A Voice in the Darkness

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jiujiu
view post Posted on 23/5/2008, 12:46 by: jiujiu





***

- Voi mi siete...amico, monsieur...e se il destino...vi avesse posto sulla mia strada prima...forse entrambi non saremmo qui...-

Egli fece un passo, catturando il lieve movimento delle sue labbra tumefatte e riflettendo sulle sue parole.
Forse aveva ragione: forse, nel mondo tutto, quella moribonda sola avrebbe potuto capirlo così come l'aveva ascoltato.

No, esclamò a sè stesso, ringhiando.

Nuovamente si traeva in inganno con le proprie mani: Christine non l'aveva forse ascoltato?
Non aveva colto le sfaccettature del suo essere ed elevato la sua musica all'empireo del suo animo dilaniato solo per poi scaraventarlo giù, più in basso del baratro che già lo aveva ospitato durante la sua vita?

Addio, falsi idoli caduti ed infranti...quelle erano solo le parole di una vittima del mondo prossima alla fine, che cercava conforto in una voce qualunque, in un relitto umano qualsiasi.

Ma allora perchè quelle parole e quella voce così debole...erano balsamo sulle ferite aperte, quiete e rimpianto nel cuore ancora spezzato?
Perchè non poteva smettere di sperare che lei si salvasse, in qualche modo?
Non rispose alle sue constatazioni, nè ai ragionamenti che avevano riempito la sua coscienza, alimentate dai respiri via via più radi di quella ragazza, fragili germogli di vita destinati a spegnersi presto, inghiottiti dal'oblio.

- ...Sono contenta...di avervi conosciuto, cara voce...- sussultò lei, tossendo nuovamente, - ...pregate solamente...di non incontrarmi...mai più...sul vostro cammino..- e non disse più nulla.

E lui le fu ad un passo, osservando il volto ferito, l'odore pungente e disgustoso del sangue rappreso sul mantello e sulla pelle mischiarsi all'aroma degli incensi e degli oli sacri spersi nell'aria.
Sarebbe stata graziosa, forse...i suoi lineamenti era inghiottiti dall'orrore e dalla violenza, e non erano riconoscibili.
Era attratto dalla perfezione dei suoi tratti nonostante la gravità dei danni infertali, ed inginocchiandosi, allungò la mano fino a poter sfiorare con un dito il contorno della ferita che sulla tempia aveva smesso di sanguinare.
Fu in quel momento che accadde l'imprevisto: la ragazza inalò un profondo respiro, quasi fosse l'ultimo, e socchiuse gli occhi, contrastando l'appiccicume del fluido rappreso sulla pelle con la flebile forza di un animale ferito ed inerte.
Ed egli rimase fermo, intrappolato nella rete delle sue pupille dilatate e dal chiarore innaturale delle sue iridi azzurre.

Quegli occhi erano fissi, fermi su di lui, e riflettevano la morte che dall'alto la fissava, chiamandola a sè.

Eppure lei non gridò, nè si mosse in un ultimo disperato tentativo di sfuggire alla deformità che le si era piazzata davanti, a pochi centimetri dal viso.
Rimase immobile, priva di sensi, ed egli ebbe il tempo di portare la propria mano al volto ed allontanarsi repentinamente, quasi scacciato via come una volpe sorpresa dal pastore in mezzo al suo gregge.

Fece appena in tempo: le voci udite minuti prima si erano fatte sempre più vicine, spingendolo a nascondersi dietro la colonna che gli aveva dato iniziale riparo.
Vide il ragazzo che aveva trasportato la sua compagna correre ed inginocchiarsi a lei, scuotendola e richiamandola, rivolgendosi a lei con un appellativo insolito per una ragazza così giovane.

- Mia signora! Svegliatevi, vi prego!Vi prego! -

Dopo pochi secondi, giunserò un uomo abbastanza anziano e robusto, il pigiama bianco e stropicciato, seguito da due donne, una più giovane, sulla trentina e l'altra più adulta, forse una parente o una insegnate di quest'ultima, entrambe in vestaglia e cuffia nera, che inorridirono senza avanzare oltre nel vedere la scia di sangue che dal portone d'ingresso proseguiva fino all'altare.
La più giovane gridò d'orrore, portandosi le mani alla bocca subito dopo.
Il vecchio, probabilmente il sacerdote di quella chiesa, si chinò sulla ragazza che aveva chiuso nuovamente gli occhi e ora era silenziosa nella sua immobilità.
Premette una mano sul collo, e poggiò l'orecchio sul suo cuore, sollevando repentinamente la testa e chiamando alla calma le due signore.

- E' ancora viva! Aiutatemi a trasportarla!-

ma le due non si mossero, tremando nell'incontrare il volto del loro sacerdote per metà macchiato di rosso.
- Madame Ledoux!Yvette!- si spazientì dunque, mentre il giovane ormai piangeva calde lacrime, tentando di sollevarla da solo e fallendo.

Non era ferito, Pierre...solo stanco...molto stanco.

- Si, Padre Remus!- esclamò la più giovane, e corsero al suo fianco, sollevando la donna inerme, che sembrava non percepire più nulla.
Erano in tre a sostenerla, e da dietro la colonna Erik, questo il nome del Fantasma dell'opera prima che diventasse tale e dopo la sua morte, riflettè che se avesse voluto, lui sarebbe riuscito a sollevarla da solo, con un rapido scatto dei suoi muscoli agili, abituati a ben altro sforzo, a più sfiancanti fatiche.

Padre Remus osservò la ragazza una volta in piedi, tremolante sulle proprie gambe, il volto reclinato ed impassibile nella sofferenza.
Era svenuta, ma bisognava svegliarla, perchè il sonno era l'anticamera della morte se feriti in quel modo, e se non si fosse più svegliata, almeno le avrebbe concesso l'ultimo sacramento.

- Come si chiama, ragazzo?-
- Cosa?!-
- Il suo nome, figliolo, dimmi il suo nome!-
- Perchè?!-
Pierre rimase turbato, incapace in un primo momento di rispodere altro.

Non poteva rispondere a quella domanda, concluse inorridito, in quanto non conosceva, ignorava quale fosse il nome di quella creatura dannata, della sua regina senza corona e mai aveva osato chiederlo, terrorizzato all'idea di poterla offendere in qualche maniera, lei che gli aveva sempre detto quanto bastasse sapere e nient'altro.
Aveva sempre usato l'appellativo "signora" per rivolgersi a lei...

- N-non conosco il nome della mia signora- ansimò con rinnovato dolore, osservando la donna aprire e richiudere gli occhi, l'inerzia appensatire il suo corpo.
Avrebbe dovuto inventarne uno, si rese subito conto...magari il nome della madre tanto disprezzata, Clarisse, o quello della sorella amata e perduta anni addietro, Estelle, ma il suo primo impulso aveva vinto, condannandolo a dire la verità, la più incredibile di tutte.

- Non mentite! E' necessario che io sappia il suo nome, se Iddio vorrà condurla nel Suo regno questa notte -
Il sacerdote lo aveva ascoltato, spazientendosi nell'udire quella risposta, aggrottando le sopraciglia cespugliose e piegando le labbra nascoste dalla barba, ora in parte insanguinata, in una piega contrita.
Come poteva non saperlo?
Sicuramente mentiva per proteggerla, ignorando che non c'era più alcun pericolo laggiù, e che era necessario agire, non perdere tempo, e almeno darle l'estrema unzione se Dio non gli avesse permesso di curare le sue ferite per tempo.

Non doveva proteggerla da nulla, in quel momento, ed esplose infervorandosi più di quanto concedesse a sè stesso in situazioni simili, ma incontrando lo sguardo di quel giovane e le sue lacrime...comprese che non mentiva, che non nascondeva ciò che non aveva mai saputo davvero.
Osservò il volto della ragazza, dalle labbra dischiuse qualche goccia di sangue ancora scivolava rappresa e pesante, e si domandò quale fosse il suo nome, il suo passato, e quale sarebbe stato il suo futuro se fosse sopravvissuta: se pure chi l'amava a tal punto da salvarla e condurla nella casa di Dio non conosceva nulla di lei, chi mai allora?
Che segreti custodiva quella creatura avvolta nel sangue e nel silenzio della notte?
Povera ragazza, si disse, la casa del Signore l'avrebbe accolta tra le sue mura, avrebbe accolto entrambi, si promise il sacerdote osservando la pena negli occhi del giovane mentre si muoveva per sollevarla e condurla in altre stanze più appartate con l'aiuto delle due donne che ancora tremavano, preparandosi mentalmente al peggio, al momento in cui l'avrebbero spogliata e avrebbero affrontato le sue ferite, in cui avrebbero combattuto per trattenere la sua anima nel corpo.

- Vi prego...non lasciatela morire, vi prego...-

supplicò il giovane che adesso reggeva la sua signora per la vita magra, mentre le due donne si erano divise i lati opposti delle spalle e la stavano trasportando in una camera situata giusto dietro l'altare, un sito atto a custodire vecchie lenzuola smesse e i paramenti per i giorni di festa.
Dovettero comunque riattraversare il corridoio da cui erano giunti, cosa che li costrinse ad abbandonare la grande navata centrale dove i due zingari si erano inizialmente fermati, e il più in salute aveva lasciato la ferita per chiedere aiuto.
Erik seguì tutta la scena con lo sguardo, in totale silenzio aveva appreso il mistero che avvolgeva come le tenebre la sua interlocutrice, e provò uno strano sentimento stringerlo allo stomaco, privarlo per un attimo di ogni sicurezza.

Ecco come in mezzo all'intera stirpe degli uomini, l'unica creatura che avrebbe potuto comprenderlo ed ascoltarlo senza giudicarlo era condannata a spegnersi nella notte della disfatta totale, del dolore supremo.

...Voi mi siete amico, monsieur...

...amico...


Una parola inutilizzata e vuota, disprezzata dal suo scibile, ora risuonava così maliconica.
Alzò gli occhi alle vetrate variopinte che brillavano di un' unica luce, quella notte in cui la luna sorrideva, quasi malvagia e sprezzante, e trattenne un sospiro, che inghiottì del tutto quando udì per la seconda volta qualcuno colpire il pesante portone ed entrare senza attendere risposta.
Si nascose furtivamente dietro la colonna prescelta, lanciando uno sguardo bieco ai nuovi arrivati armati di torce, che avanzavano prima intimiditi dal silenzio e poi via via più sicuri ad ogni lastra di marmo che superavano coi loro piedi impuri.


Con un balzo felino e necessario raggiunse la nicchia che in sè accoglieva la scultura della pietà cristiana , il lutto supremo, quello della vergine madre per il figlio dell'uomo, raccogliendo i lembi del mantello e rimanendo in attento ascolto, spiando attentamente quegli uomini entrare, gridando ora senza alcun rispetto e chiamando il prete che corse trafilato, incontrandoli prima di quanto si aspettassero, le mani sporche, il volto ed il pigiama bianco completamente imbrattati di sangue vivo.

- Siamo qui per il fantasma, padre!-
- Figlioli, di cosa state parlando?-

Gli uomini, una cappella di una trentina di persone, superarono l'uomo, proseguendo senza alcuna remora verso l'interno della sagrestia, penetrando attraverso la porta lasciata aperta da Padre Remus, che si era affrettato alla navata, sconcertato dall' improvviso caos che aveva udito, provocato dagli inseguitori del presunto " Fantasma".
Quegli stessi inseguitori scansarono le due donne che si erano quasi gettate sul ferito che giaceva inerte e dovettero abbassare gli occhi, colmi di sorpresa quando videro distesa tra le coperte ingiallite una donna, giovane e coperta di sangue, accanto a lei un ragazzo della medesima età, spaventato dai tizzoni e dalle grida, temute per ben altro motivo.

Pierre si era precipitato sulla padrona percependo quelle urla distanti, e quando aveva visto le fiaccole, si era gettato con le spalle a difesa della sua signora, i loro volti vicini, e si era stupito quando aveva percepito un sussurro della sua signora alla presenza di quella massa furiosa e successivamente sorpresa.
- Sai...cosa fare, Pierre...penserò io...al resto...non avere...paura-
e in uno stesso respiro, mosse a malapena le labbra guardando tutti quegli uomini negli occhi, e aveva risposto alla sua signora:
- Non ne avrò, mia signora...-

Il sacerdote, che li aveva seguiti il più velocemente possibile, aveva aperto in due grandi ali la folla inferocita e si era piazzato innanzi a loro, le braccia larghe per coprire la nudità della sua nuova protetta, sulle labbra pronto un anatema a chiunque non avesse ascoltato le sue parole.

- Questa è la casa di Dio, villani! Fuori da qui!-

e li sospinse via da quella stanza, lasciando le donne e cauterizzare le ferite ed il giovane ad alzarsi prontamente e seguire il prete, osservando gli uomini che avevano fatto irruzione uno ad uno.
Ma non raggiunse la navata come il prete e gli altri popolani, preferendo assistere alla conversazione al riparo, dietro alla porta lignea che conduceva alla sagrestia e agli appartamenti privati del sacerdote.
Da quella posizione privilegiata sarebbe stato più facile udire senza essere udito, vedere senza essere visto, raccogliere informazioni e memorizzare quei volti colpevoli.


***

- Cos'è questo scandalo, figlioli?! Perchè, armati di torce e bastoni, profanate il tempio della pace?-
- Chi era quella donna, padre?- domandò uno dei tanti, nelle file posteriori, mentre altri già uscivano, agguerriti più di prima a trovare l'uomo, l'assassino e consegnarlo alla giustizia.
Alla loro giustizia.

- Una vittima della violenza, figli miei. Ma voi, abbiate la volontà di spiegarmi, per favore-

- Stanotte un uomo è stato ucciso all'Opera Populaire, padre!-
sputò uno dei più feroci inseguitori con disprezzo, asciugandosi la bocca bavosa con la manica, gli occhi brucianti d'ira.
- E prima di lui, la vittima è stata mio fratello!-
Padre Remus si fece il segno della croce nel sentire la parola omicidio, ma ancora più nell'incontrare quello sguardo, quei volti carichi di odio, di furia.

- E' stato il fantasma dell'opera, padre!-
- E quegli stupidi impresari l'hanno sempre sottovalutato!Non credevano neppure alla sua esistenza, quei ricchi bagordi!-
- Un mostro orribile-
- Il diavolo in persona!-
- Ha rapito la Diva, trascinandola nella sua tana, quel figlio di cagna!-
- E quando siamo arrivati noi, è scappato come un verme! Nei buchi scavati sotto terra!-

Erik ascoltò ogni parola, ogni ringhio, ogni insulto, stringendo i denti ed osservando con la coda dell'occhio, mentre il sacerdote li osservava, facendosi il segno della croce ad ogni frase, ad ogni descrizione cruda e irreale che gli davano di sè.

Mostro!
Diavolo!
Assassino!

Voi!
Voi tutti, maledetti!


Voi mi avete reso quello che sono!
Non siete migliori di me, nei vostri occhi la mia stessa furia rifulge chiara ed imbattibile, gridavano i suoi occhi, che avrebbero potuto ardere tutti quei demoni dalle sembianze umane se avesse davvero posseduto quei poteri di cui lo accusavano proprietario.

Eppure se io uccido voi, sono un assassino...
Se voi uccidete me...siete eroi!
Quale contorto meccanismo ci distingue in questo modo?
Chi ha scritto questa legge, dove e perchè?
Perchè?!

Trattato alla stregua di un animale, come tale si era comportato, uccidendo chi minacciava il suo segreto, la sua vita stessa.

Trattenne il respiro, pensando che se solo fosse stato più forte, avrebbe potuto uccidere quel damerino, quel conte tanto odiato, che ogni cosa gli aveva sottratto solo con la sua presenza.
Perchè la bellezza esteriore doveva attrarre tanto?
Perchè la vera bellezza restava invece celata agli occhi degli uomini?
Oppure era solo lui a presumere?
Lui il solo a credere che la vera bellezza non dimorasse in un corpo, in un volto, in una voce, ma nell'animo, nei sentimenti che era capace di provare un cuore ed uno spirito guidati dalla poesia, dalla musica e dall'amore?

Ma anche così...il suo animo non era ormai nero, sporco e carico di peccati tali da far gridare il diavolo per la gioia e il trionfo della propria dottrina?

E se quegli uomini fossero sempre stati nel giusto?
Se lui fosse davvero niente altro che un mostro, un demone, un assassino senza anima?
Che egli avesse torto e loro...ragione?

Strinse gli occhi, sollevato nel udire il sacerdote interrompere quelle discussioni e le sue riflessioni e confermare che no, il fantasma dell'opera non era nascosto nella casa del Signore, e che i due ragazzi erano solo due poveri orfani vittime della malignità del diavolo.

- Probabilmente quella ragazza è stata ridotta così dal fantasma!-
esclamò Simon Buquet con gli occhi scuri fiammeggiare di ira, e subito aizzò il gruppo rimasto alle sue spalle alzando la torcia all'altezza del petto villoso, visibile dallo strappo alla camicia ottenuto mentre scendeva e raggiungeva i livelli più profondi del sotteraneo dell'opera, alla caccia del demone che li abitava.
- Dobbiamo trovarlo!- gridò un altro, un tizio magro, pelle e ossa, sdentato, così fiero nel parlare quanto disgustoso nell'aspetto trasandato e nella caducità della voce ubriaca di vino.

- Se quel mostro dovesse venire qui, padre-
- Sarete i primi a saperlo, siatene certi- concluse il prete per il tecnico del teatro, sconvolto e folle d'ira.
La morte del fratello, per quanto disprezzato in quanto ubriacone e invadente lo aveva segnato intimamente, aveva passato i mesi successivi a meditare vendetta, e ora che l'occasione si era presentata...non se la sarebbe lasciata scivolare così dalle dita: l'avrebbe cercato tutta la notte, se necessario.

Gli uomini lasciarono quindi la chiesa, ma ancora le loro voci si rincorrevano furiose sul sagrato e sulla strada, ed il sacerdote raggiunse il portone, affacciandosi verso l'esterno e vedendoli scomparire lentamente.
Quella furia negli stessi fedeli che ogni domenica venivano a celebrare il corpo di Cristo era così fuori luogo, così estranea eppure naturale, ovvia, insita nella natura dell'essere umano più della bontà stessa predicata dall'altare con preghiere incomprensibili recitate in un idioma antico e deceduto.
Scosse il capo, sollevando gli occhi al cielo stellato di diamanti in cui la luna sembrava scomparsa talmente in alto, dietro il campanile, che non la cercò, affidandosi a quelle lucciole brillanti intrappolate della ragnatela del cielo.

- Chi è davvero il mostro, Mio Signore? Questi tuoi figli così assetati del sangue del loro nemico...sono dunque più innocenti di colui che commette il delitto e fugge nella notte?- domandò in un sussurrò, rientrando e chiudendo il portone dietro di sè, incamminandosi lentamente attraverso la navata laterale della chiesa, la testa china sotto lo sguardo delle sculture sante che posavano i loro occhi misericordiosi su di lui e sull'ambiente circostante.
 
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7 replies since 21/5/2008, 23:39   215 views
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