoli.Poi finalmente ognuno si ritirò nella sua stanza,a conclusione di quella lunga,stancante giornata.
Meg era seduta davanti alla sua toletta:sciolti i capelli,li ravviava stancamente,prima di andare a letto.
Un bussare leggero annunciò una visita.
-Chi è?-
-Meg…sono Christine…posso entrare?-
Così dicendo la soprano schiuse la porta e,fatti pochi passi,si venne a sedere ai piedi del letto,di fronte all’amica.
-Che cosa c’è Christine?...ti senti sola,ora che Raoul…-
La nuova arrivata volse la testa di lato,come colpita da un rimprovero.
Gli occhi le si riempirono di lacrime,ma le ricacciò indietro.
-Meg….Raoul non c’entra…-
-Allora…?-
-Meg…ma perché stamattina mi hai lasciata sola?-
-Ma…veramente ti sapevo in compagnia dei nostri ospiti…-rispose con indifferenza la ballerina.
-Gli ospiti erano intenti a cacciare…Io ero così triste…impacciata su quel cavallo…sola…A un certo punto ho preferito proseguire a piedi…-
-Si?-
-Camminavo al limitare della foresta,avevo raccolto dei fiori…Poi…-
-Poi?-
-Ho sollevato lo sguardo:lui era là!-
-Lui?...-
-Lui,Meg:il fantasma!-
Meg si alzò,guardò oltre la finestra:
-Non siamo più all’Opera,Christine…non ci sono fantasmi!-
-Allora…chiamalo nel modo che preferisci…il signor Dravic,se vuoi…Ma era lui:il mio angelo!-
La ballerina avvertì una fitta al cuore.Strinse i pugni e i denti,cercò di resistere.
-Angelo?....non era un demonio,qualche tempo fa?-
-Angelo o demonio…lui era là..mi guardava con quei suoi occhi ardenti come la brace…veniva verso di me…-
Meg prese fiato,le domandò:
-E tu?...che hai fatto?-
Christine si tenne il viso tra le mani,affranta:
-E’ una malia Meg…lui mi guarda ed io dimentico tutto ciò che è intorno a me…penso a lui,vedo solo lui,sento la sua musica che suona nella mia testa….Gli sono andata incontro- concluse,ammise.
-Oh…e..che cosa è accaduto?-
-Anche lui veniva verso di me…Non so cosa sarebbe potuto accadere…So che a un tratto,però,qualcosa lo ha distolto:è come se una forza opposta lo tirasse via…Ha spronato il cavallo al galoppo ed è sparito!...-
Meg chinò il capo;anche lei aveva gli occhi pieni di lacrime…Ma si fece forza,e disse all’amica:
-Tu dici che senti la sua musica…quale Christine? Da quando lo hai lasciato,lui…non ha scritto più un rigo!-
-E tu cosa ne sai?- ribattè l’altra,come scottata.
-Me lo disse lui stesso…quando riebbe tra le mani il suo violino…-
-Il violino? Quello che gli ha impegnato Raoul?- domandò lieta e incredula la soprano.
-Si…proprio quello…- ammise con falsa indifferenza Meg.
Christine stette un po’ a riflettere.
-Ma allora tu…tu lo sapevi chi era…che non era il signor Dravic?-
Meg non negò e non ammise.Celò il volto ,appoggiandolo alla mano ferita.Attese.
-Lo sapevi…lo hai sempre saputo…- si rispose Christine.
Poi le domandò: -Non disapprovarmi Meg…aiutami..dimmi che cosa debbo fare?-
La giovane Giry scosse la testa,con un sorriso amaro.
-Non lo so,Christine…non lo so…Probabilmente aspettare…-


babyphan15/2/2008, 21:31
L’attesa di novità fu piuttosto lunga.
Le due giovani donne trascorsero giorni inani,mentre l’autunno a poco a poco dorava la natura prosperosa,là in quel giardino profumato di villa Santacroce.
Per ingannare il tempo,Meg non aveva più nemmeno il piacere di tirare di scherma;mentre il padrone di casa andava spesso a caccia,lei e Christine avevano cominciato a dipingere,sollecitate proprio da Raimondo.
Copiavano dei quadretti un po’ stereotipati dei paesaggi circostanti,o provavano a riprodurre la natura che trascolorava intorno a loro.
Ma Meg quando doveva lavorare d’estro,non faceva che ripetere le stesse immagini:la rocca,il bosco,un’ombra a cavallo…
-Che vita inutile!...io non ne posso più!- sbottò una mattina la ballerina,buttando all’aria pennello e tavolozza.
-Meg!...che vuoi fare?-
-Uscire di qui…andare via…Non capisci che mi sento prigioniera!-
-Non è prudente Meg…- cercò di trattenerla l’amica.
Ma lei aveva chiamato uno dei servitori e gli aveva chiesto di sellarle un cavallo.
-Aspetta…-
Montata a cavallo,invece,la ragazza aveva dato di sprone ed era uscita dalla corte,via,più veloce che potesse…
Era arrivata così fino alle porte della città,al galoppo.Voleva uscire,andare via.Poi però aveva trattenuto il cavallo.Qualcuno stava entrando nella rocca.
Era smontata in fretta,andando incontro al nuovo venuto,che procedeva su un carro scoperto,con a fianco Bonfanti.
-Monsieur…Signor Sillani! Ernesto!-
-Signorina Gi…- stava per risponderle,sorridente,l’attore.Ma una gomitata dell’amico lo trattenne in tempo – Margherita!-
Smontato anch’egli da cassetta,mentre Andrea si occupava del disbrigo delle pratiche d’ingresso,il capocomico abbracciò con slancio la sua giovane amica.Erano entrambi felici di rivedersi e per qualche secondo,rimasero in silenzio a guardarsi negli occhi,senza parlare.
Non fecero caso ad un’altra carrozza scura che poco dopo entrò in città.
-Sono così felice di vedervi,Ernesto! State bene,ora? E il vostro piccolo?-
-Piano,piano…Margherita…Sono ancora…frastornato…- le rispose quello,ammiccando appena.
-Scusatemi…avete ragione…-
Li raggiunse anche Bonfanti e scambiarono qualche convenevole.
Poi si recarono insieme a villa Santacroce.
Meg non vedeva l’ora di potersi isolare un po’ con l’amico di sempre,raccontargli,domandargli…
-Raimondo?-
-E’ uscito a caccia…Ma voi,trattenetevi qui…- chiese,quasi supplichevole.
Con stupore,però,si accorsero che una carrozza scura era ospitata all’interno della corte.Si guardarono interrogativamente,ma prima di spiegarsi di cosa si trattasse,videro un individuo piuttosto corpulento,vestito da gentiluomo,montarvi a bordo,dopo aver salutato da lontano con teatrali movimenti Christine,ferma sullo scalone d’ingresso.
Dopo di chè,il suo cocchiere aveva girato la carrozza e si erano allontanati,senza degnarli di un’occhiata.
-Chi era quello?- domandò sospettoso Bonfanti.
-Non saprei…- rispose Meg – Eppure vi è in lui qualcosa di familiare…Christine ci spiegherà!-
Ma Andrea preferì sincerarsi da solo,forse,di quella inattesa presenza e,lasciati i due all’ingresso della villa,si allontanò senza spiegazioni.
Christine faceva loro segno di avvicinarsi.E nel contempo andava loro incontro:
-Meg…non lo hai riconosciuto?-
-Mi sembrava…ma…?-
-Era Piangi,il tenore! Ti ricorderai di lui…Oh monsieur Sillani…ma voi?-
-Sono vivo,già…- ammise quello con un sorrisetto che solo Meg comprese.
-Ma dimmi cosa è venuto a fare qui Piangi?...non sapevo più nulla di lui…-
-Mi ha portato una lettera di Raoul…eccola…Io…vorrei leggerla,se permettete…- disse,chiedendo con gli occhi di potersi ritirare.
-Fa’ pure…-
-Prego,madame…ci mancherebbe…-
Meg era perplessa:Piangi lì? …a fare amichevolmente da postino? E sua moglie,Carlotta? C’era anche lei?..Un brivido le percorse la schiena:ricordò l’ultima volta che li aveva visti…ricordò…
-Avete freddo,Meg? Volete che rientriamo anche noi?-le domandò sollecito il capocomico.
-No…non è nulla Ernesto…- Lo guardò:era davvero felice di vederlo,di avere finalmente il tempo di parlare con lui. –venite,anzi…voglio mostrarvi il mio angolo preferito…-
E così si ritirarono su una panca di pietra,dalla quale si poteva ammirare uno scorcio della vallata baciati dal sole fino al tramonto.
-Sapete?....sono stata a San Leo!- gli confidò,sperando che in qualche modo lui potesse confermarle la buona intuizione.
-A che fare?- le chiese quello,stupito.
-Bè…è l’antico feudo dei Montefeltro…- insistè,sperando ancora in un minimo accenno.
-Ah…lo so…ma se volevate visitare qualcosa di bello,allora meglio il Castello di Gradara…-rispose lui,indifferente.
Meg era delusa.Ma forse,se avesse parlato con chiarezza…
-So che l’ultimo discendente dei Montefeltro,Guido…è ancora vivo…-
Sillani era sempre più estraneo a quella conversazione:
-Il cardinale? Avrà novant’anni…-
Meg sospirò.Era un buco nell’acqua,ancora una volta…
-Ma non riesco a capire tutto questo vostro interesse?...San Leo è una rocca inospitale,una prigione..L’amministratore del cardinale di tanto in tanto,e con estrema difficoltà,l’affitta a qualche viaggiatore eccentrico…Ho sentito dire che di recente la abita un…misantropo…Nessuno lo ha mai visto…uno spettro!-
Alla fanciulla il cuore si strinse in un pugno.


Già… Un fantasma…


-Invece Gradara…-Sillani cominciò a magnificare le bellezze di quest’altro castello,meta di tanti visitatori.
Meg lo interruppe,bruscamente.
-Vi prego! Non ho nessuna velleità turistica! Io voglio sapere chi era l’uomo con cui mia madre….-
-Ernesto!...- una voce li interruppe,prima che Meg potesse concludere la frase.Si volsero a guardare i nuovi arrivati:Raimondo,il conte di Scandiano e Bonfanti.
Il capocomico si alzò;si strinsero le mani ,si guardarono negli occhi.A Meg vennero in mente le parole di Erik - ‘Gli Italiani,ciechi,illusi,idealisti…combattono solo a volto scoperto’-…
Era chiaro che fra tutti loro esisteva un’amicizia profonda,radicata nella condivisione di ideali,nella partecipazione alla stessa lotta.


Rientrarono tutti insieme,ma presto gli uomini,in vista della cena,la congedarono.Li vide sparire nella biblioteca,immaginò avrebbero parlato di cose da cui ritenevano opportuno escluderla.
Si ritirò allora nella sua stanza.Ma pochi minuti dopo Christine venne a cercarla.
-Meg….-
-Christine? Che c’è? Brutte notizie?-
-No…cioè…Raoul è piuttosto telegrafico…Ci teneva a dirmi che sta bene e mi pensa…E che farà di tutto per tornare quanto prima…-
-E allora?-
-Non so…Mi manca…e mi sento così inutile…-
-Ti capisco...-
-Sai,rivedere Piangi…mi ha fatto uno strano effetto…-
-Già…ma come mai è qui? E sua moglie?-
-Hanno divorziato…Lui non può più cantare…però adesso allestisce spettacoli,scopre e sostiene giovani talenti…-

Sorridi,Christine.Stai pensando al teatro,al tuo esordio…alla tua carriera.Tu amavi il canto.E amavi l’Opera…E forse amavi Erik.Per questo.


-Perché mi guardi così?- le domandò l’amica. –Meg,sei così turbata e triste a volte…Che cosa c’è? Perché non me ne parli? Io…ti sono amica,lo sai…-
Meg sospirò,pensando che cosa sarebbe potuto succedere se avesse confidato a Christine tutti i suoi segreti… Ma prima che potesse darsi una risposta,furono avvertite che la cena era servita.


babyphan19/2/2008, 18:58
-Ho saputo,viscontessa,che avete ricevuto una visita,nel pomeriggio…-
La cena sembrava dover procedere tra i soliti convenevoli,quando era risuonata la voce del conte di Scandiano,isolata in uno strano silenzio.
-Ah si…un caro vecchio amico…abbiamo lavorato insieme all’Opera di Parigi:il tenore Piangi…-
-Già…Era da tempo che non se ne sentiva parlare…-commentò Raimondo.
-E’ stato a lungo male…sapete,quando vi fu l’incendio…- Christine era piuttosto in difficoltà a riparlare di quell’episodio,che l’aveva vista protagonista…Lanciò un’occhiata significativa a meg,sperando che le fosse solidale.La ballerina abbassò gli occhi e non soggiunse nulla.
-…Infatti non canta più…Però allestisce feste e sostiene giovani artisti…-
-Splendido.- commentò senza entusiasmo il conte di Scandiano.Meg sollevò lo sguardo su di lui,ma continuò a non parlare.
-Ho saputo che vi ha portato una lettera di vostro marito…-
-Oh si!...ne avevo tanto bisogno…-
-Strano che vi abbia scritto…gli avevo raccomandato personalmente di evitarlo…- proseguì quello – Siete sicurissima si tratti di una lettera autentica?-
Christine era impallidita e disorientata:
-Ma…io…-
Finalmente Meg si intromise:
-A quale scopo pensate che Piangi possa averle mentito,conte?-
-Ma..non può avermi mentito!- ribattè la soprano.
Raimondo aveva rivolto un’occhiataccia all’amico;il Visconte si era raccomandato di non mettere in agitazione la giovane moglie,di proteggerla senza turbarla…
Scandiano finse di non aver notato né l’occhiataccia,né la difesa di Christine e si rivolse a Meg.
-…Per farla venire allo scoperto…C’è qualcuno che vi cerca,signorina:non dimenticate che siete qui proprio per nascondervi!-
-Ma Piangi è un amico,monsieur…E’ stato Raoul a dirgli che eravamo qui:Raoul si è fidato di lui!-
L’uomo tacque,benché avesse ancora da ribattere.


-Non vi trattenete Ernesto,per stanotte?-
-No…preferisco rientrare..-
-Allora aspettate:indosso un soprabito e vi accompagno almeno all’ingresso della città…-
Meg corse su per le scale:voleva restare ancora qualche minuto da sola con il suo amico,l’unico che oltre a confortarla poteva finalmente svelarle qualche mistero.
Si precipitò quindi giù,per raggiungerlo,ma passando dalla biblioteca,la cui porta era appena socchiusa,non potè fare a meno di sentire due voci discutere animatamente.
-Non è detto che quel Piangi debba essere una spia…-
-No? E se invece lo fosse?...Ormai quella canaglia sarà già sicuro che sono entrambe qui…E magari pensa di prendere con loro due piccioni con una fava…-
-Guido…ormai noi ne siamo fuori…-
-No! Non ne siamo fuori…non io:con quel serpente ho un conto in sospeso da tempo…E sai cosa ti dico? Ebbene,che venga:così lo saldiamo una volta per tutte!-
Meg scappò fuori appena un attimo prima che la porta si aprisse e ne uscisse furente chi aveva parlato.
Sillani la aspettava affacciato al belvedere.La sentì arrivare di corsa.
-Tutto bene?-
Meg prese fiato.
-Si…monsieur Sillani,voglio la verità:chi è questo Guermantes,che cosa cerca?-
L’attore sospirò.
-Quello che sapevo,ve l’ho già detto,Meg…-
-No…voi non mi avete detto nulla.Io sono circondata da reticenze,silenzi…Io voglio sapere da chi mi debbo difendere,una volta per tutte!-
-Guermantes è uno sbirro..un maledetto sbirro che comandava la polizia di Parigi negli anni delle guerre di indipendenza in Italia…Lui…aveva compreso che molti patrioti si appoggiavano alla Commedie Italienne per rifugiarsi in Francia…E uno ad uno ci stava facendo arrestare tutti:sono convinto che riscuotesse del danaro,per questo…Grazie a Dio,qualcuno…che voi conoscete molto bene ci fornì la possibilità di salvarci…-
-Mia madre?-
-Si….lei ci aiutò,nascondendo molti di noi nell’Opera…-
-Oh…-
-Successe tre,quattro volte…Poi…Guermantes cominciò ad avere dei sospetti:e inserì le sue spie anche nel Teatro Populaire…Lui cercava in particolare uno di noi,convinto che fosse il perno della lotta di liberazione italiana…Per fortuna non riuscì mai a prenderlo…-
-Capisco…-
-Ma a pagarne il prezzo fu proprio vostra madre…Lui la teneva costantemente sotto controllo:sperava in un suo sia pur minimo errore,per poter sfogare contro di lei la frustrazione del fallimento…-
-Oh…-
-Fino all’ultimo,anche quando ormai erano passati dieci anni da allora,non aveva dimenticato…E…e quando vostra madre venne a cercare aiuto per voi e per lei presso i nostri circoli,all’indomani di Sedan…lui la fece seguire e…l’arrestò,come una delinquente comune!-
-Che cosa? Volete dire che questo Guermantes è il responsabile dell’arresto di mia madre?-
Sillani chinò il capo,assentendo.
-E’ un uomo senza scrupoli…avido,ambizioso,vendicativo…E’ passato da un padrone all’altro,ma ora è un cane sciolto,che vuole impossessarsi delle ricchezze del Visconte,possibilmente senza lasciare testimoni…-
Meg sentì la rabbia montarle nel cuore.Una rabbia che le faceva desiderare di incontrare quell’assassino e fronteggiarlo…si!
-Ora debbo andare…forse vi ho raccontato più di quanto avrei dovuto:state attenta,madamoiselle…badate a voi! E ricordatevi che qui siete tra amici…-


Il teatro è gremito come ogni sera…ma c’è una strana tensione...I gendarmi! Sono d’appertutto!Chi cercano?...
Ecco ci chiamano sulla scena…dobbiamo eseguire il nostro numero…prima fila petit- pas,seconda petit-pas …Une –deux- trois..
Piroetta…serpentina…inchino e…
Ma che accade?
La musica è assordante,l’aria sembra intrisa di terrore…
Un uomo! Un uomo cade giù e rimane a penzolare con una corda al collo…E’ orribileeee




Meg si strappò a quell’incubo con forza.Il cuore le batteva ancora,come impazzito.
Era da tanto che non sognava più Parigi,l’Opera…
I discorsi di Ernesto forse le avevano rievocato quel mondo…
E non solo.
Meg si alzò dal letto.Albeggiava.
Di fronte a lei,dalla bruma emergeva la rocca di San Leo.

Tu lo sapevi,vero? Sapevi di mia madre…
Asserragliato nel tuo castello…credi di essere irraggiungibile?No,questa volta mi dovrai raccontare la verità,Erik!


Si vestì in fretta:indossò dei calzoni da uomo e una giacca di foggia maschile,si avvolse in un pastrano;legò i capelli e li nascose sotto a un cappello da cacciatore.
Diede ancora uno sguardo alla rocca,quindi uscì dalla stanza.
Scivolò silenziosa di piano in piano,quindi raggiunse l’androne con le scuderie;sellò il suo morello e cautamente lo condusse al di fuori del palazzo.
Sempre senza montarvi in groppa si allungò verso la fila di carri che uscivano dalla città,confondendosi con essi.
E poco dopo,finalmente,fu fuori dalle mura della repubblica.
Montò finalmente a cavallo e via,al galoppo,per il pendio scosceso lungo il fianco del monte Titano,giù giù,tra i boschi per sfuggire all’occhio dello sparviero che controllava ogni cosa da lassù…
Finalmente arrivata a valle,cercò il ruscello:era ingrossato dall’ultima volta che lo aveva visto,ma questo non la spaventò.
Spronò il suo cavallo e lo guadò con facilità; poi via,lungo la salita di pietra.Eccola di nuovo davanti alla rocca,eccola fermarsi davanti al pesante portone.
Qui,smontò e –tenendo la sua cavalcatura per le briglie – si accostò all’uscio,provò ad aprirlo.
Era chiuso!
Meg iniziò a bussare,sollevando l’anello di ferro,ormai corroso dalla ruggine.
Man mano,un’energia strana le faceva infondere sempre più forza a quel gesto,insistente,estenuante;sentì la sua voce chiamare,gridare: -Aprimi! Fammi entrare! Apri!-
Inutile…
La giovane donna scosse la testa,incredula e disperata.

Lui solo può decidere se e quando accogliermi?perchè,perché mi fa questo?

Graffiò con la mano contro il legno scuro del portone,poi arretrò fino al suo cavallo.
Sconfitta vi rimontò,ma in quella si accorse che Erik a cavallo del suo baio stava risalendo verso la fortezza dalla parte opposta alla sua.
L’uomo non l’aveva notata.Procedeva piano,guardandosi appena intorno con quel suo cipiglio superbo;più spesso teneva lo sguardo distante.
Meg gli andò incontro,gli tagliò addirittura la strada.
-Che diamine!- imprecò lui,all’inizio senza riconoscerla.
-Sorpreso,signor Dravic?...Sono proprio io…-
-Che cosa vuoi?- le domandò lasciando che gli si affiancasse e precedendola verso un ingresso laterale che alla fanciulla era ignoto.
Qui l’uomo smontò dal suo cavallo,che si ritirò verso l’abbeveratoio;Meg imitò il padrone di casa.
Gli si fermò di fronte.
-Voglio sapere la verità! La verità su mia madre,una volta per tutte!-
Lui cercò di evitarla,proseguendo in una serie di piccoli gesti irritanti,volgendole le spalle.Meg gli afferrò un gomito e provò a strattonarlo.
Erik si volse furente.
-Non permetterti di toccarmi…-
La sua voce e il suo sguardo la ferirono e spaventarono insieme.Chi era quell’estraneo che la trattava così?
Prese fiato,cercò di controllare il fremito nella voce.
-No certo…non mi permetterò…Che diritto ne avrei,poi?- gli ribattè,con amarezza.
Lui la afferrò per le spalle indispettito,la scosse;il cappellaccio le cadde scoprendo i capelli biondi che ricaddero fluenti sulle spalle e le braccia.Allora lo sguardo di Erik da gelido sembrò avvampare;la stretta delle mani si fece più forte e intensa;e al tempo stesso con quella morsa la teneva disperatamente a distanza.
-Che cosa vuoi,da me,Meg Giry?-
Per un attimo Meg ebbe l’impercettibile intuizione che in quel momento avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cosa…Ma fu un attimo,e non seppe o non volle approfittarne.
Anzi,improvvisamente docile,gli rispose:
-Solo…che tu mi dica la verità su mia madre…Tu la conosci…-
Erik la lasciò libera;le mani gli ricaddero lungo i fianchi,la testa si chinò.
-Vieni…- le disse poi,sospingendola verso l’interno della fortezza.



babyphan25/2/2008, 12:13
Attraverso un corridoio di pietra,Erik introdusse Meg in un ambiente che forse,in passato,era stato destinato alle udienze con gli ospiti:era grande e spoglio in gran parte;su una parete un alto camino di travertino,in cui appena appena fumava della brace.
La ballerina ebbe freddo:quel luogo le incuteva una sensazione di squallore e desolazione.
Mancava la vita palpitante della natura,come l’avevano condivisa nel viaggio attraverso l’Appennino…
-Siedi,se sei stanca…- le disse lui,indicandole una severa poltrona di legno,davanti al camino.
Quindi riattizzò appena il fuoco che moriva.
-No…io resto in piedi…-rifiutò lei,in attesa.
Allora lui guardando le faville rincorrersi salendo verso la cappa,riprese il discorso interrotto nelle scuderie:
-La verità su tua madre… credi sia facile dire la verità di una persona?Una persona non comune,come era lei?-
-Prova…almeno- ammise lei. –Che cosa è accaduto tra lei e gli Italiani,tanti anni fa?-

Erik tornò indietro nel tempo;la memoria lo riportò ai suoi primi anni nascosto nel ventre scuro dell’Opera,spaventato da un mondo a cui faceva spavento,nemico di un mondo che lo additava come nemico.
Ridotto a un fantasma,che non ha corpo né volto,ma solo spirito…
Erano gli anni in cui febbrilmente aveva costruito il suo regno di tenebre,là,nel cuore del teatro,proprio sotto il palcoscenico:in cui aveva imbevuto la sua mente di tutto ciò che gli era negato,la vera bellezza:musica,arte,letteratura…Gli anni in cui al suo disperato efflato di umanità rispondeva unicamente il pensiero della sua cara amica…Solo solo solo…tra fantasmi come lui!
Una notte,intento a comporre sul suo organo,avvertì qualcuno avvicinarsi al suo rifugio.
Impugnò la torcia e avanzò nel buio:intravide due sagome,poi udì un tonfo e un grido…
-Erik!...aspettate,sono io!-
Era Magdalene,in compagnia di qualcuno;un malcapitato intruso che per poco non sarebbe annegato nella Senna…
Madame Giry gli andò incontro,agitata e trepidante:
-Erik!-
-Voi?...Non vi vedevo qui da anni…-
-Ascoltate…io ho bisogno del vostro aiuto…-
Aveva gettato un occhio all’intruso,era arretrato riluttante.
-Non dovete fare nulla,Erik…solo permettere che si nasconda qui,per qualche giorno…Me ne occuperò io stessa!E’ un’emergenza…-
Con un gesto di stizza,più che di assenso,aveva concesso che la cosa accadesse;ma si era rintanato nei recessi più oscuri del suo covo,per non vedere,per non incontrare…Solo solo solo…

-Tua madre mi chiese di aiutarla a nascondere un rifugiato nei sotterranei...
-E poi…che accadde?- gli domandò timida Meg.
-Dopo quell’uomo,ve ne furono altri,credo…Tua madre mise a rischio la sua incolumità,più d’una volta.Ma era sicura …- Erik non concluse la frase.
Forse alludeva al fatto che Magdaleine era sicura che nessuno si sarebbe addentrato nel covo del Fantasma…
-Tra…tra quei signori…c’era anche …qualcuno le cui iniziali erano…G.M.?-


Di nuovo Erik sembrò distante.
I suoi occhi attratti dallo stormire degli alberi,oltre l’alta finestra della sala.
Aveva evitato ogni contatto con quei ‘rifugiati’.Ma…era là.Assisteva alle loro discussioni,ascoltava i loro discorsi di pazzi idealisti…E una notte vide anche qualcos’altro…
Quella notte la voce di m.me Giry aveva una sfumatura di trepidante eccitazione;un tono che Erik non le aveva mai sentito;che nessuno mai gli aveva rivolto….Un richiamo carico di promesse e di attese insieme.
-Guido!....sono Magdaleine…-
-Magdalene…cara! Amor mio….Sei venuta,dunque…-
-Si…-
E poi quel silenzio carico di sospiri,e l’aria tetra del covo impregnarsi di incandescenti vibrazioni…come se tutto il buio di fronte a lui ansimasse di passione…
-Vorrei portarti via con me,Magdaleine…verresti?-
-Ah Guido…e me lo chiedi?...-
-Ora però è troppo pericoloso,amor mio…Ma tornerò,tornerò e verrai via con me!-


Dopo un lungo silenzio Erik rispose:
-Già,Guido…-
-Guido? Era questo il suo nome?...-lo incalzò Meg.
-Si...- sillabò lui:dentro il suo petto di nuovo la tempesta di odio,dolore,disperazione che gli aveva lacerato il cuore quando ebbe compreso che anche l’unica sua amica,un giorno o l’altro sarebbe andata via…Sarebbe successo,lo sapeva…prima o poi sarebbe accaduto:meglio staccarsi da lei,meglio distanziarla,separarsene,tenerla il più lontano possibile…
Meg intanto faceva mente locale domandandosi chi tra i suoi ospiti si chiamasse Guido;no,era un nome che non aveva mai sentito fare…anzi no! La sera prima…
-E chi è?- gli domandò allora,incurante della dolorosa reticenza di lui.-E’ qui?-
Erik sollevò lo sguardo su di lei;quella conversazione lo addolorava…Ma Meg era così ansiosa;la sua voce sembrò scuoterlo.Restituirgli il controllo di sé.
-E’ qui,certo…- disse in tono pacato,distante.
Meg si interrogava su chi potesse essere;ma poi tornò a farsi domande sul passato e incalzò di nuovo Erik.
-Che cosa..che cosa accadde tra lui e mia madre?...Perchè finì?-
-Lo ignoro.- fu la secca risposta di lui. –Egli partì e per anni non si vide più…Intanto Guermantes aveva intuito qualcosa e seminò le sue spie nel teatro- qui egli ghignò,con crudele compiacimento;Meg rabbrividì.
-…Tua madre fu costretta ad andare via,per sfuggire a quello sbirro maledetto…Tornò dopo qualche anno:aveva cambiato cognome e aveva una bambina con sé…Tu.- la guardò,con una sfumatura di inaspettata tenerezza e rimpianto.
-Già…ricordo quando mi portò all’Opera…Mi sembrò così bello e al tempo stesso così opprimente…Venivamo dalla campagna e quando varcammo la prima volta il palcoscenico e il sipario calò sulla scena,ebbi la sensazione che la porta di una prigione si chiudesse dietro di me…E fu proprio così:a teatro mia madre cambiò…Divenne severa,occhiuta,rigida…Non mi permetteva nulla…Mi trattava come una delle sue alunne…Per fortuna poi arrivò Christine…-
Ognuno di loro inseguì allora le sue memorie,le memorie di quegli anni lontani…
Erik aveva riversato su quella bambina dalla voce d’angelo tutta la sua attenzione:l’aveva coltivata come un fiore nella sua serra e s’era illuso che lei non lo avrebbe mai lasciato…no,erano uno spirito e una voce,legati insieme…
Meg s’era vista poco alla volta restituire la libertà;ma quella madre che amava le era sembrata sempre più distante,quasi più legata alla nuova venuta che a lei…
-…E quel Guido? Non tornò più?- domandò a un tratto la giovane donna,cercando di distogliere il pensiero dai ricordi dolorosi vissuti sulla propria pelle.
-Si.Come aveva promesso,tornò.Ma tua madre non volle seguirlo.- anche Erik cercò di concentrarsi su quest’altra storia.
-Perché? Perché non volle andare con lui?- domandò allora incredula,delusa Meg.
L’uomo sollevò le spalle,indifferente:
-Era troppo legata al teatro:quella era la sua vita,la sua casa…Sciocco lui che aveva creduto di poterle offrire qualsiasi alternativa…-

Il teatro,l’Opera…Possibile che mia madre lo anteponesse all’amore di un uomo,un uomo per cui aveva combattuto e rischiato?...Mia madre come Christine?anche lei,rimpiange l’Opera…Alla vista di Piangi,al ricordo del palcoscenico,il suo cuore ha rimosso ogni altro pensiero…L’Operà…quella odiosa prigione d’oro e orpelli…
No,io non posso credere a questa spiegazione…


-No!...mia madre non è rimasta per il teatro…Se ha rinunciato all’uomo che amava…è stato…è stato per te,Erik!-
-Ma che dici? Che ne vuoi sapere tu,che non eri nemmeno nata…!-
-Lo so…lo so perché lo dice proprio lui,G.M!Mia madre non ti avrebbe mai lasciato solo…mai…-
-Taci!...Magdalene era generosa,ma per me provava solo pietà…-
-E invece io ti dico che c’è ancora qualcosa che non sappiamo…e che mia madre ti ha voluto bene,Erik…e non ti ha mai lasciato solo!-
Meg gli si era avvicinata,gli aveva afferrato il braccio e cercava di persuaderlo con la forza del suo slancio appassionato,ancora una volta ignara dei pensieri che riusciva a suscitare nell’animo combattuto,lacerato di lui.
…Ah…se Magdalene fosse stata come lei…Ma Magdalene non c’era più:e invece Meg era là,davanti a lui…bella,viva,pulsante di passione…
Ora i loro sguardi si erano incontrati…e Meg intuiva che la tempesta negli occhi di lui la riguardava…
-…Ti ha voluto bene…( come te ne saprei volere io…-avrebbe soggiunto)-
Lui l’abbracciò quasi con violenza e nascondendo il viso nei suoi capelli,cercò di placare la sua sete di conforto,di certezze in quella stretta convulsa...
Poi a poco a poco si calmò.Con distacco pacato le parlò di nuovo:
- Volevi la verità su tua madre?...eccola piccola Giry…Da una parte il coraggio di sfidare le ingiustizie,dall’altro la paura di vivere al di fuori del suo piccolo mondo:lei volle morire là,te ne ricordi?...-

…si,me lo ricordo.Eppure…

-Ora che hai saputo quello che volevi,credo che questo penoso colloquio possa terminare qui.-
La giovane donna indossò di nuovo il suo soprabito e il cappellaccio e con un profondo sospiro si preparò ad andare via.
Ma prima lasciò scivolare queste ultime parole:
-Piangi è a San Marino…-

Ecco…ho fatto la spia…In fondo è tutto quello che lui vuole da me:informazione per informazione…

-Che hai detto?- l’uomo la trattenne sulla soglia.
-Piangi,l’ex tenore…E’ arrivato ieri…con una lettera di Raoul per Christine…-
-Nadir!- il tono autoritario,l’energia dominata da un oscuro disegno,l’espressione del volto enigmatica e terribile:Erik era tornato nelle vesti di sempre.


Edited by arielcips - 4/1/2009, 22:21
 
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view post Posted on 4/4/2008, 22:39
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babyphan
view post Posted on 4/4/2008, 22:41




babyphan26/2/2008, 16:18
Meg rientrò alla rocca senza dar conto a nessuno dei suoi movimenti.
Corse nella sua stanza,agitata,ansiosa.
Aprì la scatola,ne tirò fuori le lettere,cercò l’ultima:

Marsiglia,12 febbraio 1861
‘Signora Giry,
Parto,rientro finalmente in Italia.
Credevo di poter andare via così,senza aggiungere altro al nostro ultimo incontro.
Tuttavia,poiché si tratta di un addio,qualcosa voglio dirvelo…
Quelle che avete accampato con me sono soltanto scuse:siete vedova,signora.
Potrei occuparmi di voi e della vostra bambina,se solo voleste lasciare quel teatro a cui sembrate affezionata più di ogni cosa al mondo…
Perché?
La verità è che voi non riuscite a staccarvi da…da quel povero infelice…
Ed ora credo di saperne il perché…
Peccato,madame…Avete rinunciato.
Ma ve ne pentirete:egli vi trascinerà nella sua stessa rovina…e non ci sarò io,a fianco a voi,a salvarvi.
Addio,signora…
Mi firmo sempre vostro

G.M.’


Potrei occuparmi di voi e della vostra bambina,se solo voleste lasciare quel teatro a cui sembrate affezionata più di ogni cosa al mondo…
Perché?
La verità è che voi non riuscite a staccarvi da…da quel povero infelice…
Ed ora credo di saperne il perché…
Peccato,madame…Avete rinunciato.
Ma ve ne pentirete:egli vi trascinerà nella sua stessa rovina…e non ci sarò io,a fianco a voi,a salvarvi…Che cosa intendeva dire? Perché questa fine così triste?...

Qualcuno bussò alla porta.
-Meg? Va tutto bene?-
Christine!...
-Si certo…tutto bene…ti raggiungo in giardino tra poco…- se ne liberò in fretta.
Iniziò a spogliarsi di quei ridicoli abiti maschili.Poi si interruppe:non aveva voglia di trascorrere un’ altra giornata a dipingere copie di copie…
Aveva bisogno d’altro…
Scese nell’armeria:aveva legato i capelli e indossato la camicia e il gilet .Impugnò un sottile fioretto e cominciò a sfidarsi davanti allo specchio.La lama fendeva l’aria sibilando con violenza,più simile a uno staffile che a una spada.
-Vi avevo cercata,signorina…eccovi finalmente!-
Una voce l’aveva fatta sussultare;si volse impugnando l’arma pronta all’offesa.
-Si direbbe che vogliate infilzarmi!- era il conte di Scandiano,che le si rivolgeva sempre con un tono tra il diffidente e l’ironico.
Meg ritirò la spada:
-Vogliate scusarmi…sono solo un po’ agitata e il vostro arrivo di sorpresa…-
-Dove siete stata,stamane?-
Meg nicchiò.
-A fare una passeggiata a cavallo…-
-Sapete bene che è imprudente,vero?-
-Ho preso le mie precauzioni…nessuno mi ha vista e se anche fosse…ero abbastanza poco riconoscibile…-
-E la meta della cavalcata?-
-…Senza meta…- rispose,abbassando lo sguardo.
Lui finse di crederle.Almeno non ribattè.
Aveva intanto impugnato anch’egli una lama e col gesto invitò Meg a incrociarla con lui:
-Volete…?-
-Certo! – e si mise in guardia.
Questa volta non aggredì l’avversario,ma iniziò a studiarlo,scambiando solo pochi colpi mirati.
-Avete fatto tesoro del mio consiglio,a quanto pare…-
-Già…Cerco sempre di correggermi,laddove sbaglio…Me lo ha insegnato mia madre…-
Si scambiarono ancora delle stoccate,ma nessuno dei due affondava.
-Immagino sappiate di chi sto parlando…E sappiate anche il mio vero nome…- continuò lei,tendando di sorprenderlo nel contempo con un assalto indiretto.
Lui sembrava concentrato nella difesa.Però poi rispose:
-Naturalmente…-
Meg si interruppe.Si fermò improvvisamente,tenendo la spada tra le mani.
-Ebbene?-
-Ebbene…Per me è penoso tutto questo silenzio,questo nascondersi,questo non poterne parlare!-
-A quanto pare,quella che ha dei segreti siete proprio voi,signorina!- la redarguì lui.
-Non…non è come pensate…- Meg aveva ripreso il falso combattimento.Ma l’emozione l’aveva resa di nuovo incauta.L’uomo stava per avere la meglio su di lei.
In quella entrò nell’armeria Raimondo:
-Ah Guido…eccoti,finalmente!-
L’uomo si distrasse.
Meg istintivamente ne approfittò,per toccare.E al tempo stesso trasalì:’Quello era Guido?’
Scandiano subì la sconfitta piuttosto contrariato:si scambiò con Meg il solito sguardo fugace,di disappunto impastato a una strana forma di ammirazione.
-Dimmi Raimondo…novità?-
-Si…mi è stato recapitato questo biglietto da visita da parte di quel Piangi…Chiede di essere ricevuto…-
-Bene…Voi che ne dite signorina? Avete piacere di incontrare un vecchio amico?...signorina?-
La ballerina sembrava rapita e imbarazzata insieme;certo non aveva prestato attenzione allo scambio di battute tra i due ospiti…
-Allora? Qualcosa non va?- chiese sempre piuttosto diffidente il conte di Scandiano.
-No..perdonatemi…Dicevate?-


Nel pomeriggio annunciato dall’acciottolio della carrozza sul lastricato del cortile,arrivò dunque il tenore Piangi.
Indossava eleganti abiti borghesi ,ma intorno alla gola portava una bianca sciarpa di seta a difendere non la voce –che ormai non gli serviva più– quanto le cicatrici che ancora gli rimanevano vistose dalla triste avventura di Parigi…
Era tronfio e borioso più del solito,almeno con le maestranze che gli ruotavano intorno.
Davanti al padrone di casa,tuttavia si profuse in un grottesco inchino che lo rassomigliò molto a un pinguino.
-Maestro…sono lieto di conoscervi…-
-Grazie,grazie mille…- disse salendo la scalinata,in cima alla quale lo attendevano Christine e Meg.
-Viscontessa…- altro inchino con baciamano. –Oh…anche voi qui,madamoiselle?- disse poi rivolgendosi a Meg,piuttosto frettoloso e arrogante.
Quindi finalmente entrò nel salone e mentre i domestici servivano il tè,dopo ancora qualche convenevole di rito,finalmente la conversazione si fece interessante.
-Eeeh…la situazione in Francia è ancora molto tesa,incandescente…-
-Davvero? Da quanto tempo siete rientrato?-
-Poco meno di tre giorni…-
-La nostra ospite ci diceva che vi avete incontrato suo marito,il visconte…-
-Già…- aveva un’aria abbattuta,ora;l’aria falsamente abbattuta che Meg gli conosceva bene,avendolo visto ‘recitare’ sulla scena.
-Che cosa c’è?- gli chiese Raimondo.
-Ecco…Non so se la Viscontessa mi autorizza a…-
Christine lo guardo interrogativa.
-Ecco…non conosco il contenuto della lettera,ma immagino che abbia accennato al…bisogno di denaro che…-
La soprano aggrottò le sopracciglia.No,Raoul non le diceva nulla di ciò…
-Oh…forse non dovrei,magari il Visconte avrebbe preferito che…- recitava male,Piangi;eppure tutti sembravano dargli credito.E più di ogni altro Christine:
-Dite,invece…parlate,dunque!-
-Lui ha assoluto bisogno di denaro…Ormai nel caos in cui si trova la Francia,solo la moneta sonante può ottenere qualcosa:non c’è legge,non c’è stato…non c’è nulla!-
-Oh…E come possiamo fare? Cosa?...noi qui siamo solo ospiti,non possediamo nulla…-
-Si potrebbe provare a raccogliere qualcosa tra gli ex patrioti…-pensò Raimondo ad alta voce.
- Certo…sarebbe già un aiuto…ma…-
-Ma? Parlate…magari avete un’altra idea?-
-Io non oso…però,viscontessa…voi potreste fare molto di più!voi siete Christine Daaè!-
La battuta era stata pronunziata ad effetto;ma in quel momento entrava nella stanza il conte di Scandiano a rovinare la scena a Piangi che lo guardò torvo.
-Buona sera…-
-Oh…il signor conte…-
-Molto lieto…-
-Non vi ricordate di me? Ci siamo già incontrati a…-
-Ho incontrato tante persone nella mia vita,perdonatemi ma…Cosa avete fatto al collo?-
Nell’enfasi la sciarpa di seta era scivolata via esibendo le tracce indelebili del plasso sulla carotide del povero tenore.
-Non ne siete al corrente?...sono vivo per miracolo!-
-La guerra civile?-
-Macchè,peggio…quel demonio…il Fantasma dell’Opera!-
La discussione fu dunque deviata sul racconto della vicenda dell’oscuro abitatore del teatro,responsabile di delitti assurdi,dell’incendio dell’Opera stesso e del rapimento di…
Chistine aveva gli occhi bassi,turbata.Li sollevò guardando con rimprovero il tenore,che seppe omettere quei particolari più scabrosi della storia che la riguardavano di persona.
Meg invece osservava –cercando di non farsi notare- la reazione di Scandiano.
Questi aveva trasalito appena al racconto della morte di Bouquet;poi aveva domandato che ne era stato del fantomatico personaggio.
-Non era affatto un fantasma…se è questo che volete sapere…era un folle,un mostro…E aveva anche dei complici…-
Così dicendo Piangi guardò con cattiveria verso Meg:alludeva a sua madre…
La giovanetta arrossì,turbata e mortificata insieme.Fece per alzarsi,guadagnò la finestra.
Il conte si rivolse aggressivo a Piangi:
-Sembra che alludiate a qualcuno in particolare…siate più chiaro!-
-Oh…per questo ve lo può confermare anche madame de Chagny…Non è forse vero che qualcuno era ben al corrente di tutto,a teatro?E mi riferisco alla vostra maestra di danza,madame…-
-Vi proibisco di continuare!- intervenne secco Scandiano,tra lo stupore dei più.
Meg gli elargì uno sguardo carico di gratitudine,poi finalmente interloquì:
-Forse quell’uomo agì da folle…ma non era un mostro…era solo un infelice…Si può rimproverare qualcuno se ha pietà di un infelice?-
Il conte Guido la ascoltava fissandola con uno sguardo stranamente intenso.Piangi invece sollevò le spalle,con sdegno sprezzante.
Christine,che era rimasta fino ad allora stranamente zitta,prese la parola:
-Perdonatemi,monsieur Piangi…ma voi,prima che si parlasse di..di quell’increscioso passato..stavate dicendo qualcosa circa la possibilità di raccogliere denaro per …per Raoul?-
Il tenore stava prendendo soprabito,cappello e bastone e con un certo sussieguo stava congedandosi.
-Ah si,madame…ma ho come l’impressione di non essere compreso,in questa casa…e preferirei parlarvene in altra sede…se mi onorerete di una visita…Conte Raimondo,signore,signori…-
Così dicendo,sistematosi il cappello sulla testa e inchinandosi appena,infilò l’uscita.

babyphan4/3/2008, 13:51
Approfittando della disattenzione generale,Meg era andata ad affacciarsi al solito belvedere:le parole di Piangi l’avevano ferita,amareggiata.
Come l’aveva delusa il silenzio acquiescente di Christine nei confronti di Erik…
Qualcuno le si affiancò,in silenzio.
-Vi sentite bene?-
Era Guido da Scandiano…
-Oh voi,signor conte…- Meg accennò un sorriso amaro – Come volete che mi senta? Disorientata,imbarazzata….sradicata…-
L’uomo la osservò,interrogativo.
Poi distolse lo sguardo,soggiunse:
-Eppure poco fa avete saputo tenere testa a quel cialtrone…-
-…Debbo ringraziare voi piuttosto,che intervenendo me ne avete dato la possibilità…-
L’anziano gentiluomo la guardò negli occhi.
Meg li abbassò,arrossì.
-Credevo che…non conservaste un buon ricordo…di lei…-
-Di lei?...intendete,vostra madre?-
-Si…-
Il conte sembrò inalberarsi:
-Cosa ve lo fa pensare?-
Meg riflettè;era tentata di aprirsi,di parlargli delle lettere.
Ma…a che titolo?
Non era ancora sicura che fosse lui,quel G.M .che firmava le missive che aveva trovato.
Inoltre i rapporti tra loro due erano stati fino ad allora così alterni…
-…Non so…forse il modo con cui…a volte…mi trattate…-
-Vi ho forse offeso?...ferito,involontariamente?-
-No!...no,ma…a volte …è come se…diffidaste di me…-
L’uomo inspirò,profondamente.
Era grave il peso che sembrava portare sul cuore.
Meg pensò alle parole in quell’ultima lettera:quanta delusione in esse,quanto rammarico…quanto forzato distacco…
-Perdonatemi…le vicissitudini della vita mi hanno temprato a questo modo…Indagare e comprendere le azioni di chi mi circonda mi aiuta a prevenirne i colpi…-
-Come a scherma?- gli domandò lei,con un istintivo sorriso.
Anche l’uomo le sorrise:
-Esatto…è quella la lezione…- e rimase a guardarla un attimo,come rapito.
Lei lo interrogò con lo sguardo,col cenno del viso.
-…Le somigliate molto…-
-Grazie…- La giovane si sentì un po’ confusa.
Lui seguitò:
-Eppure in voi c’è anche qualcos’altro…Qualcosa che…mi sfugge…- soggiunse queste ultime parole come se parlasse a sé stesso.
Come se riconoscesse che solo rispondendo a quel dubbio,avrebbe potuto stabilire con Meg un rapporto più schietto e aperto.


Meg desiderava ritirarsi dopo cena e riposare.
Ma la giornata non era ancora finita,per lei.
Come spesso accadeva,ultimamente,ricevette la visita di Christine.
-Meg?....ti posso parlare?-
Come dirle di no?
La soprano entrò :la ballerina era davanti allo specchio che spazzolava i capelli.
-Che ne pensi,Meg?-
-Di cosa?-
-Di quello che ha detto Piangi…di Raoul…dei soldi?-
-A me Piangi non piace…-
-Avanti…non ti sarai offesa per…-
-Non mi piace e basta!..non mi fiderei di lui…-
Calò il silenzio.
Meg riprese a spazzolare i capelli,piuttosto energicamente.
Christine si alzò,andò verso la finestra.
-Ho appuntamento a casa sua,domani pomeriggio…-
-Che hai detto?-
-Ho il suo biglietto…voglio sapere che cosa mi propone…voglio aiutare Raoul,Meg:non intendo starmene con le mani in mano,mentre lui è lì…-
-D’accordo…se hai deciso così…-
-Vorrei che tu mi accompagnassi…-
Meg sospirò spazientita. Aveva deciso? Allora andasse fino in fondo da sola…
-E perché?-
-Ma… mi fa piacere avere qualcuno a fianco…-
La ballerina aveva finito di spazzolare i capelli;si avvicinò all’amica,davanti alla finestra:lontano lontano,il profilo della rocca di San Leo …
Christine si voltò verso di lei,le prese le mani:
-Dimmi che verrai…-
-Non ti prometto nulla…-
-So che lo farai…-


Ubaldo Piangi aveva affittato un villino nella zona periferica della piccola repubblica:era una casa graziosa,circondata da un giardino all’inglese,molto ben curato.
Meg e Christine smontarono dalla carrozza che le aveva accompagnate fin lì e,guardandosi intorno con cautela,spinsero piano il cancello d’ingresso.
Un giardiniere era chino di spalle a potare una siepe:
-Scusate…è in casa il maestro?- gli domandò Christine.
-Entrate…vi aspetta…- rispose quello.
A Meg la sua voce suonò stranamente familiare,ma non ci fece caso più di tanto.
Piangi era seduto al piano:un giovanotto non esattamente dotato si esercitava con le scale,sotto lo sguardo del maestro,rassegnatamente inespressivo.
-Maestro….- lo chiamò Christine
-Oh…mia cara Viscontessa…vi aspettavo…- disse l’omone alzandosi e licenziando con evidente sollievo l’alunno.
Quindi si rese conto che la soprano non era sola e accennò un saluto un po’ sprezzante verso Meg.
-Madamoiselle Giry…-
Quindi invitò le due signore ad accomodarsi nel suo elegante salotto e –battendo le mani- fece comparire una cameriera a cui comandò di servire il tè.
-Sono molto onorato,viscontessa,che abbiate accettato il mio invito…-
-Chiamatemi pure Christine…come sempre…-
-Già…cara Christine…abbiamo condiviso molto,voi ed io….- e teatralmente l’uomo sospirò,toccandosi con falso imbarazzo il collo segnato dal ruvido plasso.
Meg sorseggiò il suo tè,senza parlare.Ma non smise di osservare il tenore che guardando con tenera bonomia la sua interlocutrice,intingeva un biscotto nel tè per divorarlo subito dopo.
Ancora con la bocca piena,Piangi soggiunse: -La vostra visita mi conferma la stima che ho di voi…una donna innamorata sa sempre ascoltare la voce del cuore…-
-Ecco…è proprio la voce del cuore che mi ha spinto ad agire un po’ di testa mia …Vedete,i miei ospiti non sanno che sono qui…-
-Oh? Davvero? E perché mai?- si scandalizzò l’uomo.
Meg spazientita esclamò:
-Forse perché non si fidano di voi,monsieur!-
Piangi la guardò a stento velando l’espressione di odio furente negli occhi;invece rise,in maniera offensiva:
-Detto da voi…madamoiselle…perdonatemi,ma lo trovo grottesco!-
-Mi spiegherete cosa vi fa così ridere…-
Ma l’uomo continuò,in maniera teatrale,grossolana,fino alle lacrime.Quindi,disdegnando la risposta,si rivolse direttamente a Christine:
-Viscontessa…non voglio crearvi imbarazzo con i vostri ospiti…ma..credevo che ci conoscessimo bene,noi…-
-Certo monsieur Piangi..certo! io …so che potete e volete davvero aiutare me e Raoul… altrimenti mio marito non vi avrebbe affidato quella lettera…-
L’uomo chinò il capo,in segno di ringraziamento.
-Ma..spiegatemi cosa ancora si potrebbe fare?-
-E’ presto detto…voi siete Christine Daaè,l’usignuolo dell’Opera…e qui siamo in Italia,la culla del melodramma! Permettetemi di organizzarvi dei concerti…raccoglieremo denaro a centinaia di migliaia…-
-Concerti? ma..è così tanto che non canto,non mi esercito…-
-Magari cominceremo con un piccolo evento,qui,tra intimi …almeno finchè non siate sicura delle vostre possibilità:e poi andremo a Rimini,a Parma,…anche alla Scala…-
Meg guardò Christine:era esaltata,come quel primo giorno che venne chiamata a sostituire Carlotta e timidamente intonò la sua romanza…timida,incerta,ma negli occhi l’eccitazione del successo!
-Christine!...forse il maestro non è al corrente del fatto che noi qui siamo in incognito!- cercò di ricordarle.
La soprano guardò sconsolata,delusa il tenore:
-E’ vero…-
-In incognito? Ma perché?...posso capire che come viscontessa aveste da temere..ma il vostro nome è quello di una artista,l’orgoglio di tutti i Francesi! Nessuno potrebbe farvi del male:soprattutto se vi esibirete…se vi esporrete …l’opinione pubblica sarà dalla vostra parte sempre!-
Aveva degli argomenti convincenti,quell’uomo.Meg si meravigliava:lo aveva sempre stimato un pupazzone manovrabile da chiunque avesse un po’ di personalità in più…
Christine era già convinta,ma volle comunque prendere tempo.
-Rifletterò sulla vostra proposta,maestro…-
-Certo,ma….ricordatevi che vostro marito non ha molto agio,viscontessa…- insinuò l’uomo,forzandola larvatamente.
-Datemi almeno modo di…- ribadì,agitata.
-Ma certo,ma certo…- Piangi tornò alla solita falsa bonomia. –E contate su di me…- disse indicandole il piano.
Le due donne si congedarono,quindi.
Ma Meg,con una scusa tornò indietro;e Piangi,con una scusa la trattenne…


-Perdonate..debbo aver dimenticato qui i guanti…-
-Già:un guanto,per l’esattezza…Che strano,l’altro non lo levate mai?-
La ballerina rabbrividì.Quell’uomo era un nemico:ora ne aveva la certezza.
Ebbene? Lo avrebbe affrontato subito…
-Monsieur…ho due cose da dirvi:la prima è che non sono ingenua come la mia amica Christine..-
Il padone di casa ridacchiò.
-Che non siate ingenua…è cosa nota,madamigella…Del resto,tale madre…-
Gli occhi di Meg divennero fiamme che lo avrebbero incenerito;ma soggiunse controllandosi:
-E secondo: non tollererò un momento di più queste vostre continue basse insinuazioni sul conto di mia madre!-
-Ah Ah! Insinuazioni?...Le chiama insinuazioni????...Non è forse vero che vostra madre ha deliberatamente coperto le azioni scellerate del cosiddetto ‘fantasma dell’Opera’?...era sua complice,era pronta a schierarsi sempre col più forte…-
-Ma cosa dite? Come vi permettete…?-
-Oh…come se non la conoscessimo…Una banderuola,sempre pronta a stigmatizzare con quell’aria da santa e martire…E poi? Una figlia senza padre!-
-Ma…come vi permettete?…Mio padre è morto …- Me g si morse le labbra.
-Vostro padre? Ecco,si…magari è un fantasma anche lui…La verità è che nemmeno lei poteva essere certa di chi fosse!!!…-
Meg lo guardò con odio.Ma non poteva ribattere.
Arretrò sgomenta verso la porta,quindi come respingendo quelle parole assurde,offensive,laceranti fuggì verso il cancello;urtò il giardiniere,lo vide in volto,non comprese…Desiderava solo scappare!
-Meg!- Christine la chiamò dalla carrozza.
Ma la giovane donna,disorientata e addolorata fuggì a piedi,incurante delle prime gocce di pioggia del temporale lungamente annunciato da sinistri tuoni.


babyphan6/3/2008, 11:26
-Meg….ti prego,sali sulla carrozza!-
La pioggia ormai cadeva copiosa;la ballerina però sembrava non avvertirla nemmeno,benché ormai tutto il soprabito ne fosse intriso,e i capelli,e il volto…Ma forse lei confondeva ormai pioggia e lacrime?
-Lasciami stare Christine…Lasciami!- le gridò,proseguendo per le strade sdrucciolevoli e deserte della cittadina,con una vaga determinazione nell’anima.
-Vi prego…- chiese allora la soprano al vetturino – Stiamole dietro…è fuori di sé!-
La seguirono,impotenti fino alla residenza dei Santacroce.
Qui Christine smontò dalla vettura,tranquillizzata.E congedò il cocchiere.
Ma Meg -entrata nell’armeria- aveva afferrato una spada,l’aveva infilata nella cintola e ora usciva di nuovo,più disperata e determinata di prima.
-Ma…cosa vuoi fare? Aspetta Meg…Oh mio Dio…Aiuto!- Christine non riuscì a fermarla,né in casa c’era nessuno che potesse aiutarla a trattenere Meg dagli insani propositi che sembrava decisa a realizzare.


Ubaldo Piangi sedeva a tavola,davanti a un succulento manicaretto preparatogli dalla devota cuoca:si apprestava ad intingervi il cucchiaio,quando la porta finestra si spalancò e,tra pioggia e vento,apparve Meg Giry.
-Madamoiselle?...Avete dimenticato l’educazione?- la rimproverò l’omone,col suo fare sprezzante.Quindi allungò la mano per tirare il campanello che chiamava il maggiordomo.
Con un taglio netto,Meg ne recise la corda.
Piangi arretrò:
-Ch..che cccosa fffate?-
Un fendente violento mandò il piatto col prezioso contenuto in frantumi.
-Oh mio Diooo…è impazzita!- nonostante la sua mole,Piangi cominciò a tremare e raggomitolarsi come un bambino spaventato.
-Avete fame,monsieur Piangi:allora …rimangiatevi quello che avete detto di mia madre,qui,ora!-
L’uomo era basito,impietrito dalla paura,ammutolito come una statua di sale.
-Ebbene?- lo sollecitò la ragazza.
-…Mi spiace,madamoiselle….-
Di fronte alla sua acquiescenza,Meg si fece più aggressiva;gli puntò la lama sotto la gola,minacciosa.
-…Io posso anche rimangiarmele…ma…non erano illazioni…-
-Che cosa dite?...-
-Lo avete sentito…non morirò da spergiuro…- tremava come una foglia,ma sembrava sincero.
-Che prove avete per infamare così la memoria di mia madre?- gli gridò in faccia la giovane.
-Una prova,madamoiselle che è sotto i vostri occhi da sempre…e non volete vederla!-
Meg si guardò intorno,disorientata.
L’uomo la aiutò a capire:
-Non è strano che voi e vostra madre portiate lo stesso cognome?..-
La ballerina abbassò la testa.
Ma la rialzò e lo guardò negli occhi.
-Questo non significa che mia madre non fosse una donna onesta…A volte le circostanze della vita…-
-Non arrampicatevi sugli specchi,madamoiselle…-
Di nuovo la lama della spada gli raggelò la gola:
-Dovrete provarmi quello che dite,dannato pallone gonfiato!-
-…Levatemi quest’arma di dosso…e parliamo con calma…- propose lui.
Lei era titubante:
-Non provatevi a fare scherzi…-
L’uomo aprì le braccia con aria disarmante.
-Certo…è successo molti anni fa…Vostra madre era giovane…e piuttosto…ardente..-
-Misurate le vostre parole!-
-Suvvia,madamoiselle…non siate anche voi ipocrita!...Era una ballerina celeberrima,aveva tanti ammiratori….Peccato che poi,tra i tanti abbia scelto quello sbagliato!...anzi,quelli…-
-A chi state alludendo?-
-Oh bè…i sotterranei dell’Opera erano diventati una garconniere…-
-Mia madre…ha aiutato dei perseguitati politici!-
-Già…Vostra madre aveva un cuor d’oro…prima quel mostro,poi il patriota…e poi,quando è stato necessario anche qualcun altro…-
Meg aggrottò la fronte.Che intendeva dire,ancora?
-Qualcun altro chi?-
-Oh…un uomo potente…la cui protezione le servì quando avrebbe potuto essere messa alla porta dal direttore dell’Operà…Peccato che tra l’uno e l’altro non sia stata sufficientemente prudente…e così eccovi qua,madamoiselle!-
Una rabbia cieca le gonfiò il petto;si gettò sul tenore e infierì con violenza contro di lui,che a stento riusciva a difendersi dai colpi selvaggi coprendosi il corpo con le braccia e un cuscino afferrato nel trambusto.
-Bugiardo…siete un bugiardo! Siete voi che vi arrampicate sugli specchi,maledetto!Se siete così informato…ditemi il nome! Ditemelo!-
-Fermatevi per carità….- uggiolava quello.
Finalmente qualcuno udì all’interno della casa;sopraggiunse la cuoca,spaventata.E dietro di lei,il giardiniere…
-Fermatevi,madamoiselle…volete commettere uno sproposito…-
Ma niente sembrava poterla tenere:
-Il nome!...ditemelo!-
-Armand…Armand De Guermantès…- rispose con una sorta di rantolo Piangimprima di svenire dalla paura.
Meg sentì un grido salirle dalle viscere dell’anima.

No…non è possibile...Non figlia a quell’assassino…Una bastarda,una bastarda…

Sconvolta,lasciò cadere l’arma,respingendo chi cercava di trattenerla:
-Lasciatemi andare,non impicciatevi!- gridò,divincolandosi con la forza della disperazione.
Quindi uscì dalla porta finestra e sparì tra i lampi e la pioggia battente.


Dove andò in quella notte Meg?dove vagò,con la mente dilaniata dai sinistri bagliori dei lampi?
Non potè certo vedere,sconvolta com’era ,che il giardiniere di Piangi,dopo aver cercato invano di fermarla,armeggiando con una lanterna,non potendo fare altro,s’era precipitato a inviare strani segnali al di là della rocca;né poteva sapere che al ritorno di Raimondo,Christine aveva avvertito gli amici italiani della sua scomparsa e che ora tutti la cercavano,preoccupati.E primo fra tutti il conte di Scandiano…


Non si parlava mai di papà,vero mamma?sembrava una figura lontana,m’ero figurata fosse un capitano di nave…certo,non c’era..ma non potevo sapere che non ci fosse mai stato…
E quando arrivò Christine,finii per affezionarmi al suo,di padre:e mi sembrò usuale a quel punto,che i padri fossero destinati a soccombere alle loro figlie…
Peccato che il suo,generosamente,le avesse lasciato un..angelo…
A me,invece,il mio non lasciò nulla…nemmeno il nome…
Bastarda,bastarda,bastarda...ecco cosa sono!


Piangeva Meg;e tremava di freddo.Ormai il dolore si confondeva con il tremito della febbre che le bruciava la pelle e le labbra.Non ne poteva più di correre sotto la pioggia,nel buio,in quella città sconosciuta…
Si lasciò cadere sui gradini davanti a un cancello:la spettrale porta di un camposanto.Si rincantucciò contro le grate,raggomitolandosi per cercare un po’ di calore…
Le sembrò a un tratto di avvertire il galoppo selvaggio di un cavallo;sollevò appena lo sguardo:la pioggia era violenta e il buio appena rischiarato dai lampi e dalle fioche,macabre luci del cimitero:un cavaliere apparve davanti a lei,smontò dal suo cavallo nero,avvolto in un mantello.
-Meg!...-
Erik?...non è possibile,sto sognando.
Eppure gli tese le braccia,speranzosa…
In quella il rumore di una carrozza,sull’acciottolato della strada;quindi una voce che gridava:
-Fermati…eccola!-
Qualcuno smontò dalla vettura;gli si affiancò il cocchiere,con la sua lanterna.
Erik arretrò nel buio,non così in fretta da non essere intravisto,per un attimo dal nuovo arrivato:
-E’ la signorina che cercavamo?- domandò il vetturino,richiamando l’attenzione del suo padrone,Guido da Scandiano.
-Ah…si! Aiutami,portiamola in carrozza…è svenuta!-
Erik!...



-Erik!-
-Calmatevi,madamoiselle….bevete questo,vi farà bene!
Era di nuovo nella sua stanza,a palazzo Santacroce.La riconosceva nonostante l’unica luce provenisse dalla brace che rosseggiava nel suo camino.
La voce che le parlava era quella di un medico,sollecitamente chiamato dal padrone di casa.
Ma le sembrò che vi fossero anche altre persone,intorno:forse Raimondo,forse Guido…
Bevve il farmaco che il dottore le porgeva,poi la testa le ricadde pesantemente sui cuscini…
-Come sta,dottore?- domandò una voce.
-Ha solo una forte infreddatura…non credo ci saranno complicazioni:è una ragazza sana…-


…sana…i purosangue sono sani…io sono una bastarda…


-Si agita ancora…- fece notare un’altra voce.
-Già…-confermò il medico,che le appoggiò una benda fresca sulla fronte- Non temete,è la febbre alta…Stanotte sarà opportuno starle vicino…-
-Resterò io…-

…Quella voce…sembrava quella del conte Guido…

-Non è necessario,conte…posso rimanere io,sono sua amica e…-

Christine….c’era anche lei…

-Preferisco restare io!- ribadì piuttosto deciso Scandiano.

Oh se fosse stato solo un incubo…se avesse solo immaginato di tornare da Piangi…se quelle parole gliele avesse attribuite là,nel delirio…

-Non agitatevi,Margherita…ora siete a casa,tra amici…Riposate…- la voce dell’uomo al suo capezzale era calma,rassicurante. –La febbre passerà e tutto vi sembrerà meno terribile…-
Le sembrò che quelle parole lenissero un po’ il suo dolore.Si abbandonò alla stanchezza,al sonno.

Scandiano andò a sedere in una poltrona,accanto al fuoco.
Meg ne intravide la bella figura,nel dormiveglia.Era rassicurata dalla sua presenza,ma desiderava tanto anche lui,l’altro che l’aveva trovata per primo,che per primo si sarebbe preso cura di lei…

-Erik…-

Tra sogno e realtà,quando la notte era al culmine della tenebra e il temporale ormai lontano,ebbe l’impressione che qualcun altro fosse entrato nella sua stanza.Una mano le si posò sui capelli,quindi sul viso.
Era lui…ne era certa!

-Dunque eccovi…non mi ero sbagliato,quando ci siamo incrociati davanti al cimitero!-
-No…non vi eravate sbagliato…-
-Le nostre strade si ritrovano…
-Già…-
-Mi auguro non eserciterete anche sulla figlia l’insana influenza che ha trascinato sua madre nella vostra stessa rovina!-
-Sempre della stessa idea,conte Guido?...possibile che siate così lontano dalla verità?O vi piace credere che sia come dite?-
-Ostinato siete voi! Cieco e ostinato…a non vedere quanto Magdalene vi era devota…-
-A rovinarla siete stato voi! E i vostri compatrioti!-

Era un sogno? O realtà? Erik e Scandiano si misuravano l’un l’altro,si affrontavano davanti al suo letto…

-Intanto voi siete qui,vivo e vegeto…E lei…è morta…-
-E’ morta,già…E voi dove eravate quando ha avuto bisogno di aiuto?-
Silenzio.
-Le avevo offerto di venire via con me…non ha voluto!..e non ha voluto a causa vostra!-
-Sciocchezze! Se l’amavate dovevate convincerla,dovevate portarla via…o rimanere accanto a lei!-


Erik!


L’ombra scura si riavvicinò al letto.
-Comunque…non vi permetterò di rovinare anche la vita di sua figlia…-Scandiano si frappose tra di loro,con determinazione.
Erik sogghignò:
-Non conoscete Meg…Non è come sua madre:se vuole qualcosa,nulla la può fermare…-c’era ammirazione nel suo tono.Ma subito dopo la voce cambiò,e di nuovo l’asprezza del rifiuto affiorò sulle sue labbra: -Ma non preoccupatevi:non è per lei che sono qui!-
Scandiano non sembrò interessato a indagare.Piuttosto soggiunse:
-Abbiamo tuttavia un nemico in comune…-
-Già…State in guardia,conte! E’ accanito come un cane da ferma…e velenoso come una serpe!-




babyphan11/3/2008, 20:59
...e va bene,accontento l'amministratrice(avida)...ma questo mi impone degli escamotage nel registro stilistico che avevo scelto...chiedo venia alle letterate che mi seguono!


La febbre chiuse gli occhi di Meg;un sonno che era torpido rifiuto della luce del giorno le si insinuò nell’animo.
Del resto,anche sveglia sarebbe stato meglio per lei non vedere quanto accadeva intorno …

Non vedere Erik scivolare fuori della sua stanza e restare fermo sulla attigua porta finestra,a fissare Christine che,sciolti i lunghi capelli se li spazzolava mollemente,seduta in camicia da notte davanti allo specchio.
Eccola la sua chimera….
Forse era il momento di mostrarlesi…di offrirle una nuova scelta.
Egli si fermò una frazione di secondo in più,giusto l’attimo che Christine,sollevando lo sguardo ne riconobbe la sagoma familiare nello specchio.
La soprano si voltò,di scatto;balzò ad aprire il balcone,incurante del vento e della pioggia.
Avrebbe voluto chiamarlo,ma non conosceva il suo nome…
-Angelo!-

Meglio per Meg non vedere sul volto di Erik balenare la sinistra luce della determinazione.
E nelle sue mani arrotolarsi la corda maledetta del suo plasso.

Era stata una giornata davvero lunga quella per il tenore Ubaldo Piangi.
Benché turbato dalla visita inattesa di Meg Giry,l’uomo ritenne essere arrivato il momento giusto per ritirarsi nelle sue stanze.
Ordinò al giardiniere di chiudere bene tutti gli ingressi,raccomandandogli di vegliare con maggiore attenzione sulla incolumità della casa.
Salì nella sua camera e si chiuse la porta alle spalle a doppia mandata.
Controllò che le finestre fossero ben serrate;accostò le pesanti tende di broccato.
Infilò quindi il lungo camicione da notte e sui capelli una reticella che li mantenesse in piega:così pomposamente ridicolo,fece un breve segno di croce,controllò che nel cassetto del comodino vi fosse la rivoltella e finalmente aprì il letto…
-Ma cosa???- inorridì,balzando, nonostante la mole,all’indietro.
Appoggiata al cuscino una corda serrata da un nodo scorsoio…una corda che conosceva bene…
Si passò le mani intorno al collo,sfiorandosi le cicatrici;deglutì a fatica.
Arretrò guardandosi dietro le spalle,allungò la mano alla rivoltella.
-Non hai bisogno di quella,Ubaldo…- una voce sinistra si materializzò tra le quattro pareti.-Vedi…la corda è solo il mio biglietto da visita…Mi riceverai,prossimamente:spero vorrai accogliermi come si conviene a un vecchio amico…-



-Meg…Meg,come stai?-
-Chi …o Christine….-
-Mi spiace Meg…non so bene cosa sia successo,ma vederti così,mia povera amica…-
-Così?...- Meg si umettò le labbra;erano inaridite,ma non bruciavano. –Ho la febbre?-
- … hai preso tanto freddo…ma che cosa ti è saltato in testa? E che cosa hai fatto al povero Piangi?-
-Il…povero Piangi?...-
-Sollevati un po’…ti ho portato del latte caldo col miele…vedrai,ti farà bene…-
Meg si volse su un fianco,mugolando.
-Non voglio niente,lasciami stare…-
Christine insistè.
Le impose di voltarsi e cominciò a imboccarla,con sollecitudine materna.E intanto continuava a parlare.
-Per fortuna che non se l’è presa…almeno non con me…Anzi,mi ha informato che presto riuscirà ad allestire un primo recital…Ha detto che ha trovato anche un finanziatore!-
-Ha trovato…? Ma… quanto tempo è che…?-disse la ballerina,riscuotendosi finalmente.
-Bè,sono tre giorni,ormai…hai avuto una febbre violentissima,ma finalmente adesso sta scemando…Io ti sono stata spesso vicina,quando me lo hanno permesso…povera Meg…ma,chi è Erik?-
La ballerina arrossì.Poi cercò di dissimulare il suo imbarazzo.
-Ti prego Meg…sono tua amica…Ho capito che questo è il nome di qualcuno che ti fa soffrire…-
-Ma no…non è come pensi…-
-Vorrei tanto che tu mi raccontassi…Promettimi che lo farai!- così dicendo però Christine si alzava dal capezzale dell’amica,riponeva nel vassoio la tazza di latte e liberandosi di un grembiulino con cui si era improvvisata infermiera,sembrava affrettarsi ad uscire.
-Dove…dove vai,ora?- Meg non intendeva trattenerla,soprattutto dopo la piega che avevano preso i loro discorsi,ma era anche curiosa di sapere cosa la rendesse così sollecita.
-Te l’ho detto…Attendiamo la visita di Piangi…forse oggi ci presenterà anche il misterioso mecenate…-



Meg la vide allontanarsi e sparire dietro la porta;per un attimo le sembrò che una minima energia la animasse;ma durò poco.
Era stanca,debole;soprattutto demotivata.
No,non aveva ancora voglia di guarire,di svegliarsi.
Il torpore le velò ancora gli occhi.
E non vide lo spettacolo di quel nuovo giorno

Christine accolse come sempre Ubaldo Piangi sullo scalone del palazzo Santacroce.
-Accomodatevi,maestro…che novità?-
-Viscontessa…siete davvero splendida…- le rispose lezioso l’ex tenore. –Ma..siete sola?-
-Il conte è a caccia…ma gli ho parlato dei nostri progetti…naturalmente:sono tutti molto disponibili,qui…-
Piangi fece un sorriso falso.
La viscontessa lo fece accomodare in salotto.Quindi rimase sospesa in attesa di qualche notizia.
-Ecco,madame De Chagny….quel finanziatore….
-Quando potrò conoscerlo?-
-Probabilmente questa sera o domani,al più…Ma mi ha chiesto…ecco,mi ha posto una piccola condizione…-
-Di che si tratta?-
Il tenore aprì una cartellina,ne trasse uno spartito.
-Vorrebbe che…che inseriste nella vostra esibizione…questa…- così dicendo porse a Christine lo spartito. –Credo sia sua…-ridacchiò,celiando.
Christine lesse l’intestazione: ‘Plaisir d’amour’…
-No,si tratta di una vecchia canzone popolare francese…-disse- Non ho problemi a…oh!?-
-Qualcosa non va?-
Lo spartito si era aperto e la soprano distrattamente ne aveva letto le note.Ora impallidiva,evidentemente turbata.
-Questa…questa musica…dite che è sua?- riuscì a domandare.
-Bè…me l’ha data di sua mano…magari sono delle variazioni sul tema?-
-Come…come avete detto che si chiama,questo signore?-
-Dravic…monsieur Erik Dravic…a servirvi,madame De Chagny!-
Sulla porta,impeccabile nel suo abito scuro,il mantello appoggiato disinvoltamente su una spalla,il profilo destro coperto da una maschera di raso nero,era apparso lui…
Aveva poggiato il biglietto da visita nel vassoio che gli porgeva il domestico quindi,sfilatosi il guanto si chinò appena sulla mano che Christine,tremando visibilmente emozionata ,gli porgeva.
-Oh…siete già qui!- diceva intanto Piangi,con affettata familiarità.-Permettete che vi presenti allora…-
Il tenore era in leggero ritardo sugli eventi.Eventi che avrebbero preso una strana,inimmaginabile piega se non fosse sopraggiunto anche il padrone di casa,conte di Santacroce.
-Benvenuti signori…Con chi ho il piacere?-
I convenevoli di rito costrinsero Christine a ritornare in sé;smise di fissare negli occhi il nuovo venuto,anzi cominciò proprio ad evitarne lo sguardo e si sforzò di tenere sempre la conversazione entro i limiti della formalità.
Dopo le presentazioni,Santacroce chiese se non avesse già sentito quel nome,Dravic…
-Non è forse suo il baule che conserviamo nella stanza sopra?-
-Può essere…il caso ha voluto che la viscontessa ed io incrociassimo già le nostre strade…-
Christine finse stupore:
-Oh…ma certo monsieur…voi siete ‘quel’ Dravic…Meg ci aveva fatto il vostro nome,e Raoul,mio marito,avrebbe tanto voluto sdebitarsi per…abbiamo conservato il vostro bagaglio a posta…-
-Dove alloggiate,monsieur Dravic?- domandò Santacroce –Siete ospite del signor Piangi?-
-Avrei voluto…ma…il villino non consente…-si giustificò il tenore.
-Allora ..accettate pure di rimanere qui…La vostra stanza vi aspetta già da settimane…-
Erik guardò Christine;di nuovo nel suo sguardo una luce sinistra.Di nuovo in lui l’arroganza di chi ha il coltello dalla parte del manico.Christine rabbrividì:le sembrò di rivederlo la sera della Masquerade,vestito da Morte rossa…
-Siete gentile,conte…Credo che accetterò il vostro invito…-



babyphan17/3/2008, 23:39
Meg fu svegliata da un brusio,una strana agitazione.Sulle scale si rincorrevano i passi della servitù;porte si aprivano e chiudevano;il maggiordomo e la governante si scambiavano battute e ordini…
Poi finalmente regnò il silenzio.Uno strano silenzio…
Teso.Carico di impalpabile attesa.
La giovane donna si alzò piano dal letto.Nonostante lo sconforto che covava dentro di sé,la curiosità fu più forte.Ancora scalza,in punta di piedi schiuse piano la porta della sua stanza.
Da giù provenivano i caldi rumori di una tavolata che terminava:l’acciottolio di piatti e posate,lo scambio discreto di battute,qualche risata sommessa…
Il corridoio era però buio e silenzioso.
Meg abbassò la testa,un po’ mogia.

Rieccomi a osservare la vita degli altri…come se non ne facessi parte,come se ne fossi separata da un vetro…

Si accorse però che dall’ultima stanza in fondo al corridoio filtrava una luce…Strano…
In punta di piedi,si avvicinò all’uscio…Si,c’era un ospite in quella stanza...La porta era appena accostata:forse attendeva qualcuno…
Meg si rese conto che avrebbe fatto meglio a rientrare nella sua camera,discinta com’era e a rischio di fare la figura della sciocca curiosa;era sul punto di farlo, quando una voce dall’interno la chiamò:
-Sei arrivata fino alla soglia…perché non entri?-

Erik?...lui,possibile?
” Ma non preoccupatevi:non è per lei che sono qui!”
…già,proprio lui…


Meg si fermò,poi arretrò.
La porta allora si aprì,quasi magicamente.
Erik era in piedi davanti al camino,nella mano sinistra uno spartito,la destra porta in avanti,lo sguardo ardente di chi attende che finalmente un sogno si materializzi.
-Meg?- esclamò con una punta di delusione.
Lei sollevò la testa,provocatoriamente:
-Mi spiace…a quanto pare signor Dravic non è me che aspettavate…- c’era amarezza e disincanto nella sua voce,a stento nascoste dal tono di sfida.
Lui la fissò con una strana rabbia,poi abbassò le braccia come arrendendosi,sconfortato,disilluso.
La giovane donna gli girò le spalle e rientrò nella sua stanza.
Ma le sorprese per quella notte non erano finite…
Addossata contro la parete,dietro la porta,l’attendeva Christine!
-Meg!-
-Christine… mio Dio…che cosa fai qui?- la ballerina sussultò.
-Da dove vieni?dove sei stata?- l’aggredì quella per tutta risposta.
Aveva gli occhi come spiritati:era eccitata,aggressiva,fuori di sé.
Meg la respinse,reagendo anche lei con altrettanta sprezzante fierezza:
-Calmati?...e perché usi questo tono?-
La soprano le volse allora le spalle,scosse la testa,sconvolta:
-Lui è qui!...lui è tornato!-
-Lui? Di chi parli?-
Christine la guardò con incredula rabbia:
-Non fingere di non saperlo…il signor Dravic,l’uomo che ti ha salvato la vita…o,come lo invocavi nel delirio…ERIK!...ecco chi era…E ora dovrai dirmi tutto!-
Meg abbassò la testa:non negò,non aveva senso più,ormai.
Sedette alla sua toletta e,senza un apparente motivo,iniziò a ravviarsi i capelli,quindi smise,appoggiò la testa sulle mani,emise un profondo,dolente sospiro…
-Che cosa vuoi sapere?-
-La verità…-
La ballerina si volse verso di lei,con un sorriso amaro:
-la verità? Quale?...quella che conosci e non vuoi vedere?-
-Non divagare:la verità tra voi! Quella che ti tieni dentro da mesi,quella che rimugini…contro di me!-
-La verità…tra noi? Vuoi sapere che cosa c’è stato tra noi…?E perché? Che cosa ti importa?-
Christine non sostenne quelle domande…celavano un’accusa che la sua coscienza si ostinava ad occultare dietro mille menzogne…
-Oh Meg!- scoppiò a piangere,disperata,gettandosi sul letto.
La ballerina ne provò un’istintiva compassione,la solita istintiva compassione in nome della quale aveva sempre messo da parte se stessa per quella sua insperata piccola amica,sola come lei,orfana come lei…


Io non sono orfana…io sono solo una bastarda senza padre!


-Smettila di piangere! Vuoi reagire,finalmente? Vuoi comportarti da donna?- la rimproverò,con asprezza,scuotendola.
Christine la guardò quasi senza riconoscerla.
Meg continuò:
-Vuoi sapere cosa c’è stato tra noi?...nulla,nulla più del desiderio…e di una notte d’estate…-
-Vuoi dire che tu…?-
Meg chinò il capo,arrossendo nel buio.
-L’estate è finita...è finita molto in fretta…- soggiunse poi.
-Allora perché lui ora è qui?...e tu,da dove venivi poco fa?-
-Perché?...te lo domandi ancora,Christine?...-
-Io sono così confusa…Ho riconosciuto la sua musica…ho sentito il suo richiamo e…ero tentata di andare da lui,stanotte stessa…Ma,ma ne ho anche paura,Meg:quell’uomo uccide,quell’uomo ha sul volto il segno della sua anima nera…E’ un angelo e un demonio…-
-Ebbene? Che sei venuta a fare,da me?- Meg le aveva di nuovo voltato le spalle:improvvisamente si accorse che un’ombra si celava nel buio.Stava per dare l’allarme,ma l’ombra le fece cenno di tacere…
-Non so Meg…forse a chiederti cosa fare..a chiederti se tu. …-
Meg ricominciò a spazzolarsi i capelli.
-Hai saputo quello che volevi:se lui è qui,Christine,è solo per te…Fai la tua scelta,ora…-
-Ho paura.Meg…so che se andassi da lui,me ne pentirei,rimpiangerei per sempre il mio gesto:io ho paura di lui,ho orrore,pietà…E’ stata una fortuna che l’aver visto te me lo abbia impedito…-
-Già…una vera fortuna…-sottolineò Meg,a bassa voce.
-Ora..torno nella mia stanza…e chiuderò a chiave la porta…-
Meg non le rispose.Voleva solo che uscisse al più presto;voleva finire quel colloquio tormentoso.Era sicura che Erik le sarebbe andato dietro e che i buoni propositi di quest’ultima si sarebbero presto infranti…
La porta si aprì e richiuse.
Poi sentì l’impercettibile fruscio del passo di lui,si volse di lato;sentì ancora la porta aprirsi.
Aveva voglia di piangere.
Un sospiro misto a un singulto le attraversò il petto,quindi si mosse verso l’uscio per chiuderlo.
Erik era ancora là,fermo davanti a lei.
-Vi siete fermato a posta per ringraziarmi,signor Dravic?...- lo affrontò la giovane,un attimo dopo essersi riavuta dalla sorpresa.
Lui chiuse la porta alle sue spalle e avanzò verso di lei.
Meg aveva tra le mani la lunga coda di capelli che senza motivo aveva cominciato a intrecciare:Erik allungò la mano e glieli sciolse;d’un colpo le ricaddero sulle spalle.L’uomo sospirò.
-E’ stato solo desiderio…e una notte d’estate…è così che hai detto,vero?-
-E non è la verità?- gli rispose,tremando di paura ed eccitazione insieme.
-Credevo mi avessi detto che…mi saresti appartenuta per sempre…-
Meg rise nervosamente,incredula.
-Questo riguarda me…non te!-
Lui la afferrò:le sue mani calde sulla pelle morbida delle spalle seminude le provocarono un brivido irrefrenabile.
-No piccola Giry:riguarda anche me…Il desiderio si esaurisce in fretta,se viene soddisfatto…-
-Che significa?-
-Significa che tu…tu sei la mia dannazione!...Non capisci che da quando ti ho conosciuta,da quando ti ho avuta…io sono scisso in due…Perché ti sei messa sulla mia strada,piccola Giry,perché?-
Meg scuoteva la testa,apriva le braccia:era disorientata…
-Christine ed io…noi siamo una cosa sola:lo spirito e la voce…Ma tu,per Dio…Tu sei carne della mia carne…-
La stringeva appassionato.A un tratto,con rabbia si strappò la maschera dal volto e la provocò:
-Respingimi…dimmi che ti faccio orrore…dimmi che hai paura di me…-
Ma Meg sconvolta dal calore del suo abbraccio,dalla passione folle di quella dichiarazione inattesa,manifestò ben altri sentimenti:gli cinse di getto le braccia intorno al collo,gemendo:
-No!..no…-
Lui ricambiò il suo abbraccio,poi –serrando le mascelle -appoggiò la fronte alla sua.
-Io ti desidero ancora…-
-Io…ti appartengo…-

Qualcuno si avvicinò alla porta,bussò con discrezione:
-Signorina Meg?...va tutto bene?-
Erik si scostò,indossò velocemente la maschera,si strinse contro la parete.
-Si conte…-
Meg si avvicinò alla porta,la schiuse piano.
-Non volevo disturbarla signorina…ma mi era sembrato di sentire…-
-Ehm…mi ero alzata per bere…Sto…sto meglio,molto meglio…- si giustificò.
-Buona notte allora ?-
-Buona notte conte…-


Attesero che l’uomo si fosse ritirato nella sua stanza,poi anche Erik si dispose a tornare nella sua.Prima si fermò ancora a rimirarla,carezzandole i capelli,sfiorandole i lineamenti con la mano;quindi soggiunse.
-Non prestare credito alle malignità di quell’inutile pallone gonfiato…-
-Vorrei potervi riuscire…ma…- gli rispose lei,poi lo guardò,interrogativa. -C’è ancora qualcosa di lei che non mi hai detto?-
-No…-rispose lui piano.
-Che..che ne sarà di noi…Erik?- gli domandò ancora lei.
-Tu sai bene che cosa voglio…Non ti frapporre più tra me e il mio destino…- così dicendo,con il gesto della mano sembrò respingerla di nuovo,ancora,definitivamente.



Edited by arielcips - 4/1/2009, 22:31
 
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view post Posted on 4/4/2008, 22:42
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...e poi?e poi???
 
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babyphan
view post Posted on 4/4/2008, 22:42




babyphan22/3/2008, 16:44

E’ andato via…

Meg accostò la porta e appoggiò contro di essa la mano sinistra che ancora portava i segni della ferita.
Non poteva vedere,non poteva sapere che Erik dall’altro lato dell’uscio compiva istintivamente lo stesso suo gesto,incerto e diviso tra la profferta di quell’amore spontaneo,naturale,vivo e l’enigmatica malia della sua chimera,il magnetico richiamo di un destino perverso…
L’uomo si staccò piano dalla porta,chinò il capo.
No,non era ancora capace di decidere…
Doveva percorrere la parabola del suo folle inseguimento fino in fondo,anche a costo di sacrificare il dono generoso che Meg gli offriva…


-Signorina… Margherita?-
Era giorno inoltrato.
La colazione era rimasta intatta sul tavolo;le tende chiuse,senza che nemmeno un raggio di sole potesse filtrare.
Meg non aveva voglia di alzarsi…non aveva voglia di nulla…
Si riscosse quando una voce la richiamò dall’esterno.Il padrone di casa schiuse piano la porta.
-Permettete signorina?...è qui il dottor Ferrari…-
Senza aspettare il suo assenso,l’uomo entrò introducendo con sé il medico.
Questi gli fece cenno di aprire imposte e tende e fare entrare la luce.
-Per favore…no…- si lamentò la giovane donna.
C’erano due vassoi colmi di ogni ben di Dio,perfettamente intatti.
-Ma…non avete ancora consumato la colazione…?- domandò sorpreso e preoccupato Santacroce.
Il dottore osservò senza commentare i vassoi,quindi fece cenno al padrone di casa di lasciarlo solo con l’ammalata.
-Allora,signorina…Niente cibo da ieri,tende chiuse,abulia…che succede?-
Meg si schiarì la voce un po’ imbarazzata:
-Mi sento debole…-
-Se vi sentite debole dovete mangiare…- ribattè quello,indicandole il vassoio della colazione.
-Mi manca l’appetito…-
-Se vi manca l’appetito,avete bisogno di respirare aria fresca…una bella passeggiata all’aria aperta…-
Meg sbuffò spazientita.
-Forse la febbre non mi è ancora passata…-
Il dottor Ferrari aggrottò un po’ le sopracciglia:sedette al capezzale dell’ammalata,aprì la sua valigetta e tirò fuori qualche ferro del mestiere:
-Aprite la bocca…mmm…provate a dire un bell’AAAA….-
Quindi prese lo stetoscopio e la sollecitò a sollevarsi un poco;era gelido quando gliel’appoggiò sulla schiena.
-Oh!-
-Respirate profondamente….Bene…tossite…Uhmm-
L’uomo,un quarantenne dall’aria simpatica e bonariamente divertita,richiuse gli strumenti nella sua valigetta,quindi sentenziò:
-Siete sana come un pesce..anzi di più…Conosco la vostra malattia:voi non ‘volete’ guarire…-
Meg lo guardò,sospirò.
-Via via…volete dunque privare i vostri amici di una vista e una compagnia piacevole come la vostra…?-
-Io…non ho amici…-sospirò ancora,mentendo anche a se stessa.
-Avete detto una bugia!...vedete? la punta del vostro naso è arrossita!...madamoiselle…- le si rivolse improvvisamente in francese,guardandola affabile negli occhi - Una creatura adorabile come voi ha sicuramente tanti che le vogliono bene….Non permettete che per colpa di uno solo…-
Meg lo fissò:è vero…aveva degli amici;e aveva anche un mistero da chiarire…No,non se ne sarebbe rimasta lì ad appassire…

Non intralcerò il tuo destino,signor Dravic…ma forgerò il mio,a modo mio!


Si era lavata e vestita:aveva indossato l’abito da amazone e,scesa nelle scuderie,era montata sul suo bel morello,salutando appena gli altri abitanti della casa che aveva incrociato.
Aveva un preciso programma in mente.
Per prima cosa si recò al villino di Piangi.
Fingendo interesse per un cespuglio di roselline lilliputziane,si avvicinò al giardiniere:
-Buon giorno Nadir!-
L’uomo deglutì e per poco le cesoie non gli caddero di mano.
-Madamoiselle!- la richiamò,in tono di leggero rimprovero.
Gli fu tuttavia difficile,nonostante l’abitudine tutta orientale a controllare i propri sentimenti,celare la sorpresa ammirazione che Meg sempre gli suscitava.
-Con che nome debbo chiamarvi?- domandò allora lei,fingendo in realtà di essere interessata alla salute di un pruno,lì vicino.
-Sono Bahrat…-
-Bene..Bahrat…come fate a far venir su queste genziane ora che è quasi novembre?- domandò ad alta voce,vedendo sopraggiungere il solito sfortunato allievo del tenore,per la lezione quotidiana.Quindi,abbassando la voce,soggiunse: -Posso fidarmi di voi?ho bisogno che mi aiutate a uscire dalla repubblica senza dare nell’occhio…-
-E’ pericoloso…-
-E’ pericoloso,ma voi sapete che lo farò comunque…-
Nadir tacque.
-Ebbene?-
-Si…posso aiutarvi….-
-Molto bene…immagino riferirete al vostro padrone prima o poi…-
Il ‘giardiniere’ la guardò,significativamente.
-Non vi dico di non farlo:ma …non voglio ostacoli sul mio cammino.Tra me e il vostro padrone c’è un patto.Ditegli che io lo rispetterò,se lui anche lo rispetterà!-
-Riferirò,madamoiselle…- Nadir chinò il capo,umile,nascondendo un sorrisetto di compiacimento di fronte all’intrepido caratterino che quella giovanetta esibiva così istintivamente.


Quando Meg rientrò a villa Santacroce,intravide con la coda dell’occhio il signor Dravic passeggiare nel giardino inglese,a pochi passi da Christine,che sedeva invece intenta al solito lavoro di pittura.
Cercò di soffocare la fitta che quella vista le provocò,prese fiato e continuò per la sua strada.
Entrando in casa,si accorse che nel salone era stato portato un pianoforte a coda;immaginò sarebbe servito a Christine per esercitarsi;sospirò di nuovo,quindi andò a cambiarsi per la cena.

Quella sera a cena al conte di Santacroce non sfuggirono alcuni strani segnali provenienti dai suoi ospiti:le due signore avevano posto una attenzione molto accurata nell’indossare abiti e acconciature che mettessero in particolare evidenza la reciproca,diversa bellezza…
La conversazione invece languiva,pesantemente.Una sensazione di reciproco imbarazzo trapelava dai gesti e dai monosillabi che la viscontessa e madamoiselle Giry si scambiavano appena.
Il posto destinato al signor Dravic,inoltre,brillava per l’assenza di quest’ultimo.
Santacroce inviò un domestico a chiedere notizie dell’ospite.
Nel frattempo si complimentò con Meg che sembrava completamente ristabilita:
-Ho saputo che stamane avete anche fatto una passeggiata a cavallo…-
-Grazie,si….Credo che il modo migliore per curarsi,a volte,è proprio essere attivi…-
Christine guardò di sottecchi l’amica,con un certo astio appena percepito dal conte;inspiegabile tuttavia ai suoi occhi.
-E voi,mia cara? Come avete trascorso la giornata? Vi ho visto scambiare qualche battuta col vostro ‘patron’…-
-Si…abbiamo avuto occasione di parlare,in giardino…-


“-Christine…-
Solo sentirgli pronunziare il suo nome,e la soprano era sobbalzata.
-…S ..signor Dravic…-
Lui aveva abbassato lo sguardo;non era così che avrebbe desiderato sentirsi rispondere…Poi lo aveva rialzato,adattandosi.
-Avete letto lo spartito che vi ho fatto pervenire,ieri…?-
-Si…E’ quello il brano che desiderate che io canti?...O c’è qualcosa di nuovo?-
Erik l’aveva guardata con una fiamma di rimprovero e incredulità negli occhi;poi,quasi rinfacciandoglielo aveva risposto:
-Nulla…nulla di nuovo,da molti mesi…-“

Questa volta a guardare con una punta di pena e rammarico l’interlocutrice era stata Meg;ma aveva subito abbassato lo sguardo,celando i propri sentimenti.
Santacroce aggrottò le sopracciglia.
Intanto rientrava il domestico inviato dall’ospite,che riferiva che il sig. Dravic era molto spiacente,ma quella sera non sarebbe sceso a cena.
-Servigli comunque il desinare in camera…- ordinò il conte,poi osservò di sottecchi le due fanciulle,notando il disappunto dell’una,il sollievo dell’altra.
In quella il suono di un violino appena attutito dalla lontananza si sollevò piano nell’aria;le due donne si fissarono,poi di nuovo giù,a occhi bassi,nel piatto.
Il conte trattenne a stento un risolino indulgente;ma si ripromise di non forzare un’atmosfera già di per sé piuttosto incandescente.
La cena terminò poco dopo. Il conte chiese come ogni sera il permesso di ritirarsi a fumare.In genere le due ospiti si intrattenevano davanti al camino,prima di ritirarsi nelle rispettive stanze.Il padrone di casa era sicuro che quella sera la cerimonia avrebbe avuto un cambiamento di riturale,ma non poteva immaginare nemmeno lui quanto…

-Se permettete,conte,vorrei ritirarmi un po’ prima stasera…- disse Christine,alzandosi di tavola.
-Ma naturalmente…come preferite madame de Chagny…-
Meg guardò Christine significativamente,quando questo titolo risuonò nell’aria,quasi sottolineato –certo senza malizia – dal conte Raimondo.
-Un momento,viscontessa!-
Sulla soglia del salone era comparso il ‘grande assente’ della serata.
Aveva in una mano archetto e violino e nell’altra uno spartito.
-Signor Dravic?!-
-Scusate,conte…volevo chiedere alla viscontessa se –col vostro permesso – sarebbe stata così gentile da …elargirmi un po’ del suo talento…- c’era qualcosa di subdolo,sgradevole nel tono dell’uomo,pensò Meg:non il solito sarcasmo,ma qualcosa di più irritante,forse evidenziato dall’uso un po’ forzato dell’italiano.
Si alzò anche lei da tavola,chiedendo il permesso di ritirarsi.
-Aspetta Meg…ti prego….rimani anche tu!-la fermò Christine,a bassa voce.
La ballerina la fissò,incredula e furibonda insieme.
-A che scopo?..-
-Solo un po’…-
Intanto Erik si era avvicinato alla soprano e le mostrava l’aria che aveva buttato giù,velocemente:
-Date un’occhiata…credete di poterla provare? Sono solo delle variazioni su tema…- poi l’uomo aveva abbassato la voce e le aveva sussurrato – Ho bisogno di risentire la tua voce,Christine…la mia musica è inaridita…-
La soprano lo fissò,con gli occhi carichi di pena;sospirò,sollevò lo spartito e provò a intonarlo:


Plaisir d'amour ne dure qu'un moment
Chagrin d'amour dure toute la vie…



Non appena Meg intese di quale ballata si trattasse,la rabbia e il risentimento per quell’uomo senza cuore le montarono su,violente:non gli era bastato respingerla,vero? Voleva anche umiliarla…
La voce cristallina di Christine trasformò quelle povere note in un canto d’angelo,le sollevò in un’aura dove la musica era spirito e vera bellezza.
Erik sospirò,commosso,rapito,ammaliato ancora.Quindi,sedette davanti al piano e iniziò a scrivere qualcosa sui righi bianchi di uno spartito intonso.
Meg non tollerò oltre quella scena.
Si allontanò dalla stanza,senza un saluto.


babyphan24/3/2008, 19:41
Mentre Meg si rivoltava tra le lenzuola in un dormiveglia ansioso,a poco a poco la dimora del conte di Santacroce sembrò addormentarsi.Rientrati nelle proprie stanze,ospiti e padrone di casa,il buio e il silenzio avvolsero scale e corridoi…
Erik vegliava alla luce fioca di un candeliere.Quella sera,dopo mesi,era riuscito finalmente a comporre di nuovo;la voce di Christine,quella voce d’angelo,aveva suscitato nuovamente in lui la musica,la sorgente della vera bellezza…
Aprì lo spartito che aveva riempito con precipitazione poche ore prima,lasciandosi andare all’estro creativo senza nemmeno rileggerlo.
Lo scorse dapprima in fretta,poi lo rilesse:l’espressione del viso gli si fece incredula,poi cupa.
Appallottolò furibondo il foglio e lo scagliò via con rabbia.
-Padrone…-
-Ah…sei qui,finalmente!-
Nadir era scivolato all’interno dalla porta finestra.Raccolse il foglio da terra e stava per restituirglielo,ma le parole con cui Erik lo accolse gli suggerirono di soprassedere.
-Che fai ora?ti metti a spiare me?...-
L’orientale preferì non rispondere.
Intanto Erik riprese il controllo di sé,gli domandò con distacco:
-Che novità?-
-Da parte di Piangi nessuna…-
-E allora? Prosegui dunque…-
-Si tratta di madamoiselle Giry…mi ha chiesto di aiutarla a uscire dalla Repubblica…-
Erik aggrottò le sopracciglia.
-Mi sembra fuori discussione…-
-Ehm…madamoiselle sapeva che ve ne avrei parlato…Lei ci proverà comunque,da sola…-
Erik mostrò segni di impazienza.
-…e mi manda a dirvi che…rispetterà il patto che c’è tra di voi,ma…anche voi dovrete rispettarlo…-soggiunse infine Nadir,aspettando rassegnato la potenziale reazione del padrone.
Con un gesto furente questi buttò all’aria penna e calamaio che erano sulla sua scrivania,sfogando sugli oggetti la rabbia invano repressa.
-Che cosa deve fare,per Dio?perchè vuole uscire dalla rocca?-
-Bè…forse vuole andare a trovare i suoi amici…Questo ambiente mi sembra un po’ costrittivo per una natura come la sua…-
-Amici? Quali amici?...quel guitto succubo di un’arpia?… o quel saltimbanco che suona e canta come un venditore ambulante?-
Nadir si schiarì la voce,senza ribattere nulla.
-…Andrai con lei:non voglio che si metta nei guai!-
-Ma.. padrone? Come faccio?...e Piangi?-
-…e farai in modo che rientri quanto prima!-
Nadir assentì.
Poi scrutò di sottecchi in volto il suo padrone:l’espressione corrucciata,gli occhi come mare in tempesta…
Per quanto tempo ancora sarebbe stato cieco e sordo?Quando avrebbe capito,quando avrebbe accettato la verità?...


All’alba qualcosa svegliò Meg.
Si alzò dal letto,istintivamente si avvicinò alla finestra.Qualcuno aveva lasciato un messaggio contro i vetri appannati.
“Vestitevi da uomo e fatevi trovare tra dieci minuti nelle scuderie”
La giovane donna si precipitò ad eseguire le istruzioni e poco dopo scivolava silenziosa verso l’uscita del palazzo.
Nelle scuderie l’attendeva Nadir.
Montati a cavallo l’uomo la precedette,imboccando la direzione opposta a qualle che avrebbe preso Meg.
-Ma..la porta…?-
L’orientale si limitò a guardarla.
Evidentemente conosceva il modo di uscire senza passare i controlli della dogana.
A un certo punto la fece accostare a quella che sembrava una mulattiera sterrata;le disse di fermarsi,le bendò gli occhi.
-Perché lo fate?-
-E’ più prudente se a conoscere la strada sia uno solo..- quindi afferrate le redini del morello della ballerina riprese il cammino.
Meg ebbe l’impressione che entrassero in un luogo coperto:avvertì un forte sentore di muschio e muffa,l’aria diventare cupa e umida;poi percorsero ancora qualche decina di miglia in discesa e finalmente Nadir fermò i loro cavalli e le permise di scoprirsi gli occhi.
Erano sul fianco del monte Titano,fuori dalle mura!
-Come farò per il ritorno?-
-Non preoccupatevi:non ci separeremo!-
-Che cosa?...non eravamo d’accordo in questo modo! E se volessi rimanere a Rimini? E non rientrare più?-
-Questo sapete bene che non è possibile…-
Meg era furiosa:
-E’ questo il modo di rispettare i patti del vostro padrone? E anche voi…-
Nadir provò a calmarla:
-Al vostro posto non me la prenderei così….-
-Ah no?...-
-No.- e la guardò significativamente.
Meg intese a cosa volesse alludere;ma la ferita infertale dall’umiliazione della sera precedente le bruciava troppo:
-Non c’è da essere lusingata delle attenzioni di monsieur Dravic,Nadir…E’ solo …solo un sadico,che si compiace della sua tirannia…-
Non parlarono più;proseguirono in silenzio finchè di lontano non fu riconoscibile il ‘ponte del diavolo’ e -oltre- comparvero le prime case di Rimini.
-Ci vedremo qui,al tramonto!- le raccomandò l’ometto.
Meg annuì appena,quindi spronato il cavallo al galoppo si diresse verso il centro cittadino..




Quando la ballerina raggiunse l’ostello dove aveva condiviso il pranzo con Sillani e i suoi,vi trovò due carrozze coperte su cui si caricavano masserizie e casse di materiale teatrale.
Intorno alcuni sconosciuti,ma anche qualche faccia nota della compagnia.
Nessuno faceva caso a lei,che indossava abiti maschili e nascondeva la treccia bionda sotto un buffo cappellaccio.
A un tratto qualcuno la urtò,involontariamente:portava da solo una pesante cassa che gli limitava l’equilibrio.
-Scusate signore…-
Il cappello le cadde di testa,scoprendola.
-Volevo dire…signorina…ma? Voi?-
-Salve!..già,proprio io! Che sta succedendo?- domandò un po’ imbarazzata,pur avendo intuito la risposta.
-Partiamo!...abbiamo una scrittura:andiamo a Venezia!-
-Oh!- Meg cercò di mostrare contentezza,ma nel suo cuore invece avvertì come un brivido.
-Il signor Sillani?- chiese poi.
L’attore le indicò l’androne.
Sillani era di spalle,in maniche di camicia e si dava da fare a sistemare i colli che poi andavano caricati dai suoi collaboratori.
-Signor Ernesto…-
Si volse:
-Meg!...avete saputo?- le disse sorridendo entusiasta,senza interrompere tuttavia il suo lavoro.
-Si…-
-Perdonatemi,ma abbiamo mille cose da fare…-
-Capisco…-
Sillani le diede un’occhiata.Comprese .
-Saverio!...prendi un attimo il mio posto…arrivo subito!-

Andarono a sedersi al tavolo di un vicino caffè.Meg sorrise con dolce malinconia:
-Dunque….ripartite…-
-Già…-
La giovane donna sospirò.
-E’ stata una fortuna che capitassi qui…-
-Non sarei andato via senza congedarmi…Guardate!- le disse l’attore e le mostrò una lettera indirizzata a lei.-Andrea ve l’avrebbe consegnata oggi…Leggetela!-
Ma Meg la guardò,poi l’appoggiò sul tavolo:
-Ero così contenta di potervi vedere….anche se…-
-Che vi succede?-
-Si tratta di…Ditemi:avete conosciuto mia madre…e anche mio padre?-
Sillani sussultò,arrossì,prese fiato come per rispondere,tacque.
-Allora…allora Piangi aveva ragione…-
-Piangi? Il tenore?...che vi ha detto,quel…-
-Mi ha solo aperto gli occhi,Ernesto…-
L’uomo scosse la testa piano.
-Madamoiselle…le cose non sono mai quello che sembrano…Vostra madre..-
Meg lo interruppe:
-Mia madre aveva un segreto,un segreto che riguardava anche me:è morta senza condividerlo…ed ora siamo separate per sempre!-
Ernesto preferì cambiare argomento.Dopo una brevissima pausa,le domandò:
-Perché non venite via con noi?-
Meg sollevò lo sguardo su di lui:
-…E vostra moglie? Come la prenderebbe?-
-In questo momento mia moglie è già a Venezia,coi ragazzi…Venite con noi…Guardate:ve l’ho scritto anche nella lettera…-
Aprì la busta e mostrò alla giovane,un po’ incredula,l’invito che vi era formulato:
-Non posso promettervi nulla…ma siete una etoile dell’Opera e alla Fenice sareste accolta a braccia aperte!-
Meg era dubbiosa,esitante.
-Venite via,lasciatevi alle spalle il passato,madamoiselle….-

Lasciare il passato alle spalle…Non tornare più indietro…Magari cambiare identità,rinascere oggi con un nome e un destino nuovi…

-Partiamo domattina…Adesso debbo riprendere i preparativi:pensateci Meg…-


Il sole era tramontato già tuffandosi nell’Adriatico coi suoi raggi corti e freddi,i raggi di un novembre uggioso.Affacciato al ponte del diavolo,Nadir attendeva che Meg giungesse all’appuntamento.Il volto impassibile fissava l’acqua senza mostrare alcuna impazienza.
Il trotto di un cavallo che si avvicinava stancamente gli fece sollevare lo sguardo:
-Avete tardato…il sole è già calato:imbrunisce…-
-Ho tardato perché…ho deciso di non tornare con voi…-
-Perché?-
-Perché?...datemi voi una buona ragione per tornare…-
Nadir abbassò la testa,mise una mano in tasca,ne tirò fuori uno spartito sgualcito:glielo porse.
Meg lesse la musica:parlava di un bosco,di una cerva col suo cerbiatto…di due contadini innamorati che si amavano tra le spighe di grano… di un cesto di fragole…
-Che…che cos’è?- domandò,con voce che tremava.
-E’ la musica che il mio padrone ha composto ieri…-
Meg aveva un nodo alla gola;ma strinse i denti:era un pura illusione…
-E con questo?...se l’avete voi,vuol dire che è una musica che …che lui rifiuta!-
-E’ l’unica musica che il suo cuore sa creare…-
La giovane donna si irrigidì,con distacco ribattè:
-Mi spiace Nadir…non..non è una ragione sufficiente…- e gli restituì lo spartito.
-Bene.Ve ne do un’altra:non volete scoprire chi è vostro padre?-
Meg arrossì.
-E voi? Cosa ne sapete?-
-Ero là quando avete quasi ucciso Piangi…avete dimenticato?-
-Io…si,vorrei sapere la verità,ma…-
-Ma ne avete anche paura:per questo preferite fuggire…-
-Non sto fuggendo!-
L’orientale rimontò sul suo cavallo,le voltò le spalle:
-…Come volete …-
-Aspettate…Nadir!-


La notte trascorsa da Erik dopo il colloquio con Nadir fu tormentata,insonne.
La lotta nel suo animo in cui si dibattevano due spinte diverse,spirito e carne,passato e futuro,angelo e demonio lo stremava.
Non era questo che aveva in mente,quando aveva deciso di seguire Christine,di vegliare su di lei…No.All’inizio voleva solo che ella sapesse di poter contare sempre su di lui:che quando avesse voluto,capito,deciso,egli sarebbe stato là…Uno spirito,una voce…
Che cosa era successo poi?
Vecchi fantasmi erano riemersi dal passato,parole non dette,il sapore amaro della solitudine e l’ansia ribollente del riscatto pian piano erano tornati prepotentemente a galla…
…Ma davvero era quello che voleva?Il riscatto,la rivalsa? O tanta veemenza era solo per sopire,soffocare,seppellire qualcosa che non aveva mai conosciuto prima e che si incarnava in una giovanetta ribelle come il fuoco,docile come una cerbiatta…?
All’alba si era alzato dal letto e dalla finestra aveva seguito i movimenti cauti di Meg e Nadir,li aveva visti uscire dal palazzo…proprio come quell’alba in cui l’aveva allontanata da sé,respinta…dopo…dopo averla fatta sua:Sua!...e per sempre…
Si guardò intorno,cercando febbrilmente lo spartito che aveva gettato via la notte prima:era sparito…
Quello spartito diceva la verità…
Il canto di Christine,la sua voce che egli stesso come un pregiato fiore di serra aveva coltivato perché si schiudesse,sbocciasse come una rosa..quella voce era l’unica capace di restituirgli l’estro creativo…Ma poi? Che cosa raccontava la sua musica? Raccontava quei giorni perduti nei boschi dell’Appennino…raccontava la sua…la sua folle,inspiegabile,assurda passione…
Lo spartito era scomparso…Erik guardò ancora oltre i vetri:anche di Meg e Nadir non c’erano più tracce…
Meglio così…meglio forse lasciarla libera…che andasse per la sua strada…I loro destini si erano incrociati,ma…
Erik sospirò:no,l’idea di non rivederla…l’idea di saperla con altri…
Meg,Meg, Meg…che cosa c’era in lei che lo prendeva così?
L’uomo uscì dalla sua stanza e,scivolando nel buio come un felino in caccia,entrò in quella rimasta vuota della ballerina.

Il letto era disfatto, quasi ancora tiepido.
Erik preferì non soffermarsi,si guardò intorno.
Andò verso la cassettiera,l’aprì.
Riconobbe subito la scatola,quella scatola che era stata di Magdalene…
La aprì con cautela e cercò quella sua orribile prima maschera di tela grezza,che la sua vecchia amica aveva conservato così gelosamente…perché?
Guardò quel volto di pezza…Quanti anni erano passati?Chi era diventato,ora?
L’infanzia calpestata,l’innocenza perduta…e poi il buio,la dannazione,la solitudine,la follia…
Chi lo aveva sollevato al culmine della felicità,per sprofondarlo poi di nuovo nell’abisso,fino a sfiorare l’annientamento,di sé e di tutto il suo mondo?
Qualcuno bussò piano alla porta:
-Meg?...-poi ,prima di ottenere risposta,entrò madame de Chagny.
Erik era immobile ad attenderla.
Christine sussultò,poi si appoggiò alla porta dietro di sé,richiudendosela alle spalle.
-Voi qui…monsieur Dravic?- balbettò.
-Perché mi chiami così?...tu sai bene chi sono…-
-Non…non ho mai conosciuto il tuo nome…-
-…Una volta ero il tuo angelo…Ti ho insegnato la mia musica,l’ho fatta scaturire dalla sorgente più pura del tuo cuore…- le ricordò lui,avanzando verso di lei,nel buio.
Christine volse il capo,poi sottovoce commentò:
-E’ stato tanto tempo fa…quando ancora credevo negli angeli…-
-Non…non ci credi più?-
-No…l’angelo in cui credevo…si è trasformato in demone…-
-Tu…tu hai il privilegio di farne quello che vuoi,di quel demone…se solo volessi…-
Le si era avvicinato,le sfiorava piano i capelli,fissandola intensamente.
Christine si ritrasse,atterrita.
-Ne ho tanta paura…-
Egli sospirò,abbassò il capo,le domandò:
-E…nessuna pietà?-
Lei si intenerì,ammise:
-Oh..tanta pietà…ma…troppa paura…-
-Paura di cosa? Del mio aspetto,vero?-la aggredì lui.
Christine si ritrasse tremante:
-No…mi fa paura questa tua selvaggia indole…so che non potrai mai cambiare…E’ il genere di vita che hai conosciuto,l’unico che conosci…-
-E…se ti dimostrassi che invece posso cambiare…posso essere come tu mi vuoi?se riuscissi a liberarti di questa paura?-
Lei spalancò gli occhi,lo guardò con l’espressione rapita con cui ascoltava ammaliata la sua musica.
-Io…-
Ma poi Christine aggrottò la fronte.
-E’ tardi ormai…-
Lui le afferrò un braccio,la attirò a sé:
-No..non è tardi,Christine…tu puoi ancora scegliere!Ora!-
La soprano si divincolò,arretrò verso la porta:
-Mi fate male,monsieur Dravic…Lasciatemi tornare nella mia stanza!-
Lui la lasciò andare,con un gesto di sconforto e di rabbia.
-Ma sì…va’ via,viscontessa…-
Christine aprì la porta,ma sull’uscio soggiunse:
-Promettetemi di non tornare più su questo argomento…io non farò parola con Meg di questo nostro incontro e della vostra presenza qui…-
-Fate come vi pare…Madame De Chagny!-



babyphan30/3/2008, 14:22
Come per il viaggio di andata,a un certo punto Nadir bendò Meg e proseguì per il passaggio segreto,con cautela.
A un tratto,però,mentre dovevano essere circa alla fine del percorso,il suo cavallo ebbe uno scarto improvviso;la ballerina avvertì che stavano cambiando direzione.
Quindi le sembrò di sentire avanzare qualcun altro.
-Non siamo soli!- si lasciò sfuggire Nadir.
Forse smontò da cavallo…
Meg sollevò la benda:voleva capire che cosa stesse succedendo.
In quella avvertì un sibilo sinistro che aveva imparato a riconoscere bene.Un tonfo,la voce strozzata di un uomo;smontò dal suo cavallo e si avvicinò alla sorgente di quei rumori.
Nadir era inginocchiato accanto a un uomo che lei non aveva mai visto prima;intorno al collo dello sconosciuto il micidiale lazo del Punjab…
-L’avete ucciso?- esclamò lei,spaventata.
-No…solo stordito…-Nadir rispose meccanicamente,poi sollevò lo sguardo contrariato su di lei.
-E adesso?...-
-Adesso …- l’uomo sembrò quasi domandare a se stesso il da farsi.-Se non dovessi riportarvi a destinazione mi nasconderei e aspetterei il suo risveglio,per seguirlo…-
-Aspettiamo insieme!...- propose istintivamente Meg.
L’orientale sciolse piano il laccio dalla gola del malcapitato intruso,lo lasciò scivolare in una tasca.
-Venite!- fece poi a Meg –Rimontate a cavallo…-
-Ma…-
-Vi scorterò fino a un certo punto,poi la strada la riconoscerete da sola!- si limitò a spiegare.
Avanzarono ancora in quella che sembrava una galleria,coperta di muschi.
-Nadir…voi, sapete usare quel…quell’arma…?-
Il silenzio fu una risposta eloquente.
-Ve lo ha insegnato lui?...-
Nadir si limito a sorridere appena.
Meg riflettè.Quante volte era stato Nadir a usare quel laccio,nella loro storia recente? E prima?
La giovane donna tirò la cavezza,si fermò.
-Che cosa vi lega a Erik,Nadir?...quante cose avete condiviso con lui?-
Il siriano sospirò:
-Vi racconterò una storia,madamoiselle…

“Quando nacque il bambino,una nube nera e terribile coprì la dimora di suo padre…La madre non ne tollerò la vista e ne morì,per il dolore e la vergogna…Suo padre lo odiò per quello che aveva fatto alla sua sposa:ma era il suo unico erede,andava tutelato…Allora lo segregò in una torre,allattato da una balia che era stata accecata,perché non ne vedesse mai il volto…
Quando fu svezzato,al posto della balia fu messo un giovane custode:uno schiavo straniero,che
doveva occuparsi di lui e proteggerlo;ma guai se gli avesse rivolto la parola,guai se lo avesse guardato in volto…
La punizione sarebbe stata terribile!
La solitudine di quella creatura,però,toccò il cuore del custode.
In breve i due impararono a comunicare.
Il servo si affezionò a quello sfortunato padroncino,provò a insegnargli quel poco che sapeva…
Una notte il regno fu assalito da razziatori…
Depredarono ogni cosa,uccisero chi si opponeva loro,entrarono nel castello rimasto abbandonato dal re in fuga…
Giunsero fino alla torre…
Il custode era l’unico rimasto a difendere quella povera creatura abbandonata.
Pensò che avrebbe potuto farlo fuggire:era piccolo,poteva facilmente mettersi in salvo.
Gli coprì il volto con una maschera di tela,lo aiutò a calarsi giù,con una corda…
I razziatori presero lo schiavo,ma non lo misero in vendita,insieme ai pochi sopravvissuti:volevano che dicesse loro dove fosse finita la preda più ghiotta…
Lo legarono a un palo,lo frustarono e lo lasciarono esposto un giorno e una notte.Speravano di piegarlo…
Un solo uomo di guardia controllava il prigioniero,troppo prostrato per fuggire.
Benché quasi privo di sensi,egli sentì sibilare nell’aria il lazo,vide la guardia cadere a terra,sentì una lama tagliargli le corde che lo tenevano legato…
Fuggì,si mise in salvo nella foresta.
Ma colui che lo aveva salvato…fu venduto come uno schiavo,insieme agli altri schiavi…”

Meg rabbrividì a quel racconto.
-E..che ne fu di lui?- provò a domandare.
-Siamo arrivati,madamoiselle…-
-Aspettate!...ditemi come,come è finita…-
-Quel servo cercò disperatamente il suo padrone,per anni…finchè non lo ritrovò.E gli resterà sempre accanto,fedele fino alla morte…-
Detto questo Nadir colpì il fianco del cavallo di Meg,sospingendolo al galoppo.
-Via!-

La cena sarebbe presto stata servita.
Meg avrebbe avuto appena il tempo di cambiarsi e scendere.Ma prima di rientrare in camera sua,qualcosa l’attrasse:un rumore di lame che si scontravano,giù nell’armeria…
La porta era accostata,la ballerina la schiuse piano:
-Dunque non avete perso tempo…non appena mi sono allontanato,eccovi sistemato qui,a casa del mio amico!-
-Le circostanze mi hanno favorito…E del resto la mia presenza qui,dal vostro punto di vista,non può essere che un bene…-
-Già…se potessi fidarmi di voi…Se non mi aveste detto voi stesso che siete qui per una vostra qualche ragione…che non conosco e non voglio conoscere!-
-Siate meno schizzinoso,monsieur Guido…una volta non vi facevate tante domande sulla mano che vi porgeva aiuto…-
Le lame si incrociavano,si misuravano.
Alle parole dei due contendenti facevano seguito i rispettivi affondo.
-Che cosa avete saputo,di nuovo?-
-Pare che quella lettera del visconte sia autentica…Ma è anche vero che dopo Piangi,nessun altro l’ha incontrato…E qui? Si è visto nessuno,ancora?-
-No…ancora no…ma il piano di Guermates è chiaro…-
A un tratto quello dei due contendenti che aveva parlato per ultimo si arrestò,sollevò la maschera che gli parava il volto dai colpi e guardò verso di lei:
-Sembra che abbiamo visite,conte…-
Meg deglutì:Erik come sempre l’aveva scoperta…
-Signorina Margherita!- disse l’altro,scoprendosi e andandole incontro. –Vedo con piacere che avete riacquistato la salute…-
Imbarazzata la giovane donna annuì.
-Ma che strano abbigliamento…per la cena?-
-Ehm…ecco…avevo sentito che c’era qualcuno in armeria e speravo di avere il tempo di allenarmi un po’…- rispose lei,fingendo di non notare lo sguardo tra il divertito e lo scettico con cui Erik continuava a fissarla provocatoriamente.
-Io non posso accontentarvi…ho già avuto la mia lezione…- rispose Guido,lanciando uno sguardo esplicito al suo interlocutore. Ma monsieur Dravic forse può trattenersi un po’?-
-Difficile dire di no…- rispose quello,rispondendo con un’occhiata altrettanto significativa all’invito dell’ italiano.


-Hai sempre la risposta pronta,piccola Giry…Come è andata la piccola escursione fuori porta?Hai rivisto i tui amici…’artisti’?-
Meg si fece seria,cercò una lama adatta,quindi si volse verso di lui e ribattè:
-Credevo dovessimo tirare…-quindi si mise in posizione di sfida davanti a lui-
Lui fece un leggero inchino,quindi si dispose ad affrontarla,con un ghigno provocatoriamente divertito.
-Incrociare le lame non impedisce di conversare…o non riesci a fare due cose insieme?-
Per tutta risposta Meg lo incalzò con una serie di fendenti,fino a sospingerlo all’indietro verso il muro.
Si fermò quindi e gli rispose:
-I miei amici erano in partenza…ho fatto appena in tempo a salutarli…-
Un po’ urtato nell’amor proprio da quella prova di abilità,Erik la richiamò in guardia e dopo averne misurato le difese,restituì l’affondo.Le loro lame si incrociarono poco sopra la testa di Meg,che tentò di resistere con quanta forza aveva e di respingerlo.
Fu lui a fare un passo indietro,abbassando l’arma:
-Partono?per dove?-
-Venezia…hanno una scrittura…- le lame si incrociarono ancora – Monsieur Sillani mi ha invitato ad andare con loro…-
-A che fare?sei una ballerina,non un attrice…-
Si misuravano,senza che nessuno dei due attaccasse più l’altro.
-Ernesto diceva che alla Fenice mi avrebbero accolta a braccia aperte…-
-Alla Fenice…-Erik riflettè,un po’ sognante.
Meg ne approfittò per incalzarlo,lui le tenne testa e di nuovo si trovarono a respingere il reciproco attacco,vicinissimi tanto da confondere il reciproco respiro.
Erik la fissò:
-E tu,cosa hai deciso?- voleva esserci il solito tono graffiante e sarcastico,nella sua voce.Ma anche se Meg non vi colse la sfumatura di ansiosa attesa,gli occhi di lui non erano capaci di mentire.
La fanciulla abbassò lo sguardo,arrossì:
-Per ora nulla…Ho eseguito gli ordini di Nadir…-

Forse Nadir ha ragione…forse non debbo arrendermi…

Con una mossa a sorpresa,approfittando del momento di confuso imbarazzo della giovanetta,l’uomo fece volare via la sua spada,disarmandola,spalle al muro.
-Ti difendi bene…sei abile,’signorina Margherita’…- commentò lui,riferendosi alla destrezza di Meg con la spada,ma anche e soprattutto al suo destreggiarsi in quella situazione incandescente
Lei non rispose,era in sopraffiato ed emozionata.
Non vide lo sguardo di lui che l’accarezzava con ammirazione e desiderio.
-Credo che per stasera possa bastare…La cena si raffredderà!- le disse quindi,brevemente,congedandola.



Edited by arielcips - 4/1/2009, 22:37
 
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drusilla803
view post Posted on 10/4/2008, 09:04




Ehi, quando riprende questa ff? Prima i post erano così frequenti... Mi manca!!! Sono in astinenza!!! Please!!!
 
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babyphan
view post Posted on 10/4/2008, 13:41




Hai ragione...e mi scuso con tutte voi ma...ho dedicato molto tempo al trasloco e adesso...debbo riprendere fiato! Ma sto lavorando per voi!!!
 
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144 replies since 4/4/2008, 22:17   2204 views
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