L'Opera

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Sere Butler
view post Posted on 3/8/2008, 22:14 by: Sere Butler




è necessaria una piccola introduzione^^ Ho inserito in questa ficcy i personaggi di High School Musical, ma è una pura convenzione^^ nel senso, i nomi sono quelli, ma per il resto sono personaggi di mia invenzione. Semplicemente, mi servivano dei personaggi che andassero a scuola e che centrassero qualcosa con il canto e la danza, così mi sono venuti in mente loro. Per il resto, questa ficcy è basata sul Fantasma dell'Opera e... boh, spero che vi piaccia ^_^

Prefazione

-Basta ragazzi, su, silenzio!- esclamò la professoressa Darbus entrando in classe con in mano un grande plico di fogli che gli alunni guardarono immediatamente con sospetto.
Sharpay si fece immediatamente attenta: di solito il materiale della Darbus riguardava una nuova rappresentazione e questo, di solito, la riguardava molto da vicino.
-Ehi, tranquilla piccola.- le sorrise Chad prendendole la mano –Sembri un cane da punta.-
-Scemo!- scoppiò a ridere lei dando una spinta scherzosa al suo ragazzo –Professoressa Darbus, mi scusi, potrei sapere cos’è quel materiale?-
-Oh, ma certo Sharpay.- annuì l’insegnante –Devo avvertirvi però, non è un progetto che riguarda tutti. Solo i migliori del mio corso saranno ammessi.-
Taylor si voltò verso il suo migliore amico, Chad, e si scambiarono uno sguardo divertito, scuotendo le spalle: sarebbero sopravvissuti comunque!
-Si tratta, ragazzi, di una gita.-
Il tono eccitato della Darbus fu, per la prima volta nella storia scolastica, condiviso da tutti i suoi allievi. Un mormorio si diffuse nella classe.
-I partecipanti saranno: Kelsie Nielson, Mark Howard…- scontato: erano gli unici due musicisti fissi del Drama Club –Sharpay e Ryan Evans…- c’era davvero bisogno di dirlo? –Gabriella Montez, Troy Bolton…- altra grande novità –E infine Chad Danforth e Taylor McKassy.-
I due ragazzi sgranarono gli occhi mentre il silenzio calava su tutta la classe.
-Io… mi scusi ma… perché?- balbettò Taylor. Cantare le piaceva, le piaceva molto. Ma non aveva sicurezza, e la Darbus non le aveva mai dato un voto superiore al 6.
-Già, perché noi?- concordò Chad guadagnandosi una gomitata di rimprovero da Sharpay.
-Beh, tu, signor Danforth, verrai con noi per la tua nuova passione per la danza: in così poco tempo, sono stupita dei tuoi progressi. Tu invece, McKassy… verrai perché credo che tu possa giovarne. Io credo che tu abbia tutte le potenzialità necessarie. Ciò che ti manca, mia cara, è la sicurezza in te stessa e nella tua voce. Spero che questo viaggio possa esserti d’aiuto.
-Ma dove andiamo di preciso, professoressa?- domandò Ryan.
-Ho il piacere di annunciarvi…- disse la Darbus –Che passeremo cinque settimane a Parigi, dove soggiorneremo, e voi studierete e lavorerete, nientemeno che al famoso Teatro dell’Opera!-


Capitolo primo

-Che ne dite di cantare qualcosa, ragazzi?- propose la professoressa Darbus non appena furono tutti sul piccolo pulmino che li avrebbe trasportati dall’aeroporto al famoso Teatro dell’opera.
Inutile dire che nessuno avrebbe potuto contestare questa proposta, anche volendo, visti i motivi per cui erano stati scelti per quella gita.
-Bene, allora… direi di iniziare con What Child, che ne dite? Avanti… la strofa alle ragazze, voi ragazzi entrate sul primo “this”… tre, due, uno e…-
-What Child is this who laid to rest…- intonò Taylor, seduta accanto a Kelsie, che pure cantava. Nei sedili accanto a loro c’era Chad, che aspettava il suo turno senza troppa impazienza, con Sharpay, che come al solito cantava con grande esuberanza. Davanti a loro erano seduti Troy e Gabriella, mentre i posti davanti a Taylor e Kelsie erano occupati da Ryan e Mark.
-This this is Christ the King…- si unirono al coro i ragazzi.
Dopo un’altra decina di canzoni dirette abilmente dalla Darbus, che faticava a stare in equilibrio, il pulmino si fermò davanti al Teatro dell’Opera.
Scesero per prendere le valigie. Taylor si caricò il suo borsone sulla spalla, alzò lo sguardo e sbarrò gli occhi. Per la prima volta si trovava davanti il magnifico Teatro dell’Opera.
Uno strano brivido le percorse la schiena e, imputandolo all’emozione di trovarsi in un tale luogo, prese ad osservare l’edificio con grande interesse, fingendo come tutti gli altri di ascoltare le nozioni storiche ed artistiche che la Darbus snocciolava accanto a loro.
-Ma dove alloggeremo?- domandò Kelsie pigiandosi il cappellino in testa, emozionata: quali grandi musicisti dovevano aver suonato in quel luogo? Quali grandi personaggi avevano toccato i tasti del pianoforte che lei avrebbe avuto l’onore di suonare, avevano fatto vibrare gli spettatori con le loro note?
-Dietro ci sono i dormitori.- spiegò la Darbus, con tono un poco infastidito: probabilmente il fatto che Kelsie avesse interrotto a metà una sua frase le aveva fatto comprendere quanto i suoi studenti stessero prestando attenzione alle sue parole –Un tempo erano il Collegio dell’Opera. Andiamo, forza.-
Salirono la bellissima scalinata e superarono le grandi porte. Trovarono ad accoglierle, nell’entrata lussuosissima, una donna che doveva avere una quarantina d’anni, con un tailleur grigio addosso e i lunghi capelli castani intrecciati in modo particolare.
-Salve, e benvenuti.- li salutò, dopodichè si presentò –Sono Madame Giry.-
-La professoressa Darbus, molto lieta. E questi sono i miei alunni…- li presentò tutti mentre Madame Giry li esaminava tutti con lo sguardo. Loro tuttavia non lo notarono. In effetti, avevano concesso alla donna una sola rapida occhiata, dopodichè i loro occhi erano stati irresistibilmente dalla magnificenza dell’entrata.
-Oggi è domenica, come immagino sappiate, e stasera andrà in scena Romeo e Giulietta. I nostri direttori, il signor Richard e il signor Moncharmin, vi hanno riservato dei posti, sperano che vogliate essere loro ospiti.
-Oh, sono stati gentilissimi, non avrebbero dovuto disturbarsi! Accettiamo con piacere, anzi con onore!- accettò la professoressa con voce emozionata come non mai per quella possibilità.
-Ora, se volete seguirmi, vi mostrerò le vostre stanze.- mentre percorrevano corridoi lunghi e larghi, dalle pareti bianche e oro e un tappeto rosso sul pavimento, Madame Giry diede loro qualche indicazione.
-Non abbiamo una mensa. Dovrete mangiare fuori a pranzo e cena… i signori Richard e Moncharmin, tuttavia, insistono per avervi come ospiti a colazione… tutti i giorni tranne la domenica, in modo che possiate dormire di più, se lo gradite. Ogni stanza ha il suo bagno personale. Per oggi, avrete il pomeriggio libero: lo spettacolo inizia alle nove. Vi raccomando un abbigliamento adeguato, nonché naturalmente puntualità assoluta: si solito si inizia a prendere posto alle otto. Per quanto riguarda questo pomeriggio vi consiglio di uscire: c’è sempre una gran confusione il giorno della prima.-
L’edificio del collegio era separato dal resto del Teatro solo convenzionalmente: non vi erano muri o nessun altro genere di barriera fisica a dividerli.
Ognuno aveva la propria stanza: Madame Giry diede loro le chiavi e si allontanò, scusandosi di doverli lasciare così presto. Ma, diceva, il dovere la chiamava: “il suo dovere andava oltre a quello delle altre maschere”, spiegò con aria orgogliosa e un poco misteriosa, forse.
Taylor entrò nella sua stanza e per poco non svenne per l’emozione.
Era incredibile, le pareva di trovarsi nella stanza di una principessa! Era arredata secondo una moda antica, forse del 1700 o poco più, ma era molto elegante anche se un po’ barocca per i suoi gusti. Al centro c’era un letto a baldacchino dall’impalcatura elaborata, di legno chiaro, e i tendaggi bianchi semi-trasparenti. Contro una parete c’era un grande armadio, davanti a quella opposta un’ampia scrivania. Di fronte al letto, come inserito nel muro, un grande specchio, più alto di lei, dall’aria molto antica. Taylor ne fu subito attratta, più che da tutto il lusso in cui era immersa, e si avvicinò ad esso sfiorandone con la mano la cornice dorata. Toccò poi la superficie liscia, ma ritirò immediatamente la mano: era così freddo! Eppure, faceva caldo nella stanza… Scosse le spalle e lasciò perdere. Si dedicò all’ispezione della stanza da bagno, e immediatamente decise di provare la bellissima vasca idromassaggio, poi si vestì in fretta e decise che avrebbe disfatto le valige dopo: uscì dalla stanza e incontrò i suoi compagni.
La Darbus li raggiunse poco dopo, mentre le ragazze commentavano quasi commosse il lusso in cui si trovavano e i ragazzi si chiedevano com’era che, se avevano tutti quei soldi, i direttori del teatro non aveva pensato a una sala tv per gli ospiti.
-Ragazzi, che pretese!- li rimproverò la Darbus –Ora andiamo: abbiamo mille cose da visitare e un solo pomeriggio per farlo!-


Capitolo secondo

-Non è romantica, questa città?- domandò Kelsie stendendosi sul letto di Taylor quella sera, quando furono tornati al Teatro dell’Opera dopo il frenetico pomeriggio passato in giro a visitare Parigi.
-Si, direi proprio di si.- si dichiarò d’accordo Taylor: in effetti tutto, dalla Tour Eiffel al più piccolo vicoletto, le era parso come immerso in un’atmosfera particolare, come non ne aveva mai percepite in America –E direi che le nostre due coppiette erano d’accordo.- aggiunse ridacchiando: le due coppie, Chad con Sharpay e Troy con Gabriella, avevano infatti passato gran parte del tempo tenendosi per mano, scambiandosi dolcezze, carezze e paroline dolci.
Kelsie si rabbuiò –Già, in effetti… non ti capita mai di invidiarle?- domandò come d’impulso.
-Intendi Gabriella e Sharpay?- si accigliò Taylor, riflettendoci per un attimo –Si, in effetti mi capita. Ci sono volte in cui vorrei essere estroversa e sicura di me come Sharpay… e altre volte vorrei avere la sensibilità di Gabriella… ma allora non sarei più io.- concluse ridendo.
-No, non intendevo questo. Se ti capita di invidiarle per quello che hanno… insomma, dei ragazzi che le amano e di cui sono innamorate.- spiegò Kelsie.
Taylor sorrise: non era la prima volta che l’amica le faceva quel discorso –No.- rispose –Non voglio ciò che hanno loro… l’amore è diverso per ogni persona. Il loro momento è arrivato… arriverà anche il nostro. E se non arriverà, significa che saremo più felici così, immagino. Chi ha detto che l’amore dà felicità?-
-Non dirai così quando ti innamorerai.- rise Kelsie –Beh, ora vado a vestirmi… se non scendiamo in tempo la Darbus darà in escandescenze.-
Taylor scosse la testa quando l’amica uscì. Non capiva perché mai fosse così interessata all’amore. Da parte sua, preferiva non innamorarsi, se questo doveva per forza concernere tutti i teatrini e i piccoli drammi che avevano preceduto i fidanzamenti dei suoi amici.
Pianti, depressioni, sbalzi d’umore… no, non faceva per lei.
Si voltò all’improvviso. Aveva sentito un rumore… lo specchio attirò il suo sguardo. Si diede della sciocca: gli specchi non facevano rumori. Era la sua immaginazione, senza dubbio.
Prese il suo abito da sera dall’armadio: quello l’aveva tirato fuori, anche se tutto il resto era ancora in valigia, per evitare che si rovinasse. Lo indossò e andò davanti allo specchio: era un abito molto semplice, bianco, con le spalline e la gonna lunga fino a coprirle i piedi nonostante i tacchi dei sandali bianchi. Sulle spalle sistemò un leggero scialle azzurrino chiaro e si sistemò i capelli.
-Allora, mio specchio rumoroso, come sto?- domandò tra sé sistemandosi l’abito –Speriamo che la moda parigina non sia troppo distante da quella americana.- sospirò, ed uscì dalla stanza.
Incontrò gli altri nel corridoio, e le fece davvero uno strano effetto vederli tutti così eleganti. L’abito di Sharpay era ovviamente fucsia, con la gonna più ampia di quello di Taylor, e lo aveva abbinato a un copri-spalla rosa confetto come le scarpe. Gabriella, i capelli scuri in una coda alta, era vestita di azzurro. Kelsie invece indossava un vestito nero con scarpe dello stesso colore, e sopra portava una giacchetta di tulle, anch’essa nera.
I ragazzi non erano da meno: la Darbus aveva avvertito i loro genitori che probabilmente avrebbero avuto bisogno di qualcosa di elegante, e tutti erano forniti di camicia bianca, giacca e cravatta.
-Siete bellissimi, tutti quanti.- trillò la Darbus adagiandosi lo scialle viola sulle spalle –Andiamo.-
Camminarono con grande meraviglia tra gli altri spettatori: erano tutti elegantissimi, le signore nei loro abiti da sera e i signori che le accompagnavano usando vero di loro tutti i riguardi del galateo.
Furono raggiunti da Madame Giry, che scambiò un paio di parole con la Darbus per indicarle i loro posti. Erano buoni, in particolare considerando che erano gratuiti. Ma la maschera si scusò con loro da parte dei direttori, e assicurò che se un palco fosse per caso rimasto libero, li avrebbe fatti spostare immantinente.
-Beh, speriamo di essere fortunati, allora!- trillò la Darbus mentre si sedevano e Madame Giry si allontanava –E credo che lo saremo, non ho visto ancora nessuno andare verso quel palco…- svelò agli studenti, indicando il palco che se Taylor aveva contato bene doveva essere il numero cinque.
Non furono fortunati: Madame Giry non tornò da loro e quando il sipario si aprì erano ancora nei loro posti originali.
-Beh, non ha importanza.- commentò la Darbus –La prossima volta, ragazzi, sarete dall’altra parte, sul palco! Sono emozionata per voi… certo, quel palco è rimasto vuoto… ma forse non ci stiamo tutti.-
Taylor si voltò per un istante verso il palco numero cinque e questo le confermò le parole della Darbus: non c’era nessuno. Ma vedevano benissimo, e per essere la prima volta che si trovava in un Teatro del genere doveva ritenersi molto fortunata.
Lo spettacolo fu superlativo e tutti loro avevano le lacrime agli occhi alla scena della tomba. Potevano dire con certezza di non aver mai visto una tale bravura, mai sentito voci così perfettamente intonate e ammirato ballerini tanto bravi.
-E noi, domani, dovremmo lavorare con questi qui? Ma che cosa speriamo di fare?- domandò Taylor emozionatissima ma altrettanto preoccupata per ciò che avrebbero dovuto fare il giorno seguente.
Alla fine degli applausi, il pubblico iniziò a sciamare verso le uscite e, in minor quantità, in direzione delle quinte per salutare ed omaggiare gli artisti.
-Dobbiamo andare senza dubbio a porgere i nostri ringraziamenti ai signori Richard e Moncharmin.- affermò la Darbus, e li guidò verso le quinte, facendosi largo tra la folla con non poca fatica, visto che erano decisamente contro corrente.
-Dammi la mano, evitiamo di perderci.- disse Ryan a Taylor porgendole la mano. Lei la prese e diede l’altra a Kelsie, che li seguì a sua volta.
Dietro le quinte l’atmosfera era strana: eccitata, ma allo stesso tempo indolente. Era finito lo spettacolo, e pian piano la brillante eco degli applausi, dei trucchi e dei costumi andava scomparendo e si tornava alla realtà, noiosa e banale com’era.
I due direttori del Teatro erano poco lontano dalle ballerine che, eccitate, chiacchieravano con giovanotti in abiti eleganti che le avevano probabilmente raggiunte dopo aver assistito allo spettacolo.
Il gruppo di Albereque si avviò verso i due e si avvicinarono, cogliendo appena qualche frase del loro discorso.
-Stasera, abbiamo avuto fortuna, pare.- stava dicendo uno dei due, basso con baffi e capelli grigi.
-Già, non si è fatto vivo… d’ora in poi, poiché pare che basti, non affitteremo mai più il palco cinque, a nessun costo!- disse l’altro.
Taylor si accigliò: perché mai i due direttori di un Teatro avrebbero dovuto volontariamente decidere di non vendere dei biglietti tanto buoni?
Le sue considerazioni non portarono tuttavia ad alcuna domanda, perché i due si accorsero del loro arrivo e li salutarono con grandi cerimonie, poi quello basso coi capelli grigi e i baffi disse di essere il signor Moncharmin. L’altro, più alto e un po’ panciuto, si presentò come il signor Richard.
-Siamo desolati di non potervi accompagnare personalmente a conoscere il cast.- si scusò il signor Moncharmin –Ma al momento abbiamo qualcosa da definire con… alcuni colleghi d’affari… se volete scusarci… vi attendiamo domani mattina alle otto, per la colazione, ovviamente. Ora… Madame Giry? Madame, abbia la premura di presentare qualcuno ai nostri ospiti, così che domani non si trovino del tutto spaesati.-
Madame Giry lo fece con piacere, o almeno così parve, perché li presentò praticamente a tutti. In particolare, con grande cura, a sua figlia, Meg Giry, una delle ballerine.
-Madame?- domandò Taylor avvicinando la maschera mentre la Darbus spiegava a Ryan e Troy chissà cosa, Gabriella, Kelsie e Sharpay chiacchieravano con un gruppo di giovani ballerini, Chad ascoltava con grande interesse il primo ballerino e Mark ammirava il coordinatore musicale.
-Si?- rispose la donna.
-Mi chiedevo… come mai il palco numero cinque era vuoto? E ho sentito i signori direttori dire che non lo affitteranno più… cosa…- non fece in tempo a finire la domanda, che Madame Giry la guardò con occhi infiammati –Non occuparti del palco numero cinque. Non sono affari che ti riguardino, sono stata chiara?-
Di fronte a quel repentino cambio di umore, Taylor sobbalzò e si affrettò ad annuire. Eppure, in qualche modo sapeva che non avrebbe potuto obbedire: come evitare di cercare di saperne qualcosa in più, dopo la reazione che aveva avuto Madame Giry?
 
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