L'Opera

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Sere Butler
view post Posted on 3/8/2008, 22:14




è necessaria una piccola introduzione^^ Ho inserito in questa ficcy i personaggi di High School Musical, ma è una pura convenzione^^ nel senso, i nomi sono quelli, ma per il resto sono personaggi di mia invenzione. Semplicemente, mi servivano dei personaggi che andassero a scuola e che centrassero qualcosa con il canto e la danza, così mi sono venuti in mente loro. Per il resto, questa ficcy è basata sul Fantasma dell'Opera e... boh, spero che vi piaccia ^_^

Prefazione

-Basta ragazzi, su, silenzio!- esclamò la professoressa Darbus entrando in classe con in mano un grande plico di fogli che gli alunni guardarono immediatamente con sospetto.
Sharpay si fece immediatamente attenta: di solito il materiale della Darbus riguardava una nuova rappresentazione e questo, di solito, la riguardava molto da vicino.
-Ehi, tranquilla piccola.- le sorrise Chad prendendole la mano –Sembri un cane da punta.-
-Scemo!- scoppiò a ridere lei dando una spinta scherzosa al suo ragazzo –Professoressa Darbus, mi scusi, potrei sapere cos’è quel materiale?-
-Oh, ma certo Sharpay.- annuì l’insegnante –Devo avvertirvi però, non è un progetto che riguarda tutti. Solo i migliori del mio corso saranno ammessi.-
Taylor si voltò verso il suo migliore amico, Chad, e si scambiarono uno sguardo divertito, scuotendo le spalle: sarebbero sopravvissuti comunque!
-Si tratta, ragazzi, di una gita.-
Il tono eccitato della Darbus fu, per la prima volta nella storia scolastica, condiviso da tutti i suoi allievi. Un mormorio si diffuse nella classe.
-I partecipanti saranno: Kelsie Nielson, Mark Howard…- scontato: erano gli unici due musicisti fissi del Drama Club –Sharpay e Ryan Evans…- c’era davvero bisogno di dirlo? –Gabriella Montez, Troy Bolton…- altra grande novità –E infine Chad Danforth e Taylor McKassy.-
I due ragazzi sgranarono gli occhi mentre il silenzio calava su tutta la classe.
-Io… mi scusi ma… perché?- balbettò Taylor. Cantare le piaceva, le piaceva molto. Ma non aveva sicurezza, e la Darbus non le aveva mai dato un voto superiore al 6.
-Già, perché noi?- concordò Chad guadagnandosi una gomitata di rimprovero da Sharpay.
-Beh, tu, signor Danforth, verrai con noi per la tua nuova passione per la danza: in così poco tempo, sono stupita dei tuoi progressi. Tu invece, McKassy… verrai perché credo che tu possa giovarne. Io credo che tu abbia tutte le potenzialità necessarie. Ciò che ti manca, mia cara, è la sicurezza in te stessa e nella tua voce. Spero che questo viaggio possa esserti d’aiuto.
-Ma dove andiamo di preciso, professoressa?- domandò Ryan.
-Ho il piacere di annunciarvi…- disse la Darbus –Che passeremo cinque settimane a Parigi, dove soggiorneremo, e voi studierete e lavorerete, nientemeno che al famoso Teatro dell’Opera!-


Capitolo primo

-Che ne dite di cantare qualcosa, ragazzi?- propose la professoressa Darbus non appena furono tutti sul piccolo pulmino che li avrebbe trasportati dall’aeroporto al famoso Teatro dell’opera.
Inutile dire che nessuno avrebbe potuto contestare questa proposta, anche volendo, visti i motivi per cui erano stati scelti per quella gita.
-Bene, allora… direi di iniziare con What Child, che ne dite? Avanti… la strofa alle ragazze, voi ragazzi entrate sul primo “this”… tre, due, uno e…-
-What Child is this who laid to rest…- intonò Taylor, seduta accanto a Kelsie, che pure cantava. Nei sedili accanto a loro c’era Chad, che aspettava il suo turno senza troppa impazienza, con Sharpay, che come al solito cantava con grande esuberanza. Davanti a loro erano seduti Troy e Gabriella, mentre i posti davanti a Taylor e Kelsie erano occupati da Ryan e Mark.
-This this is Christ the King…- si unirono al coro i ragazzi.
Dopo un’altra decina di canzoni dirette abilmente dalla Darbus, che faticava a stare in equilibrio, il pulmino si fermò davanti al Teatro dell’Opera.
Scesero per prendere le valigie. Taylor si caricò il suo borsone sulla spalla, alzò lo sguardo e sbarrò gli occhi. Per la prima volta si trovava davanti il magnifico Teatro dell’Opera.
Uno strano brivido le percorse la schiena e, imputandolo all’emozione di trovarsi in un tale luogo, prese ad osservare l’edificio con grande interesse, fingendo come tutti gli altri di ascoltare le nozioni storiche ed artistiche che la Darbus snocciolava accanto a loro.
-Ma dove alloggeremo?- domandò Kelsie pigiandosi il cappellino in testa, emozionata: quali grandi musicisti dovevano aver suonato in quel luogo? Quali grandi personaggi avevano toccato i tasti del pianoforte che lei avrebbe avuto l’onore di suonare, avevano fatto vibrare gli spettatori con le loro note?
-Dietro ci sono i dormitori.- spiegò la Darbus, con tono un poco infastidito: probabilmente il fatto che Kelsie avesse interrotto a metà una sua frase le aveva fatto comprendere quanto i suoi studenti stessero prestando attenzione alle sue parole –Un tempo erano il Collegio dell’Opera. Andiamo, forza.-
Salirono la bellissima scalinata e superarono le grandi porte. Trovarono ad accoglierle, nell’entrata lussuosissima, una donna che doveva avere una quarantina d’anni, con un tailleur grigio addosso e i lunghi capelli castani intrecciati in modo particolare.
-Salve, e benvenuti.- li salutò, dopodichè si presentò –Sono Madame Giry.-
-La professoressa Darbus, molto lieta. E questi sono i miei alunni…- li presentò tutti mentre Madame Giry li esaminava tutti con lo sguardo. Loro tuttavia non lo notarono. In effetti, avevano concesso alla donna una sola rapida occhiata, dopodichè i loro occhi erano stati irresistibilmente dalla magnificenza dell’entrata.
-Oggi è domenica, come immagino sappiate, e stasera andrà in scena Romeo e Giulietta. I nostri direttori, il signor Richard e il signor Moncharmin, vi hanno riservato dei posti, sperano che vogliate essere loro ospiti.
-Oh, sono stati gentilissimi, non avrebbero dovuto disturbarsi! Accettiamo con piacere, anzi con onore!- accettò la professoressa con voce emozionata come non mai per quella possibilità.
-Ora, se volete seguirmi, vi mostrerò le vostre stanze.- mentre percorrevano corridoi lunghi e larghi, dalle pareti bianche e oro e un tappeto rosso sul pavimento, Madame Giry diede loro qualche indicazione.
-Non abbiamo una mensa. Dovrete mangiare fuori a pranzo e cena… i signori Richard e Moncharmin, tuttavia, insistono per avervi come ospiti a colazione… tutti i giorni tranne la domenica, in modo che possiate dormire di più, se lo gradite. Ogni stanza ha il suo bagno personale. Per oggi, avrete il pomeriggio libero: lo spettacolo inizia alle nove. Vi raccomando un abbigliamento adeguato, nonché naturalmente puntualità assoluta: si solito si inizia a prendere posto alle otto. Per quanto riguarda questo pomeriggio vi consiglio di uscire: c’è sempre una gran confusione il giorno della prima.-
L’edificio del collegio era separato dal resto del Teatro solo convenzionalmente: non vi erano muri o nessun altro genere di barriera fisica a dividerli.
Ognuno aveva la propria stanza: Madame Giry diede loro le chiavi e si allontanò, scusandosi di doverli lasciare così presto. Ma, diceva, il dovere la chiamava: “il suo dovere andava oltre a quello delle altre maschere”, spiegò con aria orgogliosa e un poco misteriosa, forse.
Taylor entrò nella sua stanza e per poco non svenne per l’emozione.
Era incredibile, le pareva di trovarsi nella stanza di una principessa! Era arredata secondo una moda antica, forse del 1700 o poco più, ma era molto elegante anche se un po’ barocca per i suoi gusti. Al centro c’era un letto a baldacchino dall’impalcatura elaborata, di legno chiaro, e i tendaggi bianchi semi-trasparenti. Contro una parete c’era un grande armadio, davanti a quella opposta un’ampia scrivania. Di fronte al letto, come inserito nel muro, un grande specchio, più alto di lei, dall’aria molto antica. Taylor ne fu subito attratta, più che da tutto il lusso in cui era immersa, e si avvicinò ad esso sfiorandone con la mano la cornice dorata. Toccò poi la superficie liscia, ma ritirò immediatamente la mano: era così freddo! Eppure, faceva caldo nella stanza… Scosse le spalle e lasciò perdere. Si dedicò all’ispezione della stanza da bagno, e immediatamente decise di provare la bellissima vasca idromassaggio, poi si vestì in fretta e decise che avrebbe disfatto le valige dopo: uscì dalla stanza e incontrò i suoi compagni.
La Darbus li raggiunse poco dopo, mentre le ragazze commentavano quasi commosse il lusso in cui si trovavano e i ragazzi si chiedevano com’era che, se avevano tutti quei soldi, i direttori del teatro non aveva pensato a una sala tv per gli ospiti.
-Ragazzi, che pretese!- li rimproverò la Darbus –Ora andiamo: abbiamo mille cose da visitare e un solo pomeriggio per farlo!-


Capitolo secondo

-Non è romantica, questa città?- domandò Kelsie stendendosi sul letto di Taylor quella sera, quando furono tornati al Teatro dell’Opera dopo il frenetico pomeriggio passato in giro a visitare Parigi.
-Si, direi proprio di si.- si dichiarò d’accordo Taylor: in effetti tutto, dalla Tour Eiffel al più piccolo vicoletto, le era parso come immerso in un’atmosfera particolare, come non ne aveva mai percepite in America –E direi che le nostre due coppiette erano d’accordo.- aggiunse ridacchiando: le due coppie, Chad con Sharpay e Troy con Gabriella, avevano infatti passato gran parte del tempo tenendosi per mano, scambiandosi dolcezze, carezze e paroline dolci.
Kelsie si rabbuiò –Già, in effetti… non ti capita mai di invidiarle?- domandò come d’impulso.
-Intendi Gabriella e Sharpay?- si accigliò Taylor, riflettendoci per un attimo –Si, in effetti mi capita. Ci sono volte in cui vorrei essere estroversa e sicura di me come Sharpay… e altre volte vorrei avere la sensibilità di Gabriella… ma allora non sarei più io.- concluse ridendo.
-No, non intendevo questo. Se ti capita di invidiarle per quello che hanno… insomma, dei ragazzi che le amano e di cui sono innamorate.- spiegò Kelsie.
Taylor sorrise: non era la prima volta che l’amica le faceva quel discorso –No.- rispose –Non voglio ciò che hanno loro… l’amore è diverso per ogni persona. Il loro momento è arrivato… arriverà anche il nostro. E se non arriverà, significa che saremo più felici così, immagino. Chi ha detto che l’amore dà felicità?-
-Non dirai così quando ti innamorerai.- rise Kelsie –Beh, ora vado a vestirmi… se non scendiamo in tempo la Darbus darà in escandescenze.-
Taylor scosse la testa quando l’amica uscì. Non capiva perché mai fosse così interessata all’amore. Da parte sua, preferiva non innamorarsi, se questo doveva per forza concernere tutti i teatrini e i piccoli drammi che avevano preceduto i fidanzamenti dei suoi amici.
Pianti, depressioni, sbalzi d’umore… no, non faceva per lei.
Si voltò all’improvviso. Aveva sentito un rumore… lo specchio attirò il suo sguardo. Si diede della sciocca: gli specchi non facevano rumori. Era la sua immaginazione, senza dubbio.
Prese il suo abito da sera dall’armadio: quello l’aveva tirato fuori, anche se tutto il resto era ancora in valigia, per evitare che si rovinasse. Lo indossò e andò davanti allo specchio: era un abito molto semplice, bianco, con le spalline e la gonna lunga fino a coprirle i piedi nonostante i tacchi dei sandali bianchi. Sulle spalle sistemò un leggero scialle azzurrino chiaro e si sistemò i capelli.
-Allora, mio specchio rumoroso, come sto?- domandò tra sé sistemandosi l’abito –Speriamo che la moda parigina non sia troppo distante da quella americana.- sospirò, ed uscì dalla stanza.
Incontrò gli altri nel corridoio, e le fece davvero uno strano effetto vederli tutti così eleganti. L’abito di Sharpay era ovviamente fucsia, con la gonna più ampia di quello di Taylor, e lo aveva abbinato a un copri-spalla rosa confetto come le scarpe. Gabriella, i capelli scuri in una coda alta, era vestita di azzurro. Kelsie invece indossava un vestito nero con scarpe dello stesso colore, e sopra portava una giacchetta di tulle, anch’essa nera.
I ragazzi non erano da meno: la Darbus aveva avvertito i loro genitori che probabilmente avrebbero avuto bisogno di qualcosa di elegante, e tutti erano forniti di camicia bianca, giacca e cravatta.
-Siete bellissimi, tutti quanti.- trillò la Darbus adagiandosi lo scialle viola sulle spalle –Andiamo.-
Camminarono con grande meraviglia tra gli altri spettatori: erano tutti elegantissimi, le signore nei loro abiti da sera e i signori che le accompagnavano usando vero di loro tutti i riguardi del galateo.
Furono raggiunti da Madame Giry, che scambiò un paio di parole con la Darbus per indicarle i loro posti. Erano buoni, in particolare considerando che erano gratuiti. Ma la maschera si scusò con loro da parte dei direttori, e assicurò che se un palco fosse per caso rimasto libero, li avrebbe fatti spostare immantinente.
-Beh, speriamo di essere fortunati, allora!- trillò la Darbus mentre si sedevano e Madame Giry si allontanava –E credo che lo saremo, non ho visto ancora nessuno andare verso quel palco…- svelò agli studenti, indicando il palco che se Taylor aveva contato bene doveva essere il numero cinque.
Non furono fortunati: Madame Giry non tornò da loro e quando il sipario si aprì erano ancora nei loro posti originali.
-Beh, non ha importanza.- commentò la Darbus –La prossima volta, ragazzi, sarete dall’altra parte, sul palco! Sono emozionata per voi… certo, quel palco è rimasto vuoto… ma forse non ci stiamo tutti.-
Taylor si voltò per un istante verso il palco numero cinque e questo le confermò le parole della Darbus: non c’era nessuno. Ma vedevano benissimo, e per essere la prima volta che si trovava in un Teatro del genere doveva ritenersi molto fortunata.
Lo spettacolo fu superlativo e tutti loro avevano le lacrime agli occhi alla scena della tomba. Potevano dire con certezza di non aver mai visto una tale bravura, mai sentito voci così perfettamente intonate e ammirato ballerini tanto bravi.
-E noi, domani, dovremmo lavorare con questi qui? Ma che cosa speriamo di fare?- domandò Taylor emozionatissima ma altrettanto preoccupata per ciò che avrebbero dovuto fare il giorno seguente.
Alla fine degli applausi, il pubblico iniziò a sciamare verso le uscite e, in minor quantità, in direzione delle quinte per salutare ed omaggiare gli artisti.
-Dobbiamo andare senza dubbio a porgere i nostri ringraziamenti ai signori Richard e Moncharmin.- affermò la Darbus, e li guidò verso le quinte, facendosi largo tra la folla con non poca fatica, visto che erano decisamente contro corrente.
-Dammi la mano, evitiamo di perderci.- disse Ryan a Taylor porgendole la mano. Lei la prese e diede l’altra a Kelsie, che li seguì a sua volta.
Dietro le quinte l’atmosfera era strana: eccitata, ma allo stesso tempo indolente. Era finito lo spettacolo, e pian piano la brillante eco degli applausi, dei trucchi e dei costumi andava scomparendo e si tornava alla realtà, noiosa e banale com’era.
I due direttori del Teatro erano poco lontano dalle ballerine che, eccitate, chiacchieravano con giovanotti in abiti eleganti che le avevano probabilmente raggiunte dopo aver assistito allo spettacolo.
Il gruppo di Albereque si avviò verso i due e si avvicinarono, cogliendo appena qualche frase del loro discorso.
-Stasera, abbiamo avuto fortuna, pare.- stava dicendo uno dei due, basso con baffi e capelli grigi.
-Già, non si è fatto vivo… d’ora in poi, poiché pare che basti, non affitteremo mai più il palco cinque, a nessun costo!- disse l’altro.
Taylor si accigliò: perché mai i due direttori di un Teatro avrebbero dovuto volontariamente decidere di non vendere dei biglietti tanto buoni?
Le sue considerazioni non portarono tuttavia ad alcuna domanda, perché i due si accorsero del loro arrivo e li salutarono con grandi cerimonie, poi quello basso coi capelli grigi e i baffi disse di essere il signor Moncharmin. L’altro, più alto e un po’ panciuto, si presentò come il signor Richard.
-Siamo desolati di non potervi accompagnare personalmente a conoscere il cast.- si scusò il signor Moncharmin –Ma al momento abbiamo qualcosa da definire con… alcuni colleghi d’affari… se volete scusarci… vi attendiamo domani mattina alle otto, per la colazione, ovviamente. Ora… Madame Giry? Madame, abbia la premura di presentare qualcuno ai nostri ospiti, così che domani non si trovino del tutto spaesati.-
Madame Giry lo fece con piacere, o almeno così parve, perché li presentò praticamente a tutti. In particolare, con grande cura, a sua figlia, Meg Giry, una delle ballerine.
-Madame?- domandò Taylor avvicinando la maschera mentre la Darbus spiegava a Ryan e Troy chissà cosa, Gabriella, Kelsie e Sharpay chiacchieravano con un gruppo di giovani ballerini, Chad ascoltava con grande interesse il primo ballerino e Mark ammirava il coordinatore musicale.
-Si?- rispose la donna.
-Mi chiedevo… come mai il palco numero cinque era vuoto? E ho sentito i signori direttori dire che non lo affitteranno più… cosa…- non fece in tempo a finire la domanda, che Madame Giry la guardò con occhi infiammati –Non occuparti del palco numero cinque. Non sono affari che ti riguardino, sono stata chiara?-
Di fronte a quel repentino cambio di umore, Taylor sobbalzò e si affrettò ad annuire. Eppure, in qualche modo sapeva che non avrebbe potuto obbedire: come evitare di cercare di saperne qualcosa in più, dopo la reazione che aveva avuto Madame Giry?
 
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spands72
view post Posted on 4/8/2008, 07:51




grazie per i due capitoli, ma mi domandavo del perchè quando delle persone indicano di non fare qualcosa, subito scatta la voglia di trasgredire!!
 
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Sere Butler
view post Posted on 14/9/2008, 11:27




Capitolo terzo

La mattina seguente si svegliarono di buon ora al suono di solito assolutamente insopportabile delle sveglie. O meglio, al suono che di solito era insopportabile: quel giorno quel suono fu accolto con grande entusiasmo: lo spettacolo della sera precedente aveva invogliato tutti a iniziare la giornata.
Si vestirono comodamente, in tuta da ginnastica, e uscirono dalle loro stanze in contemporanea, trovandosi nel corridoio. Arrivò la Darbus, vestita col suo solito gusto un po’ esagerato ma che tutto sommato le donava.
-Sono felice di vedere che siete tutti pronti in tempo! Bravi…- si complimentò con loro: questo era segno evidente che condivideva la loro emozione per la giornata –Ora andiamo, i signori Richard e Moncharmin ci aspettano. Tra cinque minuti. Madame Giry ieri sera mi ha spiegato come arrivare al loro salottino privato… speriamo solo di non perderci.-
Quando arrivarono trovarono la porta aperta, ma la Darbus bussò comunque e da dentro la voce di uno dei due direttori li invitò ad entrare.
La colazione era già su un grande tavolo a cui i ragazzi e la professoressa furono gentilmente invitati ad accomodarsi. Mangiarono croissant fumanti alla marmellata e altri dolci, annaffiati da latte, cioccolata e da un caffè che avrebbe fatto rabbrividire d’orrore un italiano ma che per loro era ottimo.
Taylor, sorseggiando la sua cioccolata, osservò per un attimo i due uomini che li ospitavano. Il signor Moncharmin aveva l’aria allegra, spensierata, mentre il signor Richard era senza dubbio più contenuto e alquanto più severo. Se fosse stato presente solo il signor Moncharmin, probabilmente Taylor gli avrebbe chiesto informazioni sul palco numero cinque. La notte aveva dormito profondamente per la stanchezza del viaggio e per il fuso orario, ma come si era svegliata il mistero sollevato dalle parole di Madame Giry aveva nuovamente fatto capolino nella sua mente. La presenza seriosa del signor Richard, tuttavia, la distolse dal suo proposito.
Due colpi sulla porta annunciarono un arrivo e Madame Giry entrò nel salottino con in mano una lettera.
-Mi è stata consegnata una missiva per voi, signori.- disse facendo un piccolo inchino ai direttori del Teatro. Vedendo la busta che la donna teneva in mano, Moncharmin emise qualcosa che poteva essere a metà tra uno sbuffo e un gemito, mentre il signor Richard si irrigidì tanto che quando si alzò in piedi per poco non buttò a terra la sedia.
-Datemela qua.- disse Richard tendendo il braccio –E accompagnate i nostri ospiti al coro.-
Con una calma e un’aria di importanza che in qualsiasi altra maschera sarebbero apparse decisamente fuori luogo, soprattutto se confrontate con il comportamento impacciato che i direttori avevano in quel momento, Madame Giry attraversò l’ufficio e passò la lettera al signor Richard, che con un rapido movimento la fece sparire nella sua tasca.
Uscirono dall’ufficio e Madame Giry non disse una parola mentre li accompagnava al piano sottostante, nella sala principale dove c’era il palco. Taylor non le domandò nulla, ricordando come aveva reagito la sera prima. Non c’era ancora nessuno e la donna li affidò ad un macchinista, Joseph Buket, un uomo dall’aria un po’ viscida, piuttosto grassoccio ma abbastanza alto perché questo non si notasse eccessivamente.
-Oh, vi divertirete qui, ve l’assicuro.- disse l’uomo non appena Madame Giry si fu allontanata –Oh si, ci si diverte sempre nel mondo dello spettacolo, care signorine…- disse sorridendo in direzione di Gabriella. Troy si avvicinò alla sua ragazza e la prese per mano, trattenendosi a stento dal lanciare a quel tizio un’occhiataccia fulminante.
-Se capitate sole con questo tizio.- sussurrò Chad a Sharpay, Taylor e Kelsie, mentre l’uomo continuando il suo lavoro le squadrava una ad una –Gridate e scappate più in fretta che potete. Non mi piace per niente.-
Le tre sorrisero, ma l’idea di trovarsi sole con Joseph Buket le faceva rabbrividire.
-Ragazzi, vado ad informarmi su cosa dovrete fare esattamente.- annunciò la Darbus lanciando un’occhiata al signor Buket –Voi restate tutti insieme.- aggiunse.
Non appena l’insegnante se ne andò, arrivò un gruppo di giovani ballerine. Tra loro, Meg Giry, che andò subito a sedere tra Taylor e Kelsie –Avete dormito bene?- domandò allegramente –Non avete avuto problemi, spero.-
-Signorina Giry, lo sapete bene che i problemi qui non si hanno durante la notte.- si intromise Joseph Buket scendendo dall’impalcatura su cui aveva lavorato fino a quel momento e circondando la spalla della giovane ballerina con un braccio.
Meg Giry si scostò dall’uomo, desiderosa di evitare quel contatto sebbene sembrasse tranquilla: probabilmente, le ragazze col tempo avevano imparato a trattare con lui.
-Cosa volete dire?- domandò Taylor: quel posto iniziava a rivelarsi molto interessante.
Joseph Buket fu lieto di rispondere alla sua domanda: si poteva intuire dal suo sguardo che non vedeva l’ora di esporre le sue conoscenza sul Teatro dell’Opera, dove aveva passato più di metà della sua vita. Questa esuberanza fece pensare a Taylor che, forse, non avrebbe potuto fidarsi delle sue parole: era evidente dal suo entusiasmo e dalla sua espressione che stavano per ascoltare una qualche leggenda metropolitana.
-Non è durante il giorno che lui agisce.- disse infatti Joseph Buket in tono remoto, come se stesse raccontando una storia dell’orrore.
-Lui? E chi sarebbe?- domandò Chad alzando gli occhi al cielo.
-Non mi stupisce che non ne abbiate sentito parlare. Il Fantasma.-
-Oh, c’è un fantasma? Interessante… che fa, trascina le catene e ulula?- sbottò Sharpay.
-Non un fantasma, signorina. Il Fantasma… il Fantasma dell’Opera.-
Gabriella scoppiò a ridere, ma Taylor, che voleva assolutamente sentire tutta quella storia assurda, le diede una gomitata –Davvero? Incredibile… e cosa fa il Fantasma? Qualcuno l’ha mai visto?-
-Oh, qualcuno l’ha visto… ma più che altro lui si sente. Lassù, al palco numero 5.- disse Meg Giry. Tutti scossero la testa divertiti: tutti tranne Taylor.
Il palco numero 5! Ecco qualcosa di interessante!
-Ma qualcuno, a volte, lo vede.- aggiunse Joseph Buket –E ne rimane traumatizzato per sempre.-
-Oh, è così spaventoso?- domandò Kelsie.
-È come cera il viso suo… un mezzo buco fa da naso, e niente più… Aprite gli occhi, signorine, attente a voi! O finirete prese al cappio suo!- disse Joseph Buket con un tono cantilenante, come se stesse raccontando una vecchia filastrocca.
-Basta, signor Buket!- esclamò Meg allarmata –Lo sapete bene che non dovete impicciarvi degli affari del Fantasma! Quante volte deve dirvelo mia madre? Finirete per rimetterci.-
Ryan e Chad si stavano evidentemente forzando di non scoppiare a ridere, e tutti gli altri, anche se mantenevano un po’ più di contegno, avevano lo stesso impulso. Fortunatamente, furono dispensati dal rispondere a quelle affermazioni dal ritorno della Darbus, accompagnata da un uomo anziano che doveva essere il direttore del coro.
-Salve ragazzi. Il resto del coro si sta sistemando in questo istante… io sono il maestro Deviènne.- si presentò. Quando i ragazzi si furono presentati, li guidò sul palco. In un lato di esso, un gruppo di una decina di persone leggeva spartiti, chiacchierava e rideva.
Dopo una veloce presentazione, il maestro Deviènne annunciò ai nuovi arrivati che doveva sentire la loro tonalità. Chad, Taylor, Mark e Kelsie sbiancarono.
-Mark, Kelsie?- chiamò la Darbus –Voi non siete qui per il coro… e nemmeno tu, Chad… venite con me.-
I tre sospirarono all’unisono, sollevati. Taylor, invece, rimase immobile, tremante, aspettando il momento in cui, ne era sicura, si sarebbe resa ridicola davanti a tutti.

Capitolo quarto

Iniziò Sharpay. Fu lei ad offrirsi: un po’ perché era sua natura mettersi alla prova alla prima possibilità, e un po’ perché aveva visto Taylor sbiancare e temeva che sarebbe svenuta se le avessero chiesto di cantare per prima.
Il maestro Deviènne fu soddisfatto, anche se aggiunse un commento sull’eccessività della sua esuberanza. Quando toccò a Gabriella, non fece commenti negativi, ma nemmeno positivi. Fu il turno di Ryan, e disse che era felice di avere un altro ragazzo in grado di prendere le note alte, visto che erano molto pochi. Di Troy disse che aveva una bella voce, e che era un peccato che fosse evidente che aveva iniziato ad allenarla adeguatamente da poco tempo.
-Tocca a voi, signorina McKassy.-
Come avevano fatto gli altri prima di lei, Taylor fece un passo avanti e tossì lievemente, mentre sentiva chiaramente un forte rossore salirle alle guance.
Uno dei musicisti le diede la nota che doveva prendere usando il pianoforte, e Taylor cercò di riprodurla.
-Più alta, signorina.- disse il maestro Deviènne guardandola accigliato. Taylor cercò di calmarsi, e al secondo tentativo riuscì a prendere le note all’altezza giusta ma, non potè non percepirlo, il maestro Deviènne si era aspettato qualcosa di meglio, soprattutto sentendo i suoi quattro compagni che avevano cantato prima di lei.
Rossa di vergogna, maledicendo la Darbus per averla costretta a umiliarsi a quel modo, Taylor tornò al suo posto e un attimo dopo il maestro Deviènne passò a lei e agli altri i loro spartiti.
L’opera stavolta era Il Muto, una storia piuttosto comica che Taylor conosceva perché la Darbus aveva portato la cassetta in classe, tempo prima.
Provarono un paio di canzoni: una era quella del prologo, la seconda era il momento in cui il Conte scopre la moglie col paggio muto.
A pranzo, fecero una breve pausa e Taylor, Kelsie, Mark e Ryan decisero di andare a mangiare per conto loro per lasciare un po’ di tempo alle due coppiette, in modo che potessero a loro volta dividersi e stare per conto loro.
Il pomeriggio, lavorarono nuovamente su quelle canzoni.
-Per oggi ho evitato, per non mettere in imbarazzo i nuovi arrivati.- disse il maestro Deviènne quando ebbero terminato le prove –Ma domani proveremo singolarmente, in modo da correggere gli errori di ognuno con più facilità.-
Non occorreva prestare troppa attenzione per accorgersi che il suo sguardo, mentre pronunciava la parola “errori”, era puntato su Taylor. E questo alla ragazza non sfuggì: abbassò lo sguardo, imbarazzata. Come aveva potuto, La Darbus, anche solo pensare che sarebbe stata in grado di reggere il confronto con le sue compagne? E lei, come aveva potuto dare la priorità ad una gita a Parigi rispetto al suo orgoglio?
-Non prendertela.- sorrise Gabriella mentre si avviavano verso le stanze –Eri agitata, vedrai che domani andrai benissimo.-
-Ehi ragazze, com’è andata?- domandò Chad avvicinandosi alle due dopo aver salutato alcuni ragazzi, che a giudicare dal fisico dovevano essere ballerini.
-Uno schifo.- rispose Taylor.
-Dai, non è vero!- la rimproverò Sharpay mentre il suo ragazzo le prendeva la mano, poi si rivolse a lui –Era agitata e ha sbagliato la prima nota. Per il resto, è andata bene.-
Taylor fece di tutto per sorridere durante tutta la cena. Ma il comportamento gentile dei suoi amici non fu affatto d’aiuto come probabilmente loro speravano. A forza di minimizzare l’accaduto, si era convinta che fosse quasi irreparabile, ed arrivò in camera sua con gli occhi che bruciavano per le lacrime di umiliazione.
Se qualcuno le avesse detto che aveva fatto schifo… cielo, sarebbe stato meglio delle velate critiche del maestro Deviènne, dei finti incoraggiamenti della Darbus!
Infilò una camicia da notte bianca e si infilò a letto. Poi, spense la luce, pensando a come sarebbero andate le cose il giorno seguente: ancora peggio, ovviamente.
Rimase a rigirarsi nel letto per un po’, ma all’improvviso qualcosa la distrasse dal pensiero della sua disastrosa performance.
Avvertì una musica, il lieve suono di un pianoforte. Forse qualcuno si stava esercitando?
No, certo che no, erano troppo lontani dal teatro, e anche dalla sala prove…
Eppure quella musica…
Si mise a sedere sul letto, e ad un certo punto una voce si unì al suono del pianoforte.
Taylor trattenne il respiro. Era una voce… maschile, le sembrava. Ma non riusciva a sentirla bene, non capiva le parole… era troppo lontana.
Si alzò dal letto e andò alla porta. Uscì in corridoio, decisa a sentire più chiaramente quella canzone. Ma non appena si chiuse la porta alle spalle, la musica e la voce cessarono.
Delusa, Taylor tornò nella stanza e si mosse al buio verso il letto. Appena fu sotto le coperte la musica ricominciò e la voce riprese a cantare, ora più vicina.
Non erano parole, solo suoni… e ora capiva che la voce era maschile, senza dubbio. Ma era così strana, come non ne aveva mai sentite prima di quel momento.
Ogni nota entrava in lei, si depositava nella sua anima.
L’impulso di unirsi a quella voce fu troppo forte, ma lo fece sottovoce, in un sussurro. E ogni volta che la voce misteriosa intonava una nota, lei la prendeva d’istinto, come se quella voce guidasse la sua.
Si addormentò cullata da quella dolce voce, che continuò il suo canto per gran parte della notte.

Capitolo quinto

Taylor si svegliò con una strana sensazione: come se ci fosse qualcosa di strano, ma non riuscisse a comprendere cosa.
-Tay? Tay, sei sveglia?- la voce di Kelsie, accompagnata dal suo continuo bussare alla porta, la distolse dai suoi pensieri.
-Si… aspetta!- rispose, e andò ad aprire la porta –Salve.-
-Sei matta? Ancora in pigiama? Tra cinque minuti viene a prenderci la Darbus per andare a colazione!- esclamò Kelsie guardandola a occhi sbarrati.
-Tra… cinque minuti?- gridò Taylor, e rientrò nella stanza. L’amica la seguì dentro e chiuse la porta mentre lei tirava fuori un paio di pantaloni della tuta neri e una maglia grigia dall’armadio.
Fu, inaspettatamente, pronta appena in tempo per non far innervosire la professoressa.
-Taylor, cara…- disse la donna mentre si avviavano tutti insieme verso lo studio dei direttori del Teatro –Spero che tu non sia nervosa. Ieri eri molto agitata, ma non c’è motivo perché anche oggi tu debba essere così disastrosa. Sono certo che andrà bene.
Se l’insegnante aveva pensato di esserle d’aiuto, si sbagliava. Da quando si era svegliata era riuscita a non pensare nemmeno una volta alla sua ridicola performance del giorno precedente, ma ora che le era tornata in mente, e che per di più aveva avuto la conferma di essere stata del tutto patetica, checché ne dicessero i suoi amici, ritrovare il buon umore sarebbe stato davvero difficile. Per non parlare della sicurezza che le sarebbe stata necessaria per cantare un po’ meglio…
Ma non poteva certo incolpare la Darbus. Non aveva le capacità adatte, tutto qui.
Entrò con gli altri nella stanza in cui i signori Moncharmin e Richard li attendevano come avevano fatto la mattina precedente.
-Sono stato informato…- disse il signor Moncharmin, che era molto più espansivo del signor Richard –Che alcuni di voi hanno fatto davvero un bel lavoro, ieri. Sia io che il mio collega siamo più che felici che questo progetto si stia rivelando così positivo!-
-Oh, sono certa che tutti i ragazzi andranno meglio ancora, da oggi. Ieri, l’agitazione non li ha aiutati.-
-Certo, certo… è ovvio…- confermò il signor Moncharmin mentre Taylor stringeva i pugni.
-Tranquilla Tay. Lo sappiamo tutti che sei brava.- le sussurrò Gabriella. Taylor le sorrise, grata del suo appoggio.
Dopo colazione andarono nella sala del palco e il maestro Deviènne, stavolta, era già lì, insieme ad un paio di ragazzi del coro.
-Ciao, a dopo.- disse Chad –In bocca al lupo, vedrai che andrai alla grande!- disse poi a Taylor in un sussurro prima di allontanarsi per raggiungere la coreografa e il gruppo dei ballerini.
-Ci vediamo dopo.- disse Mark, e anche lui e Kelsie se ne andarono.
Il coro iniziò subito le prove singole. Per primi provarono i ragazzi che erano fissi nel coro, e poi sarebbe stato il turno dei cinque ragazzi di Albereque.
Nel frattempo, Taylor ripassò mentalmente gli spartiti.
Leggendoli, si accigliò: sembrava che la riportassero a un ricordo confuso di cui non aveva memoria… non le prove del giorno prima, quelle le ricordava anche troppo bene, bensì qualcosa di…
Sobbalzò, mentre le tornava alla mente la Voce, la Voce che aveva cullato il suo sonno quella notte: aveva cantato quelle stesse note, ne era sicura.
Dunque, la Voce doveva essere uno dei ragazzi del coro! Lasciò perdere gli spartiti e prestò attenzione alle prove.
No, niente. Nessuno di quei ragazzi poteva essere paragonato, anche solo lontanamente, alla Voce. Ne era sicura.
Del loro gruppo, fu Ryan a cominciare. Azzeccò tutte le note alla prima prova, e il maestro Deviènne non potè che complimentarsi con lui.
-Signorina Montez, adesso.-
Gabriella fu divina, ovviamente. La sua voce dolce si adattava perfettamente ad ogni canzone e il maestro Deviènne ne fu deliziato.
-Signorina Evans?-
Sharpay aveva una voce così potente che per lei nessuna nota alta era un problema: il maestro Deviènne le disse che nel coro avrebbe dovuto contenersi un poco, ma non ebbe altro da ridire.
-Bolton.-
Troy ebbe qualche problema in più: sbagliò un accordo e stonò un passaggio. Ma aveva una gran predisposizione al canto e al secondo tentativo andò molto bene.
-E ora, signorina McKassie, prego.- sospirò il maestro Deviènne preparandosi mentalmente a sentir storpiare quella musica bellissima. Dal canto suo, Taylor non poteva non avere lo stesso pensiero: se i semplici gorgheggi del giorno prima l’avevano messa in difficoltà, come poteva pensare di cavarsela con una canzone intera?
Trasse un profondo respiro e intonò la prima nota, alla quale la seconda seguì con naturalezza, così come la terza e tutte quelle seguenti. La sua voce cantava senza che lei si sforzasse in alcun modo, senza che dovesse pensare alle note. Era naturale, e lei non percepiva altro che non fosse la canzone.
Quando ebbe terminato, guardò il maestro Deviènne, e poi la Darbus. Entrambi, sul volto, avevano la stessa espressione sbalordita, e sembrava non sapessero cosa dire. Il resto del coro mantenne lo stesso silenzio e Taylor si voltò cercando con lo sguardo i suoi amici, per scoprire che la fissavano allo stesso modo.
-Maestro Deviènne…- lo riscosse, quando il silenzio si fu prolungato troppo a lungo perché potesse non sentirsi imbarazzata da esso.
-Siete stata perfetta. Non posso credere che in una sola notte una voce possa… certo ieri eravate agitata, signorina…-
-Sei stata bravissima, Taylor.- disse la Darbus, ancora più stupita del maestro Deviènne: da quando Taylor McKassy aveva quella voce? E perché non l’aveva mai sfruttata in uno dei suoi spettacoli?
-Facciamo un attimo di pausa ora che avete provato tutti… devo consultarmi col regista… devo assolutamente…- borbottò il maestro allontanandosi.
Taylor si voltò un po’ stordita verso i suoi amici e Gabriella corse ad abbracciarla –Te l’avevo detto, te l’avevo detto! Sei stata bravissima Taylor, non capisco perché non hai mai fatto un provino!-
-Io… ma andiamo, va bene, ho preso le note giuste ma… non esagerare, non sono certo stata meglio di te.- disse Taylor, ansiosa di riportare l’amica sul pianeta terra.
-Si invece.- disse Ryan avvicinandosi e guardandola con aria ammirata –Sei stata più brava di lei, di Sharpay, di Troy e di me. Nonché del resto del coro, Taylor! Non sapevo che cantassi così.-
-Beh… neanch’io…- mormorò Taylor, confusa. Era mai possibile che avesse davvero cantato tanto bene? Certo i sui amici esageravano… ma il maestro Deviènne?
Fu proprio lui a confermare le parole di Ryan. Tornò in quell’istante, con uno spartito in mano –Signorina McKassy, uno dei nostri cantanti ha perduto la voce ieri sera. Voglio che sia lei a sostituirlo… sono solo poche battute da solista, ma spero che le faccia piacere!-
Taylor lo guardò con tanto d’occhi –Maestro io… non credo di esserne all’altezza, non ho mai fatto niente del genere!- cercò di protestare, agitata.
-Oh Taylor, non dire sciocchezze!- si intromise la Darbus –Forza, vai a provare, è una grande opportunità!- e dicendo ciò la spinse verso il gruppo di solisti secondari.
Taylor non poté fare altro che obbedire, e passò tutta la giornata a provare, con l’aiuto di un giovane molto disponibile, un tenore di nome Sean che aveva le battute alternate alle sue.
-Complimenti.- le disse quando, prima di pranzo, si interruppero le prove –Ti ho sentita cantare ieri ma… è come se nella notte avessi preso qualcosa come trent’anni di lezioni di canto. Mai sentito una voce maturare tanto in fretta!-
-Grazie.- sorrise Taylor imbarazzata, e tornò dai suoi amici. Non rividero Chad, che era impegnato con il corpo di ballo, e nemmeno Kelsie e Mark, ma Taylor fu sommersa comunque dai complimenti da parte di Sharpay e Troy, che non avevano avuto la possibilità di fargliene prima.
Il pomeriggio fu di nuovo speso a provare, e stavolta il maestro Deviènne lasciò il coro per occuparsi di loro.
-Mi fa sentire il suo pezzo, signorina McKassy?- domandò, e Taylor, mentre si accingeva a cantare, non poté fare a meno di notare che il tono dell’uomo aveva perso ogni nota di sarcasmo e di delusione.
-Sarebbe proprio un colpo al cuor
Sarebbe proprio un colpo al cuor
Se mai li trovasse insieme il signor…-
-Molto bene. Perfetta… forse, nella prossima rappresentazione, potrebbe avere qualche battuta in più, signorina McKassy!- esclamò il maestro, quasi emozionato quanto lei –E ora la parte in coro voi tre, avanti.- disse a lei, Sean e una signora di circa quarant’anni.
-Ehi!- Chad li raggiunse di corsa mentre andavano a cena in un fast food poco lontano dal Teatro –Com’è andata?- domandò dopo aver baciato la sua ragazza.
-Indovina chi ha una parte da solista?- domandò Sharpay mentre lui le circondava le spalle col braccio.
-Davvero amore? Lo sapevo che sei braviss…-
-Grazie Chad, ma non sono io.- rise lei –Taylor!-
-Davvero?- domandò Chad voltandosi verso di lei con tanto d’occhi.
-Già.- arrossì lei mentre gli altri affermavano che si, era proprio così.
Tornata in camera, Taylor ebbe appena il tempo di infilarsi la camicia da notte che sentì due colpi lievi sulla porta. Andò ad aprire, ma non c’era nessuno. Stava per rientrare, quando per caso abbassò lo sguardo e si accigliò: a terra c’era un fiore!
Lo raccolse: era una rosa, una rosa con un nastro nero.
Rientrò nella sua stanza, accigliata, domandandosi di chi potesse essere, e la posò sul comodino per poi mettersi a letto.
 
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spands72
view post Posted on 15/9/2008, 10:47




e chi può essere! un'ammiratore!
 
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view post Posted on 4/10/2008, 18:23
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He's a lion that I am proud to hunt

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Panettona,mitico pianeta agreste

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E' intrigante questa storia...!
 
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4 replies since 3/8/2008, 22:14   169 views
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