Il ponte tra di noi, ff ispirata al Fantasma dell'Opera(1221 visite )

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babyphan
view post Posted on 4/4/2008, 22:34 by: babyphan




babyphan11/12/2007, 14:19
Il fantasma!...è ferito,mamma,dobbiamo medicarlo,dobbiamo guarirlo…
Gli cauterizzerò io la ferita,si…lo farò io,al posto tuo…
Ma la fiamma della candela è così vicina,mamma…mamma mi brucia,mi brucia la mano…
Ah!


Strappandosi con uno sforzo violento a un torpore opprimente,finalmente Meg si svegliò.
-Dove sono?- domandò ad alta voce.
Ma non c’era nessuno intorno a lei a risponderle.
Mise a fuoco meglio il luogo ove era distesa: l’interno di una carrozza.
Un lieve chiarore filtrava dalle tendine accostate.
Si avvicinò al vetro e,con la mano sinistra,istintivamente scostò la cortina:solo allora si accorse della fasciatura che le avvolgeva tutto il palmo.
Aggrottando la fronte la fissò,tentando di ricordare cosa fosse successo:no,non era stato un incubo.
C’era stato l’agguato…Raoul e Christine erano fuggiti via,aiutati dal solito immancabile soccorritore…
Poi…poi la sparatoria,e il proiettile che le passava attraverso la mano… e Sillani riverso sul selciato:
-Sillani! Debbo andare da lui!debbo sapere…-
Finalmente aprì la portiera della carrozza:fuori era mattina e i raggi del sole,benché attutiti dalle fronde riparatrici di un boschetto che si apriva a radura intorno alla vettura,le ferirono lo sguardo,frenando la sua irruenza.
A poco a poco si abituò alla luce e,facendosi velo con la mano,riuscì a guardarsi intorno.
C’era un piccolo bivacco intorno al quale si affaccendava lesto e silenzioso un ometto che,anche di spalle ormai,aveva imparato a riconoscere: Nadir,il servitore del signor’Dravic’…
In piedi,di spalle,in maniche di camicia,intento a radersi davanti a uno specchio che pendeva da un sostegno di fortuna,Meg riconobbe anche lui,il padrone…
I suoi occhi e il suo ghigno parvero irriderle attraverso lo specchio.
Poi l’uomo asciugò il volto e,indossata una maschera nera,si volse verso di lei.
-Nadir!...la nostra piccola ospite è sveglia…preparale qualcosa…- disse,avanzando con spavalda arroganza verso di lei.
Meg scosse il capo,disorientata.
Poi balbettò:
-N no…io..non voglio niente…Solo…dove siamo?-
-Sull’Appennino…abbiamo da poco lasciato Porretta…-
-Su…sull’Appennino?...ma…ma ci sarebbero voluti almeno tre giorni di viaggio,mi ha detto Sillani…-
-E aveva ragione,quel guitto….-rispose indifferente Dravic,mentre infilava il gilet.
-Come’aveva’? Perché? Che vuol dire?...Dov’è ora?-
-Dove l’abbiamo lasciato,presumo…- fu la risposta volutamente strafottente dell’uomo,che dopo aver indossato il gilet, si avvolgeva il foulard intorno al collo.
Intanto Nadir si era alzato e aveva porto alla giovane donna una tazza di tè,dall’aroma avvolgente,quasi irresistibile.
-Bevetelo,madamoiselle…vi farà bene…-
Nella voce dell’orientale una sfumatura di sollecitudine,sottolineata anche da uno sguardo amichevole.
Meg non seppe dirgli di no e nel tendere la sinistra si accorse che l’uomo ne osservava la fasciatura:
-Stasera dovremo cambiare la medicazione…vi fa ancora male?-
Lei guardò la mano,come se si ricordasse solo ora della ferita:
-No…ma,siete stato voi?…è guarita in fretta….-
Nadir sorrise e,abbassando la voce,la ragguagliò:
-Madamoiselle…avete dormito tre giorni…perdonatemi,ma dovevo ridurre al minimo la vostra sofferenza,e la vostra resistenza…durante l’operazione…-
Meg allora guardò offesa e indispettita verso il signor Dravic:
-Che vuol dire?...dunque sono passati tre giorni? Mi avete rapita,drogata…Mi avete impedito di aiutare l’unico amico che…-
-Smettila,piccola Giry:non essere melodrammatica!-
-Io..io non vi permetto di trattarmi a questo modo:voglio che mi rispettiate,signor Dravic!-
-Credi che a me abbia fatto piacere questo cambio di programma? Una coatta perdita di tempo,per soddisfare gli slanci filantropici di madamoiselle Jean d’Arc!...-
Si fronteggiarono di nuovo,ostinati e orgogliosi entrambi.
-Voi…voi…- Meg avrebbe voluto ribattergli qualcosa.
-Io sono quello che sono…E tu continui a metterti sulla mia strada,a intralciare le mie decisioni!Bevi il tè e monta in carrozza:dobbiamo riprendere il cammino…-
Per tutta risposta Meg gettò tazza e contenuto per terra,davanti a sé e,incrociate le braccia,sillabò:
-Non mi muoverò e non verrò con voi da nessuna parte…Io voglio tornare da monsieur Sillani!-
Lui sembrò volerla incenerire con lo sguardo,ma poi preferì reagire con l’indiferenza:
-Bah! Fa’ come credi…- sbottò,sprezzante e,scostatala ruvidamente, montò in carrozza.
-Nadir,leva il campo e partiamo!-
L’orientale si affrettò a sbrigare le ultime faccende,agitandosi intorno a Meg che a quel punto ritenne opportuno spostarsi,per mantenere la sua ostinata determinazione,senza essere sballottata di continuo dall’ometto.
Era ferma al centro della radura,sempre a braccia conserte e viso imbronciato,quando -annunciati da un cupo brontolio di tuono- un primo e un secondo gocciolone,seguiti da un terzo e un quarto e un quinto e giù da cento altri,la avvertirono dello scatenarsi di un insolito acquazzone primaverile…
-Venite via,madamoiselle:state tranquilla…anche il vostro amico capocomico è stato soccorso…- le sussurrò ancora Nadir,andandole incontro e riparandola con un pesante telo incerato.
Parzialmente rasserenata la fanciulla accettò il suo consiglio e,finalmente,montò sulla carrozza.
A bordo,il signor Dravic non le rivolse nemmeno un’occhiata.
Guardava con quel suo accattivante malinconico distacco le gocce di pioggia rincorrersi sul vetro del finestrino…e oltre,chissà dove….

Il viaggio proseguì segnato solo dal monotono battere della pioggia sul tetto della carrozza.
Nessuna parola fu scambiata tra i due viaggiatori per ore.
Meg ogni tanto sollevava lo sguardo su quell’uomo misterioso,di cui a stento conosceva il nome de plume e al quale - nonostante tutto- doveva ancora una volta la vita.Ma poi lo riabbassava,guardando fuori,domandandosi cosa ne fosse stato di Ernesto Sillani,di Raoul,di Christine…
Non poteva accorgersi degli sguardi che ogni tanto,seguendo chissà quale pensiero,anche lui le destinava:pensosi,interrogativi.Di scatto interrotti,quasi prepotentemente,per dirigere gli occhi fuori,all’inseguimento dell’eterno illusorio sogno…
La carrozza si inerpicò a un tratto per un sentiero scosceso,che la recente pioggia aveva reso però estremamente sdrucciolevole.
Improvvisamente,nonostante la perizia del cocchiere,il mezzo ebbe uno scarto,frenò,sembrò retrocedere.
Meg fu sbalzata contro il suo compagno di viaggio,dal quale si ritrasse immediatamente.
-Che succede Nadir?- gridò quegli intanto,afferrandosi alla portiera e sporgendo la testa fuori.
Con uno sforzo estremo il servitore riuscì a riprendere la marcia ma,uscito dall’impasse,fermò la carrozza,smontò da cassetta e venne a parlare con il padrone.
Meg li sentì borbottare qualcosa,ma tutto ciò che comprese furono le imprecazioni di Dravic,contro il tempo e il destino,nonché i rimproveri verso il piccolo orientale.
Poi l’uomo rientrò e le fece cenno di smontare,senza proferire parola.
-Cosa accade?- chiese la giovane timidamente a Nadir,avendo ormai dato per certo che il servitore fosse l’unico a prestarle attenzione.
-E’ meno pericoloso se per un tratto proseguiamo a piedi…i cavalli non sono abituati a questo terreno accidentato…-
-Dove..dove siamo diretti,se posso chiederlo?-
-Nadir! Ti pago come servitore,non come dama di compagnia!- li interruppe ostile e sarcastico Dravic.
-Certo monsieur…- rispose pacato e docile l’orientale.
Meg scosse la testa,domandandogli con meravigliata disapprovazione:
-Perché permettete che vi tratti così?-
L’ometto la guardò da sotto in su,con un enigmatico sorriso negli occhi:
-…chissà?forse dovrei porvi la medesima domanda?-le disse,alludendo alla ferita alla mano.
Meg sussultò,ma non ebbe tempo di rispondergli,perché incalzata dall’avanzata dei cavalli,sospinti verso la salita.
Non fu facile arrampicarsi al di là di quel primo sperone di roccia;l’abito della giovane donna era per metà incrostato di fango e,nella parte superiore,ancora impregnato di umidità e di pioggia.
Per non scivolare la giovanetta doveva spesso fare forza sulle mani e a un tratto,un movimento falso,le costò una fitta alla mano ferita.
-Fa’ attenzione!- la rimproverò il suo compagno di viaggio,ma con inattesa sollecitudine le si avvicinò,le prese la mano e osservò la fasciatura:
-Nadir!... arrivati al gradone superiore rimonta il campo…e cambia questa medicazione…-
Il sole tramontava dietro grossi cumuli che il vento andava disperdendo,quando finalmente la piccola comitiva si fermò.
Solerte Nadir sistemò i cavalli,liberandoli dal giogo della carrozza;quindi montò un piccolo focolare e vi accese il fuoco,illuminando la radura che imbruniva rapidamente.

babyphan17/12/2007, 19:39
-Precedetemi sulla carrozza,madamoiselle….vorrei controllare la vostra ferita…-
Meg non desiderava altro che riposarsi,finalmente.E vedere cosa era successo alla sua mano…
Quando il servo stava per salire,lo sentì che si fermava:
-Dite,padron Erik…-gli udì rispondere.Poi avvertì un confabulare appena percettibile…

Erik…Erik! È questo dunque il suo nome…il suo vero nome,immagino…Erik…Oh che sciocca che sono…

Nadir era entrato reggendo una lucerna che sospese a un apposito gancio,quindi con una delicatezza quasi muliebre sollevò la mano della giovane donna e sciolse piano la garza che la fasciava.
Man mano che la benda scivolava via,il volto di lei diventava sempre più teso e pallido:la ferita le sembrava orribile,la mano mostruosamente lacerata…
-Oh…mio Dio!- esclamò a un tratto,con voce rotta.
L’orientale si affrettò a tranquillizzarla:
-No…non spaventatevi,madamoiselle…si cicatrizzerà del tutto e…piano piano non si vedrà più…-
Ma lei scuoteva il capo,incredula,disperata:
-…sono sfregiata per sempre…oh,dove potrò presentarmi…non potrò nemmeno più esibirmi…nulla…-
-Calmatevi…calmatevi,via…non è come credete…-
La portiera si aprì,sullo stipite comparve Erik.
-Già pentita del tuo bel gesto,piccola Giry?...-
Lei allora tacque,soffocò quel pianto ingiusto quanto inutile…
-Siete libero di crederci o no…ma -nonostante tutto-io…lo rifarei…-gli dichiarò,a bassa voce.
L’uomo le sedette a fianco,approfittando del fatto che il suo servitore si era momentaneamente allontanato;quindi le prese la sinistra,osservandola serio;infine sollevò lo sguardo sulla giovane.
-Non ho bisogno di crederci…lo so..-
Le reclinò delicatamente il palmo e,prima che lei potesse capirlo,appoggiò sul dorso niveo profanato dal nero sangue rappreso la sua mano calda,stringendo piano,in segno di riconoscenza.
Meg era incredula;quel gesto inatteso la rincuorò,anche se permaneva in fondo al suo cuore il terrore di dover nascondere l’orrido sfregio per sempre.
Nadir rientrò e il suo padrone si allontanò di nuovo,consentendogli di terminare la medicazione e la fasciatura.
-Nadir..nella mia valigia c’erano dei guanti di raso nero…potreste aiutarmi a recuperarli?-
Il servo la guardò,stupito e mortificato a un tempo per lei.
-Madamoiselle…-
Meg comprese;spalancò la bocca,la coprì con la mano esclamando:
-Oh no…la valigia!...tutte le mie cose…sono sul carro della compagnia!e adesso?-
Poi guardò l’abito che aveva indosso.E pensò che non aveva più nulla con sé…
Come leggendole nei pensieri,l’orientale la rassicurò ancora:
-Il padrone ha provveduto ad acquistare abiti e biancheria…a Porretta…-
Ma Meg pensava alla scatola preziosa di sua madre,alle lettere…alla maschera di tela grezza…
-Nadir!-
Il povero ometto tardò a rispondere.
Avrebbe voluto rincuorare quella fanciulla:ne provava una crescente ammirazione e si rammaricava a vederla così disperata;ma il richiamo risuonò ancora,più autoritario di prima.
La lasciò sola,con un sospiro.


Potrei continuare a piangere per ore..non cambierebbe nulla.
No.Debbo reagire.Ingoierò le lacrime:come una medicina,quel loro sapore amaro mi è diventato quasi familiare…La medicina quotidiana…



Mentre i due uomini sembravano intenti ad altro,Meg scivolò alle spalle della carrozza,si arrampicò sul bagagliaio.Riflettè un attimo,poi capì dove cercare,prese quello che le serviva e ridiscese.
Dopo poco la portiera della vettura si aprì e comparve la fanciulla:aveva indossato abiti puliti,s’era ravviata i capelli e li aveva legati in una lunga treccia.
I due uomini alzarono lo sguardo su di lei,poi si scambiarono involontariamente un’occhiata.Rimasero comunque in silenzio.
-Ho preparato qualcosa,per cena,madamoiselle…è quasi pronto…-
-Grazie…-rispose lei,sistemandosi vicino al fuoco.
L’ometto la servì.Poi si avvicinò al suo padrone che però lo rimandò indietro,procrastinando per ora la cena.
In piedi,a discreta distanza dalla giovane donna,l’orientale consumava anche lui il suo pasto.
-Perché non sedete accanto al fuoco…?- lo invitò gentile la fanciulla.
-Non è il posto per me…- le ricordò lui.
-Vi prego…- insistè Meg.
Nadir si avvicinò e sedette a gambe incrociate di fronte a lei.
-Quante cose sapete fare…Guidate i cavalli come un auriga romano,maneggiate le armi con destrezza,cucinate meglio di una buona massaia…-
-La necessità aguzza le virtù…- rispose lui,senza batter ciglio.
-…Io so fare ben poco...-
I passi di Erik,la sua comparsa alle loro spalle,li zittirono.
Nadir fece per alzarsi.
-Sta’ pure comodo…non vorrei mai interrompere un così familiare convivio…- il tono era vagamente sarcastico.Tuttavia l’uomo sedette accanto al servo,davanti al fuoco e si servì di una tazza di tè,con estrema semplicità.
-Di cosa conversavate,così amabilmente?- domandò poi.Sembrava scisso tra il desiderio di condividere quel momento di calore umano e la consapevolezza di esserne irrimediabilmente escluso.
-Facevo i complimenti al vostro servitore…-
-Già,madamoiselle voleva confondermi…Faccio solo il mio dovere…-
-Bè…quello che vi si chiede non è poco…- sottolineò lei.
Erik lo guardò:
-Nadir è insostituibile…- ammise.
L’orientale chinò il capo,inorgoglito e confuso.
-Mio signore…è un onore per me,servirvi…- sussurrò,ma non così a bassa voce che Meg non potesse sentirlo.Chinò gli occhi,domandandosi cosa si nascondesse dietro tanta devozione…
Il verso di un chiurlo singhiozzò di lontano.
-La notte avanza…- sentenziò Erik,scrutando affascinato le stelle tra i rami degli alberi.-Prepara la stanza della nostra ospite,Nadir..-
L’orientale si alzò.Anche il suo padrone fece per allontanarsi,di nuovo.
-Io…io vorrei sapere dove siamo diretti….- riuscì a domandare Meg,trattenendolo.
Lui si volse a guardarla.
- Tu potresti dircelo…Noi seguiamo solo delle tracce…-
- Io vorrei raggiungere la compagnia di Sillani…credo andassero a Rimini,ma non so se..non so cosa ne è stato di lui…-
-Spiacente…- la interruppe lui –Ma preferirei tu rispondessi alla mia domanda…-
-Mi state chiedendo …? Vi ho già detto che non faccio la spia,signore…E comunque non posso sapere se Raoul e Christine abbiano deciso di unirsi ancora alla compagnia teatrale o proseguire per San…- Meg si trattenne,mordendosi le labbra – Proseguire per la loro meta…- si corresse poi.
Gli occhi di lui brillarono nell’oscurità.Ma non replicò nulla.
Meg si fece di nuovo coraggio:
-Monsieur…io sto bene,ormai…datemi un cavallo e permettetemi di raggiungere i miei amici…-
-E proseguire da sola? Ci vogliono quindici giorni di viaggio,per valicare l’Appennino…seguendo la via maestra…-
-E noi? Che via stiamo seguendo?-
Lui ghignò,significativamente,scuotendo la testa.
-L’unica che mi sia concessa…da sempre….-
Meg sospirò,disillusa.
Nadir intanto scese dalla carrozza,invitandola a prendervi posto.
- Viaggerai con noi,piccola Giry…rassegnati:e ora va’ a dormire…-
-Buon notte,madamoiselle…- le augurò l’orientale,a mezza voce.
-Buona notte…ma, e voi?- si guardò intorno.I due uomini avevano approntato dei giacigli di fortuna,vicino al fuoco.L’ultima cosa che vide fu Erik steso,la testa sulle braccia incrociate,le gambe appena sollevate,gli splendidi occhi rivolti all’azzurro infinito,spalancati nella notte…



babyphan18/12/2007, 16:39
Meg abbassò la tendina della portiera e si stese sul ‘letto’ che le aveva approntato Nadir.
Ma più che riposare il corpo,non riusciva:era tesa,pensierosa…desiderosa di riacquistare la propria autonomia.
La vita l’aveva divisa da Christine e Raoul…allora che senso aveva inseguirli,insieme a quell’uomo?Era un’altra la sua strada:trovare se stessa,trovare sua madre…
Si girò e rigirò,sperando in un po' di pace;ma un’idea insana le frullava in testa.
Approfittare del sonno di quei due e tentare di fuggire…
La luna era sorta da poco.
La ballerina schiuse piano la portiera laterale,quella che affacciava alle spalle del bivacco.Stette in silenzio,inspirò,preparandosi al passo successivo,quando –un po’ soffusa –una voce dall’altro lato della carrozza si levò:
-Non dormite,padrone?-
Un sospiro.Poi la risposta:
-No,Nadir…-
-Eppure dovreste…-
-Già…dovrei…-
-La inseguite sempre..quella vostra chimera…-
-Non è una chimera,Nadir!...Una chimera è un sogno,un’illusione:lei è carne che palpita…-
Fu il servo,a sospirare.
-Dovunque sia,ora…Perdonatemi,signore…,ma qui,e ora,voi…-
-Qui e ora…?...mi credi cieco?So bene che la nostra piccola ospite è coraggiosa e bella,quanto e più di sua madre,forse…-
-Ecco…- lo interruppe il servo.
Ma l’uomo proseguì,impietoso:
-Ma…come a sua madre,Nadir…io le ripugno,le faccio orrore!-
Meg sussultò e trattenne il fiato:non poteva farsi scoprire,non in quel momento…
Dopo una pausa,durante la quale forse Nadir aveva attizzato il fuoco,la giovanetta sentì di nuovo la voce del servo:
-Ne siete così certo?-
Erik sorrise,amaro.
-…Come le ripugna la sua stessa mano…-
-Permettete,padrone…quella ragazza,come sua madre,vi ha salvato la vita…Voi continuate a commettere lo stesso errore di sempre!-
-Taci Nadir…so distinguere l’amore dalla pietà...Riconosco il ribrezzo negli occhi,anche in quelli più amorevoli…-
- E la vostra chimera,allora?-
-Lei?....anche lei ha provato orrore,lo so…ma …ma mi ha baciato,Nadir,capisci?Ha baciato me…ed era pronta a restare con me,se solo…-un sospiro più forte,quasi un singulto troncò il ricordo.
-L’avete lasciata andare…era libera di scegliere …- insistè il servo.
-Ho deciso io per lei!-esclamò Erik con rabbia,poi abbassò la voce,turbato,quasi parlando tra sè-…io…io ero il suo ‘angelo’…lei si fidava di me… E lei era il ‘mio’ angelo:era la musica…quella musica che è morta per sempre!-

Mio povero Erik…quanto rimpianto nella sua voce…Ma,ora più che mai so che debbo andare via,separarmi da lui:il suo dolore,la sua pena…mi toccano il cuore,troppo profondamente…non so cosa possa significare,ma sento con certezza che è un pericolo…

Lo scambio di battute era cessato da un po’.
Meg discese silenziosa i gradini della carrozza,senza richiuderla alle sue spalle,per evitare di far rumore.
Piano,sollevando la veste perché non frusciasse sull’erba,si diresse verso i cavalli,che pascolavano poco distanti,legati a degli alberi.
Prima di affrontare il buio della notte,guardò verso i due che dormivano.
Una lingua di fuoco sollevandosi dalla brace illuminò il volto di Erik,svelandone anche il profilo deforme.

Crede davvero che io provi orrore?che io provi ribrezzo?Forse la prima volta che l’ho veduto,forse quando non ne conoscevo che questo aspetto…Ora invece…

Meg si sentì irresistibilmente attratta verso di lui.
Come se dovesse congedarsi,almeno con un gesto.
Con cautela si chinò sull’uomo e piano gli sfiorò il profilo destro con la punta delle dita…Una debolissima carezza…

Addio …

Egli sembrava dormire,profondamente.
Meg finì per convincersi che quel suo gesto era stato solo per accertarsi di ciò.
In silenzio,raggiunse i cavalli,ne liberò uno e fece per montargli in groppa.
-Non sai proprio rassegnarti,vero piccola Giry?!?-
La mano inflessibile sulla sua,la voce tagliente,il tono severo come una staffilata:Erik era fermo davanti a lei.L’aveva scoperta!
Dopo un primo sussulto,Meg però reagì,cercando di liberarsi della sua stretta.
- Se non sarà questa notte,ci riproverò domani e anche doman l’altro..A meno che non mi leghiate! Lasciatemi andare!-
Lui le liberò la mano,fece un passo indietro:
-Accomodati,non ti trattengo…Ma per quanto tu possa correre,non arriverai mai prima di noi:facciamo la stessa strada,piccola Giry… preferisci percorrerla da sola?…-
In quella il verso strano,prolungato come un ululato,di qualche animale notturno,o forse di un cane …certo non di un lupo…lacerò l’aria.
Meg rabbrividì.
Per l’uomo parlò invece lo sguardo irridente,sarcastico.
Senza aggiungere altro,la ballerina legò di nuovo il cavallo all’albero poi a testa bassa diede una pacca rassegnata all’animale,sospirando.



babyphan19/12/2007, 23:37
La seconda giornata di viaggio fu più agevole:la strada che avevano scelto correva lungo il versante del massiccio lungo ampie curve a gomito,senza mai inerpicarsi troppo.
Ma alla fine del secondo giorno, osservando una carta si resero conto che rispetto alla meta si erano avvicinati ben poco.
Questo indispettì Erik,che fu più chiuso e taciturno del solito,inducendo gli altri due viaggiatori a fare altrettanto.
Il terzo giorno,studiando la medesima cartina,Nadir provò ad apportare una variazione all’itinerario,affrontando la salita in modo più diretto.
Meg avvertiva la stanchezza,il disagio;le pesava quella condizione di ‘ospite’ forzata.E quel percorso così accidentato la provò definitivamente.
Quella sera non si unì nemmeno ai due uomini per la cena,cadendo in un sonno profondo,ma ristoratore..

Era appena sorto il sole quando,approfittando del daffare dei due compagni di viaggio,scivolò piano giù dalla carrozza e si guardò intorno.
L’aria era come impregnata ancora della rugiada brumosa del mattino;il silenzio intorno era appena interrotto da frulli di uccelletti silenziosi.
Ma la montagna lussureggiava nell’incipiente estate,rigogliosa,splendida.
E dall’alto di quei monti selvaggi,intatti era possibile spaziare lo sguardo lontano,nel verde di foreste inestricabili,su pascoli verdeggianti incontaminati…


-Madamoiselle?...prendete una tazza di te?..Madamoiselle?- Nadir aveva bussato alla portiera,accorgendosi in ritardo della assenza dell’ospite.
-Dov’è andata,ora?- gli domandò irritato il padrone,assicurandosi con un’occhiata della presenza dei tre cavalli.
-Mah…non credo lontano…vado a cercarla,se permettete…-
-No,andrò io…tu smonta il campo e sii pronto a partire…Per Dio,quanto tempo perso!-
Erik seguì le tracce lasciate da Meg al suo passaggio nell’erba e finalmente,sollevando lo sguardo,ne intravide la sagoma appoggiata di spalle al tronco di una quercia.Le si avvicinò con passo determinato,tanto che lei lo sentì ma, volgendosi ,gli fece cenno di non far rumore;quindi gli andò silenziosamente incontro e,presolo per mano,lo condusse con cautela al suo punto di osservazione.
L’uomo era sorpreso,leggermente a disagio di fronte a quella delicata familiarità.
Tuttavia vi si adattò e seguì con lo sguardo la mano con cui Meg gli additava la sua scoperta.
A pochi passi da loro una cerva magnifica si abbeverava a una pozza nell’erba,insieme al suo cerbiatto…Di tanto in tanto l’animale sollevava il capo maestoso,guardandosi intorno con dignitosa attenzione,quindi con estrema tenerezza congiungeva il suo labbro muschioso al musetto delicato del piccolo…
Erik avrebbe reagito come sempre,spazientendosi di quella pausa non prevista;ma ritraendosi con l’intento di condurre via la giovanetta da quella vista,si soffermò per caso a guardarle il volto,per un attimo:Meg con un sorriso rapito,dolcissimo, seguiva con tenera sollecitudine tutte le mosse della madre verso il suo nato.
Allora l’uomo guardò ancora nella direzione della cerva.E gli sembrò come se una nebbia impalpabile diradasse davanti ai suoi occhi:la luce del giorno illuminava una scena d’amore delicato,naturale.Che toccava il cuore.
Quasi con rammarico,l’uomo sussurrò:
-Dobbiamo andare…- accompagnando l’invito col gesto di cingerle le spalle e sospingerla via.
-Oh…si…-gli rispose la fanciulla,stranamente docile.Docilità che turbò nuovamente Erik, tanto che preferì lasciarla andare avanti da sola,fermarsi,volgersi a dare un ultimo sguardo a quell’immagine idillica;ma era già sfumata…
Tuttavia da quel momento egli non riuscì più a essere distante e indifferente di fronte
al mondo che lo circondava.
Nadir fu il primo ad accorgersi di quell’impercettibile cambiamento.
Ma esso non sfuggì neppure a Meg…


La deviazione apportata da Nadir diede inizialmente insperati vantaggi: i viandanti prossimi ormai all’estrema altezza della loro arrampicata erano certi che di lì a poco sarebbe cominciata la discesa che li avrebbe condotti a destinazione,sull’altro versante dell’Appennino,verso la riviera romagnola.
Una brutta sorpresa li attendeva però alla fine della salita:nessuna strada.Solo una pietraia impraticabile …
-Dannazione! E ora?...Nadir,monta a cavallo e torna indietro…Deve esserci per forza una strada in discesa!-
-Si,signore…- ubbidì l’orientale,allontanandosi di lì a poco al galoppo.
Meg lo vide andare via,seduta piuttosto mogia sui gradini della carrozza.Dopo poco,quindi,ricordando quanto gli aveva visto fare,cominciò ad armeggiare intorno a un focolare approssimativo.
-Che fai?- le chiese Erik,brusco.
-Cerco di rendermi utile..-
Lui annuì,senza aggiungere altro.Lo vide scomparire tra gli alberi,pensò preferisse stare solo.
Dopo poco però le era accanto con della legna secca:
-Non caverai mai nulla da quella –le disse indicandole due ramoscelli freschi con cui la ballerina cercava di appiccare il fuoco-…lascia,fai fare a me!- soggiunse e,utilizzando una pietra focaia,presto ottenne una scintilla che si trasformò in un falò scoppiettante.
Meg rimase a guardare le fiamme:
-Il fuoco mi affascina…è così vitale,non trovate?- domandò poi.Ma si accorse con un attimo di ritardo di aver detto qualcosa di improprio:tra loro due improvvisamente si materializzò l’incubo dell’incendio dell’Opera…il ricordo atroce della catastrofe…che aveva segnato l’inizio della fine…
Anche Meg aveva perso tutto,in quel frangente:la vita sua stessa aveva subito una svolta inattesa,definitiva..
La ballerina sospirò,significativamente;poi lo guardò,istintivamente,con rabbia.
-So cosa stai pensando…so anche come mi giudichi…- la sfidò lui,sprezzante.
Meg scosse la testa,con espressione incredula e contrariata,tornando a guardare il fuoco:
-Voi credete di sapere sempre tutto…-
-Un folle omicida…un mostro assassino…Non è così?- insistè invece quello.
La ragazza si alzò,affrontandolo a viso aperto:
-Siete l’uomo che non ha esitato a uccidere chiunque gli creasse ostacoli,che ha rapito Christine Daaè, che ha distrutto l’Opera…ma siete anche quello che mi ha salvato la vita,si è preso cura delle ultime ore di mia madre…Voi amate e odiate,senza misura…senza controllo!-
Quelle parole forse lo avevano toccato nel profondo.
Egli reagì con la solita arma di difesa,il sarcasmo:
-Quanta saggezza….in una ragazzina che fino a ieri pendeva dalle gonne di sua madre…E cosa ne sai tu,di amore e di odio?-

Vorrei rispondergli che ne so abbastanza…abbastanza … da soffrire al pensiero del suo tormento, delle sue lacrime e da desiderare di poter anch’io un giorno essere amata con quella stessa intensità…Ma mi mancano le parole,mi manca il coraggio…

Approfittando della impasse di Meg,Erik si allontanò sprezzante.
In quella il rumore di un cavallo al galoppo li avvertì del ritorno di Nadir.
Il servitore non portava buone notizie:non esisteva una discesa praticabile:l’unica via da percorrere attraversava una serie di vallate e altrettanti piccoli centri abitati:la meta sembrava sempre più lontana…
Soprattutto,le recenti abbondanti piogge avevano creato una interruzione nel valico:i valligiani stavano provvedendo solo ora,che il sole aveva sì frenato l’avanzata dello smottamento,ma anche indurito la terra,rendendo il loro lavoro assai difficile.
Erik imprecò con sfrenata irruenza,incurante della presenza di Meg,anzi quasi compiacendosene:
-Per Dio…ci toccherà rimanere qui…ad aspettare che liberino la strada…-
La fanciulla si chinò a controllare l’acqua che aveva messo a bollire,dimessa e docile,ma evidentemente intristita da quel fare arrogante,esibito a posta per ferirla.
-Potremmo fermarci in uno dei paesini qui intorno…- propose Nadir –E’ gente di campagna,semplice…ospitale…-
Il padrone lo fulminò con lo sguardo.L’orientale non insistè.


babyphan28/12/2007, 15:54
La primavera lasciava il posto all’estate:l’Appennino ammantatosi di un verde caldo e sensuale addolciva i versanti dei monti che si stagliavano sull’azzurro terso del cielo di giugno;scendendo verso valle il verde lasciava il posto al biondo delle messi,al rosso acceso dei tetti lustri di piccole casette.
La natura era al colmo del rigoglio e della gioia;spesso la notte erano comparse nei cespugli più bassi,o tra gli alberi,le prime lucciole.
Ovunque un profumo inebriante di fiori che si aprivano,di erba che cresceva,di vita che si rigenerava.
Costretti ad un forzato soggiorno,i tre viaggiatori consumavano il tempo come potevano:per Nadir il da fare non mancava mai in realtà e svolgeva tutte le sue mansioni con silenziosa sollecitudine.
Erik si faceva vedere poco:spesso si inoltrava nell’intricata foresta che li circondava,quasi mimetizzandosi in essa,per poi ricomparire altrove,magari sullo sperone di una roccia,intento a osservare l’infinita lontananza della valle;oppure prorompere al galoppo del cavallo che portavano legato dietro la carrozza,al rientro da chissà quale percorso.
Meg spesso si prestava a condividere qualche incombenza con Nadir;oppure anche lei si allontanava lungo sentieri appena ombreggiati,ai margini della radura,magari alla ricerca di fiori,o frutti di bosco…
Una di quelle mattine la giovane donna era intenta a raccogliere fragole e lamponi:ne aveva trovati tanti prolungando la sua passeggiata ben oltre i soliti confini;quasi senza accorgerselo infatti si era ritrovata alle spalle del bosco oltre il quale cominciavano i primi campi coltivati.
A un tratto,sollevando lo sguardo al di là di un nodoso ramo di quercia,le parve di vedere qualcuno;scostò appena dei rami di salice che,come una cortina,chiudevano la vista sulla scena al di là e le apparvero un frutteto e,poco distante,un piccolo maggese erboso.Ma soprattutto scorse un uomo e una donna…
Lei portava senza fatica un cesto di frutta,ma il giovanotto si era offerto di aiutarla;ne era nata una vezzosa schermaglia,che aveva consentito ai due di isolarsi ancora di più dalla zona abitata.
Meg non ne capiva i discorsi,ma le risatine di lei e il tono di lui erano abbastanza eloquenti:il rito del corteggiamento…l’amore che ritorna a primavera per tutti,anche per gli uomini…
La fanciulla lasciò cadere piano il sipario di foglie di salice e sedette,rimanendo sospirosa a riflettere.

…E’ ben triste osservare la vita degli altri…e non viverla,di persona…


-Sei molto pensosa,piccola Giry…cosa ti rende così?-
Erik le era apparso davanti come sempre inaspettato:gli alti stivali perfettamente lucidati,gli stretti pantaloni alla zuava,il gilet impeccabile sulla camicia immacolata appena aperta sul petto, la maschera nera attraverso cui i begli occhi verdi sembravano risplendere…
Istintivamente lei pensò di trattenerlo.
-Sssh…- gli disse,andandogli incontro.
-Che c’è?hai scoperto qualche altra famigliola boschiva?- le domandò lui che,per nulla trattenuto dal suo timido tentativo,procedette verso la cortina di salice e la sollevò.Meg allora gli si affiancò,temendo che l’uomo potesse inavvertitamente scoprirsi,scoprire i due innamorati…
Al di là del ramo non c’era più nessuno:ma si avvertivano ancora le risatine della donna,alzarsi al di là del maggese.Erik scrutò indagatorio Meg.Poi ci fu uno strano silenzio,carico di incandescenti vibrazioni…come se tutto il campo di fronte a loro ansimasse di passione…
Infine ricomparve il giovanotto,che recava in spalla la giacca e il cesto;e di lì a poco comparve anche lei,si appoggiò all’uomo che la cinse ora con calda,intima familiarità sotto il suo braccio protettivo…
Si allontanavano così,con una nuova luce negli occhi e nel sorriso…
Meg era turbata.Sentì che stava arrossendo,mentre Erik si volgeva di nuovo verso di lei:
-Per fortuna sono andati…- commentò lui.Tra le mani Meg ebbe l’impressione gli fosse apparso il terribile plasso…
-Oh…Non fategli del male….- supplicò.
Lui ghignò,leggermente interrogativo.
-Perché dovrei?- poi sembrò quasi rimproverarla con una strana malinconia negli occhi: ‘E’ questo che pensi di me?’ ma non soggiunse nulla:tra le mani aveva i finimenti del cavallo…
Consapevole dell’errore commesso,Meg volle fare qualcosa per farsi perdonare.
Si accorse che aveva lasciato il suo cesto di lamponi nell’erba,tornò indietro a cercarlo,quindi corse dietro a Erik che intanto la precedeva di buon passo.
-Aspettate!...- lo fermò.
Lui si volse,piuttosto indifferente.
-Provatene uno…li ho colti qui,nel bosco…-disse porgendogli uno di quei frutti con l’accenno di un sorriso.Era leggermente affannata per la corsa,le gote rosse,il seno che si sollevava a riprendere fiato.
Meg non poteva sapere che quella fragola che aveva in mano aveva lo stesso colore delle sue labbra;non poteva immaginare quanto Erik fosse stato turbato dalla scena che avevano spiato insieme,quanto fosse turbato ora dalla profferta istintiva di quel frutto,nella piccola mano a cui doveva la vita…
Eppure il sospiro che era sfuggito alle labbra dell’uomo,per un attimo,non avrebbe fatto dubitare nessuno…
Dei passi nell’erba annunciarono la presenza del servo orientale:
-Giusto tu,Nadir!...la nostra piccola ospite ha procurato il dolce,per la cena di stasera…- la voce di Erik era tornata tagliente,autoritaria. –Occupatene tu stesso…Ma fa’ in modo che non si allontani più così tanto dal nostro bivacco!-

La cena fu consumata in uno strano silenzio,e in fretta.
Poi Meg si ritirò sulla carrozza,si spogliò e si stese su quel letto di fortuna,con gli occhi al soffitto.Un rovello le si era insinuato sotto la pelle:


…anche lui,come me,ha sempre vissuto osservando la vita,sfiorandola…mai vivendola…Escluso,reietto,solo…Ma allora,perché…No, non debbo pensare…Dormirò …Starò immobile:girarmi e rigirarmi non ha senso…dormirò…



Ma era ben sveglia quando sul fondo della carrozza il fuoco disegnò le fantasmagoriche figure dei suoi compagni di viaggio.Ben sveglia quando di nuovo li sentì parlare:
-Non avete nemmeno assaggiato questi frutti di bosco…via,provatene uno!- disse Nadir sollevando il cesto verso il padrone.
Erik allungò la sua mano e piano assaporò una fragola.
-Che vi succede,padrone? Siete strano?-
Gli rispose con un tono esasperato:Meg si sentì ferita.
-Questa ‘vacanza’ sta durando troppo…quando apriranno la strada? Domani torna in avanscoperta! Dobbiamo assolutamente rimetterci sulle tracce dei De Chagny…e liberarci di lei…-
La fanciulla vide chiaramente il gesto del capo con cui l’uomo alludeva alla carrozza dove fingeva di dormire.
-Si direbbe che…ne siate spaventato…- commentò Nadir,misurando ogni parola.
-Infastidito.E’ più esatto.E’solo una tenera sciocchina vezzosa…- ribattè con forzato distacco Erik.
Ma nelle sue parole per la prima volta c’era una sfumatura di indulgente rammarico.
Poi allungò la mano e ingoiò questa volta con un gesto maschio e prepotente un’altra fragola,prima di stendersi al suo posto,nell’erba.
Nadir continuò a lavorare intorno al fuoco,silenzioso e solerte.
Quando la brace fu sopita,finalmente si stese a dormire anche lui.
Il suo padrone sembrava agitato.Si rivoltava nel giaciglio,come una belva inquieta.
Nessuna chimera rapiva i suoi pensieri,quella notte…




Edited by arielcips - 2/1/2009, 22:22
 
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