Il ponte tra di noi, ff ispirata al Fantasma dell'Opera(1221 visite )

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babyphan
view post Posted on 4/4/2008, 22:42 by: babyphan




babyphan22/3/2008, 16:44

E’ andato via…

Meg accostò la porta e appoggiò contro di essa la mano sinistra che ancora portava i segni della ferita.
Non poteva vedere,non poteva sapere che Erik dall’altro lato dell’uscio compiva istintivamente lo stesso suo gesto,incerto e diviso tra la profferta di quell’amore spontaneo,naturale,vivo e l’enigmatica malia della sua chimera,il magnetico richiamo di un destino perverso…
L’uomo si staccò piano dalla porta,chinò il capo.
No,non era ancora capace di decidere…
Doveva percorrere la parabola del suo folle inseguimento fino in fondo,anche a costo di sacrificare il dono generoso che Meg gli offriva…


-Signorina… Margherita?-
Era giorno inoltrato.
La colazione era rimasta intatta sul tavolo;le tende chiuse,senza che nemmeno un raggio di sole potesse filtrare.
Meg non aveva voglia di alzarsi…non aveva voglia di nulla…
Si riscosse quando una voce la richiamò dall’esterno.Il padrone di casa schiuse piano la porta.
-Permettete signorina?...è qui il dottor Ferrari…-
Senza aspettare il suo assenso,l’uomo entrò introducendo con sé il medico.
Questi gli fece cenno di aprire imposte e tende e fare entrare la luce.
-Per favore…no…- si lamentò la giovane donna.
C’erano due vassoi colmi di ogni ben di Dio,perfettamente intatti.
-Ma…non avete ancora consumato la colazione…?- domandò sorpreso e preoccupato Santacroce.
Il dottore osservò senza commentare i vassoi,quindi fece cenno al padrone di casa di lasciarlo solo con l’ammalata.
-Allora,signorina…Niente cibo da ieri,tende chiuse,abulia…che succede?-
Meg si schiarì la voce un po’ imbarazzata:
-Mi sento debole…-
-Se vi sentite debole dovete mangiare…- ribattè quello,indicandole il vassoio della colazione.
-Mi manca l’appetito…-
-Se vi manca l’appetito,avete bisogno di respirare aria fresca…una bella passeggiata all’aria aperta…-
Meg sbuffò spazientita.
-Forse la febbre non mi è ancora passata…-
Il dottor Ferrari aggrottò un po’ le sopracciglia:sedette al capezzale dell’ammalata,aprì la sua valigetta e tirò fuori qualche ferro del mestiere:
-Aprite la bocca…mmm…provate a dire un bell’AAAA….-
Quindi prese lo stetoscopio e la sollecitò a sollevarsi un poco;era gelido quando gliel’appoggiò sulla schiena.
-Oh!-
-Respirate profondamente….Bene…tossite…Uhmm-
L’uomo,un quarantenne dall’aria simpatica e bonariamente divertita,richiuse gli strumenti nella sua valigetta,quindi sentenziò:
-Siete sana come un pesce..anzi di più…Conosco la vostra malattia:voi non ‘volete’ guarire…-
Meg lo guardò,sospirò.
-Via via…volete dunque privare i vostri amici di una vista e una compagnia piacevole come la vostra…?-
-Io…non ho amici…-sospirò ancora,mentendo anche a se stessa.
-Avete detto una bugia!...vedete? la punta del vostro naso è arrossita!...madamoiselle…- le si rivolse improvvisamente in francese,guardandola affabile negli occhi - Una creatura adorabile come voi ha sicuramente tanti che le vogliono bene….Non permettete che per colpa di uno solo…-
Meg lo fissò:è vero…aveva degli amici;e aveva anche un mistero da chiarire…No,non se ne sarebbe rimasta lì ad appassire…

Non intralcerò il tuo destino,signor Dravic…ma forgerò il mio,a modo mio!


Si era lavata e vestita:aveva indossato l’abito da amazone e,scesa nelle scuderie,era montata sul suo bel morello,salutando appena gli altri abitanti della casa che aveva incrociato.
Aveva un preciso programma in mente.
Per prima cosa si recò al villino di Piangi.
Fingendo interesse per un cespuglio di roselline lilliputziane,si avvicinò al giardiniere:
-Buon giorno Nadir!-
L’uomo deglutì e per poco le cesoie non gli caddero di mano.
-Madamoiselle!- la richiamò,in tono di leggero rimprovero.
Gli fu tuttavia difficile,nonostante l’abitudine tutta orientale a controllare i propri sentimenti,celare la sorpresa ammirazione che Meg sempre gli suscitava.
-Con che nome debbo chiamarvi?- domandò allora lei,fingendo in realtà di essere interessata alla salute di un pruno,lì vicino.
-Sono Bahrat…-
-Bene..Bahrat…come fate a far venir su queste genziane ora che è quasi novembre?- domandò ad alta voce,vedendo sopraggiungere il solito sfortunato allievo del tenore,per la lezione quotidiana.Quindi,abbassando la voce,soggiunse: -Posso fidarmi di voi?ho bisogno che mi aiutate a uscire dalla repubblica senza dare nell’occhio…-
-E’ pericoloso…-
-E’ pericoloso,ma voi sapete che lo farò comunque…-
Nadir tacque.
-Ebbene?-
-Si…posso aiutarvi….-
-Molto bene…immagino riferirete al vostro padrone prima o poi…-
Il ‘giardiniere’ la guardò,significativamente.
-Non vi dico di non farlo:ma …non voglio ostacoli sul mio cammino.Tra me e il vostro padrone c’è un patto.Ditegli che io lo rispetterò,se lui anche lo rispetterà!-
-Riferirò,madamoiselle…- Nadir chinò il capo,umile,nascondendo un sorrisetto di compiacimento di fronte all’intrepido caratterino che quella giovanetta esibiva così istintivamente.


Quando Meg rientrò a villa Santacroce,intravide con la coda dell’occhio il signor Dravic passeggiare nel giardino inglese,a pochi passi da Christine,che sedeva invece intenta al solito lavoro di pittura.
Cercò di soffocare la fitta che quella vista le provocò,prese fiato e continuò per la sua strada.
Entrando in casa,si accorse che nel salone era stato portato un pianoforte a coda;immaginò sarebbe servito a Christine per esercitarsi;sospirò di nuovo,quindi andò a cambiarsi per la cena.

Quella sera a cena al conte di Santacroce non sfuggirono alcuni strani segnali provenienti dai suoi ospiti:le due signore avevano posto una attenzione molto accurata nell’indossare abiti e acconciature che mettessero in particolare evidenza la reciproca,diversa bellezza…
La conversazione invece languiva,pesantemente.Una sensazione di reciproco imbarazzo trapelava dai gesti e dai monosillabi che la viscontessa e madamoiselle Giry si scambiavano appena.
Il posto destinato al signor Dravic,inoltre,brillava per l’assenza di quest’ultimo.
Santacroce inviò un domestico a chiedere notizie dell’ospite.
Nel frattempo si complimentò con Meg che sembrava completamente ristabilita:
-Ho saputo che stamane avete anche fatto una passeggiata a cavallo…-
-Grazie,si….Credo che il modo migliore per curarsi,a volte,è proprio essere attivi…-
Christine guardò di sottecchi l’amica,con un certo astio appena percepito dal conte;inspiegabile tuttavia ai suoi occhi.
-E voi,mia cara? Come avete trascorso la giornata? Vi ho visto scambiare qualche battuta col vostro ‘patron’…-
-Si…abbiamo avuto occasione di parlare,in giardino…-


“-Christine…-
Solo sentirgli pronunziare il suo nome,e la soprano era sobbalzata.
-…S ..signor Dravic…-
Lui aveva abbassato lo sguardo;non era così che avrebbe desiderato sentirsi rispondere…Poi lo aveva rialzato,adattandosi.
-Avete letto lo spartito che vi ho fatto pervenire,ieri…?-
-Si…E’ quello il brano che desiderate che io canti?...O c’è qualcosa di nuovo?-
Erik l’aveva guardata con una fiamma di rimprovero e incredulità negli occhi;poi,quasi rinfacciandoglielo aveva risposto:
-Nulla…nulla di nuovo,da molti mesi…-“

Questa volta a guardare con una punta di pena e rammarico l’interlocutrice era stata Meg;ma aveva subito abbassato lo sguardo,celando i propri sentimenti.
Santacroce aggrottò le sopracciglia.
Intanto rientrava il domestico inviato dall’ospite,che riferiva che il sig. Dravic era molto spiacente,ma quella sera non sarebbe sceso a cena.
-Servigli comunque il desinare in camera…- ordinò il conte,poi osservò di sottecchi le due fanciulle,notando il disappunto dell’una,il sollievo dell’altra.
In quella il suono di un violino appena attutito dalla lontananza si sollevò piano nell’aria;le due donne si fissarono,poi di nuovo giù,a occhi bassi,nel piatto.
Il conte trattenne a stento un risolino indulgente;ma si ripromise di non forzare un’atmosfera già di per sé piuttosto incandescente.
La cena terminò poco dopo. Il conte chiese come ogni sera il permesso di ritirarsi a fumare.In genere le due ospiti si intrattenevano davanti al camino,prima di ritirarsi nelle rispettive stanze.Il padrone di casa era sicuro che quella sera la cerimonia avrebbe avuto un cambiamento di riturale,ma non poteva immaginare nemmeno lui quanto…

-Se permettete,conte,vorrei ritirarmi un po’ prima stasera…- disse Christine,alzandosi di tavola.
-Ma naturalmente…come preferite madame de Chagny…-
Meg guardò Christine significativamente,quando questo titolo risuonò nell’aria,quasi sottolineato –certo senza malizia – dal conte Raimondo.
-Un momento,viscontessa!-
Sulla soglia del salone era comparso il ‘grande assente’ della serata.
Aveva in una mano archetto e violino e nell’altra uno spartito.
-Signor Dravic?!-
-Scusate,conte…volevo chiedere alla viscontessa se –col vostro permesso – sarebbe stata così gentile da …elargirmi un po’ del suo talento…- c’era qualcosa di subdolo,sgradevole nel tono dell’uomo,pensò Meg:non il solito sarcasmo,ma qualcosa di più irritante,forse evidenziato dall’uso un po’ forzato dell’italiano.
Si alzò anche lei da tavola,chiedendo il permesso di ritirarsi.
-Aspetta Meg…ti prego….rimani anche tu!-la fermò Christine,a bassa voce.
La ballerina la fissò,incredula e furibonda insieme.
-A che scopo?..-
-Solo un po’…-
Intanto Erik si era avvicinato alla soprano e le mostrava l’aria che aveva buttato giù,velocemente:
-Date un’occhiata…credete di poterla provare? Sono solo delle variazioni su tema…- poi l’uomo aveva abbassato la voce e le aveva sussurrato – Ho bisogno di risentire la tua voce,Christine…la mia musica è inaridita…-
La soprano lo fissò,con gli occhi carichi di pena;sospirò,sollevò lo spartito e provò a intonarlo:


Plaisir d'amour ne dure qu'un moment
Chagrin d'amour dure toute la vie…



Non appena Meg intese di quale ballata si trattasse,la rabbia e il risentimento per quell’uomo senza cuore le montarono su,violente:non gli era bastato respingerla,vero? Voleva anche umiliarla…
La voce cristallina di Christine trasformò quelle povere note in un canto d’angelo,le sollevò in un’aura dove la musica era spirito e vera bellezza.
Erik sospirò,commosso,rapito,ammaliato ancora.Quindi,sedette davanti al piano e iniziò a scrivere qualcosa sui righi bianchi di uno spartito intonso.
Meg non tollerò oltre quella scena.
Si allontanò dalla stanza,senza un saluto.


babyphan24/3/2008, 19:41
Mentre Meg si rivoltava tra le lenzuola in un dormiveglia ansioso,a poco a poco la dimora del conte di Santacroce sembrò addormentarsi.Rientrati nelle proprie stanze,ospiti e padrone di casa,il buio e il silenzio avvolsero scale e corridoi…
Erik vegliava alla luce fioca di un candeliere.Quella sera,dopo mesi,era riuscito finalmente a comporre di nuovo;la voce di Christine,quella voce d’angelo,aveva suscitato nuovamente in lui la musica,la sorgente della vera bellezza…
Aprì lo spartito che aveva riempito con precipitazione poche ore prima,lasciandosi andare all’estro creativo senza nemmeno rileggerlo.
Lo scorse dapprima in fretta,poi lo rilesse:l’espressione del viso gli si fece incredula,poi cupa.
Appallottolò furibondo il foglio e lo scagliò via con rabbia.
-Padrone…-
-Ah…sei qui,finalmente!-
Nadir era scivolato all’interno dalla porta finestra.Raccolse il foglio da terra e stava per restituirglielo,ma le parole con cui Erik lo accolse gli suggerirono di soprassedere.
-Che fai ora?ti metti a spiare me?...-
L’orientale preferì non rispondere.
Intanto Erik riprese il controllo di sé,gli domandò con distacco:
-Che novità?-
-Da parte di Piangi nessuna…-
-E allora? Prosegui dunque…-
-Si tratta di madamoiselle Giry…mi ha chiesto di aiutarla a uscire dalla Repubblica…-
Erik aggrottò le sopracciglia.
-Mi sembra fuori discussione…-
-Ehm…madamoiselle sapeva che ve ne avrei parlato…Lei ci proverà comunque,da sola…-
Erik mostrò segni di impazienza.
-…e mi manda a dirvi che…rispetterà il patto che c’è tra di voi,ma…anche voi dovrete rispettarlo…-soggiunse infine Nadir,aspettando rassegnato la potenziale reazione del padrone.
Con un gesto furente questi buttò all’aria penna e calamaio che erano sulla sua scrivania,sfogando sugli oggetti la rabbia invano repressa.
-Che cosa deve fare,per Dio?perchè vuole uscire dalla rocca?-
-Bè…forse vuole andare a trovare i suoi amici…Questo ambiente mi sembra un po’ costrittivo per una natura come la sua…-
-Amici? Quali amici?...quel guitto succubo di un’arpia?… o quel saltimbanco che suona e canta come un venditore ambulante?-
Nadir si schiarì la voce,senza ribattere nulla.
-…Andrai con lei:non voglio che si metta nei guai!-
-Ma.. padrone? Come faccio?...e Piangi?-
-…e farai in modo che rientri quanto prima!-
Nadir assentì.
Poi scrutò di sottecchi in volto il suo padrone:l’espressione corrucciata,gli occhi come mare in tempesta…
Per quanto tempo ancora sarebbe stato cieco e sordo?Quando avrebbe capito,quando avrebbe accettato la verità?...


All’alba qualcosa svegliò Meg.
Si alzò dal letto,istintivamente si avvicinò alla finestra.Qualcuno aveva lasciato un messaggio contro i vetri appannati.
“Vestitevi da uomo e fatevi trovare tra dieci minuti nelle scuderie”
La giovane donna si precipitò ad eseguire le istruzioni e poco dopo scivolava silenziosa verso l’uscita del palazzo.
Nelle scuderie l’attendeva Nadir.
Montati a cavallo l’uomo la precedette,imboccando la direzione opposta a qualle che avrebbe preso Meg.
-Ma..la porta…?-
L’orientale si limitò a guardarla.
Evidentemente conosceva il modo di uscire senza passare i controlli della dogana.
A un certo punto la fece accostare a quella che sembrava una mulattiera sterrata;le disse di fermarsi,le bendò gli occhi.
-Perché lo fate?-
-E’ più prudente se a conoscere la strada sia uno solo..- quindi afferrate le redini del morello della ballerina riprese il cammino.
Meg ebbe l’impressione che entrassero in un luogo coperto:avvertì un forte sentore di muschio e muffa,l’aria diventare cupa e umida;poi percorsero ancora qualche decina di miglia in discesa e finalmente Nadir fermò i loro cavalli e le permise di scoprirsi gli occhi.
Erano sul fianco del monte Titano,fuori dalle mura!
-Come farò per il ritorno?-
-Non preoccupatevi:non ci separeremo!-
-Che cosa?...non eravamo d’accordo in questo modo! E se volessi rimanere a Rimini? E non rientrare più?-
-Questo sapete bene che non è possibile…-
Meg era furiosa:
-E’ questo il modo di rispettare i patti del vostro padrone? E anche voi…-
Nadir provò a calmarla:
-Al vostro posto non me la prenderei così….-
-Ah no?...-
-No.- e la guardò significativamente.
Meg intese a cosa volesse alludere;ma la ferita infertale dall’umiliazione della sera precedente le bruciava troppo:
-Non c’è da essere lusingata delle attenzioni di monsieur Dravic,Nadir…E’ solo …solo un sadico,che si compiace della sua tirannia…-
Non parlarono più;proseguirono in silenzio finchè di lontano non fu riconoscibile il ‘ponte del diavolo’ e -oltre- comparvero le prime case di Rimini.
-Ci vedremo qui,al tramonto!- le raccomandò l’ometto.
Meg annuì appena,quindi spronato il cavallo al galoppo si diresse verso il centro cittadino..




Quando la ballerina raggiunse l’ostello dove aveva condiviso il pranzo con Sillani e i suoi,vi trovò due carrozze coperte su cui si caricavano masserizie e casse di materiale teatrale.
Intorno alcuni sconosciuti,ma anche qualche faccia nota della compagnia.
Nessuno faceva caso a lei,che indossava abiti maschili e nascondeva la treccia bionda sotto un buffo cappellaccio.
A un tratto qualcuno la urtò,involontariamente:portava da solo una pesante cassa che gli limitava l’equilibrio.
-Scusate signore…-
Il cappello le cadde di testa,scoprendola.
-Volevo dire…signorina…ma? Voi?-
-Salve!..già,proprio io! Che sta succedendo?- domandò un po’ imbarazzata,pur avendo intuito la risposta.
-Partiamo!...abbiamo una scrittura:andiamo a Venezia!-
-Oh!- Meg cercò di mostrare contentezza,ma nel suo cuore invece avvertì come un brivido.
-Il signor Sillani?- chiese poi.
L’attore le indicò l’androne.
Sillani era di spalle,in maniche di camicia e si dava da fare a sistemare i colli che poi andavano caricati dai suoi collaboratori.
-Signor Ernesto…-
Si volse:
-Meg!...avete saputo?- le disse sorridendo entusiasta,senza interrompere tuttavia il suo lavoro.
-Si…-
-Perdonatemi,ma abbiamo mille cose da fare…-
-Capisco…-
Sillani le diede un’occhiata.Comprese .
-Saverio!...prendi un attimo il mio posto…arrivo subito!-

Andarono a sedersi al tavolo di un vicino caffè.Meg sorrise con dolce malinconia:
-Dunque….ripartite…-
-Già…-
La giovane donna sospirò.
-E’ stata una fortuna che capitassi qui…-
-Non sarei andato via senza congedarmi…Guardate!- le disse l’attore e le mostrò una lettera indirizzata a lei.-Andrea ve l’avrebbe consegnata oggi…Leggetela!-
Ma Meg la guardò,poi l’appoggiò sul tavolo:
-Ero così contenta di potervi vedere….anche se…-
-Che vi succede?-
-Si tratta di…Ditemi:avete conosciuto mia madre…e anche mio padre?-
Sillani sussultò,arrossì,prese fiato come per rispondere,tacque.
-Allora…allora Piangi aveva ragione…-
-Piangi? Il tenore?...che vi ha detto,quel…-
-Mi ha solo aperto gli occhi,Ernesto…-
L’uomo scosse la testa piano.
-Madamoiselle…le cose non sono mai quello che sembrano…Vostra madre..-
Meg lo interruppe:
-Mia madre aveva un segreto,un segreto che riguardava anche me:è morta senza condividerlo…ed ora siamo separate per sempre!-
Ernesto preferì cambiare argomento.Dopo una brevissima pausa,le domandò:
-Perché non venite via con noi?-
Meg sollevò lo sguardo su di lui:
-…E vostra moglie? Come la prenderebbe?-
-In questo momento mia moglie è già a Venezia,coi ragazzi…Venite con noi…Guardate:ve l’ho scritto anche nella lettera…-
Aprì la busta e mostrò alla giovane,un po’ incredula,l’invito che vi era formulato:
-Non posso promettervi nulla…ma siete una etoile dell’Opera e alla Fenice sareste accolta a braccia aperte!-
Meg era dubbiosa,esitante.
-Venite via,lasciatevi alle spalle il passato,madamoiselle….-

Lasciare il passato alle spalle…Non tornare più indietro…Magari cambiare identità,rinascere oggi con un nome e un destino nuovi…

-Partiamo domattina…Adesso debbo riprendere i preparativi:pensateci Meg…-


Il sole era tramontato già tuffandosi nell’Adriatico coi suoi raggi corti e freddi,i raggi di un novembre uggioso.Affacciato al ponte del diavolo,Nadir attendeva che Meg giungesse all’appuntamento.Il volto impassibile fissava l’acqua senza mostrare alcuna impazienza.
Il trotto di un cavallo che si avvicinava stancamente gli fece sollevare lo sguardo:
-Avete tardato…il sole è già calato:imbrunisce…-
-Ho tardato perché…ho deciso di non tornare con voi…-
-Perché?-
-Perché?...datemi voi una buona ragione per tornare…-
Nadir abbassò la testa,mise una mano in tasca,ne tirò fuori uno spartito sgualcito:glielo porse.
Meg lesse la musica:parlava di un bosco,di una cerva col suo cerbiatto…di due contadini innamorati che si amavano tra le spighe di grano… di un cesto di fragole…
-Che…che cos’è?- domandò,con voce che tremava.
-E’ la musica che il mio padrone ha composto ieri…-
Meg aveva un nodo alla gola;ma strinse i denti:era un pura illusione…
-E con questo?...se l’avete voi,vuol dire che è una musica che …che lui rifiuta!-
-E’ l’unica musica che il suo cuore sa creare…-
La giovane donna si irrigidì,con distacco ribattè:
-Mi spiace Nadir…non..non è una ragione sufficiente…- e gli restituì lo spartito.
-Bene.Ve ne do un’altra:non volete scoprire chi è vostro padre?-
Meg arrossì.
-E voi? Cosa ne sapete?-
-Ero là quando avete quasi ucciso Piangi…avete dimenticato?-
-Io…si,vorrei sapere la verità,ma…-
-Ma ne avete anche paura:per questo preferite fuggire…-
-Non sto fuggendo!-
L’orientale rimontò sul suo cavallo,le voltò le spalle:
-…Come volete …-
-Aspettate…Nadir!-


La notte trascorsa da Erik dopo il colloquio con Nadir fu tormentata,insonne.
La lotta nel suo animo in cui si dibattevano due spinte diverse,spirito e carne,passato e futuro,angelo e demonio lo stremava.
Non era questo che aveva in mente,quando aveva deciso di seguire Christine,di vegliare su di lei…No.All’inizio voleva solo che ella sapesse di poter contare sempre su di lui:che quando avesse voluto,capito,deciso,egli sarebbe stato là…Uno spirito,una voce…
Che cosa era successo poi?
Vecchi fantasmi erano riemersi dal passato,parole non dette,il sapore amaro della solitudine e l’ansia ribollente del riscatto pian piano erano tornati prepotentemente a galla…
…Ma davvero era quello che voleva?Il riscatto,la rivalsa? O tanta veemenza era solo per sopire,soffocare,seppellire qualcosa che non aveva mai conosciuto prima e che si incarnava in una giovanetta ribelle come il fuoco,docile come una cerbiatta…?
All’alba si era alzato dal letto e dalla finestra aveva seguito i movimenti cauti di Meg e Nadir,li aveva visti uscire dal palazzo…proprio come quell’alba in cui l’aveva allontanata da sé,respinta…dopo…dopo averla fatta sua:Sua!...e per sempre…
Si guardò intorno,cercando febbrilmente lo spartito che aveva gettato via la notte prima:era sparito…
Quello spartito diceva la verità…
Il canto di Christine,la sua voce che egli stesso come un pregiato fiore di serra aveva coltivato perché si schiudesse,sbocciasse come una rosa..quella voce era l’unica capace di restituirgli l’estro creativo…Ma poi? Che cosa raccontava la sua musica? Raccontava quei giorni perduti nei boschi dell’Appennino…raccontava la sua…la sua folle,inspiegabile,assurda passione…
Lo spartito era scomparso…Erik guardò ancora oltre i vetri:anche di Meg e Nadir non c’erano più tracce…
Meglio così…meglio forse lasciarla libera…che andasse per la sua strada…I loro destini si erano incrociati,ma…
Erik sospirò:no,l’idea di non rivederla…l’idea di saperla con altri…
Meg,Meg, Meg…che cosa c’era in lei che lo prendeva così?
L’uomo uscì dalla sua stanza e,scivolando nel buio come un felino in caccia,entrò in quella rimasta vuota della ballerina.

Il letto era disfatto, quasi ancora tiepido.
Erik preferì non soffermarsi,si guardò intorno.
Andò verso la cassettiera,l’aprì.
Riconobbe subito la scatola,quella scatola che era stata di Magdalene…
La aprì con cautela e cercò quella sua orribile prima maschera di tela grezza,che la sua vecchia amica aveva conservato così gelosamente…perché?
Guardò quel volto di pezza…Quanti anni erano passati?Chi era diventato,ora?
L’infanzia calpestata,l’innocenza perduta…e poi il buio,la dannazione,la solitudine,la follia…
Chi lo aveva sollevato al culmine della felicità,per sprofondarlo poi di nuovo nell’abisso,fino a sfiorare l’annientamento,di sé e di tutto il suo mondo?
Qualcuno bussò piano alla porta:
-Meg?...-poi ,prima di ottenere risposta,entrò madame de Chagny.
Erik era immobile ad attenderla.
Christine sussultò,poi si appoggiò alla porta dietro di sé,richiudendosela alle spalle.
-Voi qui…monsieur Dravic?- balbettò.
-Perché mi chiami così?...tu sai bene chi sono…-
-Non…non ho mai conosciuto il tuo nome…-
-…Una volta ero il tuo angelo…Ti ho insegnato la mia musica,l’ho fatta scaturire dalla sorgente più pura del tuo cuore…- le ricordò lui,avanzando verso di lei,nel buio.
Christine volse il capo,poi sottovoce commentò:
-E’ stato tanto tempo fa…quando ancora credevo negli angeli…-
-Non…non ci credi più?-
-No…l’angelo in cui credevo…si è trasformato in demone…-
-Tu…tu hai il privilegio di farne quello che vuoi,di quel demone…se solo volessi…-
Le si era avvicinato,le sfiorava piano i capelli,fissandola intensamente.
Christine si ritrasse,atterrita.
-Ne ho tanta paura…-
Egli sospirò,abbassò il capo,le domandò:
-E…nessuna pietà?-
Lei si intenerì,ammise:
-Oh..tanta pietà…ma…troppa paura…-
-Paura di cosa? Del mio aspetto,vero?-la aggredì lui.
Christine si ritrasse tremante:
-No…mi fa paura questa tua selvaggia indole…so che non potrai mai cambiare…E’ il genere di vita che hai conosciuto,l’unico che conosci…-
-E…se ti dimostrassi che invece posso cambiare…posso essere come tu mi vuoi?se riuscissi a liberarti di questa paura?-
Lei spalancò gli occhi,lo guardò con l’espressione rapita con cui ascoltava ammaliata la sua musica.
-Io…-
Ma poi Christine aggrottò la fronte.
-E’ tardi ormai…-
Lui le afferrò un braccio,la attirò a sé:
-No..non è tardi,Christine…tu puoi ancora scegliere!Ora!-
La soprano si divincolò,arretrò verso la porta:
-Mi fate male,monsieur Dravic…Lasciatemi tornare nella mia stanza!-
Lui la lasciò andare,con un gesto di sconforto e di rabbia.
-Ma sì…va’ via,viscontessa…-
Christine aprì la porta,ma sull’uscio soggiunse:
-Promettetemi di non tornare più su questo argomento…io non farò parola con Meg di questo nostro incontro e della vostra presenza qui…-
-Fate come vi pare…Madame De Chagny!-



babyphan30/3/2008, 14:22
Come per il viaggio di andata,a un certo punto Nadir bendò Meg e proseguì per il passaggio segreto,con cautela.
A un tratto,però,mentre dovevano essere circa alla fine del percorso,il suo cavallo ebbe uno scarto improvviso;la ballerina avvertì che stavano cambiando direzione.
Quindi le sembrò di sentire avanzare qualcun altro.
-Non siamo soli!- si lasciò sfuggire Nadir.
Forse smontò da cavallo…
Meg sollevò la benda:voleva capire che cosa stesse succedendo.
In quella avvertì un sibilo sinistro che aveva imparato a riconoscere bene.Un tonfo,la voce strozzata di un uomo;smontò dal suo cavallo e si avvicinò alla sorgente di quei rumori.
Nadir era inginocchiato accanto a un uomo che lei non aveva mai visto prima;intorno al collo dello sconosciuto il micidiale lazo del Punjab…
-L’avete ucciso?- esclamò lei,spaventata.
-No…solo stordito…-Nadir rispose meccanicamente,poi sollevò lo sguardo contrariato su di lei.
-E adesso?...-
-Adesso …- l’uomo sembrò quasi domandare a se stesso il da farsi.-Se non dovessi riportarvi a destinazione mi nasconderei e aspetterei il suo risveglio,per seguirlo…-
-Aspettiamo insieme!...- propose istintivamente Meg.
L’orientale sciolse piano il laccio dalla gola del malcapitato intruso,lo lasciò scivolare in una tasca.
-Venite!- fece poi a Meg –Rimontate a cavallo…-
-Ma…-
-Vi scorterò fino a un certo punto,poi la strada la riconoscerete da sola!- si limitò a spiegare.
Avanzarono ancora in quella che sembrava una galleria,coperta di muschi.
-Nadir…voi, sapete usare quel…quell’arma…?-
Il silenzio fu una risposta eloquente.
-Ve lo ha insegnato lui?...-
Nadir si limito a sorridere appena.
Meg riflettè.Quante volte era stato Nadir a usare quel laccio,nella loro storia recente? E prima?
La giovane donna tirò la cavezza,si fermò.
-Che cosa vi lega a Erik,Nadir?...quante cose avete condiviso con lui?-
Il siriano sospirò:
-Vi racconterò una storia,madamoiselle…

“Quando nacque il bambino,una nube nera e terribile coprì la dimora di suo padre…La madre non ne tollerò la vista e ne morì,per il dolore e la vergogna…Suo padre lo odiò per quello che aveva fatto alla sua sposa:ma era il suo unico erede,andava tutelato…Allora lo segregò in una torre,allattato da una balia che era stata accecata,perché non ne vedesse mai il volto…
Quando fu svezzato,al posto della balia fu messo un giovane custode:uno schiavo straniero,che
doveva occuparsi di lui e proteggerlo;ma guai se gli avesse rivolto la parola,guai se lo avesse guardato in volto…
La punizione sarebbe stata terribile!
La solitudine di quella creatura,però,toccò il cuore del custode.
In breve i due impararono a comunicare.
Il servo si affezionò a quello sfortunato padroncino,provò a insegnargli quel poco che sapeva…
Una notte il regno fu assalito da razziatori…
Depredarono ogni cosa,uccisero chi si opponeva loro,entrarono nel castello rimasto abbandonato dal re in fuga…
Giunsero fino alla torre…
Il custode era l’unico rimasto a difendere quella povera creatura abbandonata.
Pensò che avrebbe potuto farlo fuggire:era piccolo,poteva facilmente mettersi in salvo.
Gli coprì il volto con una maschera di tela,lo aiutò a calarsi giù,con una corda…
I razziatori presero lo schiavo,ma non lo misero in vendita,insieme ai pochi sopravvissuti:volevano che dicesse loro dove fosse finita la preda più ghiotta…
Lo legarono a un palo,lo frustarono e lo lasciarono esposto un giorno e una notte.Speravano di piegarlo…
Un solo uomo di guardia controllava il prigioniero,troppo prostrato per fuggire.
Benché quasi privo di sensi,egli sentì sibilare nell’aria il lazo,vide la guardia cadere a terra,sentì una lama tagliargli le corde che lo tenevano legato…
Fuggì,si mise in salvo nella foresta.
Ma colui che lo aveva salvato…fu venduto come uno schiavo,insieme agli altri schiavi…”

Meg rabbrividì a quel racconto.
-E..che ne fu di lui?- provò a domandare.
-Siamo arrivati,madamoiselle…-
-Aspettate!...ditemi come,come è finita…-
-Quel servo cercò disperatamente il suo padrone,per anni…finchè non lo ritrovò.E gli resterà sempre accanto,fedele fino alla morte…-
Detto questo Nadir colpì il fianco del cavallo di Meg,sospingendolo al galoppo.
-Via!-

La cena sarebbe presto stata servita.
Meg avrebbe avuto appena il tempo di cambiarsi e scendere.Ma prima di rientrare in camera sua,qualcosa l’attrasse:un rumore di lame che si scontravano,giù nell’armeria…
La porta era accostata,la ballerina la schiuse piano:
-Dunque non avete perso tempo…non appena mi sono allontanato,eccovi sistemato qui,a casa del mio amico!-
-Le circostanze mi hanno favorito…E del resto la mia presenza qui,dal vostro punto di vista,non può essere che un bene…-
-Già…se potessi fidarmi di voi…Se non mi aveste detto voi stesso che siete qui per una vostra qualche ragione…che non conosco e non voglio conoscere!-
-Siate meno schizzinoso,monsieur Guido…una volta non vi facevate tante domande sulla mano che vi porgeva aiuto…-
Le lame si incrociavano,si misuravano.
Alle parole dei due contendenti facevano seguito i rispettivi affondo.
-Che cosa avete saputo,di nuovo?-
-Pare che quella lettera del visconte sia autentica…Ma è anche vero che dopo Piangi,nessun altro l’ha incontrato…E qui? Si è visto nessuno,ancora?-
-No…ancora no…ma il piano di Guermates è chiaro…-
A un tratto quello dei due contendenti che aveva parlato per ultimo si arrestò,sollevò la maschera che gli parava il volto dai colpi e guardò verso di lei:
-Sembra che abbiamo visite,conte…-
Meg deglutì:Erik come sempre l’aveva scoperta…
-Signorina Margherita!- disse l’altro,scoprendosi e andandole incontro. –Vedo con piacere che avete riacquistato la salute…-
Imbarazzata la giovane donna annuì.
-Ma che strano abbigliamento…per la cena?-
-Ehm…ecco…avevo sentito che c’era qualcuno in armeria e speravo di avere il tempo di allenarmi un po’…- rispose lei,fingendo di non notare lo sguardo tra il divertito e lo scettico con cui Erik continuava a fissarla provocatoriamente.
-Io non posso accontentarvi…ho già avuto la mia lezione…- rispose Guido,lanciando uno sguardo esplicito al suo interlocutore. Ma monsieur Dravic forse può trattenersi un po’?-
-Difficile dire di no…- rispose quello,rispondendo con un’occhiata altrettanto significativa all’invito dell’ italiano.


-Hai sempre la risposta pronta,piccola Giry…Come è andata la piccola escursione fuori porta?Hai rivisto i tui amici…’artisti’?-
Meg si fece seria,cercò una lama adatta,quindi si volse verso di lui e ribattè:
-Credevo dovessimo tirare…-quindi si mise in posizione di sfida davanti a lui-
Lui fece un leggero inchino,quindi si dispose ad affrontarla,con un ghigno provocatoriamente divertito.
-Incrociare le lame non impedisce di conversare…o non riesci a fare due cose insieme?-
Per tutta risposta Meg lo incalzò con una serie di fendenti,fino a sospingerlo all’indietro verso il muro.
Si fermò quindi e gli rispose:
-I miei amici erano in partenza…ho fatto appena in tempo a salutarli…-
Un po’ urtato nell’amor proprio da quella prova di abilità,Erik la richiamò in guardia e dopo averne misurato le difese,restituì l’affondo.Le loro lame si incrociarono poco sopra la testa di Meg,che tentò di resistere con quanta forza aveva e di respingerlo.
Fu lui a fare un passo indietro,abbassando l’arma:
-Partono?per dove?-
-Venezia…hanno una scrittura…- le lame si incrociarono ancora – Monsieur Sillani mi ha invitato ad andare con loro…-
-A che fare?sei una ballerina,non un attrice…-
Si misuravano,senza che nessuno dei due attaccasse più l’altro.
-Ernesto diceva che alla Fenice mi avrebbero accolta a braccia aperte…-
-Alla Fenice…-Erik riflettè,un po’ sognante.
Meg ne approfittò per incalzarlo,lui le tenne testa e di nuovo si trovarono a respingere il reciproco attacco,vicinissimi tanto da confondere il reciproco respiro.
Erik la fissò:
-E tu,cosa hai deciso?- voleva esserci il solito tono graffiante e sarcastico,nella sua voce.Ma anche se Meg non vi colse la sfumatura di ansiosa attesa,gli occhi di lui non erano capaci di mentire.
La fanciulla abbassò lo sguardo,arrossì:
-Per ora nulla…Ho eseguito gli ordini di Nadir…-

Forse Nadir ha ragione…forse non debbo arrendermi…

Con una mossa a sorpresa,approfittando del momento di confuso imbarazzo della giovanetta,l’uomo fece volare via la sua spada,disarmandola,spalle al muro.
-Ti difendi bene…sei abile,’signorina Margherita’…- commentò lui,riferendosi alla destrezza di Meg con la spada,ma anche e soprattutto al suo destreggiarsi in quella situazione incandescente
Lei non rispose,era in sopraffiato ed emozionata.
Non vide lo sguardo di lui che l’accarezzava con ammirazione e desiderio.
-Credo che per stasera possa bastare…La cena si raffredderà!- le disse quindi,brevemente,congedandola.



Edited by arielcips - 4/1/2009, 22:37
 
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