L'Opera

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Sere Butler
view post Posted on 14/9/2008, 11:27 by: Sere Butler




Capitolo terzo

La mattina seguente si svegliarono di buon ora al suono di solito assolutamente insopportabile delle sveglie. O meglio, al suono che di solito era insopportabile: quel giorno quel suono fu accolto con grande entusiasmo: lo spettacolo della sera precedente aveva invogliato tutti a iniziare la giornata.
Si vestirono comodamente, in tuta da ginnastica, e uscirono dalle loro stanze in contemporanea, trovandosi nel corridoio. Arrivò la Darbus, vestita col suo solito gusto un po’ esagerato ma che tutto sommato le donava.
-Sono felice di vedere che siete tutti pronti in tempo! Bravi…- si complimentò con loro: questo era segno evidente che condivideva la loro emozione per la giornata –Ora andiamo, i signori Richard e Moncharmin ci aspettano. Tra cinque minuti. Madame Giry ieri sera mi ha spiegato come arrivare al loro salottino privato… speriamo solo di non perderci.-
Quando arrivarono trovarono la porta aperta, ma la Darbus bussò comunque e da dentro la voce di uno dei due direttori li invitò ad entrare.
La colazione era già su un grande tavolo a cui i ragazzi e la professoressa furono gentilmente invitati ad accomodarsi. Mangiarono croissant fumanti alla marmellata e altri dolci, annaffiati da latte, cioccolata e da un caffè che avrebbe fatto rabbrividire d’orrore un italiano ma che per loro era ottimo.
Taylor, sorseggiando la sua cioccolata, osservò per un attimo i due uomini che li ospitavano. Il signor Moncharmin aveva l’aria allegra, spensierata, mentre il signor Richard era senza dubbio più contenuto e alquanto più severo. Se fosse stato presente solo il signor Moncharmin, probabilmente Taylor gli avrebbe chiesto informazioni sul palco numero cinque. La notte aveva dormito profondamente per la stanchezza del viaggio e per il fuso orario, ma come si era svegliata il mistero sollevato dalle parole di Madame Giry aveva nuovamente fatto capolino nella sua mente. La presenza seriosa del signor Richard, tuttavia, la distolse dal suo proposito.
Due colpi sulla porta annunciarono un arrivo e Madame Giry entrò nel salottino con in mano una lettera.
-Mi è stata consegnata una missiva per voi, signori.- disse facendo un piccolo inchino ai direttori del Teatro. Vedendo la busta che la donna teneva in mano, Moncharmin emise qualcosa che poteva essere a metà tra uno sbuffo e un gemito, mentre il signor Richard si irrigidì tanto che quando si alzò in piedi per poco non buttò a terra la sedia.
-Datemela qua.- disse Richard tendendo il braccio –E accompagnate i nostri ospiti al coro.-
Con una calma e un’aria di importanza che in qualsiasi altra maschera sarebbero apparse decisamente fuori luogo, soprattutto se confrontate con il comportamento impacciato che i direttori avevano in quel momento, Madame Giry attraversò l’ufficio e passò la lettera al signor Richard, che con un rapido movimento la fece sparire nella sua tasca.
Uscirono dall’ufficio e Madame Giry non disse una parola mentre li accompagnava al piano sottostante, nella sala principale dove c’era il palco. Taylor non le domandò nulla, ricordando come aveva reagito la sera prima. Non c’era ancora nessuno e la donna li affidò ad un macchinista, Joseph Buket, un uomo dall’aria un po’ viscida, piuttosto grassoccio ma abbastanza alto perché questo non si notasse eccessivamente.
-Oh, vi divertirete qui, ve l’assicuro.- disse l’uomo non appena Madame Giry si fu allontanata –Oh si, ci si diverte sempre nel mondo dello spettacolo, care signorine…- disse sorridendo in direzione di Gabriella. Troy si avvicinò alla sua ragazza e la prese per mano, trattenendosi a stento dal lanciare a quel tizio un’occhiataccia fulminante.
-Se capitate sole con questo tizio.- sussurrò Chad a Sharpay, Taylor e Kelsie, mentre l’uomo continuando il suo lavoro le squadrava una ad una –Gridate e scappate più in fretta che potete. Non mi piace per niente.-
Le tre sorrisero, ma l’idea di trovarsi sole con Joseph Buket le faceva rabbrividire.
-Ragazzi, vado ad informarmi su cosa dovrete fare esattamente.- annunciò la Darbus lanciando un’occhiata al signor Buket –Voi restate tutti insieme.- aggiunse.
Non appena l’insegnante se ne andò, arrivò un gruppo di giovani ballerine. Tra loro, Meg Giry, che andò subito a sedere tra Taylor e Kelsie –Avete dormito bene?- domandò allegramente –Non avete avuto problemi, spero.-
-Signorina Giry, lo sapete bene che i problemi qui non si hanno durante la notte.- si intromise Joseph Buket scendendo dall’impalcatura su cui aveva lavorato fino a quel momento e circondando la spalla della giovane ballerina con un braccio.
Meg Giry si scostò dall’uomo, desiderosa di evitare quel contatto sebbene sembrasse tranquilla: probabilmente, le ragazze col tempo avevano imparato a trattare con lui.
-Cosa volete dire?- domandò Taylor: quel posto iniziava a rivelarsi molto interessante.
Joseph Buket fu lieto di rispondere alla sua domanda: si poteva intuire dal suo sguardo che non vedeva l’ora di esporre le sue conoscenza sul Teatro dell’Opera, dove aveva passato più di metà della sua vita. Questa esuberanza fece pensare a Taylor che, forse, non avrebbe potuto fidarsi delle sue parole: era evidente dal suo entusiasmo e dalla sua espressione che stavano per ascoltare una qualche leggenda metropolitana.
-Non è durante il giorno che lui agisce.- disse infatti Joseph Buket in tono remoto, come se stesse raccontando una storia dell’orrore.
-Lui? E chi sarebbe?- domandò Chad alzando gli occhi al cielo.
-Non mi stupisce che non ne abbiate sentito parlare. Il Fantasma.-
-Oh, c’è un fantasma? Interessante… che fa, trascina le catene e ulula?- sbottò Sharpay.
-Non un fantasma, signorina. Il Fantasma… il Fantasma dell’Opera.-
Gabriella scoppiò a ridere, ma Taylor, che voleva assolutamente sentire tutta quella storia assurda, le diede una gomitata –Davvero? Incredibile… e cosa fa il Fantasma? Qualcuno l’ha mai visto?-
-Oh, qualcuno l’ha visto… ma più che altro lui si sente. Lassù, al palco numero 5.- disse Meg Giry. Tutti scossero la testa divertiti: tutti tranne Taylor.
Il palco numero 5! Ecco qualcosa di interessante!
-Ma qualcuno, a volte, lo vede.- aggiunse Joseph Buket –E ne rimane traumatizzato per sempre.-
-Oh, è così spaventoso?- domandò Kelsie.
-È come cera il viso suo… un mezzo buco fa da naso, e niente più… Aprite gli occhi, signorine, attente a voi! O finirete prese al cappio suo!- disse Joseph Buket con un tono cantilenante, come se stesse raccontando una vecchia filastrocca.
-Basta, signor Buket!- esclamò Meg allarmata –Lo sapete bene che non dovete impicciarvi degli affari del Fantasma! Quante volte deve dirvelo mia madre? Finirete per rimetterci.-
Ryan e Chad si stavano evidentemente forzando di non scoppiare a ridere, e tutti gli altri, anche se mantenevano un po’ più di contegno, avevano lo stesso impulso. Fortunatamente, furono dispensati dal rispondere a quelle affermazioni dal ritorno della Darbus, accompagnata da un uomo anziano che doveva essere il direttore del coro.
-Salve ragazzi. Il resto del coro si sta sistemando in questo istante… io sono il maestro Deviènne.- si presentò. Quando i ragazzi si furono presentati, li guidò sul palco. In un lato di esso, un gruppo di una decina di persone leggeva spartiti, chiacchierava e rideva.
Dopo una veloce presentazione, il maestro Deviènne annunciò ai nuovi arrivati che doveva sentire la loro tonalità. Chad, Taylor, Mark e Kelsie sbiancarono.
-Mark, Kelsie?- chiamò la Darbus –Voi non siete qui per il coro… e nemmeno tu, Chad… venite con me.-
I tre sospirarono all’unisono, sollevati. Taylor, invece, rimase immobile, tremante, aspettando il momento in cui, ne era sicura, si sarebbe resa ridicola davanti a tutti.

Capitolo quarto

Iniziò Sharpay. Fu lei ad offrirsi: un po’ perché era sua natura mettersi alla prova alla prima possibilità, e un po’ perché aveva visto Taylor sbiancare e temeva che sarebbe svenuta se le avessero chiesto di cantare per prima.
Il maestro Deviènne fu soddisfatto, anche se aggiunse un commento sull’eccessività della sua esuberanza. Quando toccò a Gabriella, non fece commenti negativi, ma nemmeno positivi. Fu il turno di Ryan, e disse che era felice di avere un altro ragazzo in grado di prendere le note alte, visto che erano molto pochi. Di Troy disse che aveva una bella voce, e che era un peccato che fosse evidente che aveva iniziato ad allenarla adeguatamente da poco tempo.
-Tocca a voi, signorina McKassy.-
Come avevano fatto gli altri prima di lei, Taylor fece un passo avanti e tossì lievemente, mentre sentiva chiaramente un forte rossore salirle alle guance.
Uno dei musicisti le diede la nota che doveva prendere usando il pianoforte, e Taylor cercò di riprodurla.
-Più alta, signorina.- disse il maestro Deviènne guardandola accigliato. Taylor cercò di calmarsi, e al secondo tentativo riuscì a prendere le note all’altezza giusta ma, non potè non percepirlo, il maestro Deviènne si era aspettato qualcosa di meglio, soprattutto sentendo i suoi quattro compagni che avevano cantato prima di lei.
Rossa di vergogna, maledicendo la Darbus per averla costretta a umiliarsi a quel modo, Taylor tornò al suo posto e un attimo dopo il maestro Deviènne passò a lei e agli altri i loro spartiti.
L’opera stavolta era Il Muto, una storia piuttosto comica che Taylor conosceva perché la Darbus aveva portato la cassetta in classe, tempo prima.
Provarono un paio di canzoni: una era quella del prologo, la seconda era il momento in cui il Conte scopre la moglie col paggio muto.
A pranzo, fecero una breve pausa e Taylor, Kelsie, Mark e Ryan decisero di andare a mangiare per conto loro per lasciare un po’ di tempo alle due coppiette, in modo che potessero a loro volta dividersi e stare per conto loro.
Il pomeriggio, lavorarono nuovamente su quelle canzoni.
-Per oggi ho evitato, per non mettere in imbarazzo i nuovi arrivati.- disse il maestro Deviènne quando ebbero terminato le prove –Ma domani proveremo singolarmente, in modo da correggere gli errori di ognuno con più facilità.-
Non occorreva prestare troppa attenzione per accorgersi che il suo sguardo, mentre pronunciava la parola “errori”, era puntato su Taylor. E questo alla ragazza non sfuggì: abbassò lo sguardo, imbarazzata. Come aveva potuto, La Darbus, anche solo pensare che sarebbe stata in grado di reggere il confronto con le sue compagne? E lei, come aveva potuto dare la priorità ad una gita a Parigi rispetto al suo orgoglio?
-Non prendertela.- sorrise Gabriella mentre si avviavano verso le stanze –Eri agitata, vedrai che domani andrai benissimo.-
-Ehi ragazze, com’è andata?- domandò Chad avvicinandosi alle due dopo aver salutato alcuni ragazzi, che a giudicare dal fisico dovevano essere ballerini.
-Uno schifo.- rispose Taylor.
-Dai, non è vero!- la rimproverò Sharpay mentre il suo ragazzo le prendeva la mano, poi si rivolse a lui –Era agitata e ha sbagliato la prima nota. Per il resto, è andata bene.-
Taylor fece di tutto per sorridere durante tutta la cena. Ma il comportamento gentile dei suoi amici non fu affatto d’aiuto come probabilmente loro speravano. A forza di minimizzare l’accaduto, si era convinta che fosse quasi irreparabile, ed arrivò in camera sua con gli occhi che bruciavano per le lacrime di umiliazione.
Se qualcuno le avesse detto che aveva fatto schifo… cielo, sarebbe stato meglio delle velate critiche del maestro Deviènne, dei finti incoraggiamenti della Darbus!
Infilò una camicia da notte bianca e si infilò a letto. Poi, spense la luce, pensando a come sarebbero andate le cose il giorno seguente: ancora peggio, ovviamente.
Rimase a rigirarsi nel letto per un po’, ma all’improvviso qualcosa la distrasse dal pensiero della sua disastrosa performance.
Avvertì una musica, il lieve suono di un pianoforte. Forse qualcuno si stava esercitando?
No, certo che no, erano troppo lontani dal teatro, e anche dalla sala prove…
Eppure quella musica…
Si mise a sedere sul letto, e ad un certo punto una voce si unì al suono del pianoforte.
Taylor trattenne il respiro. Era una voce… maschile, le sembrava. Ma non riusciva a sentirla bene, non capiva le parole… era troppo lontana.
Si alzò dal letto e andò alla porta. Uscì in corridoio, decisa a sentire più chiaramente quella canzone. Ma non appena si chiuse la porta alle spalle, la musica e la voce cessarono.
Delusa, Taylor tornò nella stanza e si mosse al buio verso il letto. Appena fu sotto le coperte la musica ricominciò e la voce riprese a cantare, ora più vicina.
Non erano parole, solo suoni… e ora capiva che la voce era maschile, senza dubbio. Ma era così strana, come non ne aveva mai sentite prima di quel momento.
Ogni nota entrava in lei, si depositava nella sua anima.
L’impulso di unirsi a quella voce fu troppo forte, ma lo fece sottovoce, in un sussurro. E ogni volta che la voce misteriosa intonava una nota, lei la prendeva d’istinto, come se quella voce guidasse la sua.
Si addormentò cullata da quella dolce voce, che continuò il suo canto per gran parte della notte.

Capitolo quinto

Taylor si svegliò con una strana sensazione: come se ci fosse qualcosa di strano, ma non riuscisse a comprendere cosa.
-Tay? Tay, sei sveglia?- la voce di Kelsie, accompagnata dal suo continuo bussare alla porta, la distolse dai suoi pensieri.
-Si… aspetta!- rispose, e andò ad aprire la porta –Salve.-
-Sei matta? Ancora in pigiama? Tra cinque minuti viene a prenderci la Darbus per andare a colazione!- esclamò Kelsie guardandola a occhi sbarrati.
-Tra… cinque minuti?- gridò Taylor, e rientrò nella stanza. L’amica la seguì dentro e chiuse la porta mentre lei tirava fuori un paio di pantaloni della tuta neri e una maglia grigia dall’armadio.
Fu, inaspettatamente, pronta appena in tempo per non far innervosire la professoressa.
-Taylor, cara…- disse la donna mentre si avviavano tutti insieme verso lo studio dei direttori del Teatro –Spero che tu non sia nervosa. Ieri eri molto agitata, ma non c’è motivo perché anche oggi tu debba essere così disastrosa. Sono certo che andrà bene.
Se l’insegnante aveva pensato di esserle d’aiuto, si sbagliava. Da quando si era svegliata era riuscita a non pensare nemmeno una volta alla sua ridicola performance del giorno precedente, ma ora che le era tornata in mente, e che per di più aveva avuto la conferma di essere stata del tutto patetica, checché ne dicessero i suoi amici, ritrovare il buon umore sarebbe stato davvero difficile. Per non parlare della sicurezza che le sarebbe stata necessaria per cantare un po’ meglio…
Ma non poteva certo incolpare la Darbus. Non aveva le capacità adatte, tutto qui.
Entrò con gli altri nella stanza in cui i signori Moncharmin e Richard li attendevano come avevano fatto la mattina precedente.
-Sono stato informato…- disse il signor Moncharmin, che era molto più espansivo del signor Richard –Che alcuni di voi hanno fatto davvero un bel lavoro, ieri. Sia io che il mio collega siamo più che felici che questo progetto si stia rivelando così positivo!-
-Oh, sono certa che tutti i ragazzi andranno meglio ancora, da oggi. Ieri, l’agitazione non li ha aiutati.-
-Certo, certo… è ovvio…- confermò il signor Moncharmin mentre Taylor stringeva i pugni.
-Tranquilla Tay. Lo sappiamo tutti che sei brava.- le sussurrò Gabriella. Taylor le sorrise, grata del suo appoggio.
Dopo colazione andarono nella sala del palco e il maestro Deviènne, stavolta, era già lì, insieme ad un paio di ragazzi del coro.
-Ciao, a dopo.- disse Chad –In bocca al lupo, vedrai che andrai alla grande!- disse poi a Taylor in un sussurro prima di allontanarsi per raggiungere la coreografa e il gruppo dei ballerini.
-Ci vediamo dopo.- disse Mark, e anche lui e Kelsie se ne andarono.
Il coro iniziò subito le prove singole. Per primi provarono i ragazzi che erano fissi nel coro, e poi sarebbe stato il turno dei cinque ragazzi di Albereque.
Nel frattempo, Taylor ripassò mentalmente gli spartiti.
Leggendoli, si accigliò: sembrava che la riportassero a un ricordo confuso di cui non aveva memoria… non le prove del giorno prima, quelle le ricordava anche troppo bene, bensì qualcosa di…
Sobbalzò, mentre le tornava alla mente la Voce, la Voce che aveva cullato il suo sonno quella notte: aveva cantato quelle stesse note, ne era sicura.
Dunque, la Voce doveva essere uno dei ragazzi del coro! Lasciò perdere gli spartiti e prestò attenzione alle prove.
No, niente. Nessuno di quei ragazzi poteva essere paragonato, anche solo lontanamente, alla Voce. Ne era sicura.
Del loro gruppo, fu Ryan a cominciare. Azzeccò tutte le note alla prima prova, e il maestro Deviènne non potè che complimentarsi con lui.
-Signorina Montez, adesso.-
Gabriella fu divina, ovviamente. La sua voce dolce si adattava perfettamente ad ogni canzone e il maestro Deviènne ne fu deliziato.
-Signorina Evans?-
Sharpay aveva una voce così potente che per lei nessuna nota alta era un problema: il maestro Deviènne le disse che nel coro avrebbe dovuto contenersi un poco, ma non ebbe altro da ridire.
-Bolton.-
Troy ebbe qualche problema in più: sbagliò un accordo e stonò un passaggio. Ma aveva una gran predisposizione al canto e al secondo tentativo andò molto bene.
-E ora, signorina McKassie, prego.- sospirò il maestro Deviènne preparandosi mentalmente a sentir storpiare quella musica bellissima. Dal canto suo, Taylor non poteva non avere lo stesso pensiero: se i semplici gorgheggi del giorno prima l’avevano messa in difficoltà, come poteva pensare di cavarsela con una canzone intera?
Trasse un profondo respiro e intonò la prima nota, alla quale la seconda seguì con naturalezza, così come la terza e tutte quelle seguenti. La sua voce cantava senza che lei si sforzasse in alcun modo, senza che dovesse pensare alle note. Era naturale, e lei non percepiva altro che non fosse la canzone.
Quando ebbe terminato, guardò il maestro Deviènne, e poi la Darbus. Entrambi, sul volto, avevano la stessa espressione sbalordita, e sembrava non sapessero cosa dire. Il resto del coro mantenne lo stesso silenzio e Taylor si voltò cercando con lo sguardo i suoi amici, per scoprire che la fissavano allo stesso modo.
-Maestro Deviènne…- lo riscosse, quando il silenzio si fu prolungato troppo a lungo perché potesse non sentirsi imbarazzata da esso.
-Siete stata perfetta. Non posso credere che in una sola notte una voce possa… certo ieri eravate agitata, signorina…-
-Sei stata bravissima, Taylor.- disse la Darbus, ancora più stupita del maestro Deviènne: da quando Taylor McKassy aveva quella voce? E perché non l’aveva mai sfruttata in uno dei suoi spettacoli?
-Facciamo un attimo di pausa ora che avete provato tutti… devo consultarmi col regista… devo assolutamente…- borbottò il maestro allontanandosi.
Taylor si voltò un po’ stordita verso i suoi amici e Gabriella corse ad abbracciarla –Te l’avevo detto, te l’avevo detto! Sei stata bravissima Taylor, non capisco perché non hai mai fatto un provino!-
-Io… ma andiamo, va bene, ho preso le note giuste ma… non esagerare, non sono certo stata meglio di te.- disse Taylor, ansiosa di riportare l’amica sul pianeta terra.
-Si invece.- disse Ryan avvicinandosi e guardandola con aria ammirata –Sei stata più brava di lei, di Sharpay, di Troy e di me. Nonché del resto del coro, Taylor! Non sapevo che cantassi così.-
-Beh… neanch’io…- mormorò Taylor, confusa. Era mai possibile che avesse davvero cantato tanto bene? Certo i sui amici esageravano… ma il maestro Deviènne?
Fu proprio lui a confermare le parole di Ryan. Tornò in quell’istante, con uno spartito in mano –Signorina McKassy, uno dei nostri cantanti ha perduto la voce ieri sera. Voglio che sia lei a sostituirlo… sono solo poche battute da solista, ma spero che le faccia piacere!-
Taylor lo guardò con tanto d’occhi –Maestro io… non credo di esserne all’altezza, non ho mai fatto niente del genere!- cercò di protestare, agitata.
-Oh Taylor, non dire sciocchezze!- si intromise la Darbus –Forza, vai a provare, è una grande opportunità!- e dicendo ciò la spinse verso il gruppo di solisti secondari.
Taylor non poté fare altro che obbedire, e passò tutta la giornata a provare, con l’aiuto di un giovane molto disponibile, un tenore di nome Sean che aveva le battute alternate alle sue.
-Complimenti.- le disse quando, prima di pranzo, si interruppero le prove –Ti ho sentita cantare ieri ma… è come se nella notte avessi preso qualcosa come trent’anni di lezioni di canto. Mai sentito una voce maturare tanto in fretta!-
-Grazie.- sorrise Taylor imbarazzata, e tornò dai suoi amici. Non rividero Chad, che era impegnato con il corpo di ballo, e nemmeno Kelsie e Mark, ma Taylor fu sommersa comunque dai complimenti da parte di Sharpay e Troy, che non avevano avuto la possibilità di fargliene prima.
Il pomeriggio fu di nuovo speso a provare, e stavolta il maestro Deviènne lasciò il coro per occuparsi di loro.
-Mi fa sentire il suo pezzo, signorina McKassy?- domandò, e Taylor, mentre si accingeva a cantare, non poté fare a meno di notare che il tono dell’uomo aveva perso ogni nota di sarcasmo e di delusione.
-Sarebbe proprio un colpo al cuor
Sarebbe proprio un colpo al cuor
Se mai li trovasse insieme il signor…-
-Molto bene. Perfetta… forse, nella prossima rappresentazione, potrebbe avere qualche battuta in più, signorina McKassy!- esclamò il maestro, quasi emozionato quanto lei –E ora la parte in coro voi tre, avanti.- disse a lei, Sean e una signora di circa quarant’anni.
-Ehi!- Chad li raggiunse di corsa mentre andavano a cena in un fast food poco lontano dal Teatro –Com’è andata?- domandò dopo aver baciato la sua ragazza.
-Indovina chi ha una parte da solista?- domandò Sharpay mentre lui le circondava le spalle col braccio.
-Davvero amore? Lo sapevo che sei braviss…-
-Grazie Chad, ma non sono io.- rise lei –Taylor!-
-Davvero?- domandò Chad voltandosi verso di lei con tanto d’occhi.
-Già.- arrossì lei mentre gli altri affermavano che si, era proprio così.
Tornata in camera, Taylor ebbe appena il tempo di infilarsi la camicia da notte che sentì due colpi lievi sulla porta. Andò ad aprire, ma non c’era nessuno. Stava per rientrare, quando per caso abbassò lo sguardo e si accigliò: a terra c’era un fiore!
Lo raccolse: era una rosa, una rosa con un nastro nero.
Rientrò nella sua stanza, accigliata, domandandosi di chi potesse essere, e la posò sul comodino per poi mettersi a letto.
 
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4 replies since 3/8/2008, 22:14   169 views
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