Preludio nr 4 in si minore, ff ispirata al Fantasma dell'Opera(11517 visite)

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arielcips
view post Posted on 6/4/2008, 11:35 by: arielcips
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L’Atlantico aveva accolto Aurora e Blanche nel suo abbraccio possente e caldo:nonostante fosse febbraio,il sole lambiva la costa quasi ogni giorno,rendendo la sabbia calda e l’aria già tiepida.L’odore di salmastro riempiva i polmoni dei fortunati ospiti della località,e lungo la riva,dove Aurora amava passeggiare durante il giorno,il vento sollevava nell’aria mille gocce di mare che impregnavano le vesti e i capelli di sale e salsedine.
Impressionante,quasi ogni sera,si ripeteva il miracolo della marea,che univa e separava l’isolotto di Saint Michel dalla terraferma,sommergendo il piccolo lembo di terra su cui si allungava una strada battuta da pochi pellegrini solitari che si inerpicavano sino all’abbazia.
Blanche aveva descritto con dovizia di particolari lo splendore e il fascino del luogo alla giovane pupilla.Ma se Aurora aveva dovuto solo immaginare lo spettacolo del’oceano,tutto il suo corpo ne percepiva l’odore e il canto delle onde,un canto che cresceva fino a divenire un urlo selvaggio,per poi placarsi e ricominciare lento e cullante con la risacca…
L’oceano,possente e indomabile,con quella sua voce ogni momento diversa,le ricordava Sindial.Lontana da lui,passava tutto il tempo che poteva lungo la riva,riflettendo.
Non appena giunta a Saint Michel,rimasta sola nella sua stanza,aveva aperto il misterioso scatolo che le aveva consegnato Erik prima di partire.All’apparenza le sembrava così leggero,da non contenere nulla,ed era incuriosita,perplessa:aprendolo si accorse del sorprendente contenuto:come in un teatro di carta,aprendo la scatola si apriva una sorta di scena,le stanze di una casa,ciascuna con la sua suppellettile…una tavola imbandita,un pianoforte,un letto matrimoniale…e all’interno di ogni ambiente si muoveva,passando magicamente da una stanza all’altra,una piccola Psiche…
Aurora sorrise:le sue mani riconobbero a rilievo gli oggetti e la piccola abitatrice della casa…con la quale Erik alludeva sempre a lei…
Si sentì amata,esattamente come lui avrebbe voluto.Di quel suo amore totalizzante...che ne faceva la sua donna e la sua bambina a un tempo,la bambina che gli piaceva viziare con mille piccole attenzioni… la donna che condivideva con lui ogni pena…
Seduto in una sdraio sulla terrazza dell’hotel,un uomo anziano osservava di lontano la figuretta di Aurora che,accompagnata da Beatrice,percorreva lentamente la riva.
L’uomo le seguì finchè l’occhio glielo permise,poi abbassò lo sguardo:era alto,in passato doveva essere stato robusto e aitante;ora invece era un po’ curvo,ma aveva ancora lunghi capelli e barba bianca,che lo rendevano affascinante.E dietro gli occhialini in filigrana,gli occhi di un azzurro profondo serbavano una forza di indagine e penetrazione che spesso costringeva l’inrerlocutore ad abbassare il suo sguardo.
-Il vostro tè,dottor Lagrange…-un cameriere in livrea bianca era apparso sulla terrazza e aveva distolto l’uomo dalle sue osservazioni silenziose.
-Grazie Alphonse… Dimmi,conosci quella madamoiselle laggiù?-
-Oui monsieur…è una cliente dell’albergo…E’ qui con madame Blanche Levigny,che è in cura presso il professor *******-
-Ah,madame Blanche…debbo averla incrociata un paio di volte…-
Il cameriere si abbassò e mormorò qualcosa all’orecchio del dottore.
-Lo avevo capito da me,Alphonse…grazie,comunque!- disse quello,malcelando un leggero fastidio nel tono di voce.
Quella sera il dottor Lagrange ebbe modo di intavolare una discussione leggera con madame Blanche,di quelle discussioni che nascono tra sconosciuti costretti alla promiscua condivisione di un luogo di soggiorno e cura.
-Eppure vi dico che il Mediterraneo è molto più affascinante dell’Atlantico…-
-Ho viaggiato abbastanza,dottore…ma non condivido il vostro punto di vista…-
Stavano ancora battibbeccando,quando sopraggiunsero Aurora e la fida Beatrice.La fanciulla indossava un abito in tessuto scozzese a quadri,che le fasciava il busto fino al colletto,impreziosito da un merletto candido;anche le maniche,lunghe e aderenti,erano decorate dalla stessa trina.Una fila di bottoncini partiva dalla vita e risaltava il suo personale,sottolineando la perfetta curva del seno.Il dottore la guardò ammirato:
- Blanche…è un po’ tardi e la serata è umida:non volete salire in camera?-
-Avete ragione Aurora…la compagnia piacevole mi ha distratta…Sono col dottore Lagrange…-
La fanciulla chinò il capo,in segno di saluto;il dottore si alzò in piedi,le prese la mano e accennò un galante baciamano:
-Incantato,madamoiselle….Vi ammiravo anche stamattina,passeggiare lungo la riva…-
Aurora rimase un po’ confusa,ma ringraziò:
-Siete molto gentile…spero di potermi fermare più a lungo,con voi,in un altro momento…-
-Con me? Volete intrattenervi con me,madamoiselle?...-ironizzò l’anziano signore. –Dubito che mi stiate dicendo la verità…tuttavia mi farà assai piacere potermi intrattenere ancora con vostra zia,se sarà possibile…-
Blanche fece un cenno di assenso,compiaciuta della schietta galanteria dell’occasionale coinquilino,quindi si congedò.



Sindial rientrava nel suo studio alla fine di una giornata piuttosto densa:l’allestimento del Peer Gynt era ormai completato,ma adesso si doveva rifinire tutto ciò che riguardava la messa in scena vera e propria,dai costumi alle scene,alla disposizione delle luci,agli effetti.Tutto era idealmente pronto,ma andava montato nell’insieme e limato,laddove fosse necessario.
Era stato a battagliare tra le maestranze,gli artisti e gli orchestrali,fidando nella propria autorità e nel senso di responsabilità degli altri;ma le beghe,spesso anche un po’ meschine,non erano mancate e lui stesso aveva perso le staffe un paio di volte,non risparmiando a nessuno la lama tagliente della sua sarcastica ironia.
Nonostante tutto la giornata si era conclusa:era stanco,svogliato.Desiderava chiudersi nella sua stanza,suonare,pensare a lei…alla sua piccola Psiche lontana.
Trafelato,lo raggiunse sulle scale Ilia Semonov.
-Monsieur…permettetemi…-
-Prendete fiato Ilia…Novità?-
-….si…- espirò il giovanotto.
Intanto erano giunti davanti alla porta:Erik l’aveva aperta e vi aveva introdotto il giovane segretario,che si accasciò sfinito sulla poltrona davanti alla scrivania.
Sindial si tolse il soprabito e la giacca,rimanendo in gilet e camicia,a osservare Ilia,con leggero bonario sarcasmo.
-Vi sto distruggendo,amico mio…forse dovreste andare in vacanza…-
-Non credo di potermelo ancora permettere…- rispose lui,calcando l’ironia del tono.
Erik scattò sulla difensiva e domandò,diffidente:
-Perché?-
-Perché…perché non è in vendita,monsieur….dobbiamo cercarne un’altra..- Ilia abbassò il capo,pronto a ricevere la reazione immaginabile del principale.Calò un gelo imbrazzante.Il giovanotto rialzò la testa e sbirciò il volto di Erik.Questi stava concentrando la sua rabbia e la cocente delusione in un respiro profondo e roco,lo sguardo feroce fisso in un punto indefinito.Poi,impassibile,domandò:
-Ragguagli?-
Ilia deglutì:
-E’ una casa che appartiene a un ex sostenitore della Comune…del quale non si sa più nulla…probabilmente morto durante i fatti di sangue o in esilio…I suoi legali non hanno avuto disposizioni di sorta.La villa rimane lì,finchè il tempo non l’avrà distrutta…-
-No,Ilia…non lo accetto! E se questo tale fosse morto?-
-Se si potesse dimostrare che è morto…allora la villa andrebbe all’incanto…-
-E se invece quest’uomo tornasse?-
-Avrebbe potuto tornare dopo la pacificazione e l’amnistia...ma non l’ha fatto…E’ sparito,dissolto nel nulla,come un fantasma…-
A Sindial brillarono gli occhi.
- Per un fantasma che si dissolve…un uomo potrebbe materializzarsi…-
Ilia ebbe un brivido:
-Cosa avete in mente,monsieur?-
- Non aveva parenti costui? Amici,compagni di vita?-
-La sua casata si è estinta con lui…No,nessun vivo che possa ricordarlo…-
-E come mai quella villa?-
- La villa era stata costruita da suo padre,che vi ha abitato con la moglie per diversi anni…Ora è vuota:dentro non c’è più nulla:quest’uomo l’ha spogliata di tutto,a poco a poco…lasciando solo l’involucro esterno…Pare fosse devastato da una passione amorosa per una popolana…ha consumato tutto quello che aveva….-
-Basta Ilia…Aveva un nome,quest’uomo?-
-Si…si chiamava Henry De La Revenge…-
Sindial ghignò,sinistro.
-Il nome adatto all’eroe di un romanzo….Vi avevo detto Ilia che avreste trovato altri motivi di ispirazione…-
Il giovanotto aprì le mani,in segno di resa.
-Avete paura,Ilia Semonov?..o siete con me?- l’uomo lo sfidò con lo sguardo.
-Sono con voi,Sindial…come sempre!- rispose quello,fiero e generoso come sempre.



Il dottor Lagrange sollevò le tendine della finestra della sua stanza:era un ospite abituale dell’albergo,cui ormai erano riservate tante piccole attenzioni,a partire dalla camera 112,al primo piano,sempre soleggiata e con una vista a perdita d’occhio sulla spiaggia,verso il monte dell’abbazia.
Il sole stava sorgendo sulla piccola località di mare:i suoi raggi tiepidi sfioravano delicati i flutti appena increspati dalla brezza del mattino:lungo la riva,a passi leggeri,languidi,si muoveva come ogni giorno la giovane ospite dell’hotel,madamoiselle De Guilerm,affiancata più che sostenuta dalla instancabile cameriera. Completava quel quadro grazioso un gattino,che inseguiva o precedeva entrambe.
A un tratto il professore vide Beatrice staccarsi dalla padrona e avanzare in fretta veso l’hotel:forse inviata a prendere qualcosa…Madamoiselle De Guilerm era rimasta sola,contro l’azzurro dell’orizzonte e il verde cupo dell’isolotto alle spalle.
Il dottor Lagrange infilò in fretta il panciotto e la giacca;uscì nel corridoio e si incamminò furtivo giù per la scala di servizio:sapeva che i camerieri accedevano facilmente dalla spiaggia alle camere…
Aurora aveva inviato Beatrice a prenderle uno scialle,per ripararsi dal vento che sulla riva soffiava inarrestabile.Era rimasta ad attendere la cameriera seduta sulla sabbia;in grembo leporello e tra le mani il magico scatolino di Sindial.
Avvertì qualcuno avvicinarsi e tentò di richiuderlo in fretta.
-C’è qualcuno?- aveva chiesto,un po’ ansiosa.
-Buon giorno madamoiselle…sono Lagrange,il dottor Lagrange…-
La giovane si sentì stranamente rasserenata:aveva nutrito un’istintiva fiducia nei confronti della recente conoscenza.
-Buongiorno dottore..- disse infatti,sorridendo,dimentica di compiere l’operazione che aveva iniziato.
-Cosa avete là…un giocattolo?...- domandò l’uomo,davanti al quale la scatola mal chiusa si era riaperta.
Aurora si affrettò a richiuderla meglio.
-Oh..no… -rispose,un po’ imbarazzata.
-Perdonatemi,madamoiselle…sono un vecchio curioso…è la deformazione professionale…Lo scienziato non può fare a meno di indagare…-
Così dicendo,si era fermato vicino a lei,appoggiandosi sul bastone del parasole che portava con sé.
-…è un regalo…- ammise Aurora.
-Curioso….sembra l’interno d’una casa…-
-Si…- la giovane abbassò il viso,arrossendo un po’.
-Vi piacerebbe … vederlo?-
Aurora sollevò la testa verso la sua voce,con uno scatto.
-Immagino sappiate che …non è possibile…- rispose,con un tono triste,rassegnato.Le sue mani avevano richiuso la scatola,questa volta senza esitazioni.
L’uomo sedette vicino a lei,prendendo fiato.
-Da quanto tempo madamoiselle?...non siete nata così…-
-No…avevo quasi 14 anni…-
-I vostri occhi hanno subito un danno permanente?-
Aurora scosse la testa,amareggiata.
-No…non è così semplice….-
Lui le toccò una spalla,per tranquillizzarla:
-Non dovete raccontarmi nulla…solo dirmi se i vostri occhi sono sani o no?-
Lei annuì:
-Si…loro sono sani…-
Lagrange sorrise,soddisfatto.
-Siete mai stata qui,prima d’ora?...volevo dire….prima …-
-No…non l’ho mai visto,l’Oceano…se è quello che volevate sapere…-
-Allora oggi,se vi affiderete a me,lo vedrete!-
Intanto era sopraggiunta Beatrice.Aurora aveva rabbrividito e la giovane domestica si era scusata del ritardo,affrettandosi ad avvolgerla nello scialle. La padrona quasi la respinse,alzandosi di scatto:
-Di cosa parlate?- aveva esclamato,quasi spaventata.
Anche il medico si era alzato,le carezzava la mascella,cercando di trasmetterle un po’ di calma.
-Esattamente di quello che ho detto…se acconsentirete,credo di potervi far vedere il mare…-
-Oggi?....Adesso?- ora la giovane donna era agitata,smaniosa.
Il vecchio scienziato sorrise,stringendole un braccio.
-Vediamoci dopo pranzo sulla terrazza…a quell’ora non c’è nessuno… Possibilmente da sola…- le propose a voce bassa.
-Beatrice mi accompagnerà… o mia zia Blanche …-
-Da sola…- ribadì l’uomo,avviandosi quindi verso l’albergo.


L’alba di Parigi era livida,opprimente.Sindial era appena uscito sul portone delle scuderie,alla guida del suo calesse:guardò il grigio accecante del giorno delinearsi tra le alte moli dei palazzi intorno al teatro e si avvolse nel mantello con un gesto elegante e fiero a un tempo.Quindi afferrate le redini,spinse il cavallo al galoppo.
In pochi minuti,la capitale fu alle sue spalle.
Ora percorreva i viali esterni,una strada che conosceva bene…Di lontano cominciò a profilarsi l’inferriata lugubre del cimitero,si delinearono le gelide statue chine,mute e tristi,sulle tombe:si erano moltiplicate le sepolture,dopo la guerra e i fatti atroci della Commune. Era stata approntata anche più di una fossa comune,per tutti quelli che la violenza cieca aveva travolto,senza lasciar loro che il nome o neppure quello…
Sindial arrestò il calesse,ne smontò.Varcò quindi il cancello del cimitero:i suoi occhi corsero momentaneamente in direzione di una cappella ben conosciuta,poi lui sembrò domarli e,rivoltosi verso un vialetto laterale,si incamminò lungo quella direzione.
Raggiunse così una di queste pietose sepolture collettive.Era un ampio quadrato di terreno,disseminato di piccoli tumuli.Su alcuni una croce,un nome e una data;su altri solo il nome;su altri un numero di matricola…
Alcuni passi risuonarono regolari sulla ghiaia,alle spalle di Erik. Questi non si volse,osservando ancora la fossa.
-Siete voi,Semonov?- domandò.Le sue parole si materializzarono in una algida nuvola di vapore.
-Si monsieur…- Ilia osservava dolente quel luogo di pena.Gli si affiancò e lo guardò,interrogativo.
Sindial gli indicò un tumulo,leggermente isolato dagli altri,apparentemente più recente:
-E’ l’uomo che hanno trovato nell’Opera…quello senza nome?- domandò il segretario.
-Si…è lui…-
Ilia si avvicinò a osservare la tomba:senza croce,senza data,senza nulla…Solo uno strano filare di piccole pietre,a delimitare la terra smossa.
-Era il…fantasma dell’Opera…secondo alcuni…-
Sindial annuì:
-Esatto…-
-Anche voi credete sia lui?- gli domandò ancora il giovane,provocatoriamente.
-Chiunque sia…ha trovato la sua pace…-
-E se fosse quel…De la Revenge?...magari preferirebbe riposare accanto ai suoi familiari…-
Sindial volse le spalle alla fossa,guardandosi intorno:
-E’ morto,Ilia…non ha più desideri…è muto e immobile,come queste statue…-
Ilia sollevò le spalle,dubbioso:
-Una volta mi diceste che c’è un ‘oltre’,monsieur…-
Sindial continuò a camminare,apparentemente come non ascoltandolo.Però soggiunse:
-…e se anche ne avesse…allora potrebbe realizzarli,senza l’aiuto di nessuno..il suo spirito,finalmente libero della prigione della carne,si solleverebbe su queste miserie,per ricongiungersi in quell’ ’oltre’ a coloro che ama e lo hanno amato…-
Questa volta Ilia rimase zitto,contrito e triste.
-Venite via,su….- lo richiamò Sindial- Mi avete detto che la casa non è in vendita…Avete parlato già coi legali della famiglia?-
-No…ho preso delle informazioni,monsieur…Si tratta comunque di un vecchio notaio…che conosceva bene i De La Revenge…-
- Andrete da lui e gli comincerete a proporre quello che vi dirò…Vedrete che non rifiuterà la mia offerta…-
Nel dir così estrasse dalla tasca interna della giacca una busta non sigillata.La porse al segretario,che ne sbirciò il contenuto:uno cheque già compilato…
I due uomini parlottarono ancora a lungo,nel silenzio complice del luogo sacro,confondendo i vapori delle reciproche voci.Quindi Ilia si allontanò,lasciando Erik aggirarsi ancora tra le tacite sepolture.
Il cimitero era vuoto,squallido in quell’alba senza sole e senza pioggia:Sindial ripercorse a passi lenti il vialetto che portava alla fossa comune,con lo sguardo fisso alla ghiaia.
A un tratto,l’orecchio attento dell’uomo avvertì una presenza impercettibile.Sollevò il volto e guardò avanti a sé,verso la lunga serie di tumuli:ed ecco vide poco più di un’ombra,un movimento:non una persona…forse un animale? O forse…?
Qualunque cosa fosse era sparita…ma non senza lasciare traccia.Sul tumulo senza nome e senza croce,Sindial ravvisò un’altra piccola pietra…
Impossibile raggiungere la mano che l’aveva deposta.Sindial si fermò a guardare il tumulo:
- A quanto pare nemmeno voi siete un fantasma,monsieur De la Revenge…nemmeno voi,siete solo,amico mio…- commentò a voce bassa,osservando con occhi diversi la piccola serie di sassi.




Ilia si sistemò il soprabito e il fascicolo,ravviò i capelli e finalmente bussò alla porta d’ingresso dello studio del notaio Rochebrune. Gli aprì una donna anziana,piuttosto trascurata nell’aspetto e brusca nei modi,che lo squadrò con diffidenza:
-Si?-
-Sono il signor Ilia Semonov,ho appuntamento col notaio…-
-Ah si…il signore dal cognome impronunciabile…- disse lei,non si sa se per fare dello spirito o meno.Ilia preferì non indagare.
–Il notaio la sta aspettando,prego….-
Quindi bussò con energia alla porta dello studio e la schiuse. Una voce domandò,una voce impastata,strascicata:
-Ma cosa c’è,infine?-
-Signor notaio…ha dimenticato l’appuntamento con monsieur Semionòf?-
Ilia fece fatica a riconoscersi in quel nome.Mentre le sue orecchie si riprendevano dalla storpiatura fonica sopportata,la donna lo richiamò:
-Accomodatevi,suvvia…-
Il giovanotto fece un cenno di assenso con il capo ed entrò.Quanto diverso quello studio da quello visitato mesi prima,a Parigi,per l’acquisto dell’Opera…
Qui tutto era sciatto,polveroso,trascurato:pile e pile di libri,fascicoli.carte abbandonate negli scaffali;polvere ovunque;disordine sulla scrivania dietro alla quale sedeva gracile pur nella sua pinguedine un uomo non vecchio,ma invecchiato male:stempiato con i capelli sale e pepe lunghi che gli ricadevano dietro le orecchie e sul colletto liso della giacca da camera;pallido,con malinconiche borse sotto gli occhi,gonfio di alcool e livore.
-Buona sera….sono il signor Ilia Semonov…-
-Il signor…? Ah scusate,la mia segretaria ha il difetto di storpiare tutti i cognomi…Prego…-
Gli indicò la sedia,alzandosi con difficoltà e tentando di occultare una bottiglia di cognac e un bicchiere sporco su una mensola alle sue spalle.
-Come mai mi cercate monsieur?-
-Mi siete stato indicato come il curatore legale del patrimonio De La Revenge…-
-Patrimonio?...- il notaio cominciò a ridere,in un crescendo sguaiato,incontrollabile.Quando riuscì a calmarsi,aggiunse:- Patrimonio?...un rudere inabitabile e qualche migliaio di franchi di debiti?-
-Appunto… -
-…davvero un onore,per un professionista,curare il patrimonio della famiglia De La revenge…Debbo avvertirvi,monsieur che se siete interessato all’acquisto della casa,fra tre anni l’ultimo erede verra dichiarato ufficialmente morto e sarà messa all’asta…- un singulto violento concluse il discorso del notaio,a significare il suo disprezzo e l’infimo grado di sobrietà dell’uomo. –Non vi conviene parlare con me…per allora anch’io sarò già morto e sepolto!-
Ilia fece appello alla sua più oculata espressività e interloquì di nuovo:
-Ecco monsieur…era a proposito di questo che venivo ad impetrare la vostra attenzione….Diciamo pure che tra due anni voi siate vivo e si faccia questa asta…quanto credete di poterne ottenere?abbastanza da coprire le spese sostenute finora?...-
Il notaio fece un gesto eloquente con le spalle e,senza più pudore,ricorse ancora alla bottiglia alle sue spalle,offrendone al suo ospite:
-Un goccio?...è il mio solo lusso,monsieur…-
Ilia declinò,poi proseguì:
-Diciamo invece che la persona che rappresento sarebbe disposta a pagare una cifra considerevole…ma vorrebbe la casa subito…-
-Quanto considerevole?- il notaio divenne improvvisamente attento.
Ilia scrisse una cifra su un foglietto,e gliela mostrò:
-Per Dio…il vostro principale è un missionario?...- scherzò,improvvisamente eccitato l’uomo. –Non saprei però come … De La Revenge è morto….ma non si può dichiarare tale prima dei tre anni…-
-E se invece fosse vivo? …diciamo che alla persona che rappresento,per motivi che non posso rivelarvi,farebbe comodo entrare in possesso non solo del patrimonio di monsieur De La Revenge,ma anche del suo nome…per ricostruirsi una identità…voi mi capite…-
Gli occhi del notaio si velarono di una ingorda cupidigia;la lingua umettò voluttuosa le labbra riarse:
-In tal caso,converrete che la cifra di prima da considerevole diverrebbe irrisoria…-
Semonov stava per ribattere,quando una voce alle sue spalle risunò inaspettatamente:
-Siete esoso,monsieur Rochebrune…attento a voi…-
Sulla soglia dello studio era comparso Sindial,col mantello gettato dietro le spalle,il bastone tra le mani guantate:il tono era colloquiale,ma l’espressione sarcastica e lo sguardo minaccioso.
-Ch…Chi siete?-
Alle sue spalle comparve,leggermente agitata,la anziana segretaria del notaio.
-Scusate,monsieur…non ho fatto in tempo…E’ il signor Sindial…mi ha detto- questa volta la donna non aveva avuto la forza di fare dello stupido spirito sullo strano nome del nuovo venuto.
Il notaio guardò interogativamente Ilia e il nuovo venuto,a cui comunque indicò una poltrona sdrucita su cui sedere:
-E’ la persona che rappresentate?- chiese intanto a Semonov.
-Si…permettete…Monsieur S.Indial,proprietario de l’Opera di Parigi…-
-Ah si….Ricordo…Il misterioso uomo dalla maschera d’argento…- sorrise forzatamente il vecchio leguleio,tergendosi il sudore dalla fronte:in pochi secondi era passato dall’abulia più nera,all’eccitazione più rosea,fino alla paura..un timor panico inspiegabile di fronte a quella inquietante apparizione.
-Esatto…Mi è sembrato di capire,signor notaio –correggetemi se sbaglio- che non siete indifferente al fascino del denaro…- gli disse Sindial.
L’uomo annuì,schiarendosi imbarazzato la voce.
-Allora…Il mio segretario ha con sé uno cheque già firmato- porse la mano ad Ilia e si fece dare lo cheque,soggiungendo- Aspettatemi pure fuori,amico mio:questa contrattazione la voglio concludere personalmente!-
Semonov si congedò,leggermente sollevato.Sorrise divertito della segretaria che stava frettolosamente ravviandosi i capelli ed uscì da quell’ambiente opprimente.
Intanto Erik aveva deposto l’assegno sulla scrivania del notaio:
-…scrivete voi la cifra,ma ….- lo fermò,mentre l’uomo già intingeva la penna nell’inchiostro. -…non prima di aver redatto un documento in cui dichiarate di aver riconosciuto in me monsieur Henry De La revenge,erede legittimo del patrimonio di cui siete curatore.
Così dicendo,aveva sovrapposto allo cheque la carta intestata dello studio e aspettava che il notaio procedesse.
-Chi vi dice che dopo non potrei….?- gli domandò quello,ancora spaventato dal passo che stava per fare.
-Poc’anzi vi ho sentito dire che non sareste sopravvissuto più di tre anni …dipende da voi se intendete usufruire di questo tempo per godervi la meritata agiatezza della vecchiaia…o se intendete trascorrerlo nel terrore,braccato dalla stessa mano che vi sta ora beneficando?- il tono,lo sguardo,l’espressione di Erik erano inequivocabili.Rochebrune capì che non aveva a che fare con un uomo qualunque.Capì che contrarre un patto con lui significava rispettarlo fino alla morte…oppure andare incontro alla morte.Deglutì,guardò l’assegno:in fondo,meglio prendere…Quando gli si sarebbe presentata un’altra occasione?
-Chiamo la segretaria…Madame Jardin?-
La donna sopraggiunse immediatamente.
-Madame…Sedetevi:ho da dettarvi un atto…-
-Beatrice…Dopo pranzo forse vi piacerebbe fare qualche acquisto…souvenirs da portare alla vostra famiglia…-
-Mi piacerebbe,si,madamoiselle…- La ragazza si morse un po’ le labbra:non disponeva poi di tanto denaro da spendere in cosucce senza importanza.
-Siete sempre così sollecita e discreta…Permettetemi di darvi una piccola gratifica…- Così dicendo Aurora aveva aperto una borsetta di maglia lavorata e ne aveva tratto una banconota. –Ecco,tenete…-
-Oh,madamoiselle..non so se posso…- alla ragazza brillavano gli occhi,dall’eccitazione e la voce tremava appena.
-Certo che potete…Ora accompagnatemi in terrazza…vi aspetterò lì…-
-Potrete rimanere sola?...-
-Certo,mi accomoderò su una di quelle comode poltrone e lascerò che il sole mi riscaldi un po’ …Non starete via molto…-
-Oh no…no certo…
Così dicendo Aurora si appoggiò al braccio della giovane cameriera e si recò con lei in terrazza.
-Lasciami pure sull’entrata…proseguo da sola…-
-Ma,madamoiselle…-
Ma Aurora l’aveva già congedata e a piccoli passi,con cautela aveva raggiunto da sola la balaustrata dell’ampio solarium panoramico dell’hotel.
-Vi aspettavo…- le parlò una voce alle spalle.
Aurora si volse.Aveva riconosciuto il dottor Lagrange dietro di sé.
-Mi avete incuriosito,dottore…-
-Di più,direi…- L’uomo si era alzato e le si era avvicinato.Ora le teneva la testa tra le mani magre e stranamene fredde e la osservava.
-Avete due occhi bellissimi…-
Aurora si ritrasse,leggermente a disagio.
-Spero di non essermi ingannata,sul vostro conto,dottore…- disse irrigidendosi.
-Dipende… -ribattè lui,ironico -che cosa avete pensato di me?-
-Niente di preciso…ma ho provato una istintiva fiducia…spero non sia stata mal riposta…-
L’uomo sorrise e si schiarì la voce.
-Non abbiate paura…Non intendo arrecarvi alcun male né prendermi alcuna licenza…-
-Allora…prima di tutto posso chiedervi…come mai tanta attenzione nei miei confronti?-
-Vi ho già detto,madamoiselle….deformazione professionale:lo scienziato non va mai in pensione,ma indaga sempre ed esperimenta…E voi …-
-Io sarei un soggetto su cui sperimentare?- Aurora aveva un tono sarcastico,quasi graffiante.
-Non fraintendetemi,madamoiselle….Detta così,suona molto male…-
-Ma è la verità… Ed io,se permettete,apprezzo la verità..- questa volta il tono della fanciulla era schietto,senza amarezze.
L’uomo sospirò,inchinandosi un po’ davanti alla forza inaspettata che trapelava da quella creatura apparentemente così delicata.
-Allora vi parlerò schiettamente…Ho capito subito qual era la vostra condizione,ma ho anche avuto sentore –non chiedetemi come- che si trattase di un fatto recente e…transitorio…Non di una invalidità permanente…-
-Si…?-
- Voi me ne avete dato la conferma,stamattina…-
-Si…e stamattina voi mi avete promesso di farmi vedere l’Oceano…- c’era molto scetticismo nella voce di Aurora. –Una cura rapida e immediata,la vostra…-
-Attenzione:non vi ho detto che vi avrei curato…,ma solo che avreste visto il mare…E’ diverso!-
-Spiegatemelo…-
-Sedetevi un attimo vicino a me..Sono vecchio,madamoiselle,e non ho gran resistenza…-
Seduti l’uno a fianco all’altro,Lagrange prese fiato e spiegò:
-Esiste una tecnica antica come il mondo…chiamata ipnosi – altrove la usano da tanto tempo,in Europa c’è qualche resistenza…- Tramite l’ipnosi,il paziente può essere riportato indietro negli anni,può rivivere esperienze traumatiche ed essere aiutato a superarle…-
Aurora rabbrividì. Lagrange la rassicurò:
-Quello che vorrei provare a fare oggi,madamoiselle…è soltanto riportarvi agli anni in cui i vostri occhi vedevano…e con quegli occhi farvi ammirare lo spettacolo del sole che cala sull’Oceano…-
Così dicendo,l’uomo le aveva di nuovo cinto li viso con le mani;Aurora si era ritratta.
-Avete detto che vi fidavate di me,istintivamente….allora,non abbiate paura…
Così dicendo il medico le cominciò a massaggiare piano le tempie e il canale del sonno e a parlarle in tono basso e rasserenante:
-Non pensate a nulla,Aurora…Lasciatevi andare…Voi ora dormirete…e quando vi sveglierò avrete di nuovo tredici anni…-
Aurora sentì una strana pesantezza sugli occhi,ma anche una calma pervaderla completamente.Per un attimo in lei ci fu assenza di tutto:pensieri,sensazioni,turbamenti…
-Svegliati Aurora…-
Aveva riaperto gli occhi:dov’era?
-Dove sono?-
-A mont Saint Michel…-
-E voi? Chi siete?-
-Il dottor Lagrange…-
Guardò l’uomo che le aveva risposto:un uomo anziano,dai capelli lunghi e bianchi;con occhiali da dottore:
-Perché sono qui?...sono ammalata?-
-In un certo senso…- le rispose lui,sorridendole incoraggiante.Ma Aurora aveva alzato lo sguardo oltre il parapetto e,alzatasi dalla sedia,era corsa alla balaustra a guardare il mare,davanti a lei.
-E’ bellissimo qui….Che cosa c’è su quell’isolotto?-
Anche il dottore si era alzato e le si era avvicinato:
-Una abbazia...-
-Ma la strada per salirvi?...il mare la sta ricoprendo…-
-Si…è la marea…Ogni giorno il mare ricopre la strada,e quando cala la sera l’isolotto e la terra ferma sono separati…-
-Ooooh…. Che bello!...-
L’esclamazione di Aurora era quasi infantile,ma il dottore per sicurezza le domandò:
-Quanti anni hai,Aurora…-
-Tredici,signore…- rispose lei prontamente –Credevo lo sapeste…Anzi:forse è tardi e mi staranno cercando…-
-Chi?-
-Zia Blanche…-
-Già..forse hai ragione..- così dicendo le carezzò di nuovo la testa,piano,inducendola al sonno.Quindi schioccò le dita e la richiamò in sé:
-Madamoiselle Aurora?...Svegliatevi!-
Aurora ebbe un leggero capogiro,si appoggiò alla balaustra,riaprì gli occhi:tutto era nero intorno a lei.
-Cosa mi è successo?...non capisco…-
-Posso farvi una domanda,madamoiselle?-
-Certo…-
-Ve l’ho già fatta stamani…ve la ripeto ora:avete mai visto l’Oceano?-
Aurora stava per rispondere,ma lui la trattenne:
-Pensateci bene…-
Lei ebbe l’impressione di ricordare:una distesa verdazzurro immensa,una lunga striscia di sabbia,accecante per il sole….il verde cupo tra le rocce di un isolotto aguzzo…una strada lambita dall’acqua…
-Ora che ci penso…L’ho visto…ma,tanti anni fa…. Avevo tredici anni!Eppure…-
Il vecchio professore sorrise;Aurora era a bocca aperta,incredula,emozionata.
In quella Beatrice aprì la porta che dava sul terrazzo:
-Madamoiselle?..eccomi…-
-Ah…Beatrice….sono subito da voi…-
Il dottore Lagrange la sostenne piano,lei gli strinse il braccio ossuto,ancora emozionata,ed uscì quasi senza salutarlo.


Ilia era rientrato nel suo alloggio;ritto davanti alla finestra ,rifletteva sulla nuova svolta della sua vita.Davvero Sindial –come sempre- aveva visto giusto:gli ultimi fatti avevano dischiuso nuove porte alla sua ispirazione;il romanzo che credeva ormai concluso si riapriva davanti a un nuovo mistero…
Sedette a tavolino,e decise di fermare le ultime impressioni vissute in quei giorni.


‘Henry de la Revenge’


Dopo aver cercato invano e a lungo,Sindial aveva finalmente trovato quella casa che cercava per sé ed Aurora:una villa abbandonata da anni,nascosta dietro una collina,invisibile oltre il ciglio della strada maestra. Una villa che sembrava averlo chiamato,coi bagliori del sole al tramonto che si riflettevano nelle lastre opache delle finestre …
Purtroppo non era in vendita.Ero dispiaciuto per lui:insieme avevamo immaginato la futura padrona di casa muoversi a suo agio nel porticato centrale…invece non sarebbe stato possibile.La villa era vincolata:l’erede legittimo era scomparso,ma ufficialmente ancora vivo.
Quando ne conobbi il nome rimasi perplesso:Henry de la Revenge…Revenge in inglese vuol dire ‘vendetta’…un nome e un cognome che sembravano quelli dell’eroe d’un romanzo di Dumas!
E come il personaggio di un romanzo costui era svanito,volatilizzato senza lasciare nulla di sé:né familiari,né conoscenti…forse nemmeno nemici.
Quando gli comunicai le informazioni raccolte,sapevo che Sindial non le avrebbe gradite;mi aspettavo anzi una reazione incontrollata. La sua freddezza mi turbò:rividi in lui l’impassibilità,la stessa implacabile decisione dell’uomo che levava la pistola alla tempia e giocava alla roulette russa senza battere ciglio.
- E’ sparito, monsieur…dissolto nel nulla,come un fantasma…- gli dissi.
- Per un fantasma che si dissolve…un uomo potrebbe materializzarsi…- mi rispose.
Compresi allora a cosa alludesse.Questo De La revenge era stato un comunardo,uno dei tanti che avevano combattuto fino all’ultima barricata. E forse la sua ultima barricata erano state le mura dell’Opera. Pensai a quel corpo senza nome che la pietà civile aveva sepolto in una fossa comune,identificandolo con l’ineffabile ‘Fantasma dell’Opera’…
Quel giorno non mi disse altro,mi congedò.
Ma la mattina dopo un fattorino mi recò l’ordine di raggiungerlo al cimitero,presso le fosse comuni.
Qui,davanti ai tumuli silenziosi e senza nome,mi chiarì la sua idea:avrebbe assunto l’identità del morto,acquistando in un solo atto una casa e un passato…
-Mi precederete dal notaio…tasterete il terreno:ecco l’assegno…-
-E poi?-
-Al momento giusto interverrò io:non temete…non vi costringerò a fare niente di illegale,Ilia…-mi rassicurò.
Eseguii il suo incarico,come mi aveva detto:il notaio Roquebrune era un uomo malandato nel corpo e nell’anima;debole abbastanza da farsi corrompere,persino da me.Ma come aveva promesso,prima che potessi agire in suo nome,Sindial entrò nello studio e mi sollevò da quell’incarico penoso.
Attesi sul landò che uscisse dallo studio:aveva in mano un documento che doveva valere molto.
Montò agilmente al mio fianco e ordinò al cocchiere di procedere al galoppo verso l’Operà.
-Tutto concluso?- gli chiesi
-Leggete..- mi rispose ,porgendomi l’atto.
-Io sottoscritto notaio ecc ecc….nelle mie facoltà ecc ecc…..riconosco davanti a testimoni ….che la persona che risponde al nome di Sergey Indial,meglio noto come Sindial –proprietario e direttore dell’Operà di Parigi- altri non è che monsieur Henry De La Revenge,ultimo erede del patrimonio De La Revenge di cui sono amministratore.Pertanto alla luce di questo riconoscimento consegno al suddetto monsieur Sindial i documenti e gli atti che gli consentano di rientrare nel pieno possesso delle proprietà di famiglia. In fede….
-Dunque il vostro nome rimarrà Sindial?-
-Certo…Io rimarrò Sindial,Ilia…Il nome De La Revenge starà a designare la proprietà negli atti catastali…-
Gli sorrisi,più sereno e soddisfatto. Poi però un dubbio mi contrariò:
-Credete ci si possa fidare di quell’azzeccagarbugli?-
- A cosa alludete? A un ricatto?...Vi sembra così temerario?-
Rabbrividii:Sindial aveva riacquistato il tono di sfida con cui gli avevo visto affrontare indifferentemente la folla inferocita e il principe Vladimir…
-Un ricatto no…ma forse non sarà così rispettoso del segreto professionale e…-
-E noi lo precederemo,Ilia….faremo in modo che questa notizia,che nessuno ‘deve’ sapere,si diffonda quanto prima sulla bocca della Parigi che conta,quella che osserva,giudica ed etichetta…fingendo ipocritamente riserbo e discrezione…-
-A che scopo,monsieur?-
-Avranno finalmente delle risposte sul misterioso Sindial…e smetteranno di farsi domande…-
-E…non temete che dal passato di quest’uomo possa emergere qualcuno che…-
-Emerga pure,amico o nemico…Lo affronterò,se necessario:è il minimo che devo a chi,a sua volta,si è caricato del peso di un passato non suo…senza nemmeno poter scegliere…-
Abbassai il capo.Sindial aveva sempre le risposte giuste…
-E se da ‘quel’ passato non suo,emergesse qualcuno che…-
Mi interruppe,stringendomi la spalla con la sua mano forte:
-Basta Ilia…Lasciamo che il caso si compia…che compia la sua ‘revenge’…-



Aurora era rimasta tutto il giorno turbata.Non era uscita più dalla sua stanza,e Blanche la trovò a sera così,seduta davanti alla finestra con lo sguardo fisso,inerte,in direzione di quel mare di cui ora avvertiva solo la voce e l’odore,ma che quel pomeriggio –forse- aveva visto:visto con i suoi occhi.
La anziana madrina aveva bussato con discrezione alla porta interna tra le loro stanze:a ora di cena la nipote andava sempre a prenderla,per scendere insieme nel salone.Stranamente quella sera aveva tardato…
Le aveva aperto Beatrice,che con l’espressione del viso,più che con le parole le aveva fatto capire che qualcosa di strano stava accadendo.
Blanche si era chinata sulla poltrona di Aurora,le aveva toccato la spalla,richiamando la sua attenzione:
-Vi siete dimenticata di me,mia cara?-
La giovane sussultò:
-Oh…no,Blanche…scusatemi_è già ora di cena?-
-Bè,in realtà sono quasi le venti…-
-Così tardi?...-
Blanche si rese conto dello strano disorientamento della sua protetta:era evidente che qualcosa non andava,improvvisamente.
-Cosa avete mia cara?...nostalgia di Parigi?- le domandò
Aurora arrossì,schernendosi con un sorriso:
-No…o forse si…non saprei,Blanche…-
-Io qui sono perfettamente a mio agio,bambina mia…e frau Brandrupp è una solida colonna:potete ripartire quando volete…- la rassicurò.
Ma Aurora sospirò,contenendo a fatica l’angoscia che la opprimeva.
-Oh Blanche…Oggi è successa una cosa…strana…-
La Levigny le accarezzò con dolcezza la testa,invitandola a confidarsi.Così la giovane,una parola dopo l’altra,le raccontò del suo incontro mattutino con il professor Lagrange e dello strano esperimento pomeridiano.
-Ebbene?....cosa vi angoscia così,bambina mia?-
-Ho paura,Blanche…quell’uomo ha detto che..esiste una terapia,questa ipnosi,appunto…che facendo rivivere il momento in cui si è verificata la disgrazia,…- Aurora non concluse,tacque scuotendo la testa.
-Ebbene Aurora?-
-Blanche…io vorrei vedere…lo voglio con tutta me stessa…ma…-
-…avete paura?...e chi non l’avrebbe,mia cara:voi avete vissuto attimi terribili…è già tanto che non li state più sognando come una volta,ogni notte…- Intanto Blanche si era alzata,piuttosto irritata nei confronti di quell’estraneo che aveva voluto penetrare i segreti della sua protetta,escludendo chiunque altro…
-Non capisco perché Lagrange abbia agito così…lo credevo una persona sensibile ed educata…-
Aurora fece spallucce.Quello non era un problema,per lei.
-Se io vi fossi stata vicino,Aurora….magari vi sareste sentita meno spaventata…-
La giovane si stava alzando stancamente. Blanche le mise una mano sulla spalla,incoraggiandola.
-Forse ne volete parlare anche con qualcun altro?volete che vi aiuti a scrivere una lettera? O preferite dirglielo di persona,magari domani o dopodomani?-
Aurora sorrise,facendo di no,con la testa. Sembrava rasserenarsi.
- Suvvia..cambiatevi per la cena,mia cara….io vi precedo:Beatrice?..chiamatemi frau Brandrupp,per favore…-
Così dicendo Blanche ,appoggiandosi al braccio della ineffabile prussiana,raggiunse la sala da pranzo.
Il suo sguardo apparentemente indifferente,scrutò prima fra i tavolini della hall e individuò presto Lagrange,che si dilettava con un solitario.
-Attendete un momento qui…- intimò alla infermiera e con il suo passo lento e ancora un po’ malfermo,ma con atteggiamento deciso,andò ad affrontare il professore.




Dolphine era seduta alla scrivania della sua stanza e con attenzione vergava uno ad uno gli inviti che ancora non erano stati spediti per la sua festa di compleanno.
Intingeva con grazia il pennino nell’inchiostro e poi,compiaciuta,firmava ciascun cartoncino con una grafia leggera,un po’ floreale:una grafia che era anch’essa il frutto di uno studio sapiente.
Su qualcuno dei biglietti,la giovane donna aggiungeva una frase spiritosa,sottoscrivendo poi la sua firma:Dolphine Durois de Chapel…
Si fermò un attimo,la penna a mezz’aria,sognando ad occhi aperti:un giorno forse si sarebbe firmata anche con un altro cognome…Madame Sindial… Tirò fuori dal cassetto il suo diario,appuntò questo pensiero e poi,per scherzo,volle provare a scrivere quel nome che tanto la affascinava.
In quella qualcuno bussò alla sua porta.In fretta fece scomparire di nuovo le carte compromettenti nel cassetto,si ravviò un attimo e poi rispose:
-Avanti… o papà…prego…-
Il Signor De Chapel era un uomo alto,forse eccessivamente magro,ma indubbiamente elegante.Aveva lineamenti regolari,capelli brizzolati,mani curate:un gentiluomo,con insieme le doti e i difetti di questa aristocratica condizione.Non c’era dolcezza né disponibilità,in lui;c’era fredda cortesia e sprezzante magnanimità,quelle che scaturiscono dalla perfetta educazione,senza radicarsi però nella profondità dell’animo. Onore,in una parola.
-Dolphine cara…vengo ad ammonirti…-
La fanciulla fece una leggiadra riverenza,pronta ad accettare il rimprovero.Come sempre quel suo atteggiamento remissivo lenì la severità iniziale e il cipiglio con cui suo padre aveva esordito.
-Naturalmente tu non hai colpa,di quello che sto per dirti…ma è bene che tu stia in guardia…-
-Ditemi signor padre…-
-Quell’individuo…quel fantomatico S. Indial…-
-Il direttore dell’Operà?- Dolphine volle richiamare alla mente del padre che si stava parlando di un uomo ricco e famoso.
-Già,proprio lui…Hai tenuto tanto a che io l’invitassi personalmente…Ma sai cosa si dice,in giro?-
Dolphine tremò. Forse suo padre aveva notizie dell’amante di Sindial…magari qualcosa di sconveniente o irreparabile?-
-Pare non si tratti altro che di Henry de le Revenge…un comunardo…i nostri peggiori oppositori…-
-Henry?..De La Revenge…?-
-E’ sicuro che sia entrato in possesso dell’eredità De La revenge…Una vecchia casa abbandonata,fuori città…-
-Ma…papà sono passati tanti anni…- Alla ballerina non importava nulla della politica,in quel momento.Sentiva solo che suo padre le stava per imporre qualcosa di sgradevole,qualcosa che questa volta non avrebbe accettato con la solita arrendevolezza. –C’è stata la pacificazione,l’amnistia…magari era giovane quando…-
Il padre la tacitò col gesto:
-Noi ci comporteremo come se nulla fosse,Dolphine…ma,ti dico da ora che non gradisco che quell’individuo frequenti questa casa….-
Dolphine assentì,mostrando di accettare l’intimazione del padre.Le occorreva tempo.Poi,se le cose fossero andate nel verso giusto,avrebbe pensato anche a come convincere il genitore.
Non appena l’uomo uscì dalla stanza,ritornò a sedersi,riprese il suo lavoro.Poi d’un tratto aprì il cassetto,ne trasse il diario e,intinta la penna nell’inchiostro,scrisse con sempre maggior sicurezza: madame Dolphine Durois De La revenge…



Si avvicinava il tramonto.Sindial aveva spinto al galoppo il suo bell’andaluso e attraversava sul calesse la campagna intorno a Parigi,diretto a Villa De La Revenge.Aveva in tasca le chiavi del vecchio catenaccio che serrava il cancello e quelle dell’ingresso:voleva entrare nell’abitazione al tramonto,quando il sole ne incendiava i vetri polverosi e la villa sembrava emergere dal viale di tigli in cui sopiva nascosta.
Trattenne le redini davanti alle inferriate arrugginite,il cavallo impennò fermandosi,scalpitando.
Lui lo sedò,tenendogli la mano aperta sul muso,senza guardarlo:i suoi occhi erano oltre la ruggine e le pietre del muro di cinta,erano già sulle pareti della casa.
Casa…
Trasse dalla tasca le chiavi ed aprì il catenaccio.Quindi lentamente,ma senza remore aprì il battente del cancello ed entrò nel viale:casa…
Col suo passo rapido e sicuro raggiunse il porticato d’ingresso:il mantello gettato sulle spalle ruotò plasticamente,quando si fermò un attimo sulle scale,volgendosi a guardare il viale alle sue spalle…
Casa…
Era una parola che non apparteneva al suo vocabolario:a lui appartenevano parole come ‘covo’,’rifugio’,…’tana’..
Anche il teatro dove ora viveva…non era una vera e propria casa.Era innanzitutto l’Opera.Un alloggio comodo e accogliente:niente di più…
Ilia Semonov appena arrivato a Parigi aveva cercato ‘casa’.Ilia sapeva bene cosa significasse quella parola:il suo cuore aveva le radici in una piccola isba nella foresta di betulle,dove al gelo della tundra si contrapponeva il calore incommensurabile della famiglia…
Casa,famiglia…Era forse venuto il momento che anche il fantasma ne avesse una? Anche il figlio del diavolo aveva diritto a un focolare?
Erik fece scattare la serratura della porta,che cigolò aprendosi.
Il sole al tramonto inondava con la sua luce sanguigna l’ingresso e prolungava gli ultimi suoi raggi anche oltre,nelle stanze che si aprivano l’una nell’altra,come in una villa romana,intorno a un peristilio.
L’uomo si fermò sul limitare della soglia,respirò profondamente:una casa,una sposa…
Socchiuse gli occhi e immaginò di restituire a quelle stanze,ora desolatamente vuote e inanimate,lo splendore e la vita:bastava poco…sarebbe bastato portarci Aurora…
Passo dopo passo,Erik prese possesso dell’abitazione;e cominciò a sognare…
In quella casa la sua piccola Psiche avrebbe visto soddisfatto ogni desiderio…E gli alti soffitti avrebbero risuonato delle note divine che il suo tocco delicato traeva dal pianoforte.Avrebbero suonato insieme,lui avrebbe scritto per lei la sua musica più bella…
Sfiorando con le mani le pareti,appoggiando la fronte a una lastra consunta Erik sospirò,incredulo.
E sorrise…sorrise come non gli era mai successo,mai…




-Madame Blanche…è un piacere vedervi….stasera a cena non c’eravate…- il dottor Lagrange sfoderò un affabile sorriso,salutando la Levigny,il cui umore era evidentemente poco propenso ai convenevoli-
-Abbiamo tardato…signor professore…- rispose infatti la dama,con un tono volutamente provocatorio.
-Qualcosa non va,madame? Mi sembrate in collera…-
-E lo sono!- Blanche voleva saltare i preamboli e arrivare al dunque.
-Accomodatevi prego…- la frenò invece Lagrange,con una inattesa gentilezza.
-Non tentate di molcirmi…è proprio con voi,che ce l’ho…- la donna lo scrutava,diffidente.
-Con me?....- il vecchio scienziato annuì – Capisco…madamoiselle Aurora non l’ha presa bene..-
-Non l’ha presa bene? È di là,turbata…triste…Il contrario di quello che desideravo!-
-Sono spiacente…- il professore abbassò la testa.
Blanche avrebbe voluto infierire,invece quell’atteggiamento docile dell’uomo la irritava ma la disarmava anche:
-Che cosa avevate in mente di dimostrare…infine!...-
-Non volevo dimostrare nulla,madame Blanche…Volevo solo che Aurora vedesse l’Oceano…-
-Quanta sollecitudine…E perché tanto interesse per mia nipote? Non so se attribuirlo all’insana voglia di indagine scientifica…o a qualche altra voglia,ancora più insana:in tutti e due i casi un accanimento che non mi piace!-
Questa volta Lagrange sollevò la testa,fieramente:
-Madame…così mi offendete…-
-E cosa dovrei pensare?...avete agito subdolamente,avete preteso che Aurora fosse sola…per sperimentare,su di lei…-
Il professore la interruppe:
-Era necessario che fosse sola…Ma non ho sperimentato nulla contro la volontà di vostra nipote…-
-Spiegatemi perché tanto interesse per la sua condizione:me ne sono accorta dal primo giorno,professore…- Blanche aveva l’indice puntato sull’uomo.
- Vostra nipote…potrebbe vedere,Blanche…se solo volesse…-
-Lo so benissimo:e un giorno vedrà…tornerà a vedere,senza forzature ed esperimenti magici…-
-Tornerà a vedere?...forse si,ma solo se smetterà di punirsi…-
Blanche si era alzata,benché a fatica,con l’intento di congedarsi dal professore:si fermò a guardarlo,ripetendo:
-Punirsi?...cosa dite?-
-Nel suo inconscio lei ha qualcosa di cui si vergogna,qualcosa della quale vuole punirsi…e si punisce non vedendo!-
Blanche non volle ascoltare oltre.
-Via…state vaneggiando:vi prego…non consentirò che facciate altro male a quella creatura…Sono stata chiara?-
-Non gliene farò…non avevo nessuna intenzione di fargliene,madame Levigny- ribattè serio il professore sollevando lo sguardo e accennando a un sorriso.Aurora aveva fatto il suo ingresso nella hall…
Anche la madrina della giovane si volse,poi andò incontro alla sua protetta e insieme entrarono nella sala da pranzo.
-Venite bambina mia…- la sollecitò,ma non potè fare a meno,osservandola di domandarsi se il professore non avesse detto una verità.Punirsi Aurora? E di cosa?...No,non era possibile…
A tavola Aurora domandò:
-Dite la verità zia..non sarete andata a rimproverare il dottore?-
La donna deglutì a fatica.
-Non rispondete?...allora è come ho detto…-
-Non mi è piaciuto il suo comportamento Aurora…e gradirei che vi teneste lontana da lui,nei prossimi giorni…-
La giovane donna sospirò.Anche se sapeva bene che il consiglio della madrina era valido,sentiva che vi avrebbe fatalmente contravvenuto.Lagrange le aveva fatto vedere l’Oceano e questo non poteva dimenticarlo.
L’indomani percorreva ancora la lunga distesa di sabbia,come ogni giorno,quando incrociò il vecchio professore:
-Buon giorno,madamoiselle Aurora… -la salutò l’uomo
Lei chinò il capo,appena,in cenno di risposta e poi proseguì.Ma dentro di sé,si macerava.
Finse di non pensarci più,decise anzi di cominciare i preparativi per il rientro a Parigi.E la mattina dopo ricevette un biglietto…
Era un biglietto di Dolphine,ne riconosceva il profumo delicato.Avrebbe dovuto farselo leggere da qualcuno…come sempre.Ciò la irritò,oltre modo.
Mise il biglietto nella sua borsetta ricamata.Chiese a Beatrice di accompagnarla in terrazzo e si fermò,appoggiata alla balaustra,a respirare l’odore del mare.
All’improvviso sentì tossire,in modo violento;sul terrazzo c’era qualcun altro.
-Chi c’è?- pensò a uno dei tanti clienti dell’albergo,rifugiatisi lì per curare i propri mali.Era il professor Lagrange:non appena potè parlare,si identificò:
-Sono io,madamoiselle Aurora…Stamane non passeggiate sulla riva?-
Era strano sentirlo così sofferente.Aurora si pentì del suo atteggiamento scostante.
-Perdonatemi…forse vi ho disturbato..-
Un po’ a fatica il vecchio professore si alzò,le si avvicinò:
-Questo è il mio covo mattutino…per qualche giorno ho contravvenuto all’ordine di stare a riposo,per potervi raggiungere sulla spiaggia…ma stamane…non ce l’ho fatta:ed eccovi qua!- c’era una strana dolcezza nella voce di quell’estraneo.
Aurora scosse il capo,piano.
-Non capisco…vi sento stranamente sollecito…ma perché tanta attenzione a me?-
-Sono un vecchio sentimentale… Stamane siete turbata,come mai?-
Aurora fece spallucce.Aprì la borsetta e tirò fuori la posta:
-Ogni volta che qualcuno mi scrive...-
-Capisco:non amate dipendere,vero?...Aurora:perché non volete provare a …-
-Vi prego…se tornate sull’argomento sarò costretta a interrompere qui la conversazione:mia zia mi ha fatto promettere che vi avrei evitato…-
-Il mio tempo non è molto,Aurora:vi prego…approfittatene!-
La fanciulla finì col promettere:
-Ci penserò…Ma ora:vorreste leggermi voi questo biglietto?-
L’uomo sorrise.
-Con piacere…La vostra fiducia mi lusinga…- prese la busta tra le mani,l’aprì e ne trasse un cartoncino: -E’ un invito…Una festa mascherata….-
-Ah si…quando sarà?-
-Il 21 febbraio…il biglietto è firmato Dolphine Durois…e c’è un p.s.:grosse novità!-
-Ah!- Aurora non sembrava affatto entusiasta.
Il dottore si schiarì la voce:
-C’è anche una lettera…la leggo?-
La ragazza rispose soltanto annuendo:

‘Aurora mia cara,
debbo assolutamente ragguagliarti sui preparativi della mia festa.Ho scelto come tema della mascherata il melodramma,ma per me ho deciso di indossare un abito un po’ ‘extra’…ispirato comunque al nostro magnifico teatro dell’Opera.Non ti dico nulla,solo un indizio:pensa bene alle novità che monsieur Sindial ha voluto per il suo teatro….(Oh,non credo riuscirò a mantenere a lungo il segreto con te…)
Sai che all’inizio monsieur Sindial aveva declinato il mio invito? Forse per via di quella donna,sai,la fantomatica amante…Poi però ha aderito con entusiasmo,quando gliel’ho fatto firmare da mio padre in persona.Ha solo chiesto di essere esentato dal travestirsi…Peccato,me lo immaginavo nei panni di Mefisto,o di Peer Gynt…o,perché no,di don Giovanni….sarebbe perfetto!
Sono emozionata Aurora.Spero proprio di averti vicino,quella sera:ho bisogno di un’amica,di una persona come te,calma,serena,senza le mie sciocche fantasie.
Vuoi conoscerne una?...Ballare con lui tutta la sera e poi,a mezzanotte….scoprirgli finalmente il volto!
Se me lo mostrasse,sarebbe come aprirmi il suo cuore,non credi Aurora?
Ora debbo lasciarti:le prove del Peer Gynt fervono.
Ti abbraccio e ti aspetto!

Dolphine
N.B. se non lo hai capito da sola,pensavo di travestirmi da…No:terrò il segreto!’

Il dottore terminò di leggere e guardò Aurora.Era leggermente impallidita e il respiro le si era fatto visibilmente più corto.
-Va tutto bene?- le domandò.
Lei scosse la testa,ingoiando un pianto di rabbia.L’uomo le si avvicinò,le pose una mano sulla spalla:
-Via via…che succede?...-
-Nulla…-
-Andrete a questa festa? Sentivo che state preparandovi a rientrare…-
-Si,torno a Parigi,ma…-
L’uomo le propose ancora,con fermezza:
-Aurora,ve lo ripeto…potreste tornare a Parigi guarita:basterebbe avere il coraggio di affrontare il passato…-
La giovane era già sensibilmente prostrata dalla situazione,scosse il capo,con forza:
-No,no…-
-Vi prego…io vi aspetterò qui,oggi pomeriggio…se volete,parlatene anche a vostra zia,fatevi accompagnare da lei…solo che dopo…dobbiamo rimanere soli..-
Come altre volte,la fanciulla preferì sottrarsi a quell’insistenza;chiamò Beatrice e non appena l’ebbe vicina si allontanò quasi senza salutare.




Lagrange rientrò nella sua stanza,sedette alla scrivania,sospirò.Quindi prese della carta da lettere,intinse la penna nell’inchiostro e iniziò a scrivere:

‘Gentile signore,
ho avuto modo di incontrare la persona che –attraverso il professor ***** - mi avevate raccomandato.Capisco che la sua guarigione vi stia a cuore:è una creatura così graziosa,gentile,leggiadra che vederla prigioniera del buio fa assai male.Vi confesso che la sua bellezza così intensa e particolare spesso mi ricorda qualcuno che in passato mi è stato assai caro,una figlia che ho perduto troppo presto…’
Il vecchio professore si interruppe,guardò un ritratto scolorito che aveva sulla scrivania.Ritraeva una fanciulla bruna,che passeggiava lungo il mare…
‘Come mia figlia Adele,la vostra ‘protetta’ ha una tormentata sensibilità.E’ un dono e una dannazione.Lei stessa lo sa bene:ha avuto paura di andare fino in fondo con la terapia,ma al tempo stesso mi ha cercato ancora,onorandomi della sua fiducia.Mi auguro di poter fare di più per lei,ma ci sono almeno due ostacoli da superare:la sua riottosità,la mia malattia.Mentre forse col vostro aiuto la prima a poco a poco può vincersi,per la seconda c’è poco da fare:ho i giorni contati…e non so fino a quando sarò in grado di esercitare la mia professione,a buon fine..
Ciò detto,mi firmo vostro amico e servitore,
Alexandre Lagrange’
Ilia era di malumore,quella mattina.Si aspettava delle notizie che non erano arrivate,o solo in parte.Vestitosi in fretta aveva raggiunto il teatro,percorrendo a testa bassa la via,come se la magia di Parigi ormai su di lui non avesse più alcun effetto.
Sul palcoscenico si provava la scena di Peer Gynt e il re della Montagna.Tutto sembrava ormai funzionare alla perfezione:il giovanotto sentì crescere la propria inspiegabile insoddisfazione…Ci fosse almeno stato da fare,per lui…avrebbe avuto il modo di distrarsi…
-Monsieur Semonov?- una voce di donna lo apostrofò. Era la sarta di scena,madame Valere.
-Ditemi,madame…-
-Mi avevate chiesto se c’era qualche costume che vi si poteva adattare,nel guardaroba…-
Distratto,Ilia la guardò senza capire;poi ebbe uno scatto di memoria:
-Ah si…per la festa di sabato…Trovato niente per me?-
-Se volete seguirmi…-
Il giovane le andò dietro,nel back stage,dove la sartoria era in gran fermento.Attraversando pile di costumi e una piccola folla di artisti che stava misurando,aggiustando,adattando a sé ogni sorta di abiti teatrali,finalmente entrarono in un ambiente privato,il vero e proprio covo di madame Valere. Qui su una poltroncina in un angolo,Ilia vide sistemati alcuni capi d’abbigliamento maschili.
-Alllora,monsieur…mi sono permessa di fare una selezione…Insomma:siete un così gran bel giovanotto…che…-
Ilia le sorrise.Aveva proprio bisogno di qualche gratificazione,quella mattina.
-Ve lo dico,monsieur perché potrei essere vostra madre…-
-Certo,madame…e io vi ringrazio come un figlio…-
La sarta non rimase esattamente soddisfatta di questa risposta.Sperava di sentirsi dire che no,anzi…era una donna ancora giovane e piacente…Ma alla fin fine,la verità era proprio quella:il signor Semonov avrebbe potuto essere suo figlio…
-Ecco:c’è questo…Papageno,dal Flauto magico:vi piace?-
A Semonov apparve una fantasmagoria di piume verdi,sistri e sonagli,che la sua mente rifiutò senza nemmeno soffermarcisi oltre.
-No…non mi sembra adatto a me…- declinò,schiarendosi la voce.
-Poi c’è Don Giovanni…-la non più giovane madame Valere ammiccò,mordendosi le labbra – Questo sarebbe proprio…-
-Oh no,madame Valere… il seduttore?io?...preferirei Don Ottavio,poi…-
-Ah,ma c’è anche quello,se volete vederlo…-
La superficiale euforia che lo aveva distratto fino allora cominciava a scemare:Ilia si domandava se fose poi così importante cosa avrebbe indossato a quella festa,della quale avrebbe francamente fatto a meno.
-Madame Valere!- la voce imperiosa di Sindial risonò a un di presso.
-Oh…si,monsieur…sono qui…- si affrettò a rispondere la donna,guardando con una certa agitazione il giovanotto che non si decideva a scegliere e le stava in realtà sottraendo tempo prezioso.
-Ah Ilia…siete qui anche voi?- l’impresario era comparso sulla soglia,nella solita mise informale che adottava durante le prove.Guardò interrogativo e divertito il suo segretario. –Cosa fate?-
-Madame Valere è stata così gentile da mettermi da parte dei costumi,sapete…per la festa di sabato..-
Sindial ghignò.
-Già…la masquerade…Avete deciso già?-
Intanto la sarta si era defilata,tornando al proprio lavoro frettolosamente.
Ilia sollevò le spalle.
-Non sono granchè ispirato…-
-Via,Semonov…che dubbi ci sono? Eccolo qua il costume per voi!- rispose con il suo tono sempre in bilico tra lo scherzoso e il sarcastico.
Ilia diede un’occhiata,commentando con una risatina un po’ amara.
-Il factotum della citta?...-
Sindial si accorse del suo umore diverso dal solito.
-Qualcosa vi amareggia,Semonov?...il costume non è di vostro gradimento?- i suoi occhi lo scrutarono,come solo lui riusciva a fare.Ilia sospirò:forse era meglio aprirsi…
-Monsieur…vorrei parlarvi di una cosa…-



Aurora sollecitata da madame Blanche era stata impegnata tutto il pomeriggio per i preparativi della partenza.La dama e la giovane donna avevano discusso animatamente,ma alla fine la prima era riuscita ad averla vinta:Aurora sarebbe rientrata nel pomeriggio del giorno dopo a Parigi,con Beatrice.
-Zia…ma forse potrei ancora esservi d’aiuto qui…-
-Aurora non mi dite che non desiderate tornare nella capitale…-
-Certo che lo desidero,ma voi…-
-Io ho il valido sostegno della Brandrupp…Via,figliola mia:dovete rientrare in tempo per sistemare un po’ le cose a casa…E poi,volete o no andare alla festa della vostra amica Dolphine…-
Ne avevano accennato durante il pranzo;ma Aurora si augurava che la zia non ci avesse dato granchè peso.Rimase senza risposta;Blanche si spazientì:
-Che cosa c’è?...ci avete già rinunciato?-
Anche la fanciulla sbuffò,irritata:
-Blanche…che cosa andrei a fare a una festa…e per giunta in maschera?-
-A divertirvi,bambina mia… a farvi ammirare…corteggiare…come chiunque ragazza della vostra età!-
-Chiunque ragazza che..non sia cieca!- ribattè amara Aurora.
-Aurora…smettetela! Speravo che…vi foste ormai convinta,dopo tutto,che siete bella e desiderabile come chiunque altra donna,se non di più..-
La fanciulla abbassò la testa,colpita da quelle parole.Era vero:chiunque altra al suo posto non avrebbe fatto tante storie,sarebbe volata a Parigi…dove l’uomo che amava l’attendeva a braccia aperte…
Eppure quelle parole di Dolphine,la strana esperienza vissuta col dottor Lagrange,avevano riportato a galla tutte le paure,il senso di inadeguatezza,l’incapacità di vivere che per anni le avevano fatto preferire l’ovattato rifugio della clinica alla vita.
Blanche la osservò.Forse in parte riusciva a seguire il suo pensiero,in parte però lo rifiutava.Si avvicinò alla giovane,la abbracciò,insistendo contro la sua ritrosia:
-Non ribellatevi alla vita,Aurora…o se proprio volete ribellarvi,la maniera migliore per farlo è affrontarla..e vivere!-
-Oh Blanche…- La fanciulla finì per abbracciarsi all’anziana donna,che fece appello a tutta la sua energia per sostenere quella stretta,ricambiarla e trasmetterle quel po’ di forza che le rimaneva nel cuore.
-Voglio che rientriate a Parigi,Aurora…ricordatevi che sono sempre la vostra tutrice…-
Aurora sorrise,annuendo:
-Lo farò,Blanche…farò come dite…-
In serata si era ricordata dell’appuntamento mancato col professor Lagrange.Pensò di andarsi a scusare,approfittando per congedarsi.
-Beatrice….c’è il professor Lagrange,nella hall?-
La cameriera si guardò in giro,discreta.
-Sì…è laggiù che gioca con le carte…-
-Accompagnatemi da lui e lasciateci soli,per favore…-
-Come volete,madamoiselle…-
Lagrange stava con soddisfazione completando il suo solitario preferito.Alzata compiaciuto l’ultima carta,si accorse dell’apparizione di Aurora.
-Madamoiselle De Guilerm…che inaspettato piacere… Accomodatevi…- così dicendo si era alzato,aiutandola a prendere posto vicino a sé.
-Perdonatemi,professore…oggi non sono riuscita a raggiungervi né ad avvertirvi..-
Lui la interruppe.
-So che siete in partenza…-
-Si,domani sera sarò a Parigi…-
-Mi fa piacere…è una decisione che apprezzo…anche se vorrei –avrei voluto- fare qualcosa di più,per voi…-
-C’è una cosa che vorrei…-
-Se posso…-
-Mi piacerebbe vedermi…sapere come sono fatta…-
Lagrange sorrise.E non potè fare a meno di esprimere in cuor suo un apprezzamento sulla bellezza di Aurora.
-Come credete di essere?-
-L’ultimo ricordo che ho è di una ragazzina magrolina,ancora in fieri…Mia zia dice che sono…-
-…Bella…ditelo senza remore…Del resto,sapete bene che non è solo vostra zia a vedervi così…-
La giovane donna arrossì,chinando il capo.
-Abbiamo bisogno di solitudine e silenzio….-disse ancora il medico,abbassando la voce in tono complice. –Nonché di uno specchio…-
-Mia zia è impegnata col bridge…Potremmo approfittare della nostra suite…-
Era tardi quando il professor Lagrange lasciò l’appartamento di Aurora.Beatrice lo aspettava sulla soglia,pronta a prendere il suo posto accanto alla padroncina.
-Venite pure,madamoiselle vi aspetta…-la sollecitò il vecchio scienziato.
In quella,Aurora comparve sul limitare della porta,richiamandolo:
-Professore…io parto domani nel pomeriggio…Io vorrei…-
-Ditemi…- l’uomo era visibilmente speranzoso.
-Potremmo provare,domattina…?-
-Vi aspetto sul terrazzo….- le disse,con un gran sorriso.



-Allora Ilia Semonov…Che cosa vi preoccupa?-
-Ecco…monsieur io…-
Sindial lo scrutava,sospettoso e preoccupato:
-Vi siete messo in qualche pasticcio?...-
Semonov fece no con la testa:
-Non quello che credete…Mi sono permesso di …prendere una iniziativa…-
Il giovanotto sospirò;inutile tergiversare ancora,si disse.Prese dalla tasca una busta e la porse al suo principale,che era sempre più accigliato:
-Ecco….leggete…-
Lentamente Erik sfilò la lettera dalla busta e,dando le spalle al suo segretario,lesse,in fretta e in silenzio.
-E chi sarebbe costui?- domandò per prima cosa,con tono leggermente sprezzante.
-Un medico…psicoterapeuta,diciamo…Lui …è un pioniere dell’ipnosi…-
Sindial guardò Semonov con le sopracciglia aggrottate:
-Perché avete fatto una cosa simile,Ilia?...e senza nemmeno consultarmi?-
-Non..non ne ebbi il tempo Sindial…incontrai il professor ****** una sera,rientrando insieme da Maison Levigny…Ci trovammo a parlare di madamoiselle Aurora e io gli spiegai…-
Sindial dava segni di impazienza e irritazione.
Ilia però continuò:
-…gli spiegai di cosa si trattava…Allora lui mi parlò dell’ipnosi,che qui è poco praticata,e di un professore –Lagrange appunto- ormai vecchio,malato e amareggiato dai continui rifiuti della medicina accademica…Gli chiesi dove fosse….Non seppe rispondermi…-
Sindial taceva,in ascolto.
Ilia deglutì e continuò:
- Poco prima che madame Levigny partisse per Mont Saint Michel,il professor ****** mi comunicò che nello stesso albergo alloggiava proprio quel professor Lagrange e mi fece capire che forse,facendogli il suo nome,avrebbe considerato il caso di Aurora…di madamoiselle…--
-Andiamo Ilia…di Aurora…-ribadì Erik,spiccio. –Aurora che voi non riuscite a levarvi di testa,amico mio…-
Così dicendo,Sindial si gettò indietro una ciocca di capelli che gli era caduta sulla fronte,mentre leggeva.E guardò con addolorato disappunto Ilia.
-…Sindial…i miei sentimenti non…non c’entrano.Non come pensate,almeno..-
L’impresario lo scrutò,domandandogli:
-Ne siete così sicuro,Ilia?-
Il giovane abbassò la testa.
-Sapete…lei soffre tanto a volte di quella sua condizione…e da quando è arrivata quella civetta…-
Qui Ilia ebbe uno scatto d’ira.
-Civetta? …parlate della Durois,immagino?-
Il giovanotto non rispose,si alzò,spazientito,pensando alla doppiezza di Dolphine.
-…allora ho pensato che un incontro fortuito,lontano da tutto…le avrebbe dato coraggio…e magari…-
-…sarebbe guarita?-
-E’ così ingiusto monsieur che lei non veda…- si sfogò Semonov.
-Ingiusto?...esiste forse una giustizia,amico mio?...-
Il silenzio calò tra loro.Un silenzio carico i sottintesi significati.Poi Sindial riprese il controllo e col suo tono autoritario,si informò:
-Comunque ormai è fatta:posso sapere che cosa vi preoccupa ancora?..-
-Non avete letto?...lei non…-
-Ho letto:Aurora è spaventata…-
-Sindial,l’unico che potrebbe convincerla non sono io,lo sapete bene…Siete voi,e solo voi…Aurora potrebbe guarire ed essere pienamente felice…-
-Io la farò felice,Ilia Semonov!- ribattè l’impresario. –La farò felice comunque…Come la farebbe felice chiunque avesse il privilegio di poterla amare…-
Ilia abbassò il capo.Capiva a cosa alludeva il suo interlocutore.Però un dubbio gli attraversò la mente,un dubbio perverso:
-Ma…non desiderate anche voi,Sindial,che ella veda?-
Un dubbio che a Erik non piacque.Il suo sguardo incrociò quello del giovane segretario e per un momento i due uomini si fronteggiarono,ostili.
-Non solo lo desidero,Ilia Semonov…sono sicuro che accadrà…- rispose poi Erik,fulminandolo con gli occhi.
-Rientriamo in teatro – concluse poi,restituendo la lettera al giovanotto e precedendolo giù.
Ilia si sentiva più disorientato di prima.



 
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