Preludio nr 4 in si minore, ff ispirata al Fantasma dell'Opera(11517 visite)

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arielcips
view post Posted on 6/4/2008, 11:28 by: arielcips
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Ilia era uscito dal teatro,aveva fermato una vettura e,senza molta attenzione a quello che diceva,aveva ordinato al cocchiere di condurlo a Mont Martre…
Nella carrozza rimuginò sullo scontro avuto con Sindial. Era stato difficile parlargli a muso duro,senza indulgere;ma l’incontro con madame Levigny lo aveva improvvisamente messo di fronte alle proprie responsabilità. La dama gli aveva affidato Aurora e lui si era assunto questo compito lealmente:le farò da fratello maggiore…aveva detto. Non era stato così:non come avrebbe dovuto essere…
Ma la rabbia che Ilia aveva covato andava oltre il senso di lealtà che gli era proprio;scaturiva dalla delusione verso il suo amico..Gli aveva chiesto di aver cura di Aurora: e lui? Ne aveva fatto la sua amante:ne aveva colto l’innocenza,ripagandola con un amore pavido e clandestino…
Questo non lo poteva tollerare,no! Ma perché? Che cosa animava realmente la sua rabbia?
Semonov scosse il capo:lui aveva parlato chiaro,con Sindial,ma anche quest’ultimo,
come al solito,aveva saputo leggergli nel fondo dell’anima quella verità che lui stesso aveva creduto di poter negare:la verità era che Aurora gli stava a cuore,profondamente.
Come riusciva quell’uomo così schivo e impassibile,così estraneo a volte alle emozioni altrui,a interpretare i pensieri suoi più profondi?
Semonov aveva creduto di poter sublimare l’iniziale,istintiva attrazione per la giovane pianista in affetto,mettendosi da parte non appena consapevole della fiamma che si andava pian piano levando tra lei e l’impresario. Sapeva bene che,come aveva detto poco prima,non avrebbe mai potuto destare una passione simile,incondizionata,assoluta,totale in lei.E credeva che il suo sentimento sarebbe rimasto sufficientemente nascosto,fino a quando lui stesso non se ne fosse dimenticato…Ma non si sfugge a lungo allo sguardo indagatore di uno specchio…
In ogni caso,il giovane sapeva che poco a poco la tempesta dei sentimenti in lui si sarebbe placata:era passato indenne attraverso l’inferno,sarebbe stato capace di proiettare la sua devozione per Aurora su un piano diverso. E alla fine,lui e Sindial avrebbero condiviso l’ennesimo tacito segreto…
La carrozza si era fermata nella piazzetta degli artisti. Semonov ne scese e gironzolò curiosando tra le tele. Gli tornarono in mente i mesi di viaggio trascorsi al fianco del suo misterioso amico. Entrò nell’antica chiesetta della Madeleine e sedette su un banco.Chiedendo perdono a Dio,tirò fuori dalla tasca il solito taccuino e iniziò a scrivere un nuovo capitolo.

‘Attraverso l’Europa’

La nostra prima tappa furono l’Olanda e le Fiandre. Sembrava inizialmente che il mio compagno non fosse assolutamente interessato al paesaggio intorno a noi. La carrozza attraversava quelle terre basse,attraversate da canali su cui si specchiavano le guglie acuminate delle torri municipali,i tetti rossi delle case,circonfusi nel riflesso dalla luce del sole e dai colori accesi dei tulipani,ma Sindial rimaneva impassibile.
Il suo interesse si concentrò sulla possibilità di acquistare invece tante tele di artisti fiamminghi,tele che ritraevano piccoli interni caldi,ma anche quelle stesse vedute che lo avevano lasciato apparentemente indifferente.
Mi venne un giorno di commentare:
- Si direbbe che apprezziate di più le riproduzioni,che la realtà vera e propria…-
Lui mi fissò,aggrottando le sopracciglia,come se si ponesse quella domanda che in realtà io non avevo formulato:perché?
-Forse avete ragione,Semonov…è la forza dell’abitudine…- quindi sollevò lo sguardo e osservò il mondo intorno a sé. Davanti a noi un sentiero giallo sembrava tagliare in due un campo di tulipani,per condurre a un mulino:un’immagine oleografica,invero…ma il contrasto dei colori nel sole era esaltante. Finalmente vidi il suo sguardo brillare. Appena un accenno. Ma il miracolo cominciò a ripetersi sempre più spesso.Dall’Olanda passammo in Belgio,poi ci imbarcammo su una nave che ci condusse nel golfo di Biarritz e costeggiando la Spagna fino in Galizia,sbarcammo nelle vicinanze di Santiago de Compostela.
La Spagna sembrò piacergli particolarmente. Volle visitarne ogni regione,conoscerne le superbe città:Salamanca,Toledo,Madrid,Siviglia,Granata… E poi le sierras e i deserti:la Mancha desolata e selvaggia,la Navarra,i Pirenei.
A Valencia ci imbarcammo di nuovo,questa volta per Genova. Quindi visitammo l’Italia,la culla dell’arte e della bellezza.
Ma non ci fermammo nemmeno qui:da Trieste entrammo in Austria,poi in Ungheria e via così…
I Balcani,la Grecia…
Vidi il mio amico trasformarsi a poco a poco,come un detenuto che sia vissuto per anni prigioniero e quasi quasi sembra non riuscire più a fare a meno della sua piccola cella;la paura della vita fuori,la inadeguatezza rispetto al mondo che cambia,che è grande,che è bello,ma è incontrollabile,gli fanno segretamente rimpiangere la sua prigione,ma l’inconfessabile rimpianto giorno dopo giorno diventa un vago,lontano ricordo.
Finchè una sera,in vetta all’acropoli di Atene,alla luce di un tramonto che filtrava attraverso le colonne del Partenone,lo vidi ispirare profondamente,come se si fosse riappropriato della sua libertà,della sua vita,della sua identità.
Senza guardarmi,osservando in lontananza l’Egeo in fiamme,disse:
-Come può essere bello il mondo,Ilia…-
Naturalmente fu lo squarcio di un momento.Sindial non si concedeva mai più di tanto.Ma per me fu struggente sentirglielo dire..Mi sembrò in piccola parte anche merito mio’


Il calesse uscì dalla città e raggiunse veloce la tenuta in campagna,dove Sindial aveva acquistato il suo magnifico cavallo nero stellato. Rispetto a quell’ultimo caldo pomeriggio di ottobre,tutto sembrava diverso:l’aria era fredda e umida,i campi bianchi per la brina,il silenzio regnava,come se anche le fatiche degli uomini fossero sospese nel letargo invernale.
Sindial smontò e aiutò Aurora a fare altrettanto.La fanciulla rabbrividì per il freddo.
-Entriamo nelle stalle…forse c’è qualcuno…- disse lui,cingendole sollecito le spalle.
Ma la tenuta sembrava vuota.
I cavalli erano fermi ciascuno nel suo angolo.Un puledrino sgambettava vicino alla madre,cercandone la mammella.
-C’è un puledro…-
-Deve essere quello che stava nascendo l’altra volta…- si ricordò Aurora. –Mi piacerebbe accarezzarlo…-
Lui la aiutò ad avvicinarsi;attirò il piccolo animale con della biada e le permise di soddisfare il suo desiderio.
Nel silenzio,di lontano,si avvertì una musica.Una danza popolare.
-Deve esserci una festa…-
-Si…forse hai ragione…meglio andarcene,prima che…-L’uomo era sempre schivo rispetto alle occasioni di esibirsi in pubblico.
Lei naturalmente condivideva la stessa ritrosia,e stavano già uscendo quando il padrone di casa,sopraggiunto inaspettatamente,li bloccò sulla soglia:
-Monsieur Sindial!...che giornata felice…Venite, vi prego:permettetemi di offrirvi un bicchiere di vino sincero….Oggi si è sposato il mio ragazzo!-
-Anthoine…stavamo andando via:fa molto freddo e madamoiselle desidera rientrare…-
-Madamoiselle…- disse l’uomo che in quel giorno di festa si sentiva un re – Lasciate che sia il vino a riscaldarvi:un buon bicchiere di rosso,alla mia mensa…e un brindisi:non potete dirmi di no!-
Sarebbe stato offensivo declinare ancora.Aurora si strinse a Sindial,sperando di poter celare il proprio segreto.
Anthoine fece loro strada verso il cortile interno della grande casa;qui ,sotto il porticato era stata imbandita la tavola nuziale. Al centro del cortile un falò allegro e vivace riscaldava e illuminava la festa:intorno al falò gli sposi e altre coppie ballavano.
-Non ho bisogno di descriverti la scena….ricordati lo spartito di Mozart….- le sussurrò lui,dolcemente.
Aurora avvertì il calore della fiamma e il suo viso si colorì.Poi sedettero alla tavola di Anthoine,che fece immediatamente servire loro il vino promesso:
-Bevetelo tutto d’un fiato,madamoiselle….vi riscalderà!- suggerì paternamente.
Sindial alzò il bicchiere,in segno di augurio e ne bevve un sorso.Poi si voltò a guardare lei,che stava eseguendo il consiglio del buon massaro.All’inizio ne fu divertito,poi sentì irrefrenabile il desiderio di baciarle la bocca umida di vino.Di baciarla e farla sua,in quella casa di campagna:in un letto rustico con le lenzuola che sapevano di sapone e di fiori di campo.Fresche come la sua pelle.
La sua mano scivolò lungo la vita della fanciulla e la attirò contro di sé.
-Ora dobbiamo rientrare,Anthoine…- disse intanto- Grazie dell’invito e auguri agli sposi…-
-Onore e piacere,monsieur...Madamoiselle… Aspettate solo un momento:Camille!- l’uomo fece un cenno a una delle tante figlie,che si avvicinò offrendo ad Aurora un fascio di erica e lavanda intrecciate.
La pianista ne avvertì il profumo e istintivamente tese le mani,per prenderlo.Lo strinse al petto delicatamente e ringraziò.
Finalmente riuscirono ad allontanarsi e rientrarono nelle stalle per recuperare il calesse.
Qui,di nuovo soli,Eric le tolse i fiori di mano e la attirò contro di sé dando sfogo al suo desiderio baciandola avidamente,con passione.
-Non so resistere…debbo averti,ora…- le sussurrò all’orecchio,sospingendola verso un cumulo di fieno.
Steso su di lei,le carezzò ansioso il viso,il collo;poi le sue mani corsero lungo le spalle ,si fermarono sotto il seno,lo strinsero perchè lui potesse baciarlo intensamente;poi ancora giù lungo la vita e i fianchi,a cercare un varco sotto la pesante gonna.
-Sono pazzo…pazzo di te,Aurora…-
Lei era spaventata ed eccitata insieme.Si stringeva a lui incredula,ma nel contempo attenta ai rumori che provenivano dall’esterno:
-Sindial…- lo richiamò,in un sussurro.
Lui si fermò,ansimante. La guardò.’Abbiatene cura…’ gli risuonò nella mente. Scosse la testa,appoggiandosi contrito alla sua spalla.
-Perdonami…perdonami anima mia…- le chiese,a fil di voce-.Non c’è solo questo:c’è molto di più che mi lega a te…-
Lei lo abbracciò,stringendolo a sé,come per consolarlo;poi,baciandogli lievemente la guancia,all’attaccatura del collo,gli sussurrò:
-Lo so,amor mio…-
-No…- ripetè lui,prendendo fiato,ricomponendosi;sollevandosi da lei e aiutandola a rialzarsi. –Non lo sai perché io non sono stato capace di dirtelo,né di dimostrartelo…-
Lei allungò la mano e gli carezzò il viso:
-Perché dici così?e tutti i piccoli gesti d’amore che hai avuto per me,fin dal primo giorno?…-
Lui afferrò quella mano e stringendola nella sua la baciò teneramente.Poi sospirò:
-E’ ancora poco…ma ti prometto che troverò il modo…-
Così dicendo l’abbracciò teneramente ,poi le sollevò il viso e la baciò,ma appena a fior di labbra,come la prima volta.
Raccolse poi il bastone caduto nel fieno e ,montati sul calesse,rientrarono a teatro.




C’era nebbia e freddo e silenzio.Un luogo strano,senza vita.Angeli di pietra,volti pietosi di marmo…Un cimitero?
Poi un violino levò la sua voce tra le tombe:una musica malinconica,il canto del cigno che muore…
Camminava tra i vialetti silenziosi,seguendo il richiamo del suono…
Credeva di averne raggiunto la fonte,quando dinanzi a lei un cavallo nero impennò poderoso sulle zampe posteriori,spaventandola. Sul cavallo un uomo dal volto coperto da una maschera impassibile,avvolto in un mantello più nero del buio…Con uno scarto cavallo e cavaliere la evitarono e corsero via,al galoppo:
-No…non andare via….Sindiaaal!-
Gridando,Aurora si svegliò. Era nel suo letto,sudata e sconvolta. Perché quel sogno orribile?...
Non sapeva più dormire da sola…Si alzò,a tentoni trovò sul comodino una brocca e un bicchiere:si versò un sorso d’acqua.
Le sembrava di sentire un suono,lontano. Oh,perché Sindial non era con lei?perchè le aveva detto di restare nella sua stanza,quella notte?
Nel silenzio cercò la porta della sua stanza e scalza,sfidando il freddo,raggiunse l’uscio di lui.Ci si accostò:i rumori dall’interno la rassicurarono,di più;non potè fare a meno di sorridere,con una strana esaltazione nel cuore.
Carezzò la porta e scivolò piano nella sua stanza.

Erik aveva passato la notte a comporre.Avrebbe voluto riversare nella musica il dolore del passato,la sua morte e rinascita,le sue paure…ma invece le prime note che emersero dal silenzio erano tutte per Aurora. A partire da quella prima sera nel buio della sala della danza,all’apparizione sui campi appena falciati,alla rosa legata tra i capelli;fino a quella notte indicibile in cui gli si era data…Gli aveva concesso il dono più grande,il privilegio di insegnarle il dolore e il piacere dell’amore … E lei lo aveva ripagato col suo dolore,col suo piacere…e schiudendo di nuovo la musica sepolta nel suo cuore sotto il macigno della rinuncia.
All’alba si lasciò finalmente andare,gettò il capo all’indietro spossato e chiuse gli occhi.
Ma si riscosse.Doveva andare da lei,ora.
Entrò piano nella sua stanza.Lei dormiva,i capelli scomposti,la pelle morbida appena visibile tra le trine della camicia da notte.Forse sarebbe stato meglio non svegliarla…
Silenziosamente appoggiò lo spartito sul cuscino accanto al suo,ma non si risolveva ad andarsene.
Aurora si girò e si accorse della sua presenza.Allora gli tese la mano e senza dir niente lo attirò a sé.
-Non andare via…Riposa un po’ vicino a me…-
-Lo vorrei…-le rispose in un sussurro.
Lei allungò il braccio per accoglierlo,ma urtò qualcosa sul cuscino.
-Che cos’è?...un altro regalo?- gli domandò.
Si sollevò un po’ e prese i fogli tra le mani.
Era uno spartito…
Sul frontespizio,le sue dita lessero: ‘Il tuo dolore è il mio dolore,il tuo piacere il mio piacere…La tua paura la mia paura,…la tua vita è la mia vita’
Si volse a lui,trattenendo il respiro;ma non disse nulla.Aprì piano lo spartito e vide che era proprio per lei…’Apres d’un Prelude’…
Le note parlavano di lei,seduta al piano che non riusciva a terminare la sua esecuzione di Preludio nr.4;parlavano di una passeggiata in calesse,dei ricordi di una bambina che diventava donna sotto gli occhi del suo interlocutore;raccontavano di una rosa infilata tra i capelli e del suo richiamo quasi doloroso; e di una notte,una prima notte,in cui l’ultimo degli uomini,l’orfano,il condannato alla solitudine era diventato maestro d’amore…

Aurora era commossa.Nessuna dichiarazione d’amore avrebbe potuto essere più toccante di quello spartito.Sindial la amava al punto di comporre per lei,proprio per lei…E la sua musica era così bella,intensa:era carne e sangue,era tenebra e luce,…qualcosa che la pianista non aveva mai conosciuto…forse…
Gli si strinse contro e nascose il viso sul suo petto:
-Tu.. tu sei la mia vita,Sindial…- riuscì a dirgli.
Lui scosse la testa,ma non ribattè.
-Sapevo che eri un musicista…non credevo che componessi…-
-Non volevo farlo più- le confessò-La musica era morta dentro di me…Sei tu che le hai restituito la vita…-
-Oh…-la fanciulla riflettè un momento,quindi un po’ tremando sfiorò la maschera – Era morta per colpa di questa?- domandò.
L’uomo taceva.Sapeva che non avrebbe potuto trattenerla,se avesse provato a levargliela.Ma sapeva che avrebbe dovuto accadere,prima o poi.
Dal suo silenzio,Aurora capì che assentiva.Allora piano staccò la maschera dal suo viso,lasciandola cadere tra le lenzuola.Sindial chiuse gli occhi e attese:le dita di lei gli carezzarono la fronte e poi delicatamente percorsero il profilo sfigurato.
Lui riaprì gli occhi per guardarla:sul suo viso non c’era orrore,né ribrezzo;non c’era commiserazione. C’era dolore e amore insieme;la sua mano –quella mano che adorava- lo stava accarezzando,con la stessa calda dolcezza delle carezze d’amore che dispensava al suo corpo,nei momenti della passione.
Le afferrò la mano e gliela fermò.
-Sindial…il tuo dolore è il mio dolore…- lo rimproverò lei e,sollevatasi un po’depose un bacio delicato su quella pelle torturata e rifiutata.
Lui non riusciva a credere a quello che stava succedendo;il respiro non gli bastava…Poi la guardò e il desiderio di lei esplose,questa volta irrefrenabile.
La spinse tra i guanciali e d’un colpo, strappando la delicata camicia che indossava,la ebbe nuda sotto di sé.
-Non chiamarmi più Sindial…io voglio morire e rinascere in te Aurora…e sarai tu a darmi un nome- le sussurrò,aderendo a lei con la sua pelle calda e il corpo avido.
Lei sentì la camicia strapparsi,sentì il suo torace ardente combaciare col suo seno;più che paura,ne ebbe eccitazione,ebbrezza.Lasciò che lui entrasse in lei con irruenza appassionata e continuasse a chiederle di morire e rinascere sulle sue labbra…
Le sue spinte erano selvagge e inarrestabili.Ma Aurora si sentiva una cosa sola ormai con lui e con lui vibrava,dimentica di tutto ciò che non fosse l’amore e il piacere.
Il piacere esplose per entrambi,in misura inattesa ed estenuante.
Erik giaceva ancora su di lei,esaltato e sfinito.E ne raccoglieva il respiro affannoso nel suo.
Lei lo tenne stretto,come un bambino tra le sue braccia,continuando a baciargli il viso e gli occhi e le labbra.
-Ti amo anima mia…- le sussurrò,infine.
-…non so darti altro nome che amore…Dimmi il tuo nome…- gli chiese.
Lui appoggiò la fronte alla sua e le confidò:
- Erik…puoi chiamarmi Erik….-


Aurora e Sindial rimasero ancora stretti così,per un tempo indefinito.Lei gli carezzava i capelli e ripeteva dolcemente il suo nome:
-Erik,Erik…-come se lo cullasse.

Lui era sfinito di gioia:gli suonava così incredibilmente soave sentire quella voce chiamarlo per nome.
-Ora devo andare,amor mio…Tra poco il teatro si ripopolerà…-le disse a un tratto,alzandosi e indossando la maschera.
Lei lo trattenne per una mano:
-Sai…non…non so più dormire da sola…-gli confidò,con rammarico.-Stanotte ho fatto un sogno orribile….-.
Lui si irrigidì un po’:
-Ancora l’incendio del teatro?....-
Lei scosse la testa.
-No…- ma non volle dire di più.
-Per qualche giorno l’Opera chiuderà…allora passerai tutto il tempo con me…Non dovremo nasconderci a nessuno…- le promise l’uomo,cominciando a rivestirsi.
Ma lei smorzò il suo entusiasmo:
-…Non posso non andare da Blanche per Natale…-
-Va bene:ti ci accompagnerò io…- le propose,meravigliandola.
-Verrai con me?- chiese sorpresa.
-No…ti accompagnerò,rimarrai un’ora da lei e poi ti passerò a prendere…-precisò in tono deciso,infilandosi la camicia.
Lei abbassò la testa,con uno strano sorrisetto.
Lui stava andando via,ma si fermò,rivolgendosi a lei con una espressione vagamente compiaciuta nello sguardo:
-…Stai pensando che sono autoritario…Sono autoritario,arrogante,spesso sarcastico…- ammise,in leggero tono di sfida.
Per tutta risposta,senza negarlo,lei dichiarò:
- ma io ti amo,Erik … - si era sollevata tra i cuscini,in ginocchio,ancora seminuda,appena coperta da quel che rimaneva della camicia.
Sindial la guardò,tornò sui suoi passi e le cercò avidamente la bocca.Si baciarono così,restando l’uno contro l’altro,persi l’uno nell’altro.
Assaporando il gusto di quel bacio poi in un sospiro,staccandosi da lei e senza aggiungere altro,l’uomo uscì.



Ilia passeggiava pensieroso sul lungo Senna,le mani in tasca,gli occhi fissi al selciato. Si avvicinava il Natale:in Russia in realtà era abituato a celebrarlo qualche giorno più tardi,ma a lui non sfuggiva l’atmosfera di festa familiare che si avvertiva per le strade di quella Parigi così desiderosa di buttarsi l’orrido passato alle spalle e ricominciare a vivere…
La malinconia di casa lo prese,come spesso gli accadeva:una malinconia dolce,alimentata dai ricordi,più che dalle speranze…una malinconia che si materializzava nel sapore e nel calore di piccole gioie irripetibili…
Sollevò lo sguardo,al grido di uno strillone che annunciava le prime notizie del giorno.Si fermò ad acquistare il giornale, pagando in fretta,perché i suoi occhi avevano riconosciuto una sagoma familiare:Alphonsine che camminava leggendo nel contempo una lettera.
-Alphonsine?...-la richiamò.
Lei se lo trovò davanti,mentre ancora stringeva la lettera aperta in mano,visibilmente assorta e contrariata.
-Ah…salve Ilia…-
-Qualcosa non va?- le domandò.
-…una lettera di mia madre….-rispose,piuttosto delusa e imbronciata.
Lui le si affiancò e camminarono un po’ insieme,in silenzio.
-…Avevo scritto ai miei…Pensavo di passare questi giorni da loro…- ritenne opportuno spiegare la giovane.
- …c’è qualche difficoltà?-
-No..mia madre mi risponde che saranno felici di ricevermi..che non dovevo nemmeno annunciarmi…le solite cose!-
Ilia non domandò nulla.Lei si appoggiò al parapetto della strada,di spalle al fiume e gli confidò,sfogandosi:
-La verità è che avevo scritto a mio padre…gli avevo raccontato di questi ultimi mesi…con entusiasmo,aprendogli il mio cuore…E lui? Non risponde nemmeno…-
Ilia annuì,lasciandola continuare.
-Ma cosa devo fare di più per guadagnarmi la sua attenzione,la sua stima…Per lui una figlia è solo un premio da dare in dote a qualcun altro?-
Alphonsine aveva lacrime di rabbia e rammarico negli occhi.
-Mi spiace…non sempre i genitori ci capiscono…ma in fondo vostra madre sembra parlare anche per lui…magari è uno di quegli uomini che non amano scrivere…-
Alphonsine fece spallucce,poco convinta.
-E’ pur sempre bello poter tornare in famiglia,soprattutto durante queste feste…-
Lei lo guardò,accorgendosi della venatura di malinconia della sua voce:
- E voi?...dove passerete il Natale?...-
Questa volta fu lui ad alzare le spalle,senza rispondere e guardandosi un po’ disorientato intorno.
-…Ilia…perché non venite con me?- lo invitò allora lei.
-…a Brest?...- domandò lui,come se fosse troppo lontano da Parigi e dal teatro.
-Certo…non è poi così lontano e monsieur Sindial potrà ben fare a meno di voi,per qualche giorno…- gli sorrise,speranzosa.
Lui la guardò,un po’ complice:
-Sperate di conquistare vostro padre,presentandovi con un bel giovanotto?-
-Quale bel giovanotto?...ho invitato voi!- ribattè lei,scherzando.
Risero. Poi ripresero a camminare verso il teatro,insieme.Nell’aria,un profumo di dolci natalizi ;le vetrine erano già decorate per la festa.
-L’ultimo capodanno a Parigi che mi ricordo…ci fu una festa mascherata all’Opera…- raccontò Alphonsine.
-Un ballo in maschera?...bella idea…-
-Erano tutti entusiasti perché da tre mesi il fantasma non appariva….non dava fastidio…-
-Eravate alla festa?- chiese lui,un po’ distratto.
-Si,magari…-sospirò lei,scherzosa- Curiosavo tra gli invitati che arrivavano,arrampicata su una finestra dell’attico della scuola…Pare che lui sia comparso invece improvvisamente,vestito da Morte rossa…Cosa avrei pagato per esserci….-
-…sapete Alphonsine…Io non credo ai fantasmi…- disse lui,porgendole il braccio per attraversare la strada.
-…bè…spero bene…Altrimenti l’Opera ne sarebbe piena,con quello che è successo poi…sapete?-
-Intendete la guerra,l’assedio…la Commune?...-
Alphonsine annuì.
-Recentemente un articolo di giornale ne parlava…credo un anno fa…Ne hanno trovati tanti di corpi,là dentro…-
-Già…- Ilia era tornato pensieroso.
-…fortunatamente hanno trovato anche quello di quel forsennato!- disse Alphonsine,con una battuta,cercando di recuperare l’attenzione del suo accompagnatore.
Ma il giovanotto sembrava seguire i suoi pensieri,le sue fantasticherie.Un nuovo capitolo del suo romanzo prendeva corpo nella sua mente.Non appena arrivati a teatro,si eclissò in un palco e cominciò a scrivere febbrilmente nel suo taccuino.

‘A Parigi.

Avevo notato che nel nostro vagare avevamo sempre evitato la Francia.
All’inizio non ne fui stupito:quella nazione stava uscendo da un periodo di sangue e morte spaventoso e andare a fare i turisti non sembrava molto sensato.
Poi però mi sembrò sempre più evidente che si trattasse di una scelta precisa.
Allora cominciai a domandarmene il perché:che Sindial fosse un fuoriuscito? Un disertore? Un patriota?
Certo debiti da pagare sembrava doverne avere…ma erano debiti con la giustizia? O con la sua coscienza?..o si trattava solo di brutti ricordi,legati a quella sua impassibile maschera d’argento?
Feci mille supposizioni…L’unica certezza era che il mio amico non era nato russo…
Un giorno,in crociera sul Mediterraneo,incrociammo una coppia piuttosto colorita:una cantante italiana e suo marito,il tenore Piangi.
Quest’ultimo portava un buffo collare di gesso intorno al collo:era un uomo grasso,relativamente ridicolo,un po’ tronfio.La moglie,un’ex prima donna dell’Opera di Parigi,lo portava in giro,esibendolo come un vanto:pare fosse miracolosamente sopravvissuto alle grinfie di un fantomatico fantasma,che infestava il teatro parigino,negli anni 70.
Mi stupì notare come da un lato al mio compagno di viaggio,incrociando la prima volta il pancione italiano,brillasse negli occhi uno sguardo di gioiosa incredulità,ma come dall’altro facesse di tutto per evitare accuratamente di incontrare sia lui sia sua moglie.E se per caso ciò si fosse verificato,allora mi si rivolgeva esclusivamente in russo,a bassa voce.
I due,in particolare Carlotta Giudicelli,sembravano avere comunque occhi solo per se stessi e guardavano Sindial con aria di sufficienza,più temendo che il suo misterioso abbigliamento potesse rubare loro quel po’ di scena di cui ancora potevano usufruire,che interessandosene realmente.
Passavano la giornata puntando ogni giorno qualche nuovo interlocutore a cui poter raccontare la terribile avventura nella quale il tenore si era imbattuto,la notte dell’incendio dell’Opera.
Fu in quei giorni che,sbarcando al Cairo,acquistai tra gli altri anche un quotidiano francese:e,per una strana combinazione,vi lessi un articolo che ancora una volta tornava sull’argomento.

<i fantasmi dell’Opera.
Le autorità hanno finalmente consentito che il glorioso teatro dell’Opera fosse riaperto e svuotato del cumulo di macerie e cadaveri di cui le ultime dolorose vicende della nostra capitale lo avevano riempito.
Si è trattato di una triste operazione,ma pietosa e necessaria.
I corpi –circa una trentina- ricomposti in altrettante casse,sono stati trasferiti alla Morgue,dove le famiglie delle vittime li hanno uno ad uno identificati affinchè anche loro abbiano una degna sepoltura e finalmente un’altra dolorosa pagina della nostra storia si possa chiudere.
Tra gli altri,uno solo è rimasto senza nome:un corpo carbonizzato,di cui nessuno ha fatto richiesta.
I responsabili dell’operazione hanno allora rispolverato la leggenda del fantasma dell’opera,il fantomatico personaggio che anni fa terrorizzò gli abitanti della capitale con le sue maniacali apparizioni,fino a scatenare l’incendio del teatro,precipitando in platea il grandioso lampadario di cristallo.
Chi vi scrive è tentato di ammonivi a riguardo:meglio sarebbe stato se a infestare il nostro teatro fosse rimasto questo oleografico,ipotetico fantasma e non tanti spettri,dolorosi e veri,che ci rinfacciano la assurda violenza della nostra cieca guerra civile….
Per tornare al teatro,ora –dopo che i suoi ultimi amministratori Andrè e Firmin sono fuggiti in Argentina con la cassa – esso sembra soltanto un guscio vuoto,lo scheletro inquietante di un passato che stenta ad essere dimenticato e superato.
Ci auguriamo che presto il glorioso tempio delle Muse possa essere restaurato e riapra i suoi battenti,per accogliere i Parigini tornati ad entusiasmarsi del bel canto,della danza,della musica.>

Leggevo piuttosto incuriosito,appoggiato a un tavolo nel salone di poppa della nave,quando sentii alitarmi addosso e riconobbi Piangi e la sua impagabile moglie,che sbirciavano il giornale alle mie spalle.
-Avete letto?...il maledetto è morto,allora!- disse lei,non so bene se soddisfatta o meno della notizia.
(Ecco,mi dissi,ora si aspetta che le chieda chi,per raccontarmi tutta la storia…)
Evitai abilmente di cascare nel tranello,rammaricandomi di dover portare al più presto il giornale al mio principale e congedandomi quasi fuggendo da loro.
Nel pomeriggio anche Sindial diede un occhio al quotidiano.
Eravamo seduti insieme sul ponte e commentavamo di quando in quando le notizie.
A un tratto vi fu un prolungato silenzio:sbirciai da dietro al mio giornale e capii che stava leggendo proprio quell’articolo.
Ebbi netta la sensazione che esistesse un legame profondo tra lui e quel teatro.Pensai anche che magari fosse stato presente all’incendio,che magari ne avesse riportato in quell’occasione le deturpazioni del volto…Ma no:quella era una condanna di tutta una vita,profonda,innata,inappellabile…I miei dubbi rimasero sospesi,senza risposta.
Dopo aver finito di leggere,gli vidi serrare gli occhi,come quando si guarda lontano,in prospettiva.
Aprì un taccuino che aveva in una tasca interna della sua giacca e controllò qualcosa,come se stesse facendo rapidamente dei conti.
-Semonov!-
-Si….sono qui…- gli risposi,un po’ preoccupato,ma al tempo stesso ansioso.Sapevo che eravamo ad una ennesima svolta del nostro ‘viaggio’ insieme.
-A Trieste sbarchiamo:rientriamo in Olanda…poi andremo a Parigi-
-…a Parigi?- ero entusiasta,meravigliato e come al solito già sognavo tutte le occasioni che questa nuova destinazione poteva schiudermi davanti.
Lui mi scrutò,impassibile.
-Sembrate euforico…- mi rimproverò.
Abbassai lo sguardo, fingendomi compunto.
-Non siatelo…- mi ammonì- Il cammino… sarà lungo e faticoso…-
Capii solo in seguito che non alludeva soltanto al viaggio’


Rimasta sola Aurora si affrettò a vestirsi. Voleva rileggere lo spartito donatole da Sindial e poi eseguirlo al più presto.
…Quando sarebbe arrivata Beatrice?...aveva bisogno di lei,dipendeva da lei…
A questo pensiero l’esaltazione che l’agitava,cominciò a scemare,sfiorire:come una nave nella tempesta sfida le onde con la prua e sembra poter affrontare ogni pericolo,così ora era impelagata nella bonaccia della depressione.
Cosa le mancava per essere felice?...la cosa più importante…Vederlo,vedere…vivere di nuovo liberamente la propria esistenza,uscendo dal guscio di quell’antro buio in cui la sua mente era andata a rifugiarsi…
Aveva il segreto timore che anche Erik potesse amarla solo fino a un certo punto,che nel suo cuore allignasse segretamente una punta odiosa di pietà,che quella cortina nera tra di loro costituisse una insormontabile linea di confine…lei voleva andare oltre quel confine,dove avrebbe trovato l’amore assoluto.
Che donna sarebbe stata al suo fianco? Una compagna a metà…che non poteva vedere la sua opera,non poteva sostenerlo…non poteva condividere i suoi sguardi…
Aurora ricadde a sedere sul letto,affranta e in collera con se stessa.
Finalmente sopraggiunse Beatrice,con la colazione.
-Buon giorno,madamoiselle…-disse,andando ad aprire il balconcino. -E’ una giornata fredda,ma serena…-
Voltandosi verso di lei,si accorse che qualcosa non andava:
-Non avete dormito bene?...Fate colazione,vi ho portato anche dei dolcetti speciali fatti da mia sorella…-
Aurora sospirò:era affettuosa Beatrice…
Fece colazione,si lavò e vestì con l’aiuto della solerte cameriera,poi ,da sola,raggiunse la sala di danza.
Aprì il piano e,un po’ emozionata,cominciò a suonare.
E man mano la sua disperazione e la sua rabbia,la tristezza precedenti si riversarono su quelle note che riempirono l’aria,squarciarono il silenzio,invasero i corridoi e le stanze dell’Opera,come un’onda dirompente contro gli scogli…
Era una musica di bellezza straordinaria,ma l’esecuzione la rendeva assolutamente divina:in molti uscirono dalle stanze,benché assonnati per sentirla meglio.Chi lavorava si interruppe,incapace di proseguire:Beatrice rimase con le lenzuola a mezz’aria,incantata ad ascoltare.
Alphonsine rientrava dalla passeggiata con Ilia e salendo in fretta le scale a un tratto dovette fermarsi,appoggiarsi alla parete:quel suono inascoltato le toccava l’anima,le svuotava il cuore.
Ilia era assorto nella scrittura,chiuso in un palco:ma gli giunsero alle orecchie delle note che avevano un che di familiare…L’inconfondibile tocco del genio,animato però dal dolore e dalla passione di chi le eseguiva.Il giovanotto sollevò la testa dal taccuino,guardandosi intorno: quella era la musica di Sindial…quello era il piano di Aurora…Chiuse gli occhi,umidi di commozione,abbandonandosi a quell’inatteso,splendido fuori programma.
Aurora stessa,man mano che procedeva nell’esecuzione,si sentiva sempre più coinvolta,come se quelle note la abbracciassero ed esaltassero in lei la carne e l’anima insieme.
E di nuovo le sembrò di avvertire un turbamento,una esaltazione,che non le erano del tutto estranee.Le attribuì al fatto che quella musica l’aveva scritta per lei l’uomo che amava;che quelle note raccontavano proprio della loro passione,della sua passione…
Concluse l’esecuzione,ritrovandosi sfinita e incredula a rivivere i momenti esaltanti di quella notte celebrata dalla musica.
Ma qualcosa dentro il suo cuore le suggeriva l’esistenza di un segreto da svelare.
Ne ebbe paura:si domandò fino a che punto avrebbe dovuto spingere il suo bisogno di risposte. Le venne in mente Psiche,che non rispetta il divieto impostole e perde il suo sposo proprio nell’attimo in cui ne svela la prima volta l’identità…Psiche e Amore,ritratti splendidamente nell’affresco sulla volta del teatro.
Una voce alle sue spalle la distolse:
-Brava,brava…Bravissima!-
-Alphonsine!...non sapevo che fossi qui…- disse,sussultando leggermente.
-Ero per le scale…ma sappi che tutti quelli che erano in teatro sono rimasti attoniti ad ascoltare…-
-Davvero?- Aurora era piacevolmente confusa.Alphonsine si avvicinò,per leggere di che musica si trattasse.Lo spartito era chiuso e si leggeva chiaramente la dedica.
La pianista se ne accorse con un attimo di ritardo,affrettandosi a riaprirlo.Ma la ballerina stava già leggendo ad alta voce le prime righe:
-Il tuo dolore…-
Al gesto di Aurora di riaprire lo spartito,Alphonsine rimase leggermente offesa e,naturalmente,oltremodo incuriosita.
-Sembra che tu abbia un segreto,Aurora….- le disse,insinuante. –Dici che io non lo abbia già capito?-
-Nessun segreto…- mentì l’altra,con poca convinzione.
-…Già…o piuttosto un segreto che chiunque potrebbe indovinare…- Alphonsine era appena indispettita nei confronti della compagna.
-Non so a cosa alludi…- ribattè questa,risentita a sua volta.
-Tu lo sai bene Aurora…- il tono di Alphonsine era di rimprovero.
-Vuoi farmi la predica,Alphonsine?- la affrontò Aurora.
La ballerina tacque un attimo.Riflettè.
-…no,non credo di averne il diritto…-ammise - ma nella tua situazione avresti bisogno di un’amica,non credi? –
-Ti stai offrendo tu,per caso?- domandò la pianista,ironica.
-Sai…in certi casi bisogna avere gli occhi ben aperti…- replicò con spirito feroce l’altra.
Aurora si fece di brace e chiuse con violenza il piano,alzandosi.
-Non ti scaldare…- la calmò la ballerina- E’ stata una battuta infelice…-si scusò.
Poi soggiunse:
-Non so bene in cosa ti sei avventurata,Aurora…però ti assicuro che se dovessi confidarti con me,io non tradirei la tua fiducia…per principio!-
Aurora si era avvicinata alla finestra,poggiando la fronte sul vetro:non seppe spiegarsi perché,ma la profferta di Alphonsine le sembrò sincera…Forse l’essere state sempre apertamente nemiche garantiva per la sua lealta?
-Credo che tu voglia pensarci sopra…bene,ne avrai tempo:parto per Brest e sto fuori per le feste…Ne riparleremo al mio ritorno…-
Aurora annuì,poi ,preso lo spartito,uscì dalla sala.
Una piccola folla di ammiratori improvvisati l’aspettava nei corridoi e sulle scale per batterle discretamente le mani:
-Oh…grazie!- sorrise lei,divertita e confusa.
Istintivamente poi cercò un sostegno,ed Alphonsine le fu subito vicino.


La musica di Aurora si era diffusa come una marea in tutto il teatro,senza risparmiare l’alloggio di Sindial.
L’uomo si stava concedendo un momento di abbandono nell’acqua calda e profumata del suo bagno.Vi si era immerso dapprima completamente,come ad annullarsi annegando nell’aroma di sandalo e zenzero dei suoi oli profumati:lo faceva anche nel suo lago…immergersi nell’acqua senza più respirare…L’acqua rigenera,dall’acqua si rinasce.
Poi riemergeva,prendendo finalmente fiato:i capelli bagnati gli ricadevano dietro la nuca,gocce scivolavano sul suo viso per ricadere poi nella vasca,come pioggia d’oro.
Con gli occhi chiusi,il corpo abbandonato nel caldo abbraccio dell’acqua profumata,si lasciava andare anche lui alle fantasie più libere,ai sogni che nessuno mai poteva ostacolargli.
Ma in quel momento la sua musica lo raggiunse:la sua musica ? certo…ma quasi stentò a riconoscerla:gli sembrò mille volte più bella,più toccante,più…
-Aurora…-pensò tra sé,provando in un solo momento la doppia ,strana sensazione dell’orgoglio per la propria opera e della grata umiltà per chi la sapeva così bene eseguire.
Sull’onda delle note le sua immaginazione materializzò la figura di lei:la vide bambina cercare un nascondiglio,per gioco e trovare il cancello maestoso di una villa abbandonata;ma la villa non era più abbandonata,ora si animava ed Aurora non era più la bambina che giocava a nascondino;era la padrona di casa…Eccola sulla soglia,pronta ad accogliere il padrone,al suo ritorno,con quel suo sorriso carico di attesa…E il padrone era lui! Per lui era quel sorriso,per lui l’abbraccio amoroso,per lui lo sguardo….
Bruscamente il sogno si interruppe.No…nessuno sguardo,purtroppo…nessuno sguardo da quegli occhi bellissimi,ma spenti…Ecco cos’era quella sfumatura nella musica:Aurora era triste…E lui non poteva far nulla per alleviare la sua tristezza:poteva solo condividerla!
Si alzò dall’acqua,asciugandosi in fretta in un telo di lino tiepido.
Era ancora a torso nudo,quando qualcuno bussò alla porta dello studio.
-Monsieur Sindial…posso entrare?-
-Venite Ilia…sono qui…- lo invitò,indossando la maschera.
-L’avete sentita Ilia?- gli chiese,senza soffermarsi in convenevoli.
Il giovanotto,appena un po’ imbarazzato nell’entrare nell’intimità dell’alloggio del suo principale,aveva abbassato la testa.
-Si…l’ho sentita:ho sentito la vostra musica,Sindial,suonata da mani divine…-
L’uomo sospirò,estasiato.
-Sono contento che siate qui….volevo affidarvi un incarico…- disse poi,tornando al suo tono diretto di sempre.Aveva aperto il guardaroba e stava scegliendo con attenzione gli abiti da indossare quel giorno.
-Prima che continuate,monsieur….ero qui per comunicarvi una cosa…-lo interruppe il segretario.
Lo guardò interrogativamente,sollevando sospettoso il sopracciglio.
-Di che si tratta?-
-…Vado fuori per qualche giorno,approfittando che il teatro è chiuso…- Ecco,era riuscito a dirlo,pensò Ilia tra sé.
L’espressione di Sindial non parve molto conciliante.Rimase assorto e leggermente contrariato,con le sopracciglia aggrottate.
-Credo che potrete fare a meno di me,Sindial…- aggiunse l’altro.
-Dove andate,di grazia?- domandò allora l’impresario,senza guardarlo e con tono leggermente indispettito.
-A Brest…- si limitò a rispondere l’interlocutore.
-Brest?...- chiese l’altro,sorpreso.
Con un sospiro,Semonov dichiarò:
-Accompagno madamoiselle Alphonsine..mi ha invitato a passare il Natale dai suoi…-
Sindial annuì.Poi,abbassò un po’ la testa:
-Il Natale…una festa da trascorrere in famiglia…vero Ilia?- così dicendo si voltò a guardarlo negli occhi,con una espressione diversa.Quella del viaggiatore che approda a un mondo che non gli appartiene,gli è estraneo;ma che finalmente riesce a guardare con pacato,indulgente distacco.
-Si Sindial…-concordò il giovane.
-Mi mancherete…- gli confessò-ma credo che potrò farcela da solo…- sembrava una promessa.
-Voi non siete solo…-gli ricordò con un sorriso da amico il collaboratore.
L’uomo accennò un sorriso,poi confidò all’amico,con una lieve reticenza:
-Al vostro rientro,Ilia…vorrei che mi aiutaste a trovare una casa…- si limitò a dire questo e guardarlo significativamente negli occhi.
-Tornerò quanto prima!- gli rispose l’altro,raggiante.


Venne quindi il giorno della partenza di Ilia e Alphonsine;mentre loro salivano sul treno per Brest,il teatro si svuotava via via di tutti gli occupanti avventizi.Nel pomeriggio non c’era più nessuno.
Aurora era stata da Blanche in mattinata:la povera dama era ancora dolorante e si muoveva poco.Sulla caduta era sopravvenuta una dolorosa artrite,di cui la anziana soffriva di tanto in tanto,ma che la rigidità di quell’inverno parigino aveva riacutizzato.
Era stata contenta della visita inaspettata della nipote:Aurora sembrava di ottimo umore,sorridente,piena di vita. Le promise che il giorno di Natale sarebbe tornata a trovarla volentieri,se qualcuno l’avesse accompagnata.
-Ma..il signor Semonov?- domandò la Levigny.
-E’ andato a Brest,con Alphonsine…-
Questa risposta mise un po’ in allarme la dama.
-E voi come farete da sola,Aurora?-
-Monsieur Sindial mi ha procurato una ragazza gentile e sollecita…Ma voi l’avete conosciuta:si chiama Beatrice…-
-Ah…già…- disse Blanche,ancora incerta. –Aurora,ma perché non passate qui le vacanze di Natale?...non dovreste dipendere da nessuno e Frau Brandrupp…-
-Vi prego zia…frau ‘Bismark’ è già abbastanza impegnata con voi…-
Blanche rise appena,timidamente.Ma insistè:
-Può seguirvi anche Beatrice…se preferite la sua compagnia…-
Allora Aurora si fece seria.
-Blanche…non amo questa casa…mi ricorda un periodo che vorrei invece dimenticare…- era sincera nel dire quelle parole.I primi tempi,dopo la disgrazia,in quella casa si era sentita impazzire.Poi erano cominciati i moti:ed era stato anche peggio…No,non sarebbe rimasta mai a lungo tra quelle mura,nemmeno se non ci fosse stato un altro ben più allettante motivo a trattenerla all’Opera.
La Levigny non insistè.Era troppo contenta di vedere sua nipote cosi’ radiosa.
-Via…non pensateci più…e raccontatemi invece del vostro lavoro:come procede?- disse,cambiando in fretta argomento.
La pianista a sua volta diede soddisfazione alla sua vecchia,paziente compagna,raccontandole tante piccole cosucce sull’ambiente del teatro.
Prima di andar via,poi,Aurora abbracciò la madrina,dicendole piano:
-Vi voglio tanto bene Blanche…nemmeno una madre avrebbe saputo sopportarmi come voi….-
-Vi voglio bene anch’io Aurora…mi raccomando:state attenta a voi…non mi perdonerei mai se,a causa della mia negligenza,doveste soffrire ancora…-
Frau Brandrupp la accompagnò al cancello,dove Beatrice l’attendeva,per riaccompagnarla in teatro.
L’Opera era vuoto. Gli ingressi principali chiusi,chiuso l’ingresso degli artisti.Le due donne risalirono dal portone attiguo alle scuderie e raggiunsero l’ala abitabile dal lato dell’appartamento di Sindial.Finalmente la porta dell’alloggio di Aurora fu aperta e la fanciulla rientrò in camera.
-Debbo fare altro per voi,madamoiselle? Avete ancora bisogno di me?-
-No grazie,Beatrice…va’ pure a casa…e buon Natale!- le disse Aurora,porgendole un pacchettino.
-Per me?...cos’è madamoiselle?-
-Una sciocchezza…mettila sotto l’albero,l’aprirai domani!-
-Grazie…- Beatrice era imbarazzata. –Ma domani…non avrete bisogno di me?-
-No…- la rassicurò – Non preoccuparti…ci vediamo dopo le feste…-
-Buon Natale,madamoiselle..e buon anno!- disse ridendo la cameriera,licenziandosi.
Aurora aspettò di sentire il suo passo allontanarsi e scomparire lungo le scale;quindi uscì dalla sua stanza e andò nel gymnasium.
Si sedette al piano e iniziò a suonare:preludio nr 4 in si minore…
Ecco:sentiva già il passo sicuro di Sindial avvicinarsi,la sua presenza materializzarsi sulla soglia,il suo profumo invadere l’aria...Non poteva non emozionarsi tutte le volte che quell’incontro si ripeteva.Rimaneva senza parole,aspettando che fosse lui a rompere il silenzio.
Ora era dietro di lei,le stringeva le spalle tra le mani e poi si chinava a baciarle il collo,con dolcezza.
-Siamo soli,Aurora…-
Lei lasciò andare il capo all’indietro appoggiandosi a lui.
-Suona ancora…-
-Si Erik…- rispose lei e riprese a eseguire lo spartito di Chopin.
-No…-la interruppe lui-.ora suona la mia musica…-
Intimidita,inizialmente dalla presenza dell’autore,a poco a poco la pianista affrontò il nuovo spartito con sicurezza crescente.Erik rimaneva dietro di lei:le carezzava le spalle,risaliva piano lungo il collo,con le dita percorreva delicatamente il suo viso.
Le note incalzavano,raccontando con sempre nuova emozione la storia del loro amore;lui si chinò a baciarle i capelli,ricordandosi della sera in cui la fanciulla li aveva adornati con la sua rosa.
Quindi Aurora affrontò l’ultimo movimento,una sorta di ‘ largo’,dedicato alla loro prima notte d’amore.
Qui Erik la interruppe, stringendole le piccole mani nella sua,sollevandole il viso e iniziando a baciarla con dolcezza e crescente intensità.Poi si chinò appena e la sollevò tra le braccia,sempre baciandola.
-Il teatro è nostro…-le sussurrò- …e tu sei mia…-
Così dicendo,col suo passo deciso uscì dal gymnasium e la portò nei suoi alloggi.
La stanza di Sindial profumava di rose e di lavanda.L’uomo aveva voluto creare l’atmosfera più accogliente per la sua giovane innamorata:l’aria era tiepida,nonostante il rigore del clima all’esterno.Una volta entrati lui la depose in piedi davanti al letto e iniziò a scioglierle i capelli,poi prese a spogliarla.
-Stanotte voglio guardarti..riempirmi gli occhi della tua bellezza..- le disse,mentre il bustino cadeva a terra,sul vestito.Le mani dell’uomo sfiorarono la delicata sottoveste di pizzo e,lentamente,sfilarono via anche quella.Aurora tremava,timidamente coprendosi con le braccia il corpo nudo.
-La tua ritrosia ti rende ancora più desiderabile…- le disse lui,con voce suadente,attirandola a sé.
Era seduto sul letto:quando l’ebbe vicina iniziò a baciarle delicatamente il piccolo ventre.Lei allora gli cinse il collo e lo tenne stretto a sé,sospirando di piacere e desiderio al contatto delle sue labbra calde,della sua lingua audace sulla sua pelle.
Ora l’aveva attirata a fianco a sé sul letto e,liberatosi dei suoi abiti,procedeva in questa dolce tortura di carezze e baci .
-Dolcissima Aurora…-le sussurrò- hai la pelle di seta…Amarti è ogni volta una scoperta nuova,inattesa,straordinaria…-
-…Erik…- seppe solo dire lei. Ma sentire ancora quel suo nome misconosciuto pronunciato con tale abbandono,con tale desiderio,con tale amore,lo acciecò di passione.Avvinto a lei,si rotolò tra le lenzuola,senza respiro,inarrestabile,avido solo di possederla,di darle e prendere da lei ancora e ancora il piacere assoluto che scaturiva dall’ essere una cosa sola…



Ilia ed Alphonsine avevano preso posto l’uno di fronte all’altra nel treno,vicini al finestrino. Erano entrambi piuttosto elettrizzati da quel viaggio,ma per motivi diversi. La giovane,pur essendo contenta di poter condividere con un amico l’incontro con la sua famiglia,non poteva fare a meno di domandarsi quale sarebbe stata la reazione dei suoi,di suo padre in particolare.
Il giovanotto invece stava pensando che quel viaggio era un nuovo passo verso l’autonomia dal suo principale:in altri tempi non si sarebbe allontanato facilmente da lui,perché avvertiva la complementarità del loro legame,il reciproco bisogno che li univa.Ora era come se tutti e due fossero cresciuti e,arricchiti dallo scambio amicale che aveva cementato la loro intesa,fossero più capaci di affrontare il mondo da soli.
Seguendo così ciascuno i propri pensieri,i due viaggiatori si ritrovarono dapprima a guardare fuori dai vetri,la brulla campagna invernale,poi a guardarsi reciprocamente.D’apprima in realtà i loro sguardi si incrociarono senza vedersi;poi fu come se ciascuno dei due mettesse a fuoco l’immagine dell’altro di fronte a sé…Ilia sorrise,schietto e disponibile come sempre;Alphonsine rimase invece seria a scrutarlo.Poi guardò di nuovo fuori,come seguendo ancora il filo dei suoi pensieri.
Quando posò nuovamente gli occhi sul suo compagno di viaggio,questi aveva preso il suo taccuino e stava scrivendo.Allora lo osservò di nuovo,attratta dalla serietà del suo volto,assorto e concentrato nella scrittura.
Ilia si sentì guardato e sollevò di nuovo lo sguardo:questa volta a sorridergli fu Alphonsine,un sorriso appena accennato,lievemente imbarazzato.Il giovane scrittore rimase serio,sostenendo lo sguardo della ballerina.
-Che cosa scrivete,Ilia?- gli domandò lei:sembrava stranamente interessata.
-Sono appunti per un romanzo…- le rispose,sincero.
-Mi piacerebbe leggerne …Il viaggio è lungo…-
-Quando avrò terminato,vi farò leggere quello che parla di voi…-
Alphonsine si meravigliò:
-Ci sono anch’io?-
-Certo…voi,Aurora,l’Opera…-
-…monsieur ‘Maschera d’Argento’…- completò lei.
-Già…- ammise Ilia,poi si concentrò nuovamente nella scrittura,mentre il treno proseguiva sbuffando verso la costa normanna.


Steso di lato a lei,coperti appena i fianchi dal lenzuolo di seta,Sindial-dopo l’amore- si divertiva a carezzare il viso,le labbra,il collo, le forme aggraziate di Aurora con un bocciolo di rosa,scherzando dolcemente con lei e il suo istintivo imbarazzo.
Sfiorandole le labbra coi petali del fiore,le disse:
-Ti ha mai detto nessuno che le tue labbra sanno di miele?...-
Lei sorrise:
-No…nessuno…-
-E perché?- lui sapeva bene perché,ma voleva sentirselo dire…
-Perché nessuno mi ha mai baciato prima di te…- ammise lei.
Lui la guardò,le guardò i capelli,le labbra,il corpo delicato che si intuiva attraverso la seta delle lenzuola:e sospirò soddisfatto,compiaciuto.Era sua,completamente,assolutamente.
Giocò ancora con il fiore sulle sue labbra:
-Raccontami ancora qualcosa di quando eri bambina…mi piace starti ad ascoltare…-
-Non saprei cosa raccontarti…- gli rispose lei. –Quando vivevo con i miei non avevo grosse occasioni di svago…poi finalmente sono venuta a Parigi…-
-Ti immagino,con la divisa grigia della scuola dell’Opera…- sussurrò lui.
-Mi andava orribile…era larga,sformata…ed io ero una ragazzina magra,mingherlina…Mi guardavo allo specchio,paragonandomi con Alphonsine,che è sempre stata alta,prosperosa…ammetto che un po’ la invidiavo…-
-Avevi il fisique du role per fare la ballerina…- la contraddisse lui.
-Si…e mi piaceva tanto danzare…Madame Giry ci metteva spesso a confronto…Credo che la nostra rivalità sia nata da lì:io vedevo lei bellissima,inarrivabile…Alphonsine invece temeva il mio talento naturale:secondo Madame io sarei divenuta l’etoile del balletto!...però a me piaceva anche suonare il piano:segretamente sognavo di fare la concertista…come madame Schumann…-
Lui le sfiorò la fronte con la rosa:
-Quanti sogni,in questa testolina…vorrei realizzarli tutti…-
Aurora avvertì nel tono di lui un trasporto così sincero,che gli rispose con slancio:
-Tu li soddisfi tutti i miei sogni,Erik..-.
L’uomo allora lasciò cadere la rosa e,chinatosi su di lei,le carezzò i capelli e ricominciò a baciarla.Poi si allungò a poco a poco nudo sul suo corpo nudo e vi si incuneò,ancora una volta,in quella notte senza fine:
-…e tu soddisfi i miei…-
Finalmente si abbandonarono al sonno.Ma Aurora tardava ad addormentarsi:qualcosa nelle parole di Sindial le era suonato strano…Non riusciva a capire cosa esattamente e ripeteva nella sua mente tutti i discorsi fatti,per cercare di capire il perché di quel turbamento.Così,i suoi sogni si popolarono di immagini di lei e Alphonsine,poco più che bambine…in fila con la divisa grigia della scuola …e poi sedute a teatro,in quella terribile notte dell’incendio..
Di nuovo nel suo incubo il lampadario si fracassò sulla platea;di nuovo si ritrovò sola e sperduta tra le grida di chi fuggiva,accovacciata in chissà quale angolo della sala,sicura di morire ormai soffocata tra le fiamme che la lambivano…
-Aiutooo…aiuto!- gridò,svegliandosi di soprassalto,alzandosi a sedere ancora terrorizzata nel letto.
Erik la trattenne,la abbracciò cercando di calmarla,le disse piano:
-Non aver paura…Aurora…-
Finalmente lei si riscosse,capì che aveva sognato e,spaventata,scoppiò a piangere tra le braccia di lui.Lui la abbracciò amorevolmente,lasciò che si calmasse a poco a poco,senza parlare,semplicemente carezzandole i capelli.
-Non aver paura…vieni qui…- le ripetè stringendola a sé e riadagiandosi nel letto.-Va meglio ora?-
Lei annuì,poi gli chiese:
-Parlami Erik…non stare zitto…parlami di te,se vuoi, …-
Lui socchiuse gli occhi.Le baciò piano i capelli,poi con tono fermo ribattè:
-Non chiedermelo,Aurora…non è facile…-
-Allora parlami della tua musica...della musica che hai composto…-
Lui rimase in silenzio.Lei si morse le labbra,ansiosa.Con tono più conciliante,allora,l’uomo le rispose
-Posso parlarti di quella che comporrò…Pensavo a un balletto...Conosci la favola di Amore e Psiche?-
-Si…-
L’uomo cominciò a spiegarle come immaginava di articolare le scene musicalmente,le illustrò i toni che avrebbe voluto esaltare della favola e gli effetti musicali che contava di ottenere…
-E’ un mito che ti affascina…- riflettè lei.
-Già…- si limitò a rispondere Sindial.
-E potrò restare qui…mentre tu ci lavori?-gli chiese ancora,timidamente –Non ti disturberò…- promise.
Lui la guardò con amore,scuotendo la testa indulgente.
-Aurora…- la rimproverò con dolcezza,poi tenendola al sicuro tra le sue braccia aggiunse:
-Ora dormi anima mia…e non avere più paura…caccerò via io i tuoi incubi …-
E fu davvero così.La giovanetta prese sonno e di nuovo rivisse il tragico momento dell’incendio;ma qualcuno,rassicurandola,veniva in suo soccorso e la portava fuori dall’Opera in fiamme tra le sue braccia forti,al sicuro.

Era giorno quando Aurora si svegliò.Erik non era più al suo fianco,ma seduto all’organo lavorava al suo progetto,alacremente.La sentì muoversi e si voltò a guardarla,mentre trascriveva qualcosa su un foglio.
-Buongiorno…- le disse,piuttosto assorto nel suo lavoro.
Lei inspirò l’aria del mattino,stiracchiandosi.Un nuovo giorno,nasceva…un nuovo giorno senza luce…pensò per un momento.Ma cacciò via questo triste pensiero,sospirando languida e sorridendo nella direzione da cui lui aveva parlato:
-Buon giorno…-
L’uomo finì di annotare una traccia sul pentagramma che aveva davanti e la guardò con più attenzione.Aurora era stata brava a cancellare ogni sfumatura di malinconia dalla sua voce:gli apparve radiosa,soddisfatta e ne fu compiaciuto.Si alzò verso di lei e ,presala per mano,la invitò:
-Vieni,mia piccola Psiche…-
La fanciulla indossò col suo aiuto la sottoveste,poi si alzò dal letto e lo seguì .
-Siediti accanto a me…e dimmi se ti piace…- le disse,sedendosi davanti all’organo.Quindi inserì alcuni comandi nella consolle e prese a suonare.
Aurora ascoltò,poi –quando lui stava per spiegarle di cosa si trattasse- lo interruppe:
-Lascialo dire a me….Psiche,svenuta e spaventata,si risveglia in una casa fatata…ogni suo desiderio si materializza,come per incanto:se ha fame,ecco vassoi di frutta e ogni pietanza più prelibata comparirle davanti;se ha sete una brocca preziosa le versa in un calice ambrosia dissetante…Se ha sonno…-
Sindial si chinò sulla sua bocca e la baciò,zittendola.
-Sei bravissima…-
-Tu …sei geniale…è la tua musica che racconta tutto questo…-ribattè lei.
L’uomo riprese a suonare:Aurora,ascoltando,rifletteva sulla scelta di quella fiaba,sull’affinità tra lei e Psiche.La curiosità portò la fanciulla del mito a scoprire il volto proibito del suo amante:nel farlo si chinò su di lui e l’olio bollente della lampada cadde sul divino profilo…
-Secondo te,Erik…Eros davvero non vuole che lei lo riconosca?- domandò pensierosa a Sindial.
-Perché mi fai questa domanda,Aurora?- anche il tono di lui era divenuto stranamente serio,quasi ostile.
-Me lo sono sempre chiesto…-disse allora lei,cercando di alleggerire la tensione che avvertiva nel loro dialogo -fin da bambina.E’ una favola diversa dalle altre…-
-Si…-ammise lui,ma prima che potesse aggiungere altro,lei cambiò discorso.
-Il balletto sarà spettacolare:all’inizio già vedo la città di Psiche colpita dall’ira di Venere…poi il sacrificio al mostro marino,le rocce a picco sul mare…Non dirmi,Sindial,che non ci hai già pensato anche tu…alla scenografia che sapresti creare!- il tono di lei ora era concitato dall’entusiasmo.
Sindial si lasciò coinvolgere,mettendo da parte le perplessità del discorso precedente;annuì,ammettendolo.Il suo sguardo era illuminato dalle idee che la favola gli dettava.
-Però adesso…è ora di fare colazione…- le disse smettendo di suonare e guardandola sollecito.-La mia dolce ispiratrice va nutrita…-
-Non fare anche tu come Blanche…-pregò lei,scherzando.-Mi costringeva a quattro pasti al giorno,come una bambina…
-Sai che posso fare di peggio…Ti conterò anche le zollette di zucchero..-la minacciò altrettanto scherzosamente lui.
Uscì dalla stanza e rientrò con un carrello:su un vassoio un pregiato servizio da tè,con la teiera che fumava ancora.Aurora gli confessò:
-Mi piacerebbe preparartela io…e servirti…Sai:da bambina ero proprio brava…-
-Invece lo farò io!- troncò lui,sorvolando sulla sua malinconia.
Così le versò il tè,aggiunse il latte e lo zucchero e le porse una tazza fumante.Poi le offrì dei dolcetti su un piattino e si fermò a osservarla.
-…Mi piace guardarti in queste piccole,quotidiane occupazioni…Mi piace guardarti sempre…-

Come una bambina,Aurora intanto istintivamente aveva portato alle labbra un dito sporco di marmellata.Lui sorrise,incantato.
-…fai colazione con me?...-lo invitò.-Io non posso guardarti,ma tu puoi dirmi cosa ti piace…-
-Va bene…Prenderò una tazza di tè nero…e una fetta di pane tostato…-
-Solo?niente marmellata?niente dolci?...-
Lui sospirò e le assaporò le labbra che sapevano ancora di ribes.
-No…niente dolci….- rispose,eloquentemente.
Quando Aurora ebbe finito,lui le sollevò piano la testa tra le mani e le propose:
-Mi piacerebbe scegliere il vestito che indosserai oggi…Vieni,mostrami il tuo guardaroba…-
-Ma…sono in sottoveste…- replicò lei.
- Il teatro è solo nostro…tutto nostro….- le disse,prendendola per mano.
Entrarono nell’appartamento di lei,aprirono l’armadio.Lui cercava ansioso qualcosa che aveva in mente.Finalmente lo trovò.
-Questo….-
Aurora riconosceva i suoi vestiti da un numero ricamato nel sottogonna.Tastò quello preso da Sindial e gli fece notare:
-E’ l’abito celeste…ma è leggero…-
-Lo so….vorrà dire che saremo in primavera…a teatro tutto è possibile…Voglio rivedertelo addosso…-
-D’accordo..-concesse lei.
Intanto lui le stava osservando i capelli,sciolti sulle spalle.
-E legherai i capelli…ti aiuterò io…-
-Si…va bene…-
Aurora era pronta ad assecondarlo,ma lui la trattenne,la attirò a sé.
-….Non così in fretta…- le disse,prima di chiederle,un po’ trepidante – Mi concederesti di farlo,ogni giorno? Scegliere con te,per te…come stamane?-
La fanciulla non era sicura a che cosa lui stesse alludendo,ma il suo cuore istintivamente accelerò i battiti.
- Se è per farti piacere…- rispose.
Lui non si risolveva a scioglierla dal suo abbraccio.Le carezzava le spalle e le braccia lasciate scoperte dalla sottoveste,le sfiorava i capelli,la stringeva contro di sé.
-Me lo concederesti?- ripetè.
-…Il tuo piacere è il mio piacere…-rispose lei,senza esitare.
-Ah,mia piccola Psiche…-esclamò lui,chinandosi a baciarla appassionato.

 
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